AVVICENDAMENTI

IL COMMIATO DALLA DIREZIONE DELLA RIVISTA GIA’ DIRETTA DA GIUSEPPE PERA, DOPO VENTICINQUE ANNI ININTERROTTI DI LAVORO IN UN RAPPORTO INTENSISSIMO CON IL MAESTRO

Articolo di apertura dell’ultimo fascicolo della Rivista italiana di diritto del lavoro – dicembre 2008

            Dal prossimo numero questa Rivista sarà diretta da Raffaele De Luca Tamajo e Luigi Montuschi. Un avvicendamento, questo, necessario e anzi obbligato a seguito della mia elezione al Parlamento; ma che sarebbe stato comunque opportuno anche indipendentemente dal presentarsi di questa incompatibilità. Sono ormai ventiquattro anni che, per volontà di Giuseppe Pera e sotto la sua direzione, “faccio” la Rivista: dal 1985, nella veste di caporedattore; poi, dal 1992, in quella di vicedirettore; infine, dal 2002, in quella di “direttore responsabile” affiancato al vero direttore. Sempre sotto la Sua guida vigile e in un rapporto di consultazione continua con un Comitato scientifico straordinariamente attivo e partecipe, ma anche sempre con le redini molto lasche sul collo e con una grande libertà nella scelta dei criteri di selezione del materiale e nella gestione dei rapporti con gli autori. È tempo che la collegialità – vero punto di forza della Rivista – si esprima in una rotazione nella sua direzione, in modo che il suo Dna si arricchisca di nuova linfa e sia evitato ogni possibile rischio di sclerosi o di personalizzazione, ora che è purtroppo venuta meno la garanzia costituita dalla straordinaria figura di Chi della Rivista ha tenuto il timone per quasi un quarto di secolo.

In tutti questi anni ho fatto del mio meglio per attuare la linea editoriale voluta da Giuseppe Pera: rifiuto di qualsiasi conformismo e faziosità, politica o accademica; difesa della libertà e autonomia della Rivista dalle mire egemoniche e dalle occasionali prepotenze di qualsiasi potentato, accademico e no; apertura a tutte le scuole e anzi ricerca sistematica del contributo di tutti i migliori, soprattutto di coloro i cui nomi mancavano da più tempo nei nostri indici; apertura alle altre scienze sociali: economia, sociologia del lavoro e delle relazioni industriali; attenzione prioritaria al diritto comunitario, con la pubblicazione e il commento di un numero sempre crescente di sentenze della Corte di Giustizia e l’avvio nel 2001 della rubrica “Osservatorio sul diritto comunitario”, affidata a Marco Biagi e purtroppo subito interrotta per il suo assassinio (dal 2009 essa riprenderà, affidata a Bruno Caruso); attenzione costante alla letteratura straniera in materia di scienze del lavoro: ogni anno abbiamo tradotto e pubblicato uno o due saggi di eminenti studiosi non italiani; impegno a evitare ogni snobismo accademico e ad aprire la Rivista anche ai contributi apprezzabili provenienti dal di fuori della casta universitaria, in particolare – ma non soltanto ‑ quelli di valenti magistrati e avvocati; attenzione al contributo dei giovani, con riserva di una “quota” di spazio in ogni fascicolo ai loro saggi migliori; lettura e segnalazione critica seria, non puramente rituale, delle nuove monografie, altrimenti a rischio di rimanere senza alcuna risposta, in un ambiente accademico in cui si tende a scrivere troppo e a leggere troppo poco, in cui manca drammaticamente il confronto tra gli studiosi delle generazioni precedenti e quelli delle successive. Raffaele De Luca Tamajo e Luigi Montuschi sono stati tra i membri del Comitato scientifico che più attivamente hanno contribuito alla vita della Rivista e in particolare a queste scelte di linea editoriale; e già da due anni un gruppo di giovani studiosi coordinato dal primo è impegnato nel lavoro redazionale, dando ottima prova di sé come centro operativo destinato a sostituire quello milanese. Questo avvicendamento appare dunque come una evoluzione del tutto naturale e avviene sotto i migliori auspici.

Non posso deporre la penna senza aver ringraziato mia moglie Costanza per il lavoro organizzativo e di cura redazionale che ha svolto in tutto questo lungo periodo: un lavoro quotidiano ben conosciuto dalle centinaia di collaboratori che con lei hanno febbrilmente scambiato in questi anni dattiloscritti e bozze. Ringrazio anche loro di cuore – in particolare quelli del gruppo toscano coordinato da Vincenzo Antonio Poso, cui si sono aggiunti negli ultimi anni gli allievi di Oronzo Mazzotta e Riccardo Del Punta, quelli del gruppo bolognese coordinato da Luigi Montuschi, del gruppo padovano facente capo a Giuseppe Suppiej e Carlo Cester, del gruppo romano facente capo a Edoardo Ghera, del gruppo umbro-marchigiano coordinato da Maurizio Cinelli, del gruppo pavese coordinato da Mariella Magnani, del gruppo catanese facente capo a Bruno Caruso, dei gruppi napoletani facenti capo a Giuseppe Ferraro e Francesco Santoni (di quelli coordinati da De Luca Tamajo ho già detto), del gruppo veronese coordinato da Laura Calafà, del gruppo palermitano facente capo ad Alessandro Bellavista e tutti gli altri che non ho qui menzionato ma i cui nomi sono bene in evidenza negli indici della Rivista – i quali hanno sempre risposto con entusiasmo e prontezza alla richiesta di commentare sentenze, talvolta anche con termini di consegna iugulatori, o si sono sobbarcati per anni l’onere di curare gli “Osservatori”; e hanno sempre accettato con umiltà le correzioni e integrazioni dei loro commenti, comprendendone e condividendone le ragioni, sia pure talvolta all’esito di qualche amichevole discussione. Questa disponibilità era nata per lo più dal loro affetto e gratitudine nei confronti di Giuseppe Pera, essendo lui di persona che, fin verso la fine degli anni ’90, “assegnava” loro le sentenze (spedendole corredate delle indicazioni redazionali essenziali, scritte con la sua proverbiale concisione e pessima grafia sul retro di foglietti di carta già usati) e riceveva e “correggeva” i loro commenti; mi auguro che quella stessa disponibilità – la quale costituisce un patrimonio unico e insostituibile della Rivista ‑ si mantenga inalterata nei confronti dei nuovi Direttori e che anzi alla disponibilità dei “vecchi” si aggiunga quella di tanti nuovi collaboratori.

Quanto a me, lascio soltanto il ruolo direttivo; ma non cessa certo qui la mia collaborazione con questa Rivista, cui ho dedicato tanta parte della mia vita e nelle cui pagine, anche a decenni di distanza, ritrovo con commozione le tracce e i frutti del lungo cammino percorso con il Maestro che ho più amato e dal quale ho più imparato.

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