IL MEZZOGIORNO E LA CULTURA DELLE REGOLE

QUANDO E’ IL CONTESTO A DETERMINARE IL COMPORTAMENTO DEI LAVORATORI: LA STESSA PERSONA IN CONTESTI DIVERSI AGISCE IN MODO DIVERSO
Articolo di Andrea e Pietro Ichino, pubblicato sul Corriere della Sera il 9 settembre 1997

     In una grande impresa italiana del settore terziario che occupa ventimila dipendenti in filiali sparse su tutto il territorio nazionale, il lavoratore occupato in una filiale meridionale, a parita’ di ogni altra condizione, ha una probabilita’ 2,6 volte maggiore di incorrere in un provvedimento disciplinare, rispetto al collega occupato in una filiale settentrionale; nel Sud, inoltre, i casi di assenza per malattia sono del 39 % piu’ numerosi rispetto al Nord, nonostante che i dati Istat mostrino semmai una minore incidenza effettiva delle malattie al Sud.    Questi dati, che presenteremo al congresso nazionale di economia del lavoro in programma tra pochi giorni a Cagliari, sono emersi a sorpresa da una ricerca finalizzata a obiettivi diversi. Il dato relativo alle mancanze disciplinari, impressionante nella sua nettezza e sostanzialmente stabile per tutto il periodo studiato, che va dal 1975 al 1995, potrebbe anche spiegarsi con un comportamento discriminatorio dell’impresa, cioe’ una sua maggiore severita’ nei confronti dei dipendenti del Sud. Ma altri dati emergenti dalla stessa ricerca consentono di escludere questa spiegazione: non si registra, infatti, alcuna differenza significativa di trattamento legata alla nascita o alla dislocazione geografica dei lavoratori, ne’ per cio’ che riguarda la carriera e gli aumenti retributivi, ne’ per cio’ che riguarda il processo di rilevazione e punizione delle mancanze. Il complesso di queste risultanze indica dunque – e misura per la prima volta con precisione al di fuori del campo penale – una maggiore frequenza dei comportamenti irregolari nel Mezzogiorno rispetto alle altre regioni.
     Ma ancor piu’ interessante e’ cio’ che i dati suggeriscono riguardo alla natura del fenomeno: la maggiore frequenza del comportamento irregolare non dipende da un particolare modo d’essere dei singoli lavoratori del Sud, quanto piuttosto da un equilibrio ambientale che induce qualsiasi lavoratore, in esso inserito, a seguire criteri di comportamento meno rigorosi. Risulta infatti che anche i lavoratori nati al Nord e trasferiti al Sud hanno una probabilita’ di incorrere in un provvedimento disciplinare 2,5 volte maggiore rispetto a quelli nati e occupati al Nord; e la loro probabilita’ di assenza per malattia aumenta del 38 %.   Viceversa, i lavoratori nati al Sud e trasferiti al Nord riducono drasticamente la propria propensione alla mancanza disciplinare e allineano perfettamente il tasso di assenteismo rispetto ai colleghi che al Nord sono nati e occupati. In altre parole, non sono i lavoratori meridionali ad essere peggiori di quelli centro – settentrionali (non si spiegherebbe, altrimenti, la qualita’ eccellente della loro performance lavorativa in ogni altra regione o nazione piu’ evoluta nella quale essi emigrino): e’ peggiore il comportamento a cui essi sono indotti dalla minor propensione al rispetto delle regole che caratterizza largamente le regioni meridionali. E’, molto piu’ in grande, lo stesso fenomeno a cui assistiamo quando in una strada piena di rifiuti anche una persona bene educata getta per terra la propria cartaccia, cio’ che non farebbe mai in una strada perfettamente pulita. Tra gli ostacoli allo sviluppo del nostro Mezzogiorno non vi e’ soltanto la grave arretratezza dei servizi pubblici e la carenza di infrastrutture essenziali, ma anche un difetto di cultura diffusa della legalita’, che contribuisce a ridurre la produttivita’ del lavoro o – che e’ lo stesso – ad aumentare i rischi per l’impresa. Il problema non e’ soltanto quello della criminalita’ organizzata o della maggiore incidenza di delitti gravissimi, come omicidi, sequestri di persona e rapine, ma e’ in primo luogo quello, se possibile ancor piu’ grave, della tendenza diffusa, tra le persone per bene e nella vita di tutti i giorni, a una maggiore tolleranza nei confronti dei comportamenti irregolari. Qualsiasi politica di sviluppo del Mezzogiorno deve proporsi di rompere il circolo vizioso di una economia resa debole dal difetto di rigore nell’applicazione delle regole, ma condannata da quella stessa debolezza a persistere nello scarso rigore. Per rompere quel circolo vizioso non basta offrire incentivi agli investimenti e avviare la – pur indispensabile – opera di miglioramento dei servizi pubblici e delle infrastrutture: e’ necessario anche, e forse ancor piu’ importante, favorire con ogni mezzo il diffondersi dell’abitudine al rispetto della legge come rispetto di se’ medesimi, alla trasparenza delle proprie attivita’ produttive non solo come condizione di onorabilita’ personale ma anche come condizione di maggiore produttivita’ delle attivita’ stesse; e l’impegno alla salvaguardia della cosa pubblica come cosa propria. Alla lotta contro la criminalita’ organizzata devono aggiungersi iniziative incisive di ogni comparto dello Stato (incominciando dalla scuola), delle amministrazioni locali, della Chiesa, delle grandi associazioni sindacali, imprenditoriali e giovanili, volte a innescare un equilibrio diverso, un nuovo gioco sistemico: occorre propagandare e premiare il rispetto delle regole, proporre vie d’uscita realistiche dalle situazioni di irregolarita’, mettere al bando ogni sorta di collusione. Questa grande campagna – che vede gia’ oggi impegnati in prima linea, ma ancora troppo isolati, magistrati e sindaci coraggiosi come Caselli o Bassolino – non e’ faccenda che riguardi soltanto il Mezzogiorno. E’ tutta l’Italia ad esservi interessata, innanzitutto perche’ una differenza analoga a quella che corre tra il nostro Sud e il nostro Nord corre anche tra il nostro Paese nel suo complesso e il resto d’Europa: un maggiore radicamento della cultura delle regole e’ necessario anche nel Nord, se vogliamo adeguarci agli standard dell’Unione. Inoltre perche’ il Sud costituisce una immensa riserva di risorse umane, fino a oggi mortificate dal vecchio gioco sistemico di cui si e’ detto: esse potrebbero invece dare un contributo rilevantissimo alla crescita di tutto il Paese senza essere costrette alla triste e costosa alternativa tra bassa produttivita’ ed emigrazione. Il Nord ha bisogno di valorizzare queste risorse almeno quanto il Sud ha bisogno di stringere i propri legami e il proprio interscambio con il Nord.
     L’isolamento, l’erezione di nuove frontiere, non e’ un affare per nessuno.

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