LA PROPOSTA DI LEGGE DELLA VEDOVA SUI LICENZIAMENTI

CONTRO IL DUALISMO DEL MERCATO DEL LAVORO FUTURO E LIBERTA’ PRESENTA ALLA CAMERA UN PROGETTO DI LEGGE LARGAMENTE ED ESPLICITAMENTE ISPIRATO AL MIO

Progetto di legge presentato alla Camera da Benedetto della Vedova, Enzo Raisi e altri deputati del Gruppo di Futuro e Libertà il 7 aprile 2011, n. 4277

Lavoro aperto per la società aperta
Proposta di legge per i giovani
d’iniziativa dei deputati RAISI – DELLA VEDOVA

RELAZIONE INTRODUTTIVA

Onorevoli Colleghi!
Dopo anni di mancate riforme, l’Italia sperimenta una frattura tra generazioni profonda e sempre meno sanabile. Più di due milioni di persone comprese tra i 15 e i 34 anni non studiano, non lavorano, né cercano lavoro: all’età in cui l’intelligenza è più creativa e il fisico più prestante, noi teniamo milioni di giovani fuori dal mercato del lavoro dipendente stabile e ben remunerato, fuori dalle professioni libere, fuori dall’impresa. Solo il sostegno delle famiglie (per fortuna quelle italiane sono dotate ancora di un patrimonio sostanzioso) consente spesso di andare avanti, di accettare uno stage gratuito in un’altra città (un esempio paradossale di sussidio delle famiglie alle aziende), di lavorare per meno di mille euro nelle principali città italiane, di prestare senza remunerazione la propria opera di praticante – per anni – in uno studio professionale, magari prestigioso. Mettere al mondo un bambino è diventata spesso una chimera. Per diversi anni abbiamo nascosto sotto al tappeto la bomba ad orologeria del lavoro precario, ma la crisi economica – sbattendo fuori dal mondo del lavoro gli unici che potevano essere licenziati, i titolari di contratti non garantiti dall’articolo 18 – ha fatto esplodere l’ordigno: milioni di giovani sono rimasti disoccupati e senza welfare.
Tramontato (e non poteva essere altrimenti) il mito del “posto fisso”, che pure troppi continuano strumentalmente a evocare, la politica non ha saputo offrire alle nuove leve ciò che queste chiedono: la creazione di opportunità, anche grazie all’abbattimento di quelle inique barriere all’ingresso nei grandi mercati del lavoro autonomo e dipendente. Ma paradossalmente, al di là di quelle barriere, ci sono i genitori dei giovani, gli stessi che consentono a questi ultimi di andare faticosamente avanti. Insomma, è un circolo vizioso, da cui si può uscire solo in un modo: con un vero patto tra generazioni, chiedendo un sacrificio a chi oggi gode di molte garanzie a vantaggio di chi non ne ha, “aprendo” il mercato del lavoro per renderlo coerente con una società aperta.
E’ questo il senso della proposta di legge, che mira a essere il punto di partenza per un nuovo approccio alla “questione giovanile”, e alla quale ha lavorato un gruppo di giovani giuristi ed esperti di politiche pubbliche vicini al movimento giovanie di Futuro e Libertà. A una stretta sugli stage (gratuiti solo fino a due mesi, oltre quel limite vanno remunerati) e all’abuso dei co.co.pro., la proposta affianca una rivoluzione copernicana: sulla falsariga del modello Ichino, proponiamo all’articolo 1 una delega al Governo per l’introduzione, per tutte le nuove assunzioni, di un contratto di lavoro unico a tempo indeterminato senza tutela reale (Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), in sostituzione di tutte le forme contrattuali subordinate e parasubordinate attualmente in uso, con eccezione dei contratti di inserimento e di apprendistato e dei co.co.pro sopra i 40.000 euro lordi. Contemporaneamente, vi è l’esclusione dei contratti stipulati ai sensi del nuovo sistema dal computo dei prestatori di lavoro previsto per l’applicazione dell’articolo 18. Ciò vuol dire che chi oggi gode (cioè i dipendenti delle aziende con più di 15 unità lavorative) della tutela reale (il reintegro nel posto di lavoro) da esso disposta continuerà a goderne, ma tale regime sarà ad esaurimento. Ancora, si prevede l’istituzione, per i nuovi assunti, di un’indennità di licenziamento, a carico del datore di lavoro, pari almeno a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro quanti sono gli anni di anzianità di servizio, e l’introduzione di un’indennità di disoccupazione, a prescindere dal settore e dalla qualifica, che si aggiunge a quella di licenziamento, a complemento del nuovo regime contrattuale. L’indennità è finanziata in parte attraverso un contributo assicurativo versato dalle aziende, in parte dai risparmi conseguenti da risparmi sul fronte previdenziale.
Accanto a tutto questo, la proposta di legge prevede all’articolo 2 un riequilibrio della spesa sociale di stampo europeo: si delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi finalizzati all’innalzamento dell’età pensionabile nel range 65-67 anni, fermo restando il diritto di chi ha 40 anni di contributi, senza differenze per uomini e donne e con un sistema di disincentivi crescenti all’interno del biennio. L’allungamento dell’età pensionabile per finanziare quel welfare delle opportunità, fatto di sostegno alla maternità e alla paternità, una formazione professionale qualificante e un irrobustimento delle aspettative pensionistiche dei lavoratori più giovani. Vi è in particolare la possibilità per i giovani lavoratori di destinare fino a 6 punti dell’aliquota contributiva previdenziale a una forma di previdenza complementare (opting out parziale dal sistema previdenziale pubblico). Ancora, con i risparmi previdenziali si prevede l’introduzione di un nuovo canale per la formazione professionale. Esso si aggiunge e non sostituisce quelli già implementati dalle Regioni. Si fonda su un buono-formazione assegnato direttamente alle imprese, e spendibile all’interno di un progetto formativo che preveda l’assunzione di giovani disoccupati fino a 35 anni e le donne nei tre anni successivi alla gravidanza.
Sul fronte del lavoro autonomo, gli articoli 3 e 4 prevedono un riconoscimento delle nuove professioni spontaneamente formatesi sul mercato – oggi prive di tutela – e il contestuale abbattimento delle troppe barriere all’ingresso delle professioni ordinistiche. In particolare, si propone l’abolizione degli esami di abilitazione per l’esercizio di professioni regolamentate da Ordini, il diritto di anticipazione durante gli studi del tirocinio propedeutico all’accesso ad una professione regolamentata, ove previsto, l’abolizione dei minimi tariffari e del divieto di pubblicità, ove previsti. Ancora, la proposta introduce la possibilità di costituire società tra professionisti con soci di mero capitale: si tratta di una misura essenziale per consentire il salto dimensionale dei nostri studi professionali che altrimenti non riusciranno a competere sul mercato europeo ed internazionale dei servizi. Nel settore legale, ad esempio, è già chiaro il trend che porterà l’Italia ad essere colonizzata dalle law firms di diritto anglosassone senza una misura di questo tipo.
Infine, per promuovere le start-up tecnologiche, l’innovazione e l’accesso al credito, l’articolo 5 della proposta di legge prevede l’istituzione di un cd. “Fondo dei fondi” di venture capital: è istituito presso la Cassa Depositi e Prestiti SpA, con dotazione iniziale di 100 milioni di euro, un fondo speciale d’integrazione di fondi d’investimento di venture capital volti a fornire maggiore capitale di rischio a start-up tecnologici.

TESTO DEL PROGETTO DI LEGGE

Articolo 1
(Superamento del dualismo del mercato del lavoro italiano)

1. Allo scopo di modernizzare il diritto e il mercato del lavoro, attraverso strumenti di semplificazione, meritocrazia, efficienza e trasparenza atti a migliorare l’occupabilità dei giovani e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riguardo alle donne, nonché di offrire un sistema di ammortizzatori sociali non discriminatorio, responsabilizzante e orientato alla valorizzazione del capitale umano, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in conformità degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e degli obiettivi indicati dagli orientamenti dell’Unione europea per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, nuove norme in materia di rapporti di lavoro, di formazione e protezione sociale.
2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) per i rapporti di lavoro in posizione dipendente, stipulati successivamente all’emanazione del decreto delegato, istituzione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato a tempo pieno o a tempo parziale, sostitutivo di tutte le formule contrattuali La redazione della proposta di legge è stata curata da un gruppo di lavoro di Libertiamo, composto da: Piercamillo Falasca, Lucio Scudiero, Carmelo Palma, Claudia Biancotti, Diego Menegon, Roberta Amelio, Ugo Maria Chirico.
attualmente previste, con eccezione dei contratti di inserimento e di apprendistato, nonché dei casi di lavoro stagionale, come definito dalla normativa vigente in materia, sostituzione di altro lavoratore il cui rapporto sia per qualsiasi motivo temporaneamente sospeso, attività di ricerca scientifica e insegnamento, e altre prestazioni dovute a esigenze a carattere meramente occasionale o straordinario;
b) fissazione di una soglia minima non inferiore ai 40.000 euro lordi, rivalutati annualmente sulla base della variazione Istat dell’indice dei prezzi al consumo, per la stipula di contratti di collaborazione a progetto di cui al titolo VII, Capo I del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
c) esclusione dei contratti stipulati in forza della lettera a) dal computo dei prestatori di lavoro di cui al primo comma dell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300;
d) reintegro obbligatorio nel posto di lavoro, nel caso di licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, esclusivamente per il licenziamento del lavoratore avvenuto per cause legate alla razza, al sesso, alla nazionalità o alla provenienza regionale, all’origine etnica, alla religione, all’attività, all’opinione o all’appartenenza politica o sindacale, all’età e all’orientamento sessuale; è fatta salva la facoltà per il prestatore di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro un’indennità pari ad almeno quindici mensilità di retribuzione globale di fatto;
e) istituzione di un’indennità di licenziamento a carico del datore di lavoro, corrisposta al lavoratore alla cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, pari almeno a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda, computandosi anche gli eventuali contratti tra le stesse parti che abbiano preceduto quello a tempo indeterminato;
f) estensione dell’indennità di cui alla lettera e) ai lavoratori assunti, anteriormente all’entrata in vigore del decreto delegato, in aziende con meno di 15 dipendenti, esclusi dalla tutela prevista dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, con liquidazione da effettuarsi nei modi sopra stabiliti e decorrenza dall’entrata in vigore del decreto delegato;
g) introduzione, a beneficio dei lavoratori sottoscriventi il contratto di cui alla lettera a) e oggetto di licenziamento non disciplinare, a prescindere dal settore e dalla qualifica di occupazione, di un’indennità ordinaria di disoccupazione, condizionata all’immediata disponibilità al lavoro, all’iscrizione al centro per l’impiego della provincia di residenza e alla ricerca attiva di un’occupazione debitamente attestata, pari almeno al sessanta per cento della retribuzione media lorda dell’ultimo anno di lavoro per i primi sei mesi di disoccupazione, al cinquanta per cento per i successivi quattro mesi e al quaranta per cento per ulteriori due mesi; ai lavoratori licenziati non oltre il dodicesimo mese dalla loro assunzione, il sussidio è dovuto per un numero di mesi non superiore alla durata effettiva del rapporto di lavoro, ridotto di tre;
h) estensione temporale dei benefici di cui alla lettera f) per i lavoratori di età superiore ai cinquant’anni e agli occupati nelle aree a più alto tasso di disoccupazione;
i) copertura dell’indennità di disoccupazione di cui alla lettera f) con una specifica aliquota assicurativa, con previsione di meccanismi premiali per le aziende caratterizzate da un più basso ricorso allo strumento dell’indennità e per i lavoratori disoccupati impegnati in percorsi di formazione; è fatta salva la facoltà delle Regioni di estendere con proprie risorse i benefici previsti;
l) facoltà per i singoli lavoratori, rinunciando alla tutela dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui alla lettera f), di destinare la relativa aliquota assicurativa a una forma di previdenza complementare tra quelle previste e disciplinate dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e successive modificazioni, o di beneficiare di uno sgravio contributivo di pari importo;
m) riordino dell’istituto del tirocinio formativo o stage previsto dal decreto ministeriale 25 marzo 1998, n. 142:
– prevedendo che allo stesso possano accedere esclusivamente gli studenti durante il periodo di frequenza di corsi di istruzione media superiore, universitaria o post-universitaria, nonché entro sei mesi dal conseguimento del diploma relativo a tali corsi;
– impegnando il titolare dell’azienda ad accogliere il giovane assegnandogli una o più mansioni coerenti con la finalità di orientamento e formazione indicate nel contratto stesso, in affiancamento a un lavoratore qualificato o specializzato operante stabilmente nell’azienda, cui compete la funzione di tutor aziendale;
– prevedendo, a seconda dei requisiti dimensionali delle aziende, un limite numerico di tirocinanti impiegabili su base annua, in modo da evitare fenomeni di rotazione continua e ingiustificata degli stessi;
– prevedendo che il contratto di tirocinio non possa durare più di sei mesi e che esso sia rinnovabile o prorogabile soltanto nel rispetto di questi limiti di durata complessiva;
– prevedendo la gratuità del tirocinio solo quando la sua durata sia pari o inferiore a due mesi o esso sia inserito in un programma di alternanza scuola-lavoro, mentre negli altri casi deve essere corrisposta al tirocinante una retribuzione appropriata al progetto di tirocinio, esente da contribuzione;
– prevedendo che alla retribuzione del tirocinante possa partecipare anche un soggetto terzo;
– prescrivendo, per gli stage attivati in violazione dei limiti quantitativi previsti o protratti oltre il limite massimo di durata, la conversione in rapporti di lavoro stipulati ai sensi della lettera a) del presente comma o di un contratto d’apprendistato;
n) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non espressamente indicate, che sono direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente articolo.

Articolo 2
(Riequilibrio della spesa sociale per l’istituzione di un welfare delle opportunità)

1. Allo scopo di modernizzare e riequilibrare la spesa sociale, orientandola ad una promozione attiva dell’occupazione e alla valorizzazione del capitale umano, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le Pari Opportunità, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni e in conformità degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, nuove norme in materia di previdenza, politiche per la famiglia e l’occupazione femminile, formazione professionale, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) istituzione per i lavoratori e le lavoratrici cui si applica il sistema contributivo, di un pensionamento unificato di vecchiaia che, fermo restando il diritto al pensionamento con quaranta anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica, promuova l’allungamento della vita lavorativa e garantisca una flessibilità di opzioni per il requisito anagrafico di quiescenza, compreso tra un minimo di sessantacinque e un massimo di sessantasette anni;
b) applicazione ai lavoratori e alle lavoratrici di cui alla lettera a) del presente comma dei coefficienti di trasformazione previsti dai commi 12 e 14 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, ricalcolati sulla base dei requisiti anagrafici di cui alla stessa lettera a), da sottoporre a revisione automatica triennale ai sensi dell’articolo 1, comma 11, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni;
c) utilizzo dei risparmi consentiti dalle misure di cui alle lettere a) e b), in concorrenza con altre risorse rese disponibili dalla razionalizzazione della spesa pubblica, per i seguenti obiettivi:
– parziale copertura degli oneri derivanti dall’introduzione dell’indennità universale di disoccupazione di cui alla lettera f) , comma 2, dell’articolo 1 della presente legge;
– estensione temporale dei congedi di maternità e paternità, misure di detraibilità delle spese sostenute per i primi tre anni di vita del bambino e previsione di misure incentivanti e premiali per favorire accordi tra le parti che prevedono l’utilizzo di strumenti innovativi per la gestione flessibile dell’orario di lavoro e del luogo di lavoro in occasione della maternità o esigenze di cura particolari dei lavoratori;
– estensione della copertura dei servizi di assistenza ai bambini in età prescolare, anche tramite la previsione di incentivi fiscali alle imprese per l’istituzione di asili nido, e promozione delle forme di autorganizzazione dei servizi di assistenza ai bambini;
– facoltà per i titolari dei contratti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 1 della presente legge di destinare fino a 6 punti dell’aliquota contributiva previdenziale a una forma di previdenza complementare tra quelle previste e disciplinate dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e successive modificazioni;
– istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un fondo per la formazione professionale in favore di disoccupati e inoccupati di età non superiore a 32 anni, estensibili a 35 nelle zone a più alto tasso di disoccupazione, di donne di qualsiasi età entro i 3 anni da una gravidanza; previa intesa tra il Ministero e la Regione di residenza, il fondo eroga buoni formativi sulla base di progetti formativi presentati da datori di lavoro privati per la formazione del soggetto presso l’azienda o presso agenzie terze accreditate dalla Regione, anche in collaborazione con università o scuole tecniche professionali; ai suddetti corsi possono partecipare i soggetti selezionati in possesso dei requisiti sopra elencati, purché iscritti in apposito elenco tenuto dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente; la Direzione provinciale del Lavoro porta a conoscenza degli iscritti nell’apposito elenco i progetti attivati e da attivarsi con mezzi idonei, anche di comunicazione elettronica, e con un ragionevole anticipo; la selezione dei partecipanti al progetto formativo è effettuata dal datore di lavoro, sulla base di titoli e curricula funzionali al completamento con profitto del progetto formativo e all’occupabilità nella stessa; nel progetto formativo il datore di lavoro s’impegna a stipulare con il soggetto beneficiario, al termine del percorso formativo, un contratto d’inserimento o un contratto di lavoro di cui all’articolo 1, comma 2, lett. a) della presente legge; la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano determina la ripartizione del fondo entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presenta legge; l’intesa tra il Ministero e ciascuna Regione fissa i criteri di certificazione dei progetti formativi presentati e il sistema di controllo della rispondenza tra progetti ed effettivo percorso formativo;
d) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non espressamente indicate, che sono direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente articolo.

Articolo 3
(Concorrenza nei servizi professionali e misure in favore dell’attività dei giovani professionisti)

1. All’articolo 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) all’alinea, dopo le parole: «le disposizioni legislative e regolamentari» sono inserite le seguenti: «anche speciali o riferite a determinate categorie di professionisti»;
2) alla lettera a), le parole: «l’obbligatorietà» sono sostituite dalle seguenti: «la fissazione»;
3) alla lettera b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Gli ordini non possono vietare in generale la pubblicità su categorie di mezzi di comunicazione per ragioni di
trasparenza, correttezza, dignità e decoro della professione. Ogni valutazione operata da parte degli ordini deve essere riferita al caso concreto e specifico e deve essere motivata dal mancato rispetto del buon costume o della veridicità o della continenza o della trasparenza dei messaggi;»;
4) alla lettera c), dopo le parole: «da parte di società di persone» sono inserite le seguenti: «o di capitali» e le parole: «l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che» sono soppresse;
5) dopo la lettera c) è aggiunta, in fine, la seguente: «c-bis) il divieto di esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui e il divieto per il medesimo professionista di partecipare a più di una società»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Per quanto previsto dalla lettera c) del comma 1 del presente articolo, è consentita la gestione di pratiche giudiziali da parte di società di professionisti appartenenti a discipline e ad albi diversi, fermo restando che la rappresentanza in giudizio è in quel caso effettuata personalmente dai soli soci o dipendenti che sono abilitati all’esercizio della professione forense ai sensi del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36».
2. Il secondo comma dell’articolo 2233 del codice civile si interpreta nel senso che la disciplina prevista per la determinazione del compenso è relativa a rapporti di tipo privatistico tra le parti di un contratto e non attribuisce alcun potere agli ordini professionali in termini di verifica della corrispondenza del compenso richiesto al decoro della professione e all’importanza dell’opera.
3. All’articolo 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, come da ultimo modificato dall’articolo 1 della presente legge, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «3-bis. È abrogata ogni norma legislativa o regolamentare che imponga minimi contributivi obbligatori annui a carico di ogni iscritto alle casse di previdenza professionali e di ogni iscritto all’albo professionale tenuto all’iscrizione alla cassa di riferimento».
4. È data facoltà agli studenti universitari che hanno conseguito almeno i due terzi dei crediti previsti dai rispettivi corsi di laurea, che consentono l’accesso a professioni regolamentate, di anticipare durante il corso di studi il periodo di praticantato obbligatorio, ove previsto, propedeutico all’abilitazione professionale.

Articolo 4
(Riconoscimento delle professioni non regolamentate)

1. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, su proposta del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con gli altri Ministri competenti per materia, sono riconosciute le professioni non regolamentate che hanno connotazione tipica di interesse diffuso, risultante da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nel mercato nazionale e dalla rilevanza economica e sociale.
2. Ai fini della presente legge, per professioni non regolamentate si intendono le attività economiche, anche organizzate, per cui non è espressamente prevista la riserva di legge a favore delle professioni intellettuali di cui all’articolo 2229 del codice civile, con esclusione delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate prevalentemente mediante lavoro intellettuale sulla base dei princìpi deontologici e delle tecniche proprie dell’attività professionale stessa.
3. Il riconoscimento delle professioni non regolamentate deve essere analiticamente motivato e indicare espressamente le ragioni e gli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione.
4. Ogni due anni il Ministro della giustizia, con decreto adottato secondo le modalità di cui al comma 1, procede alla ricognizione delle professioni non regolamentate per favorire l’aggiornamento di quelle esistenti e promuovere il riconoscimento di nuove.
5. Il riconoscimento delle professioni non regolamentate avviene anche in conseguenza delle procedure di riconoscimento delle associazioni professionali di cui al comma 6. Nel caso in cui all’associazione richiedente il trasferimento non corrisponda alcuna professione già riconosciuta, la richiesta di riconoscimento avanzata dall’associazione costituisce richiesta di riconoscimento della professione stessa e attiva la procedura di cui al comma 1.
6. La legge garantisce la libertà di costituzione di associazioni professionali, di seguito definite «associazioni», di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza. Le associazioni garantiscono la formazione permanente e adottano un codice deontologico, vigilano sul comportamento degli associati e definiscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del codice deontologico. A tali fini ciascuna associazione è tenuta ad attivare uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possono rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti.
7. Al fine del riconoscimento delle associazioni sono necessari i seguenti requisiti:
a) l’avvenuta costituzione per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata registrata presso l’ufficio del registro, o per altra idonea documentazione ufficiale, da almeno due anni;
b) l’adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica, l’assenza dello scopo di lucro, la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l’assenza di situazioni
di conflitto di interessi o di incompatibilità, la trasparenza degli assetti organizzativi e l’attività dei relativi organi, l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione;
c) la tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l’indicazione delle quote versate direttamente all’associazione per gli scopi statutari;
d) la chiara individuazione di elementi di deontologia;
e) la precisa identificazione delle attività professionali che caratterizzano la professione cui l’associazione si riferisce e dei titoli di studio e delle esperienze formative necessari al suo esercizio;
f) la previsione dell’obbligo della formazione permanente;
g) la diffusione sul territorio nazionale in almeno dieci regioni o in un numero di regioni anche inferiore la cui popolazione complessiva sia pari al cinquanta per cento dei residenti in Italia;
h) la mancata pronuncia nei confronti dei suoi legali rappresentanti di condanna, passata in giudicato, in relazione ad attività professionali o riferibili all’associazione medesima.
8. Le associazioni in possesso dei requisiti di cui al comma 7 sono riconosciute, sentito il CNEL e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro competente per materia o settore prevalente di attività.
9. Al fine di evitare la parziale sovrapposizione tra le attività rappresentate dalle associazioni richiedenti e l’eccessiva frammentazione delle professioni, il decreto di riconoscimento dell’associazione indica le connotazioni tipiche che costituiscono l’ambito professionale oggetto della rappresentanza. Le associazioni richiedenti adeguano i propri statuti alle disposizioni del decreto relative alle connotazioni tipiche della professione riconosciuta entro sei mesi dalla data dell’emanazione del decreto stesso. In caso di mancato adeguamento, il riconoscimento è inefficace.
10. Presso il Ministero della giustizia è istituito il Registro delle associazioni professionali, di seguito denominato «Registro». Il Registro è pubblico. Il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico stabilisce le forme e i modi attraverso cui renderlo ampiamente consultabile. Le associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento sono automaticamente iscritte nel Registro.
11. Al fine di garantire la tutela del cittadino consumatore, è istituito l’attestato di competenza, in conformità alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, con il quale si attesta il possesso dei prescritti requisiti professionali, l’esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento e la tenuta di un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione stessa.
L’attestato di competenza può essere rilasciato sia dalla singola associazione sia dalle forme aggregative di associazioni nonché dall’Ente italiano di accreditamento (ACCREDIA).
12. Le associazioni definiscono i requisiti che gli iscritti devono possedere ai fini del rilascio dell’attestato di competenza, e in particolare:
a) l’individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di specifici percorsi formativi;
b) la definizione dell’oggetto della professione e dei relativi profili professionali;
c) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell’esercizio della professione;
d) la stipula di una polizza assicurativa per la responsabilità professionale.
13. Per evitare che il rilascio dell’attestato di competenza sia condizionato da situazioni di conflitto di interessi e per garantirne il riconoscimento nei Paesi membri dell’Unione europea, i soggetti abilitati al rilascio devono essere accreditati presso ACCREDIA. L’attestato di competenza ha validità triennale; esso non è requisito vincolante per l’esercizio delle professioni non regolamentate ed è rilasciato a tutti gli iscritti alle associazioni che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 12.
14. L’iscritto all’associazione ha l’obbligo di informare l’utenza del proprio numero di iscrizione all’associazione e degli estremi dell’iscrizione dell’associazione stessa nel Registro.

Articolo 5
(Promozione dell’attività di venture capital in favore di progetti imprenditoriali ad elevata innovazione)

1. E’ istituito presso la Cassa Depositi e Prestiti SpA, con dotazione iniziale di 150 milioni di euro, un fondo speciale d’integrazione di fondi d’investimento di venture capital volti a fornire maggiore capitale di rischio a progetti imprenditoriali ad elevato contenuto d’innovazione tecnologica e periodo di rientro dell’investimento iniziale esclusivamente nel lungo periodo, realizzati entro i confini della Repubblica Italiana.
2. Il finanziamento erogato dal Fondo speciale non può superare l’ammontare del 50 per cento del totale del patrimonio del singolo fondo da integrare e non può essere superiore a dieci anni.
3. Con decreto del Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’Economia, sono definiti i criteri di selezione ed individuazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti SpA dei fondi da integrare, nonché le modalità per l’assegnazione e la restituzione dei finanziamenti.
4. Alla copertura degli oneri relativi alla costituzione del fondo si provvede mediante contestuale riduzione dei trasferimenti ordinari statali alle Province.

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