LA UIL LOMBARDA FA SUO IL PROGETTO FLEXSECURITY

LA TERZA CONFEDERAZIONE PROPONE DI UTILIZZARE LO SPAZIO APERTO DALL’ARTICOLO 8 DELLA MANOVRA PER INCOMINCIARE A SPERIMENTARE IN AZIENDA IL NUOVO CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO, CON L’OBIETTIVO DI UN GRADUALE SUPERAMENTO DEL DUALISMO DEL NOSTRO MERCATO DEL LAVORO 

Estratto dalla relazione introduttiva di Walter Galbusera, segretario generale lombardo della Uil, al seminario del Comitato Centrale della stessa confederazaione dell’8 e del 9 settembre 2011 – Segue il documento conclusivo elaborato dalla segreteria e pubblicato il 13 settembre 2011

L’ESTRATTO DALLA RELAZIONE DI WALTER GALBUSERA
8 settembre 2011
[..] C’è una preoccupante tentazione di trasferire il conflitto in sede giudiziaria. Noi non contestiamo ad alcuno il diritto di rivolgersi alla Magistratura, ma osserviamo che la saggezza dovrebbe suggerire di ricorrervi solo in circostanze gravi che non consentono altra via. Se l’azione giudiziaria divenisse la coda inevitabile di ogni accordo ci chiediamo con quale autorità si potrebbe contrattare in futuro. In questo delicato contesto l’attività giudiziaria va talvolta al di là del suo ruolo naturale fondamentale (che in un sistema democratico si fonda sulla divisione e sulle relative autonomie dei poteri), assumendo una funzione di sostanziale produzione legislativa. Probabilmente questo è tipico di una società che dopo il tracollo del sistema politico del 92 non ha ancora ritrovato un proprio equilibrio complessivo. Però è importante rilevare che se ogni regola può avere le sue eccezioni, le eccezioni non devono diventare regola.
Per queste ragioni non possiamo che condividere la filosofia dell’articolo 8 (non il testo letterale che sarà inevitabilmente oggetto di modifiche) che, oltre ad aggravare le pena per il reato di caporalato fino ad 8 anni di carcere, dà valore agli accordi aziendali sottoscritti dalla maggioranza dei lavoratori o dai loro rappresentanti legittimamente eletti e consente deroghe estese in materia di lavoro apparentemente anche in deroga alla legislazione, compreso l’obbligo di reintegro previsto dall’articolo 18 dello Statuto ad eccezione dei licenziamenti per rappresaglia o in presenza di maternità o di matrimonio. Bisogna però riconoscere che quest’ultima fattispecie è accompagnata dagli inevitabili  e assai fondati interrogativi sugli esiti giurisprudenziali futuri. Comprendiamo e rispettiamo le legittime ragioni di chi esprime dissenso ma, ma non possiamo fare ameno di sottolineare quanto abbiamo anche recentemente sostenuto sul rapporto tra lavoro precario e lavoro stabile soprattutto in rapporto alla legislazione esistente. Abbiamo fatto nostro il progetto di Pietro Ichino sul riordino delle tipologie contrattuali che fa leva anche sul potenziamento degli Enti Bilaterali per garantire maggiori possibilità di tutela e di aggiornamento professionale per chi perde il lavoro, non riducendo le attuali tutele per i cosiddetti garantiti, ma estendendo le nuove regole a tutto il mondo del lavoro per le nuove assunzioni. Purtroppo né il mondo sindacale ne quello politico della maggioranza e dell’opposizione ha raccolto seriamente questa proposta che potrebbe essere la vera proposta di emendamento a quella parte dell’articolo 8 che consente la deroga sul reintegro prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Se c’è la disponibilità a sostenere questo progetto lo si dica in termini chiari e si sottoscriva la proposta. Se così non fosse bisognerebbe solo prendere atto che l’incapacità di affrontare con coraggio le situazioni di criticità produce un vuoto che viene prima o poi riempito. Rimane però un fatto fondamentale: se le deroghe sono per noi uno  strumento utile è indispensabile che siano chiare le regole che le disciplinano e consentano un rapporto chiaro ed effettivo con i lavoratori nei cui confronti vengono applicate. Questo riporta in primo piano il dibattito sulle strategie sindacali che abbiamo sollevato con continuità e determinazione per l’attuazione degli articoli 39, 40 e 46 della Costituzione (la Suprema Carta viene invocata con grande enfasi spesso solo per motivi strumentali) perché riteniamo che la modernizzazione delle relazioni industriali debba avvenire partendo da un solido quadro istituzionale e costituzionale con norme non solo programmatiche ma pienamente efficaci. Basti pensare alla macroscopica divergenza tra la richiesta (del tutto legittima)  di una parte importante del mondo sindacale di ottenere il consenso  formale dei lavoratori interessati per la presentazione e la sottoscrizione di un accordo e la contestuale e altrettanto determinata indisponibilità a riconoscere alla stessa collettività di lavoratori interessati il potere di decidere, con le stesse formalità, la proclamazione dello sciopero.
[…]

IL DOCUMENTO CONCLUSIVO ELABORATO DALLA SEGRETERIA
13 settembre 2011
[…]
In ogni caso  rimane la questione del debito che ha dimensioni enormi: l’obiettivo di ridurlo del 5% richiede di recuperare risorse per 100 md di euro (pari a quasi il doppio del valore della manovra a regime nel 2014). Su questo obiettivo, senza confondere il debito con il disavanzo della spesa corrente, si deve esercitare una forte iniziativa politica per
a. Alienare le proprietà pubbliche con il solo vincolo di massimizzare il risultato
b. Applicare un’imposta patrimoniale sulla ricchezza privata che se si vogliono ottenere risultati adeguati non può limitarsi alle “grandi fortune”
c. Una volta effettuata una vera riforma fiscale applicare il condono per evitare la beffa della prescrizione.
Nello stesso tempo dobbiamo rivolgere grande attenzione alle misure per lo sviluppo, che saranno efficaci tanto più quanto saranno adeguati i provvedimenti antideficit e antidebito.
Occorre un grande progetto per la realizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali  nei settori strategici, provvedimenti efficaci in materia di semplificazione burocratica e di liberalizzazioni e misure dirette al sostegno della ricerca e dell’innovazione passando attraverso la riqualificazione dell’istruzione (Università, Scuola e formazione professionale) rafforzandone i legami con il mondo del lavoro.
Ma l’obiettivo strutturale più importante è quello della ricomposizione dell’intero mercato del lavoro e del superamento dei contratti più iniqui esistenti come le varie collaborazioni lasciando alla partita Iva il mondo delle professioni. Ciò non solo comporta una normativa unica e una comune politica contrattuale per lavoro pubblico e lavoro privato ma anche la semplificazione delle forme contrattuali esistenti che debbono essere ricondotti sostanzialmente ad una sola fattispecie, quella del lavoro subordinato in tutte le sue articolazioni. Per raggiungere questo obiettivo occorre attuare una proposta (come quella del Senatore Ichino) che accanto al rafforzamento dei sistemi di tutela attraverso gli enti bilaterali ipotizza per i futuri lavoratori, con il rafforzamento delle regole di ingresso, anche una maggiore flessibilità nella cessazione del rapporto di lavoro. In questa proposta si ritrova realisticamente non solo il superamento del secondo comma dell’articolo 8, destinato peraltro a rimanere inutilizzato, ma anche un nuovo mercato del lavoro dove tutti godono degli stessi diritti.
Poiché la debole crescita della produttività è uno dei fattori di crisi strutturale del nostro sistema economico è fondamentale non solo praticare il ricorso contrattato alle deroga del contratto nazionale ma prima di tutto diffondere e rafforzare la contrattazione integrativa legata al salario di produttività che è accompagnata da una forte agevolazione fiscale.
Ma questo modello non è attualmente applicato a tutto il mondo del lavoro. I lavoratori del Pubblico Impiego, nei cui confronti deve essere abbandonato ogni approccio persecutorio di “genere” e ai quali va riconosciuta dignità e ruolo, devono essere al centro di una proposta forte di riforma capace di garantire efficienza e qualità dei servizi applicando regole uguali a quelle del settore privato e garantendo nello stesso tempo le risorse per la contrattazione decentrata per una politica retributiva che premi il merito e la responsabilità.
Se queste analisi sono corrette e le proposte strategiche sono condivise occorre trarne le logiche conseguenze sul terreno delle iniziative.
Il ricorso o meno allo sciopero generale non è una questione di principio. Nel rispetto delle differenti opinioni noi non siamo convinti che, in questo momento, su un fronte così vasto e complesso che mette in discussione non solo la credibilità ma anche la stabilità e il futuro del Paese il ricorso allo sciopero (il cui costo per i lavoratori non è una variabile marginale) sia lo strumento più efficace. É ben vero che esistono nel Paese e nel mondo del lavoro un grande disorientamento e preoccupazioni reali del tutto fondate ma per uscire da quella che rischia di essere la logica del tutti contro tutti occorre una visione strategica alimentata da obbiettivi chiari e scelte prioritarie che vadano al di la della pur difficile situazione contingente. Fino ad oggi il quadro politico non è stato capace nel suo insieme di offrire soluzioni credibili. Se il Governo allo stato delle cose non ha un grande futuro non se la passa meglio l’opposizione parlamentare che non avanza proposte organiche e convincenti.
La UIL deve  costruire sul suo progetto un forte consenso dei quadri e dei delegati rafforzando l’identità d’organizzazione. Lo deve promuovere attraverso le opportune  iniziative nel mondo del lavoro e nel Paese, confrontandosi  con le Istituzioni e le forze politiche ad ogni livello.
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