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IL CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO

A CHE COSA CI RIFERIAMO QUANDO PARLIAMO DI SEMPLIFICAZIONE DEL DIRITTO DEL LAVORO

Testo unico delle norme di fonte nazionale in materia di rapporti di lavoro e sindacali, tratto dai d.d.l. n. 1872/2009 [1] e n. 1873/2009 [2], presentato il 15 novembre 2012 da Matteo Renzi come parte integrante del suo programma elettorale – Questa edizione, che contiene soltanto alcuni marginali aggiornamenti rispetto ai due disegni di legge, mira a rendere più facilmente leggibile e comprensibile il contenuto della riforma


CODICE DEL LAVORO
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Capo I – Disciplina comune a tutti i rapporti di lavoro

 

Articolo 1
Diritto del lavoro europeo
(sostituisce l’art. 2086 del codice civile)

1. Principi e regole posti dall’Unione Europea in materia di rapporti di lavoro sono direttamente applicabili nell’ordinamento italiano. Per ogni aspetto della materia non disciplinato da questo Codice si applicano le rilevanti norme europee.

 

Articolo 2
Tutela delle condizioni di lavoro e della riservatezza del lavoratore
(sostituisce l’art. 2087 cod. civ.)

1. Fermo restando il rispetto della disciplina europea e delle leggi speciali sulla materia, il titolare dell’azienda è tenuto ad adottare le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie per tutelare l’integrità fisica e psichica, la personalità morale e la riservatezza di chiunque presti la propria attività di lavoro nell’azienda.
2. Coloro che prestano continuativamente la propria opera in ambiente di cui sia titolare il datore di lavoro o committente, quale che sia la natura giuridica e il contenuto della prestazione, hanno diritto di controllare mediante tecnici di propria fiducia:
a) l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;
b) le tecniche applicate dal datore di lavoro o committente quando questi li sottoponga a indagini attitudinali o motivazionali o a test psico-reattivi, nonché l’utilizzazione che egli faccia dei dati risultanti da tali indagini o test.
3. È fatto divieto al datore di lavoro o committente, ai fini della selezione precedente alla costituzione del rapporto, come nel corso del suo svolgimento, di effettuare indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del prestatore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale e ai fini di tutela della sicurezza delle cose e delle persone. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare l’idoneità pesico-fisica del lavoratore o del candidato esclusivamente da parte di presidi sanitari pubblici a ciò preposti o del medico competente.
4. Il datore di lavoro o committente, ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è tenuto al segreto, a norma dell’articolo 622 del codice penale, sulle notizie riservate concernenti il prestatore, delle quali venga a conoscenza per ragione del rapporto di collaborazione o delle attività selettive precedenti alla sua costituzione. Tale obbligo riguarda, in particolare, le notizie concernenti la natura delle infermità o dei diversi impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione della prestazione eventualmente idonee a rivelare taluno dei dati sensibili protetti. Non sono, invece, oggetto di protezione i dati inerenti allo svolgimento della prestazione lavorativa e al suo corrispettivo.

 

Articolo 3
Età minima, capacità giuridica e tutela del lavoro minorile
(sostituisce l’art. 2088 cod. civ.)

1. Fermo restando il diritto-dovere di istruzione e formazione, non può essere titolare di un contratto di lavoro la persona che non abbia compiuto i 16 anni di età. La stipulazione di un contratto di apprendistato con il quindicenne è consentita solo a condizione che questi abbia conseguito il diploma di scuola media inferiore e previa autorizzazione del Direttore della Direzione provinciale per l’impiego motivata con necessità educative specifiche del giovane, su istanza dei suoi genitori, sentiti il giovane medesimo e il titolare dell’azienda.
2. Il minore stipula validamente il contratto di lavoro e gli atti giuridici che ne conseguono con l’assistenza di chi esercita la potestà parentale.
3. L’ammissione al lavoro del minore è subordinata a visita medica per l’accertamento dell’idoneità fisica e psichica alla mansione specifica cui il minore stesso sarà adibito.
4. In nessun caso il minore di 18 anni può essere adibito a lavoro notturno, o a lavoro pericoloso, faticoso, o svolto in ambiente insalubre o ad alta rumorosità, o alla somministrazione di bevande alcoliche. Con decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali sono determinati i limiti di peso dei carichi al cui trasporto a braccia o mediante carrelli può essere adibito il minore.
5. Il minore di 17 anni titolare di contratto di lavoro o collaborazione continuativa non può essere adibito a lavoro per più di 7 ore ogni giorno e 35 ore ogni settimana. Per il minore di età superiore si applica in ogni caso il limite massimo di 8 ore di lavoro giornaliero e 40 ore di lavoro settimanale.
6. Il minore titolare di contratto di lavoro o collaborazione continuativa ha diritto a trenta giorni di calendario di riposo annuale retribuito.

 

Articolo 4
Assicurazione generale contro gli infortuni e le malattie professionali
(sostituisce l’art. 2089 cod. civ.)

1. Chiunque svolga professionalmente una attività lavorativa che lo esponga a un rischio di infortunio o malattia professionale deve essere assicurato contro tale rischio. Gli standard minimi di tale assicurazione, in riferimento a ciascun rischio specifico, sono stabiliti mediante decreto del Presidente della Repubblica, secondo quanto proposto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, e approvato dal Consiglio dei Ministri.
2. L’assicurazione è a carico del creditore della prestazione di lavoro dipendente. Quando non si tratti di lavoro dipendente, l’assicurazione è a carico del titolare delle attrezzature e dei macchinari per mezzo dei quali il lavoro deve essere svolto. Il soggetto obbligato alla stipulazione dell’assicurazione risponde delle prestazioni assicurative in solido con la compagnia prescelta.
3. L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, mediante una propria gestione speciale, garantisce l’automaticità delle prestazioni assicurative secondo gli standard di cui al comma 1 in difetto della copertura assicurativa di cui al comma 2, salvo rivalsa nei confronti dei debitori inadempienti. Il finanziamento della suddetta gestione speciale è determinato dal decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1, a carico delle compagnie che gestiscono l’assicurazione di cui ai commi 1 e 2.

 

Articolo 5
Assicurazioni generali per vecchiaia, invalidità, disoccupazione, malattia e maternità
(sostituisce l’art. 2090 cod. civ.)

1. Quale che sia la natura giuridica e il contenuto della prestazione di lavoro personale, di cui all’articolo 9 o all’articolo 2222 del codice civile, la sua retribuzione, per la parte che non superi la soglia determinata a norma del presente comma, è assoggettata alle assicurazioni generali per la vecchiaia e l’invalidità e per la disoccupazione. La contribuzione, la soglia massima di retribuzione  e le prestazioni di tali assicurazioni di base universali sono disciplinate mediante decreto del Presidente della Repubblica, secondo quanto proposto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, e approvato dal Consiglio dei Ministri. Le forme di previdenza complementare sono disciplinate da leggi speciali.
2. Fermi i principi generali in materia di cura e assistenza erogate dal Servizio Sanitario Nazionale il reddito di lavoro, per la parte che non superi la soglia di cui al comma 1, è assoggettata a una assicurazione generale per infermità gravi, che comportino impedimento totale al lavoro per più di tre mesi. Contribuzione e prestazioni di tale assicurazione di base universale sono disciplinate mediante decreto del Presidente della Repubblica, secondo quanto proposto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, e approvato dal Consiglio dei Ministri.
3. L’assicurazione generale di cui al comma 2 copre anche, per i soggetti cui non si applica la protezione di cui all’articolo 26, l’impedimento al lavoro derivante dalla gravidanza e dalla nascita di un figlio, assicurando alla lavoratrice quattro quinti del reddito di lavoro, entro i limiti di cui al comma 2, per almeno un mese prima del parto e almeno due mesi dopo il parto, fino al limite complessivo di cinque mesi. Il decreto istitutivo della copertura assicurativa disciplina il godimento dell’indennità, per il periodo successivo al parto, da parte del padre del neonato in alternativa alla madre, in armonia con quanto disposto nell’articolo 26, commi 3 e 4.
4. Le prestazioni previdenziali previste in questo articolo sono dovute al prestatore di lavoro dipendente anche quando il datore di lavoro o committente non ha versato regolarmente i contributi dovuti all’istituto gestore dell’assicurazione obbligatoria, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali. Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, il datore di lavoro o committente risponde del danno che ne deriva al prestatore.

 

Articolo 6
Parità di trattamento e divieti di discriminazione
(sostituisce l’art. 2091 cod. civ.)

1. È fatto divieto al datore di lavoro o committente di differenziare in alcun modo, direttamente o indirettamente, il trattamento riservato a uno o più prestatori, ivi compresi i criteri di assunzione e di licenziamento, a causa della loro razza, sesso, nazionalità o provenienza regionale, origine etnica, religione, attività, opinione o appartenenza politica o sindacale, età, orientamento sessuale.

 

Articolo 7
Compenso orario minimo
(sostituisce l’art. 2092 cod. civ.)

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro approvata dal Consiglio dei Ministri, viene fissato il compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi per oggetto una attività lavorativa. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro formula la proposta dopo avere sentito le associazioni sindacali e imprenditoriali maggiormente rappresentative.
2. Il decreto di cui al comma 1 può disporre compensi orari minimi differenziati in relazione a differenze rilevanti degli indici regionali del costo della vita o relativi alle condizioni  del mercato del lavoro.
3. Il compenso orario minimo non si applica ai rapporti aventi per oggetto, esclusivo o concorrente con la prestazione lavorativa, la formazione professionale del prestatore.

 

Articolo 8
Servizi nel mercato del lavoro
(sostituisce l’art. 2093 cod. civ.)

1. L’attività di servizio all’incontro fra domanda e offerta nel mercato del lavoro è libera. Quando essa sia svolta professionalmente a scopo di lucro, si applicano le disposizioni contenute nei commi seguenti.
2. Presso il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è istituito un albo delle agenzie per il lavoro articolato in due sezioni:
a) agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività di cui all’articolo 42;
b) agenzie di intermediazione, di ricerca e selezione del personale;
c) agenzie di supporto intensivo alla ricollocazione professionale.
3. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rilascia entro sessanta giorni dalla richiesta, e previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui al comma 5, l’autorizzazione all’esercizio delle attività per le quali viene fatta richiesta, provvedendo contestualmente alla iscrizione dell’agenzia nell’albo di cui al comma 2.
4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano agli istituti scolastici o universitari, né ai centri di formazione professionale, che svolgano attività di collocamento per i propri allievi. Esse non si applicano neppure ai soggetti od organismi che gestiscono i servizi di ricollocazione dei lavoratori per conto delle aziende a norma dell’articolo 35, né ai soggetti od organismi di cui all’articolo 48, comma 7, che gestiscono servizi di mediazione tra domanda e offerta di servizi di cui allo stesso articolo, comma 3.
5. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera a), è necessario che:
a) l’agenzia sia costituita nella forma di società di capitali, oppure cooperativa o consorzio di cooperative;
b) l’agenzia abbia disponibilità di uffici in locali idonei allo specifico uso e di adeguate competenze professionali, dimostrabili per titoli o per specifiche esperienze nel settore delle risorse umane o nelle relazioni industriali, secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con decreto emanato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;
c) in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti muniti di rappresentanza e ai soci accomandatari non siano state emanate condanne penali o sanzioni sostitutive di quelle penali, anche con sentenza non definitiva, per delitti contro il patrimonio, per delitti contro la fede pubblica o contro l’economia pubblica, per il delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice penale, o per delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione degli infortuni sul lavoro o, in ogni caso, previsti da leggi in materia di lavoro o di previdenza sociale; non siano state adottate, altresì, misure di prevenzione;
d) nel caso di soggetto non caratterizzato da un oggetto sociale esclusivo, che l’attività di servizio al mercato del lavoro sia affidata a una distinta divisione operativa, gestita con strumenti di contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici;
e) che il capitale versato non sia inferiore a 600.000 euro, oppure che l’agenzia disponga di 600.000 euro tra capitale sociale versato e riserve indivisibili, nel caso in cui essa sia costituita in forma cooperativa;
f) che l’attività dell’agenzia interessi un ambito distribuito su non meno di quattro regioni;
g) un deposito cauzionale di 350.000 euro presso un istituto di credito avente sede o dipendenza nei territorio nazionale o di altro Stato membro della Comunità Europea, a garanzia dei crediti dei lavoratori impiegati e dei corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali; a decorrere dal terzo anno solare, la cauzione può essere sostituita da una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata da intermediari che svolgono in via prevalente o esclusiva attività di rilascio di garanzie, a ciò autorizzati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, non inferiore al 5 per cento del fatturato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, realizzato nell’anno precedente e comunque non inferiore a 350.000 euro; sono esonerate dalla prestazione delle garanzie di cui a questa lettera le società che abbiano assolto obblighi analoghi previsti per le stesse finalità dalla legislazione di altro Stato membro dell’Unione Europea;
h) nel caso di cooperative di produzione e lavoro, oltre ai requisiti indicati nelle lettere precedenti, la presenza di almeno sessanta soci e tra di essi, come socio sovventore, di almeno un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione;
6. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera b), sono necessari gli stessi requisiti indicati nel comma 5, salvo che è ammessa anche la forma della società di persone, il limite minimo di capitale versato è ridotto a 25.000 euro e non è necessaria l’estensione dell’attività a più di una regione.
7. Per l’iscrizione all’albo di cui al comma 2, lettera c), sono necessari gli stessi requisiti indicati nel comma 6, salvo che è ammessa anche la forma della società di persone e quella dell’impresa individuale e non vi è alcun requisito minimo di capitale versato.
8. Le attività di cui al comma 2, lettere a) e b), devono essere svolte a titolo gratuito nei confronti di coloro che offrono il proprio lavoro. La richiesta di compenso è punita con una sanzione amministrativa pari a dieci volte il compenso effettivamente percepito e comunque non inferiore a 1000 euro.

 

Capo II – Disciplina del lavoro dipendente e del lavoro subordinato

 

Articolo 9
Subordinazione e dipendenza
(sostituisce l’art. 2094 cod. civ.)

1. È prestatore di lavoro subordinato colui che si sia obbligato, dietro retribuzione, a svolgere per una azienda in modo continuativo una prestazione di lavoro personale soggetta al potere direttivo del creditore.
2. È prestatore di lavoro dipendente da un’azienda il lavoratore subordinato, nonché il lavoratore autonomo continuativo, l’associato in partecipazione, o il socio lavoratore di società commerciale, che traggano più di tre quarti del proprio reddito di lavoro complessivo dal rapporto con l’azienda medesima, salvo che ricorra alternativamente uno dei seguenti requisiti:
a) la retribuzione annua lorda annua del collaboratore autonomo o dell’associato in partecipazione superi i 24.000 euro; tale limite si dimezza per i primi due anni di esercizio dell’attività professionale;
b) il collaboratore autonomo, l’associato in partecipazione o il socio lavoratore sia iscritto a un albo o un ordine professionale incompatibile con la posizione di dipendenza dall’azienda.
3. Il criterio di qualificazione stabilito nel comma 2 si applica anche al rapporto di lavoro, ulteriore rispetto al rapporto sociale, tra socio lavoratore e cooperativa di lavoro.
4. Il requisito di cui al comma 2, inerente alla composizione del reddito di lavoro del prestatore, si presume sussistente in tutti i casi di collaborazione continuativa in cui il creditore della prestazione non possa documentare la diversa e autonoma fonte di reddito della quale il prestatore goda in misura superiore a un terzo del suo reddito di lavoro complessivo. La documentazione può consistere, alternativamente,
a) in una autodichiarazione del prestatore accompagnata dalla documentazione dei redditi diversi;
b) nella copia della dichiarazione dei redditi del prestatore relativa all’anno precedente.
5. L’insorgenza o la cessazione in costanza del rapporto del requisito inerente alla composizione del reddito di cui al comma 2 determinano, rispettivamente, l’insorgenza o la cessazione della condizione di dipendenza a far data dall’inizio dell’anno fiscale successivo.

 

Articolo 10
Inquadramento professionale
(sostituisce l’art. 2095 cod. civ.)

1. La classificazione professionale dei lavoratori ai fini della determinazione del loro trattamento disposto da un contratto collettivo è riservata al contratto collettivo stesso.
2. Dove nell’azienda non si applichi un contratto collettivo che disponga riguardo all’inquadramento professionale dei dipendenti, il titolare è tenuto a predisporre e comunicare ai dipendenti stessi e rendere loro agevolmente accessibili i criteri di inquadramento applicati.

 

Articolo 11
Assunzione e periodo di prova
(sostituisce l’art. 2096 cod. civ.)

1. All’atto dell’assunzione e comunque prima dell’inizio della prestazione lavorativa il datore di lavoro o committente è tenuto a confermare al lavoratore in forma scritta, oltre alla propria identità:
a) il luogo della prestazione, di cui all’articolo 17;
b) la data di inizio della prestazione e la durata prevista del rapporto, se a tempo determinato;
c) l’oggetto della prestazione, di cui all’articolo 18;
d) l’inquadramento professionale, di cui all’articolo 10;
e) la durata delle ferie annuali retribuite, di cui all’articolo 24;
f) i termini di preavviso cui sono assoggettati il recesso del lavoratore, di cui all’articolo 32, e il recesso del datore di lavoro o committente, di cui agli articoli 33 e 34;
g) la retribuzione-base e ogni altro elemento del trattamento economico;
h) la durata normale giornaliera o settimanale del lavoro e la sua collocazione temporale;
i) il contratto o i contratti collettivi eventualmente applicabili, con indicazione delle parti stipulanti ove non si tratti di contratto aziendale.
2. Qualsiasi modifica di una delle voci di cui al comma 1 in corso di rapporto deve risultare da atto scritto, di cui l’originale o una copia deve essere consegnata preventivamente al lavoratore.
3. Salvo diversa disposizione collettiva applicabile, l’assunzione del lavoratore dipendente in prova deve risultare da atto scritto.
4. Il periodo di prova non può durare più di sei mesi. Durante tale periodo, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto senza onere di preavviso. Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.
5. Salvo il caso del lavoro domestico, il datore di lavoro o committente deve annotare e tenere aggiornati i seguenti dati per ciascun dipendente, in un apposito libro aziendale che deve essere tenuto a disposizione degli ispettori presso l’azienda o il consulente del lavoro di cui essa si avvalga:
a) data di assunzione;
b) calendario delle presenze e assenze del lavoratore, da cui risultino estensione e distribuzione temporale della prestazione nell’arco di ciascuna giornata e settimana;
c) ciascun elemento della retribuzione stessa e delle relative ritenute contributive o fiscali, e il modo in cui esso è stato calcolato;
d) data di cessazione del rapporto.
6. L’omessa o irregolare annotazione sul libro aziendale di uno o più dati di cui al comma 5 è punita con una sanzione amministrativa irrogata dall’Ispettorato provinciale del lavoro, commisurata all’entità dell’inadempimento, non inferiore a 100 euro e non superiore a 10.000 euro per ciascun lavoratore cui l’omissione si riferisce.
7. Per ogni altro aspetto della materia non disciplinato da questo articolo si applicano direttamente le disposizioni comunitarie rilevanti.

 

Articolo 12
Contratto a termine e lavoro intermittente
(sostituisce l’art. 2097 cod. civ.)

1. La prima assunzione del lavoratore alle dipendenze di un’azienda può avvenire con contratto a termine.
2. L’assunzione ulteriore del lavoratore alle dipendenze di un’azienda dopo un primo contratto a termine, nonché la proroga di tale primo contratto, possono avvenire con apposizione di un termine soltanto nei casi previsti da un contratto collettivo applicabile, stipulato secondo i criteri di rappresentanza maggioritaria di cui all’articolo 50, o comunque nei casi seguenti:
a) lavori stagionali, come definiti dalla normativa vigente in materia;
b) sostituzione di altro lavoratore il cui rapporto sia per qualsiasi motivo temporaneamente sospeso;
c) assunzione in funzione di un singolo spettacolo, o di una stagione teatrale o musicale;
d) assunzione in funzione di fiere, mercati, manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, o altre esigenze a carattere meramente occasionale o straordinario;
e) assunzione con contratto a termine di durata non inferiore a due anni, prorogabile o rinnovabile per due sole volte, per attività di ricerca scientifica o di insegnamento;
f) al di fuori dei casi di cui alle lettere precedenti, assunzione per prestazioni intermittenti di durata pari o inferiore a sei giorni lavorativi relative a servizi occasionali, quando negli ultimi trenta giorni lo stesso lavoratore non abbia prestato lavoro per lo stesso datore o committente complessivamente per più di cinque giorni lavorativi; in funzione di programmi specifici di spettacolo, l’assunzione per prestazioni intermittenti è ammessa anche oltre il limite suddetto;
g) assunzione di dirigente;
h) assunzione da parte di persona fisica per lo svolgimento di servizi alla famiglia
3. L’assunzione con contratto a termine e il motivo dell’apposizione del termine devono risultare da atto scritto nei casi di cui al comma 2, lettere da a) a e), g) e h). Nel caso di cui al comma 2, lettera f) , l’annotazione sul libro aziendale di cui all’articolo 2096, comma 5, nei casi in cui il datore di lavoro o committente sia obbligato alla sua tenuta, e la pattuizione del termine con atto scritto devono avvenire per la sola prima assunzione del lavoratore, con menzione del carattere intermittente del rapporto.
4. Al lavoratore dipendente assunto a termine deve essere riservato, a parità di prestazione svolta, lo stesso trattamento che è riservato nell’azienda ai lavoratori assunti a tempo indeterminato, ivi compreso il trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 35, con la sola esclusione degli elementi della retribuzione effettivamente collegati alla produttività o redditività dell’azienda e i programmi di previdenza complementare.
5. Quando la pattuizione del termine di durata, nei casi di cui al comma 2, lettere da a) a e), è invalida, per vizio di forma o per illegittimità sostanziale, il contratto di lavoro si intende stipulato a tempo indeterminato. L’impugnazione della clausola di apposizione del termine deve essere proposta con atto scritto entro 120 giorni dalla cessazione di fatto del rapporto. L’invalidità del termine di durata non dà luogo a obbligo retributivo per i periodi nei quali di fatto la prestazione lavorativa non sia stata svolta, prima che il termine sia stato impugnato e il prestatore abbia fatto esplicita offerta della prestazione stessa.
6. Nel caso di cui al comma 2, lettera f), per ogni giorno di durata della prestazione eccedente il limite ivi indicato il lavoratore ha diritto a un indennizzo pari a un giorno di retribuzione lorda.
7. Il lavoratore che sia stato assunto a termine per lavori stagionali ha la precedenza nella riassunzione alle dipendenze della stessa azienda per gli stessi lavori.

 

Articolo 13
Collocamento dei disabili
(sostituisce l’art. 2098 cod. civ.)

1. Ciascuna Direzione provinciale per l’impiego tiene un elenco dei lavoratori disabili residenti nella provincia. Vi sono iscritte, su loro richiesta, previo accertamento del grado di menomazione della capacità lavorativa ad opera degli organi collegiali rispettivamente competenti:
a) le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;
b) le persone invalide del lavoro, invalide di guerra o invalide per servizio, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 33 per cento;
c) le persone non vedenti o sordomute.
2. I datori di lavoro e committenti pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze persone iscritte negli elenchi di cui al primo comma, scelti liberamente e liberamente distribuiti nelle unità produttive di cui essi sono titolari, nelle misure seguenti:
a) 7 per cento dei dipendenti occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
b) due lavoratori se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) un lavoratore se occupano da 15 a 35 dipendenti.
3. Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, l’obbligo di cui al comma 2 si applica solo in riferimento ai servizi amministrativi.
4. Il datore di lavoro o committente che non ottempera all’obbligo di cui al comma 2 è tenuto a versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili la somma di euro 25 per ogni giorno lavorativo per ciascun disabile non occupato.
5. Per i lavoratori iscritti negli elenchi di cui al primo comma, il cui grado di riduzione della capacità lavorativa supera il 66 per cento, un decreto del Presidente della Repubblica emanato su proposta del ministro del tesoro di concerto con il ministro del lavoro, della salute e del welfare, dispone la riduzione di pari entità della contribuzione previdenziale dovuta dal datore di lavoro o committente, con copertura della differenza a carico dell’Erario. Lo stesso decreto dispone gli sgravi e altri incentivi necessari per neutralizzare la menomazione di cui soffrono lavoratori il cui collocamento risulti particolarmente difficile.
6. I lavoratori assunti in ottemperanza dell’obbligo di cui al comma 2 si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi. Qualora il loro rendimento risulti notevolmente ridotto a causa della menomazione di cui essi sono portatori, essi possono negoziare con il datore di lavoro o committente, nelle forme indicate nel comma 3 dell’articolo 28, una corrispondente riduzione della retribuzione rispetto ai minimi stabiliti dai contratti collettivi applicabili.

 

Articolo 14
Retribuzione
(sostituisce l’art. 2099 cod. civ.)

1. La retribuzione del lavoratore dipendente, salvo il caso del lavoro domestico, deve essere corrisposta mediante prospetto-paga dal quale risultino con chiarezza tutti i dati retributivi che devono essere annotati nel libro di cui al comma 5 dell’articolo 12, come ivi previsto alla lettera c).
2. La retribuzione base deve essere determinata in euro. Essa può essere pagata in contanti, mediante assegno circolare o mediante accredito su conto corrente di cui sia titolare il lavoratore.
3. La retribuzione base non può essere determinata in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui all’articolo 7.

 

Articolo 15
Usi aziendali e concorrenza di fonti negoziali in materia retributiva
(sostituisce l’art. 2100 cod. civ.)

1. Quando il comportamento tenuto continuativamente dal datore di lavoro o committente da cui derivi un beneficio per la generalità dei lavoratori dipendenti o collaboratori configuri comportamento concludente nel senso di un impegno negoziale al mantenimento dello stesso trattamento, questo, salvo dichiarazioni negoziali in senso contrario, si considera come oggetto di una pattuizione a tempo indeterminato con ciascuno dei medesimi dipendenti o collaboratori.
2. La pattuizione di cui al comma 1 è suscettibile di recesso anche in costanza dei rapporti di lavoro o collaborazione, mediante comunicazione del datore di lavoro o committente agli interessati.
3. Quando alla disciplina della retribuzione in uno stesso rapporto di lavoro concorrano con il contratto individuale uno o più contratti collettivi, ciascuno di tali contratti regola l’assorbimento tra gli elementi della retribuzione da esso previsti e quelli previsti dagli altri contratti. In caso di contrasto tra le discipline contrattuali, si applica quella più favorevole al lavoratore.
4. In difetto di disciplina negoziale specifica, si ha assorbimento fino a concorrenza tra elementi svolgenti la stessa funzione retributiva specifica.

 

Articolo 16
Pagamento della retribuzione a mezzo di buoni-lavoro
(sostituisce l’art. 2101 cod. civ.)

1. Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali cura la distribuzione, secondo le modalità ritenute più opportune, di buoni-lavoro di importo non inferiore al minimo orario stabilito a norma dell’articolo 7, maggiorato dell’importo corrispondente alla contribuzione previdenziale e all’aliquota minima di imposizione fiscale, secondo quanto disposto dal comma 3. I buoni-lavoro possono essere utilizzati, su accordo delle parti, indipendentemente dalla natura subordinata o autonoma della prestazione,
a) per la retribuzione dei servizi alla persona o alla famiglia o alla comunità di cui al Capo IV, siano essi svolti nell’ambito di un rapporto diretto tra fruitore e prestatore, o mediante somministrazione da parte dell’ente pubblico promotore del servizio;
b) per la retribuzione di prestazioni occasionali o stagionali di lavoro agricolo o nel settore del turismo o della ristorazione.
2. I buoni lavoro possono essere riscossi dal percettore presso tutti gli sportelli postali e bancari, con accredito automatico dei contributi in suo favore presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
3. L’entità della retribuzione incorporata in ciascun buono-lavoro, quella del relativo contributo previdenziale e della relativa imposta, nonché quella della soglia di reddito annuo in riferimento alla quale l’imposta è determinata, sono stabilite con decreto del ministro dell’Economia di concerto con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.
4. Il lavoratore che percepisca un reddito complessivo non superiore alla soglia di cui al comma 3 non è tenuto alla dichiarazione dei buoni-lavoro percepiti né al pagamento di imposta ulteriore sul reddito, rispetto a quella incorporata nei buoni-lavoro.
5. Il pagamento della retribuzione per mezzo di buoni-lavoro non esenta il datore di lavoro o committente dal rispetto delle disposizioni che regolano il rapporto di lavoro, eccettuate quelle inerenti alla forma di pagamento della retribuzione, dei contributi previdenziali e ritenute fiscali, di cui all’articolo 14. È pure esclusa,in questo caso, la necessità della forma scritta dell’assunzione, quando questa abbia durata pari o inferiore ai due giorni di lavoro.

 

Articolo 17
Luogo della prestazione, trasferta e trasferimento
(sostituisce l’art. 2102 cod. civ.)

1. La prestazione lavorativa si svolge nel luogo contrattualmente convenuto dalle parti. Quando la natura delle mansioni lo richieda, il contratto può prevedere che esse siano svolte di volta in volta nel luogo indicato dal datore di lavoro o committente, oppure attribuire a quest’ultimo il potere di inviare in trasferta o in missione il lavoratore in luogo diverso da quello di svolgimento abituale, disciplinando il relativo trattamento indennitario cui ha diritto in tal caso il prestatore.
2. Il datore di lavoro o committente interessato a un trasferimento del luogo di lavoro che comporti il mutamento di residenza del lavoratore è tenuto a proporlo a quest’ultimo in forma scritta con anticipo ragionevole. In caso di rifiuto da parte del lavoratore, il datore di lavoro o committente può recedere dal rapporto a norma dell’articolo 34.
3. Nel caso di trasferimento, missione o trasferta all’estero, il datore di lavoro o committente è tenuto a confermare al lavoratore dipendente in forma scritta:
a) la durata prevista della prestazione all’estero;
b) la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
c) gli eventuali elementi aggiuntivi del trattamento economico, collegati all’invio all’estero;
d) se prevedibili all’atto dell’invio, le modalità del rimpatrio.

 

Articolo 18
Mansioni del lavoratore
(sostituisce l’art. 2103 cod. civ.)

1. Il lavoratore dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, o a mansioni professionalmente equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza riduzione degli elementi della retribuzione direttamente riferiti al contenuto professionale della prestazione dedotta in contratto. Ogni patto preventivo in senso contrario è nullo.
2. Il datore di lavoro può validamente pattuire con il lavoratore dipendente, assistito da un rappresentante sindacale di sua fiducia, l’assegnazione di mansioni utili all’azienda diverse da quelle contrattualmente esigibili a norma del comma 1 quando, alternativamente:
a) l’evoluzione tecnologica determini l’obsolescenza del contenuto professionale delle mansioni contrattuali;
b) le mansioni contrattuali risultino incompatibili con la protezione della salute e sicurezza del lavoratore;
c) il lavoratore stesso lo richieda in funzione di un proprio interesse personale.

 

Articolo 19
Diligenza del prestatore di lavoro
(sostituisce l’art. 2104 cod. civ.)

1. Fermo restando il dovere di diligenza di cui all’articolo 1176 del Codice civile, il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e da quella dell’azienda.
2. Il prestatore di lavoro subordinato deve altresì osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dal titolare dell’azienda o dai preposti.

 

Articolo 20
Divieto di concorrenza e obblighi di segreto
(sostituisce l’art. 2105 cod. civ.)

1. Il prestatore dipendente non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. Non costituisce violazione dell’obbligo di non concorrenza, salvi gli obblighi di segreto di cui ai commi 2 e 3, la ricerca di una occupazione alternativa, né le negoziazioni ad essa relative.
2. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie riservate apprese in occasione della propria prestazione inerenti all’organizzazione del lavoro o alle tecnologie applicate, ai programmi commerciali, ai fornitori o ai clienti dell’impresa, che possano essere utilizzate da imprenditori concorrenti. Quando le suddette notizie siano state apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, la violazione dell’obbligo di segreto è punita con le sanzioni di cui all’articolo 623 del codice penale.
3. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, dalla cui divulgazione possa derivare danno al datore di lavoro. La violazione di questo obbligo è punita con le sanzioni di cui all’articolo 622 del codice penale.

 

Articolo 21
Sanzioni disciplinari
(sostituisce l’art. 2106 cod. civ.)

1. L’inosservanza, da parte del lavoratore dipendente, delle disposizioni contenute negli articoli 19 e 20 può essere sanzionata sul piano disciplinare, secondo la gravità dell’infrazione. Nella valutazione dell’aggravante della recidiva non può tenersi conto di mancanze commesse prima dell’ultimo biennio precedente alla nuova infrazione.
2. Le informazioni relative a infrazioni e sanzioni disciplinari eccedenti il codice deontologico proprio della generalità dei lavoratori devono essere portate a conoscenza dei dipendenti dell’azienda mediante pubblicazione in rete con adeguata evidenza, quando la prestazione lavorativa comporti il collegamento abituale allo stesso sito, o affissione in luogo conosciuto e facilmente accessibile per tutti gli interessati.
3. Nessun provvedimento disciplinare può essere adottato a carico del lavoratore, senza che gli sia stato contestato preventivamente l’addebito o senza che egli sia stato sentito a sua difesa. Il lavoratore può farsi assistere da un sindacalista o consulente di sua fiducia.
4. Salva diversa disposizione contenuta nel contratto collettivo applicabile, la sanzione disciplinare può consistere nel licenziamento, in tronco o con preavviso, nella sospensione fino a un massimo di dieci giorni di calendario, nella multa di importo non superiore a otto ore di retribuzione, nella censura o rimprovero scritto, nel rimprovero verbale.
5. I provvedimenti più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano decorsi cinque giorni dalla contestazione in forma scritta del fatto che vi ha dato causa.
6. In riferimento a fatti contestati suscettibili di dar luogo al licenziamento in tronco il datore di lavoro o committente può disporre la sospensione cautelare del lavoratore fino al termine del procedimento disciplinare. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione per la durata della sospensione cautelare, salvo che all’esito del procedimento venga applicata la sanzione del licenziamento in tronco.
7. Salvo il caso di licenziamento in tronco, la sanzione irrogata non può essere eseguita prima della scadenza del termine per l’impugnazione in sede arbitrale, di cui al comma 8.
8. Il provvedimento disciplinare può essere impugnato dal lavoratore in sede arbitrale, davanti all’apposito collegio costituito presso la Direzione provinciale per l’impiego. Nel caso di impugnazione in sede arbitrale, l’esecuzione del provvedimento diverso dal licenziamento in tronco resta sospesa per la durata della procedura. Qualora il datore di lavoro o committente rifiuti la procedura arbitrale, promuovendo il procedimento giudiziale ordinario, l’esecuzione del provvedimento stesso resta sospesa per tutta la durata di questo.

 

Articolo 22
Orario di lavoro
(sostituisce l’art. 2107 cod. civ.)

1. Ferma l’applicazione della disciplina europea e delle leggi speciali sulla materia, la durata normale della prestazione di lavoro dipendente è di 40 ore settimanali.
2. Per ogni altro aspetto la materia dell’estensione temporale della prestazione di lavoro è regolata dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro.
3. La distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata, della settimana, del mese e dell’anno è stabilita dal contratto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 24. Quando la prestazione sia di natura subordinata, il contratto collettivo e quello individuale possono attribuire al datore di lavoro il potere di variare la distribuzione dell’orario, disciplinandone l’esercizio e prevedendo una adeguata remunerazione della flessibilità di cui in tal modo si fa carico al prestatore.

 

Articolo 23
Rapporto di lavoro a tempo parziale e lavoro ripartito
(sostituisce l’art. 2108 cod. civ.)

1. Datore e prestatore di lavoro sono liberi di pattuire una durata della prestazione di lavoro inferiore rispetto alla durata normale. Qualora la pattuizione preveda anche la variabilità della collocazione o dell’estensione temporale della prestazione a discrezione del datore di lavoro o committente, essa deve prevedere anche una adeguata remunerazione di questa flessibilità posta a carico del prestatore. Le pattuizioni previste in questo articolo devono risultare da atto scritto.
2. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale tutti gli standard minimi di trattamento economico riferiti alla durata della prestazione lavorativa si applicano in proporzione all’estensione temporale ridotta della prestazione stessa. È vietata qualsiasi disparità di trattamento nei confronti di un lavoratore dipendente motivata o comunque collegata con la riduzione dell’orario di lavoro.
3. Qualora la riduzione della durata della prestazione, oppure la variabilità della sua collocazione o estensione temporale a discrezione del datore di lavoro o committente, siano convenute tra le parti in costanza di rapporto di lavoro, la pattuizione deve essere stipulata dal prestatore di lavoro con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia.
4. Il contratto di lavoro, stipulato in forma scritta, può prevedere che per la stessa prestazione di lavoro si obblighino solidalmente due lavoratori. In tal caso deve essere indicata nel contratto la distribuzione dell’orario prevista tra i lavoratori. Il rispettivo trattamento economico e i relativi obblighi fiscali e contributivi sono stabiliti in relazione alla distribuzione contrattuale dell’orario, fermo restando l’obbligo reciproco di sostituzione tra i lavoratori e la loro responsabilità reciproca per la compensazione economica della sostituzione, secondo le intese liberamente intercorse tra di loro, delle quali non è dovuta alcuna annotazione nel libro-paga aziendale. La prestazione resta sospesa soltanto in caso di impedimento contemporaneo di entrambi i lavoratori.
5. Salva diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro prestatore si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un contratto di lavoro ordinario.

 

Articolo 24
Riposo domenicale, festivo e annuale
(sostituisce l’art. 2109 cod. civ.)

1. Il lavoratore dipendente ha diritto a un giorno di riposo ogni sette di lavoro, di regola in coincidenza con la domenica, o con l’altro giorno di riposo settimanale previsto da una intesa tra lo Stato italiano e la comunità religiosa cui il lavoratore appartenga.
2. In aggiunta al riposo settimanale, il lavoratore dipendente ha diritto ogni anno a dieci altri giorni di riposo infrasettimanale retribuito, coincidenti di regola con le festività individuate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono individuate le attività per le quali la regola della coincidenza del riposo settimanale con la domenica e del riposo infrasettimanale con la festività non si applica.
4. Il lavoro prestato di domenica o in giorni festivi deve essere retribuito con una maggiorazione non inferiore al 10 per cento della retribuzione globale normale.
5. Il lavoratore dipendente ha diritto a quattro settimane di riposo retribuito per ciascun anno di lavoro, nel tempo che il titolare dell’azienda stabilisce, tenuto conto delle esigenze aziendali e degli interessi personali e familiari del lavoratore stesso.

 

Articolo 25
Impedimenti personali alla prestazione lavorativa
(sostituisce l’art. 2110 cod. civ.)

1. Nel caso di infermità che costituisca impedimento per più di tre giorni lavorativi allo svolgimento delle mansioni cui il dipendente è addetto, questi ha diritto alla retribuzione nella misura stabilita dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina collettiva applicabile, che contempli anche il computo per sommatoria delle assenze frazionate, la retribuzione è dovuta nella misura di quattro quinti dell’ultima retribuzione precedente all’insorgere dell’infermità, per la durata di 180 giorni di calendario nell’arco di 365, dedotto il periodo corrispondente ai primi tre giorni lavorativi perduti. Nel caso di infermità che consenta lo svolgimento parziale delle mansioni, e il datore di lavoro o committente se ne avvalga, per lo stesso periodo il lavoratore ha diritto alla retribuzione piena.
2. Costituiscono infermità ai fini di cui al comma 1 anche l’interruzione della gravidanza e i suoi postumi ostativi allo svolgimento delle mansioni. È equiparato all’infermità in fase acuta il trattamento terapeutico preventivo non differibile, prescritto da medico specialista di presidio sanitario pubblico.
3. Sono altresì equiparati al periodo di infermità di cui al comma 1 i periodi di astensione dal lavoro necessari per la donazione di sangue o di midollo osseo, o di altro organo.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, ferma restando la facoltà di licenziamento disciplinare in caso di insussistenza dell’impedimento alla prestazione, o comunque di svolgimento da parte del lavoratore di attività incompatibile con lo stato di infermità o con le relative ragionevoli esigenze di cura, il datore di lavoro o committente ha facoltà di recedere dal contratto a norma dell’articolo 34 soltanto dopo il compimento del periodo di comporto stabilito dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il recesso è consentito allo scadere dei 180 giorni di calendario di astensione dal lavoro nell’arco di 365. Il recesso intimato prima del detto termine è privo di alcun effetto fino alla scadenza del termine stesso. Il regime di inefficacia temporanea del licenziamento previsto da questo comma non si applica durante il procedimento disciplinare di cui all’artocolo 26
5. Il prestatore è tenuto a comunicare il proprio stato di infermità, la prognosi della sua durata e il luogo di reperibilità appena possibile, e comunque entro il primo giorno dal suo manifestarsi, al datore di lavoro o committente . Questi può chiedere che l’idoneità dell’infermità a giustificare l’astensione dal lavoro sia controllata dai servizi medici ispettivi degli istituti previdenziali, o da un servizio medico ispettivo istituito e regolato mediante contratto collettivo stipulato a norma dell’articolo 2071. Il lavoratore ha l’onere di tenersi a disposizione per la visita ispettiva domiciliare in due fasce orarie giornaliere di due ore ciascuna, collocate, salva diversa pattuizione, tra le dieci e le dodici antimeridiane e tra le cinque e le sette pomeridiane. In caso di inadempimento dell’onere, che non sia giustificato da un serio motivo di allontanamento dal domicilio, l’astensione dal lavoro si considera ingiustificata, salvo che il lavoratore abbia precedentemente fornito prova dell’infermità e della sua idoneità a costituire impedimento alle mansioni, mediante certificazione rilasciata da presidio sanitario pubblico.
6. Quando la sospensione per infermità abbia durata superiore a 7 giorni di calendario o si determini ripetutamente per periodi più brevi, o quando lo stato di infermità si determini in luogo diverso dal domicilio abituale e non agevolmente raggiungibile dai servizi medici ispettivi, il prestatore ha l’onere di fornire a questi, su richiesta loro o del datore di lavoro o committente, una relazione del proprio medico curante sull’infermità da cui è affetto e le terapie praticate.
7. L’infermità che comporti ricovero in struttura sanitaria sospende il decorso delle ferie di cui il lavoratore stia fruendo. La collocazione temporale del relativo recupero, dopo la scadenza originariamente prevista, viene determinata a norna dell’articolo 24, comma 4.
8. Il lavoratore dipendente ha diritto a 15 giorni di permesso retribuito in occasione del matrimonio. Ha diritto inoltre a permessi non retribuiti per gravi eventi familiari o per l’adempimento di doveri civili quali la testimonianza in giudizio e lo svolgimento di funzioni in uffici elettorali.
9. Il lavoratore dipendente ha diritto all’aspettativa non retribuita per l’assolvimento di cariche politiche elettive.

 

Articolo 26
Maternità, paternità e congedi parentali
(sostituisce l’art. 2111 cod. civ.)

1. Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato il licenziamento della lavoratrice madre è vietato a pena di nullità, salvo che per gravi motivi disciplinari o per chiusura dell’azienda. Lo stesso divieto si applica per il periodo di un anno dall’affidamento preadottivo di un figlio.
2. La lavoratrice in istato di gravidanza ha diritto a essere adibita a mansioni non pericolose, fisicamente faticose o insalubri, e comunque a mansioni compatibili con la salute propria e del nascituro; ha inoltre diritto a non essere adibita al lavoro dalle ore 24 alle 6. Qualora l’impossibilità dello spostamento a mansioni compatibili sia accertato dalla commissione all’uopo istituita presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, la lavoratrice ha diritto alla sospensione della prestazione. Alla lavoratrice è dovuto, in tal caso, un trattamento economico pari a quattro quinti dell’ultima retribuzione, quando il rapporto di lavoro sia in corso da almeno sessanta giorni prima dell’inizio della gravidanza. L’importo del trattamento è rimborsato al datore di lavoro o committente dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, il quale provvede al pagamento diretto in favore della lavoratrice nel caso di cessazione del rapporto durante il periodo di erogazione.
3. La sospensione della prestazione è comunque obbligatoria per un periodo di almeno un mese prima della data prevista del parto e per almeno tre mesi dopo tale data. La lavoratrice madre ha inoltre diritto a un ulteriore mese di astensione dal lavoro, del quale può usufruire a sua scelta prima o dopo il parto, nonché al trattamento economico di cui al comma 2 a carico dell’istituto previdenziale, per il periodo complessivo di cinque mesi. Lo stesso diritto, per la parte non goduta dalla lavoratrice madre, può essere goduto dal padre cui il neonato resti affidato in via esclusiva nel caso di morte o grave infermità della madre, di abbandono del neonato da parte sua, o comunque per provvedimento dell’autorità giudiziaria.
4. Tutte le protezioni e i diritti posti da questo articolo per lavoratrice madre e lavoratore padre per il periodo successivo alla nascita del figlio si applicano anche ai lavoratori genitori adottivi, in alternativa tra loro. In caso di adozione internazionale il congedo può essere goduto prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minoree gli adempimenti necessari per la procedura, oppure, in tutto o in parte, entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia. Per il periodo di permanenza all’estero i genitori adottivi hanno diritto, in alternativa al congedo retribuito, a un congedo non retribuito della durata massima di quattro mesi cumulabile con il primo.
5. I genitori del neonato o figlio adottivo, entro i primi otto anni dalla sua nascita o affidamento preadottivo, hanno diritto in alternativa tra loro a un ulteriore periodo di congedo parentale, complessivamente non superiore a dieci mesi, anche frazionati, con trattamento economico a carico dell’istituto previdenziale, per un periodo massimo complessivo di 6 mesi, pari al trenta per cento dell’ultima retribuzione calcolata come indicato nel comma 2, se a godere della sospensione è la madre; pari al quaranta per cento se a goderne è il padre. La durata complessiva del congedo parentale è aumentata a 11 mesi se il padre ne gode per almeno 3 mesi. Della decisione di avvalersi del congedo parentale il datore di lavoro deve essere avvisato con almeno 15 giorni di anticipo.
6. Nel caso in cui il figlio naturale o adottivo sia affetto da handicap grave, il limite massimo di durata del congedo parentale di cui al comma 5 è aumentato a 3 anni.
7. La lavoratrice madre ha diritto, fino al compimento del primo anno di età del neonato o dall’ingresso del figlio adottivo nel nucleo familiare, a un permesso retribuito di due ore per ogni giornata lavorativa di durata pari o superiore a sei ore, di un’ora per ogni giornata lavorativa di durata inferiore. Il relativo costo è rimborsato al datore di lavoro o committente dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. Dello stesso diritto può avvalersi in alternativa alla madre il padre. Nel caso di parto plurimo, le ore di permesso retribuito si moltiplicano per il numero dei gemelli.
8. I genitori del neonato hanno diritto, in alternativa tra loro, a ulteriori periodi di sospensione della prestazione non retribuita per infermità del figlio minore di tre anni, e, nei limiti di 5 giorni lavorativi all’anno, per il figlio maggiore di tre e minore di otto anni. Per il controllo di tale infermità si applicano le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 25.
9. Hanno diritto a non essere adibiti al lavoro dalle ore 24 alle 6 la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni, o in alternativa il padre convivente con la stessa, e la lavoratrice o il lavoratore che sia unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni, per i primi tre anni dall’affidamento.
10. Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del bambino, le dimissioni della lavoratrice madre sono efficaci soltanto se convalidate dall’interessata davanti alla Direzione provinciale per l’impiego.
11. Nel caso di recesso del datore di lavoro o committente a norma dell’articolo 34 nei confronti di lavoratrice o lavoratore il cui orario di lavoro sia ridotto o la cui prestazione lavorativa sia sospesa a norma di questo articolo, l’indennità di licenziamento di cui allo stesso articolo è commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione precedente alla riduzione o sospensione per motivi parentali.

 

Articolo 27
Trasferimento di azienda
(sostituisce l’art. 2112 cod. civ.)

1. Costituisce trasferimento di azienda qualsiasi mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
2. Ferma restando l’applicazione della disciplina europea della materia, quando il trasferimento coinvolga più di 15 lavoratori dipendenti, il cedente e il cessionario che hanno deciso di stipulare il relativo atto sono tenuti a informarne con almeno 25 giorni di anticipo le rappresentanze sindacali aziendali interessate e i sindacati di categoria che hanno stipulato i contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati, ai fini dell’esame congiunto preventivo delle conseguenze giuridiche ed economiche del trasferimento stesso sulle condizioni dei lavoratori dipendenti interessati e delle eventuali misure previste nei loro confronti.
3. In caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro dipendente continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. I contratti collettivi applicabili ai rapporti ceduti al momento del trasferimento continuano ad applicarsi fino alla rispettiva scadenza o sostituzione mediante altri contratti collettivi.
4. Il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui al comma 3 dell’articolo 28 il lavoratore può liberare il cedente dai suoi debiti.
5. Il cedente è obbligato in solido con il cessionario per i crediti derivanti in capo al lavoratore a norma dell’articolo 34 dal licenziamento non disciplinare intimato entro tre anni dal trasferimento.
6. Il lavoratore dipendente le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica in conseguenza del trasferimento nei tre mesi successivi, e che per tale motivo rassegni le dimissioni, ha diritto al trattamento stabilito dall’articolo 34 per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari.

 

Articolo 28
Rinunzie e transazioni
(sostituisce l’art. 2113 cod. civ.)

1. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci per il futuro a protezioni o diritti posti inderogabilmente in suo favore da disposizioni legislative o collettive, o comunque accetti che il rapporto di lavoro sia disciplinato in modo per lui meno favorevole rispetto alle dette disposizioni, sono nulli e sono sostituiti dalle disposizioni stesse.
2. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci a diritti derivanti dall’avvenuta violazione nei suoi confronti di disposizioni inderogabili legislative o collettive sono annullabili. L’impugnazione deve avvenire, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto o dalla data dell’atto invalido, se successiva. L’impugnazione può avvenire mediante qualsiasi atto scritto del lavoratore, anche stragiudiziale, idoneo a manifestarne la volontà.
3. La disposizione contenuta nel comma 2 non si applica alle rinunce o transazioni stipulate dal lavoratore in sede giudiziale, oppure davanti alla commissione di conciliazione e arbitrato presso la Direzione provinciale per l’impiego, oppure con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia, accreditato dall’associazione sindacale per lo svolgimento di tale funzione.

 

Articolo 29
Diritto del lavoratore alla riservatezza
(sostituisce l’art. 2096 cod. civ.)

1. L’inviolabilità della sfera riservata del lavoratore è protetta anche nel luogo di lavoro. Ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è garantita al lavoratore l’inaccessibilità:
a) degli spazi fisici chiusi che gli vengano assegnati per uso personale nel posto di lavoro o in locali ausiliari;
b) della casella di posta elettronica che gli venga assegnata per uso personale;
c) della corrispondenza personale, distinta da quella inerente al suo ufficio o funzione, che pervenga presso l’azienda o da questa venga spedita.
2. Il datore di lavoro o committente può sottoporre i propri dipendenti a test attitudinali, motivazionali, o psico-reattivi soltanto in funzione dell’accertamento delle rispettive capacità rilevanti ai fini della prestazione lavorativa. Fermo quanto disposto nel comma 2, lettera b), dell’articolo 2, l’effettuazione dei test suddetti deve essere preceduta di almeno dieci giorni dalla comunicazione ai lavoratori stessi che vi saranno sottoposti e alle rappresentanze sindacali aziendali della natura delle indagini, delle finalità per cui esse vengono disposte e delle tecniche applicate.
3. Le perquisizioni sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili per la tutela del patrimonio aziendale. In tal caso esse possono essere effettuate soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali; si applicano in proposito le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 30. Esse devono in ogni caso essere effettuate all’uscita del luogo di lavoro, con l’applicazione di sistemi di selezione automatica e con modalità tali da salvaguardare la dignità e la riservatezza del lavoratore.

 

Articolo 30
Controlli del datore di lavoro
(sostituisce l’art. 2115 cod. civ.)

1. Il datore di lavoro o committente può impiegare guardie armate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Queste non possono essere adibite a funzioni di controllo sulle prestazioni di lavoro, né accedere con le armi al luogo di svolgimento delle prestazioni stesse.
2. Il nome e le mansioni specifiche degli addetti alla vigilanza sull’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati e resi permanentemente conoscibili. Questa disposizione non deve essere interpretata in modo tale da precludere la possibilità di indagini ispettive e controlli a campione sulla regolarità e correttezza dei rapporti tra i lavoratori dipendenti e i clienti, utenti o altri interlocutori esterni dell’azienda.
3. È vietata l’istallazione e l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature finalizzate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature che siano richiesti da esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali. In caso di disaccordo tra queste, l’accordo è valido se stipulato con quelle che abbiano conseguito la maggioranza dei voti nella consultazione di cui all’articolo 50. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro o committente, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti o apparecchiature.
4. Quando l’azienda sia dotata di una rete informatica interna, la disposizione di cui al comma 3 si applica all’installazione e all’uso di programmi informatici che rispondano a esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in tempo reale. Essi devono comunque essere strutturati in maniera tale da:
a) ridurre al minimo necessario la memorizzazione e l’uso di dati che consentano il controllo a distanza della singola prestazione di lavoro;
b) cancellare periodicamente e automaticamente i dati relativi all’accesso individuale a internet o al traffico telematico, la cui conservazione non risponda a giustificate esigenze aziendali.
5. Nei casi di cui al comma 4, il trattamento di dati personali è limitato alle informazioni indispensabili per il perseguimento di finalità preventivamente determinate ed è effettuato secondo modalità strettamente proporzionate alle finalità stesse.

 

Articolo 31
Sospensione della prestazione nell’interesse del datore di lavoro o committente
(sostituisce l’art. 2116 cod. civ.)

1. Quando l’imprenditore disponga la sospensione totale o parziale delle prestazioni di lavoro in una unità produttiva, reparto o ufficio, per ragioni oggettive imputabili all’azienda, e la sospensione abbia durata pari o inferiore a 10 giorni lavorativi  anche non consecutivi nell’arco di 180 giorni di calendario, il prestatore ha diritto all’intera retribuzione base ordinaria. Salvi i casi non prevedibili di forza maggiore, di tale sospensione deve essere data informazione con almeno 48 ore di anticipo alle rappresentanze sindacali aziendali, o, in difetto di queste, alle organizzazioni sindacali territoriali competenti, ai fini dell’esame congiunto eventualmente da queste richiesto, nonché in ogni caso ai dipendenti interessati.
2. Per i periodi di sospensione eccedenti il limite di cui al comma 1, il prestatore ha diritto a quattro quinti della retribuzione base ordinaria. In quest’ultimo caso la protrazione della sospensione deve essere preceduta dall’informazione circa i motivi per cui la prosecuzione normale delle prestazioni lavorative determinerebbe una perdita per l’impresa, nonché circa le prospettive e il personale interessato, comunicata con almeno 5 giorni di anticipo alle rappresentanze sindacali aziendali, o, in difetto di queste, alle organizzazioni sindacali territoriali competenti, nonché in ogni caso ai dipendenti interessati.
3. Durante i periodi di sospensione di cui al comma 1 il prestatore è obbligato a partecipare alle iniziative di aggiornamento o riqualificazione professionale che vengano promosse dall’imprenditore. Fermo restando tale obbligo, nel periodo di sospensione eccedente i primi 10 giorni il prestatore è libero di svolgere attività lavorativa in favore di terzi, fermo il divieto di concorrenza di cui all’articolo 20, previa comunicazione all’imprenditore, il quale in tal caso è esonerato dalla prestazione retributiva per il periodo di lavoro prestato in favore di terzi, fino a concorrenza con la retribuzione pagata dai terzi medesimi al lavoratore.
4. Ciascun imprenditore del settore industriale che occupi più di 5 dipendenti è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di cui al comma 1, presso la Cassa integrazione guadagni istituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale. L’assicurazione obbligatoria copre tre quarti dell’importo di cui al comma 1, per un periodo complessivo massimo di 260 giorni lavorativi nell’arco di due anni, sotto condizione che il singolo rapporto di lavoro abbia avuto durata non inferiore a due anni e che al termine della sospensione il lavoro riprenda effettivamente per almeno due mesi, o per il minor periodo corrispondente alla durata della sospensione. Le condizioni di assicurazione e la determinazione del premio sono disciplinate da disposizioni emanate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il premio è determinato in modo da garantire l’equilibrio di bilancio della Cassa nel medio termine e, in riferimento alla singola impresa, tenendosi conto dell’entità delle sospensioni da essa disposte in precedenza. Un decreto apposito del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali determina le condizioni di assicurazione e la determinazione del premio per il settore dell’edilizia. I contratti collettivi nazionali con efficacia generale a norma dell’articolo 2071 possono estendere l’obbligo di assicurazione a settori diversi da quello industriale.
5. Nelle situazioni di crisi dichiarata con decreto del ministro del lavoro, della salute e del welfare, di concerto con i ministri dell’economia e delle attività produttive, e nel rispetto dell’ordinamento europeo in materia di aiuti di Stato, alle aziende assicurate presso la Cassa integrazione guadagni appartenenti a settori in crisi, che sospendano dal lavoro propri dipendenti per difficoltà derivanti dalla crisi stessa o per ristrutturazione aziendale viene rimborsato dall’Istituto nazionale della previdenza sociale un importo corrispondente a sette ottavi di quanto erogato ai dipendenti stessi per il periodo massimo di un anno nel caso di protrazione della sospensione oltre il limite di cui al comma 4. L’importo deve essere restituito se dopo la cessazione della sospensione il lavoro non riprende per la durata di almeno due mesi.

 

Articolo 32
Recesso del prestatore di lavoro
(sostituisce l’art. 2117 cod. civ.)

1. Il prestatore di lavoro a tempo indeterminato può rassegnare le dimissioni dandone preavviso alla controparte nel termine previsto dal contratto.
2. Il prestatore di lavoro che rassegni le dimissioni per colpa grave del datore di lavoro o committente non è tenuto al preavviso. Quando il contratto sia a termine, egli ha diritto in tal caso al risarcimento in relazione al mancato reddito e al danno professionale derivante dalla cessazione anticipata del rapporto. Quando il contratto sia a tempo indeterminato, egli ha diritto al trattamento stabilito dall’articolo 34 per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari. Grava sul datore di lavoro l’onere della prova dell’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi; grava sul lavoratore l’onere della prova dell’inadempimento degli altri obblighi contrattuali o del diverso motivo delle dimissioni in tronco.
3. È vietata la detenzione e conservazione da parte del datore di lavoro, in costanza di rapporto, di un documento sottoscritto da un lavoratore dipendente, contenente una dichiarazione di recesso unilaterale o consensuale dal rapporto con data in bianco. Il trasgressore è punito con l’ammenda da 5.000 a 20.000 euro, salvo che il fatto costituisca fase attuativa di reato più grave, giunto a compimento.
4. Il prestatore di lavoro che abbia rassegnato le dimissioni o stipulato la risoluzione consensuale del rapporto, quale che sia la forma dell’atto, ha facoltà di revocare l’atto entro tre giorni dalla sua comunicazione al datore di lavoro o committente, quando si tratti di recesso unilaterale, o dalla sua stipulazione, quando si tratti di recesso bilaterale. La revoca deve essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso dal giorno successivo alla comunicazione della revoca.
5. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso consegue la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.
6. In caso di controversia grava sul lavoratore l’onere della dimostrazione della data di comunicazione della revoca, sul datore di lavoro l’onere della dimostrazione della sua tardività rispetto alla data effettiva dell’atto di recesso.

 

Articolo 33
Recesso del datore di lavoro o committente (*)
(sostituisce l’art. 2118 cod. civ.)

(*) N.B. Una disposizione transitoria limiterà l’applicazione di questo articolo ai rapporti di lavoro costituiti dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina

1. Il recesso del datore di lavoro o committente deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta.
2. Decorso il periodo di prova, il datore di lavoro o committente può legittimamente recedere dal rapporto di lavoro:
a) per una mancanza grave del lavoratore, mediante licenziamento disciplinare in tronco o con il preavviso previsto dal contratto collettivo o individuale;
b) per motivi economici, tecnici od organizzativi, mediante l’atto di recesso disciplinato dall’articolo 34.
3. Il licenziamento può essere impugnato dal lavoratore per difetto della forma scritta, perché determinato da motivo discriminatorio, oppure, quando esso sia stato irrogato con motivazione di natura disciplinare, per difetto di giustificazione o mancato rispetto del procedimento di cui all’articolo 21. L’impugnazione del licenziamento deve in ogni caso avvenire in forma scritta entro 60 giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, o, nel caso di difetto di forma scritta, dalla cessazione di fatto del rapporto per iniziativa del datore di lavoro o committente; e, salvo accordo tra le parti, deve essere seguita entro 120 giorni da impugnazione giudiziale.
4. Nel caso del licenziamento disciplinare, fermo quanto disposto dall’articolo 21, grava sul datore di lavoro o committente l’onere della prova circa la mancanza grave imputata al lavoratore. Quando il licenziamento disciplinare sia viziato da difetto di giustificazione, il giudice, valutate le circostanze, la natura del vizio e il comportamento delle parti, condanna il datore di lavoro o committente al risarcimento del danno nei confronti del lavoratore, oppure alla ricostituzione del rapporto di lavoro, oppure a entrambe le sanzioni. Quando vi sia condanna alla reintegrazione, il risarcimento non può superare l’equivalente di 12 mensilità dell’ultima retribuzione. Quando non vi sia condanna alla reintegrazione, il risarcimento del danno non può essere inferiore a 5 mensilità più una per ciascun anno di anzianità di servizio. Quando il risarcimento si accompagni alla reintegrazione, esso non può essere superiore all’importo della retribuzione perduta dal lavoratore nel periodo tra il licenziamento e la reintegrazione, dedotti i redditi di lavoro di altra fonte. Quando il risarcimento non si accompagni alla reintegrazione, esso deve comprendere il mancato preavviso contrattuale.
5. Nel caso di condanna alla ricostituzione del rapporto di lavoro, ciascuna delle parti ha facoltà di optare, in alternativa alla ricostituzione, per il pagamento a carico del datore di lavoro o committente di un indennizzo sostitutivo pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione.
6. Quando il licenziamento sia viziato da difetto procedurale, ma in giudizio risulti la sussistenza di idonea giustificazione, il giudice condanna il datore di lavoro o committente al risarcimento del danno in misura compresa tra le 6 e le 12 mensilità.
7. Nelle organizzazioni di tendenza a carattere non imprenditoriale che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, religiosa, sindacale, culturale o di istruzione, e nelle unità produttive autonome di dimensioni inferiori ai 16 dipendenti, appartenenti ad aziende di dimensioni complessive inferiori ai 61 dipendenti, in caso di soccombenza nel giudizio avente a oggetto un licenziamento disciplinare non può essere disposta la ricostituzione del rapporto di lavoro.
8. Nelle unità produttive autonome di dimensioni inferiori ai 16 dipendenti, appartenenti ad aziende di dimensioni complessive inferiori ai 61 dipendenti, i limiti del risarcimento di cui al comma 4 e quelli di cui al comma 6 sono dimezzati.
9. Nel caso di licenziamento illegittimo per violazione di un divieto di discriminazione il giudice dispone la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento del danno. Il lavoratore può esercitare la facoltà di cui al comma 5.

 

Articolo 34
Licenziamento per motivo economico, tecnico od organizzativo (*)
(sostituisce l’art. 2119 cod. civ.)

(*) N.B. Una disposizione transitoria limiterà l’applicazione di questo articolo ai rapporti di lavoro costituiti dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina

1. Quando non sia stato stipulato il patto di prova, o il relativo termine sia scaduto, il licenziamento non disciplinare deve essere preceduto da esame congiunto del motivo economico, tecnico od organizzativo in sede amministrativa o sindacale, che non può durare più di 20 giorni dalla comunicazione iniziale. Il licenziamento stesso deve inoltre essere comunicato al dipendente con espressa menzione del motivo. Esso deve essere preceduto altresì da un preavviso non inferiore a un periodo pari a tanti mesi quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio del lavoratore nell’azienda, con un massimo di dodici, computandosi nell’anzianità anche l’eventuale rapporto a termine che abbia preceduto quello a tempo indeterminato. Dal momento della comunicazione del preavviso, il lavoratore ha la facoltà di optare per la cessazione immediata del rapporto, con conseguente godimento della corrispondente indennità sostitutiva; oppure la facoltà di optare per la prosecuzione della prestazione lavorativa in azienda, nelle condizioni precedenti alla comunicazione del licenziamento, salvo che l’azienda o il reparto abbia cessato del tutto l’attività. Decorsi sei mesi dalla comunicazione, il datore ha in ogni caso la facoltà di esonerare il lavoratore dalla prestazione, corrispondendogli la retribuzione corrispondente al preavviso non lavorato.
2. All’atto della cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, al prestatore che abbia superato il periodo di prova è dovuta dal datore di lavoro, in aggiunta a quanto è oggetto del contratto di ricollocazione di cui all’articolo 35, un’indennità pari a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda, computandosi anche l’eventuale contratto a termine tra le stesse parti che abbia preceduto quello a tempo indeterminato, diminuita della retribuzione corrispondente al preavviso spettante al prestatore stesso a norma del primo comma.
3. La retribuzione per il periodo di preavviso e la corrispondente indennità sostitutiva sono imponibili ai fini delle assicurazioni obbligatorie. L’indennità di licenziamento non costituisce retribuzione imponibile ai fini delle assicurazioni obbligatorie.
4. L’indennità di licenziamento di cui al comma 2 e il termine di preavviso minimo di cui al comma 1 si dimezzano nei rapporti di lavoro di cui siano titolari datori di lavoro appartenenti al novero definito dal comma 7 dell’articolo 33.
5. L’indennità di licenziamento è ridotta a un quarto di mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un massimo di due mensilità, nel caso di licenziamento di lavoratore che alla data della comunicazione del licenziamento abbia raggiunto i requisiti per il pensionamento di vecchiaia.
6. Le esigenze economiche, organizzative o comunque inerenti alla produzione, che motivano il licenziamento, non sono soggette a sindacato giudiziale, salvo il controllo, quando il lavoratore ne faccia denuncia, circa la sussistenza di motivi discriminatori determinanti, o motivi di mero capriccio, intendendosi per tali motivi futili totalmente estranei alle esigenze economiche, organizzative o produttive aziendali.
7. In relazione all’anzianità di servizio eccedente i vent’anni, l’indennità di licenziamento di cui al comma 2 matura in ragione di due mensilità per ciascun anno oltre il detto limite.
8. Ferma restando l’applicazione della disciplina europea della materia, il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti nell’ambito della stessa provincia, quando il numero dei licenziamenti per motivi economici od organizzativi sia superiore a 4 nell’arco di 120 giorni, è tenuto ad applicare la procedura di informazione ed esame congiunto preventivo in sede sindacale e amministrativa prevista dalle direttive comunitarie. Gli avvisi e informazioni in funzione dell’esame congiunto in sede sindacale devono essere comunicati alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive organizzazioni sindacali territoriali; gli avvisi e informazioni in funzione dell’esame congiunto in sede amministrativa devono essere comunicati alla Direzione provinciale per l’impiego competente, oppure, quando il licenziamento riguardi unità produttive dislocate in diverse province della stessa regione, la Direzione regionale; altrimenti la Direzione centrale per l’impiego.

 

Articolo 35
Assistenza nel mercato del lavoro al lavoratore licenziato (*)
(sostituisce l’art. 2120 cod. civ.)

(*) N.B. Una disposizione transitoria limiterà l’applicazione di questo articolo ai rapporti di lavoro costituiti dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina

1. Tra il datore di lavoro o committente che occupi più di quindici dipendenti nella stessa unità produttiva, o comunque più di sessanta complessivamente, e il lavoratore che abbia compiuto il secondo anno di anzianità di servizio, computandosi anche l’eventuale rapporto a termine o di lavoro temporaneo tramite agenzia che abbia preceduto quello a tempo indeterminato, quando il lavoratore stesso abbia perso il posto in conseguenza di un licenziamento non disciplinare, oppure di un licenziamento disciplinare di cui sia stata accertata l’illegittimità in sede giudiziale cautelare o di merito e al quale non abbia fatto seguito la reintegrazione, si instaura un rapporto denominato contratto di ricollocazione, che prevede:
a) l’erogazione a cura e spese del datore di lavoro o committente, per la parte non coperta da programmi statali o regionali, anche mediante un’agenzia terza, di un trattamento complementare per il periodo di disoccupazione effettiva e involontaria, tale che il trattamento complessivo ammonti all’80 per cento dell’ultima retribuzione per il primo anno, essendo la retribuzione di riferimento soggetta al limite massimo di 40.000 euro annui; qualora lo stato di disoccupazione effettiva e involontaria si protragga oltre il primo anno, l’ammontare complessivo del trattamento garantito al lavoratore si riduce al 70 per cento per il secondo anno; il trattamento è condizionato all’assolvimento da parte del lavoratore degli obblighi di cui alle lettere d ed e; la durata minima del trattamento di disoccupazione che deve essere garantita al lavoratore in stato di disoccupazione effettiva e involontaria è pari alla durata del rapporto di lavoro che lo ha preceduto, dedotto il primo biennio, con il limite di due anni; il trattamento resta sospeso durante i periodi impegnati in rapporti di lavoro a termine, di qualsiasi natura;
b) l’erogazione di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore;
c) la predisposizione di iniziative di formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore;
d) l’impegno del lavoratore a porsi a disposizione dell’organismo deputato all’erogazione del trattamento di cui alle lettere a, b e c per le iniziative da esso predisposte, secondo un orario settimanale corrispondente all’orario di lavoro praticato prima del licenziamento; nonché ad accettare le occasioni di lavoro ragionevolmente corrispondenti alle sue capacità e possibilità che gli vengano offerte;
e) l’assoggettamento dell’attività svolta dal lavoratore nella ricerca della nuova occupazione al potere direttivo e di controllo dell’organismo deputato all’erogazione del trattamento;
f) la possibilità di sospensione delle prestazioni reciproche oggetto del contratto di ricollocazione, per la durata del rapporto di lavoro a termine o in prova in cui il lavoratore si impegni, con conseguente e corrispondente riduzione della durata complessiva residua delle prestazioni stesse.
2. Al lavoratore dipendente che abbia superato il periodo di prova ma non il secondo anno di anzianità di servizio, quando abbia perso il posto nelle circostanze indicate al comma 1, deve essere offerto un contratto di ricollocazione che preveda quanto indicato allo stesso comma 1, eccettuata la prestazione di cui alla lettera a.
3. ll lavoratore è libero di recedere dal contratto di ricollocazione, anche senza preavviso.
4. L’impresa o l’agenzia deputata all’erogazione del trattamento di cui al comma 1 possono recedere dal contratto di ricollocazione soltanto quando sia cessato lo stato di disoccupazione effettiva e involontaria del lavoratore, oppure il lavoratore abbia rifiutato senza giustificato motivo un’opportunità di lavoro o un’iniziativa di formazione o riqualificazione professionale che gli siano state offerte a condizioni appropriate, secondo le circostanze, o comunque abbia commesso un grave inadempimento degli obblighi di cui alle lettere d ed e del comma 1.
5. Le controversie relative alla stipulazione, all’esecuzione o alla risoluzione del contratto di ricollocazione sono di competenza del giudice del lavoro, secondo il rito di cui agli articoli 414 e seguenti del codice di procedura civile.
6. Il costo standard di mercato gravante sui datori di lavoro o committenti per il trattamento di cui al comma 1, lettere b e c, è coperto in misura di quattro quinti, direttamente o indirettamente, dalle Regioni secondo le modalità determinate dalle stesse.
7. In caso di insolvenza del datore di lavoro o committente e in assenza di altre forme assicurative, il Fondo di Garanzia istituito presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale si surroga al debitore nell’erogazione del trattamento di cui al comma 1. Il conseguente credito del Fondo di Garanzia nei confronti del debitore insolvente si colloca al primo grado di privilegio, in concorso con i crediti retributivi dei lavoratori dipendenti.

 

Articolo 36
Accantonamento per trattamento di fine rapporto o previdenza complementare
(sostituisce l’art. 2121 cod. civ.)

1. Ogni lavoratore dipendente ha diritto all’accantonamento annuo, a carico del datore di lavoro o committente, di un importo pari alla retribuzione imponibile a fini previdenziali dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5.
2. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua, ai fini dell’accantonamento di cui al comma 1, comprende tutte le somme e l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, con esclusione di quanto è corrisposto come indennità di trasferta o di rimborso spese a pie’ di lista.
3. In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui agli articoli 25, 26 o 27, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
4. Al lavoratore è data la scelta, all’atto della costituzione del rapporto, circa la destinazione totale o parziale dell’accantonamento a un programma di previdenza complementare, secondo la disciplina vigente della materia, oppure a un trattamento di fine rapporto gestito direttamente dal datore di lavoro o committente. Quando il lavoratore abbia optato per la destinazione dell’accantonamento al trattamento di fine rapporto, deve essergli data l’opzione per la destinazione totale o parziale a un programma di previdenza complementare anche in costanza di rapporto.
5. Al Fondo di Garanzia presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, di cui al comma 7 dell’articolo 35, compete di surrogarsi al datore di lavoro o committente, in caso di insolvenza, nel pagamento ai lavoratori dipendenti delle ultime tre mensilità di retribuzione e dell’accantonamento di cui al comma 1.

Articolo 37
Indennità in caso di morte
(sostituisce l’art. 2122 cod. civ.)

1. In caso di morte del lavoratore dipendente, il trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 36 e l’indennità di preavviso prevista dal comma 1 dell’articolo 35 devono essere corrisposti, divisi in parti uguali, al coniuge e ai figli; un terzo della somma complessiva è riservato ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado, se vivevano a carico del lavoratore.
2. In mancanza delle persone di cui al comma 1, i cespiti ivi indicati sono attribuiti secondo le norme della successione legittima.
3. Qualora il lavoratore deceduto avesse optato per la destinazione dell’accantonamento di cui all’articolo 36 a un programma di previdenza complementare, si applica quanto previsto nel detto programma.

 

Articolo 38
Lavoro a domicilio e telelavoro
(sostituisce l’art. 2123 cod. civ.)

1. Quando il contratto lasci al prestatore piena libertà circa il luogo e il tempo di svolgimento della prestazione lavorativa, non si applicano gli articoli 17, 22, 23, 24. L’articolo 2010 si applica solo in riferimento alle infermità che determinino impedimento al lavoro per più di quindici giorni di calendario.
2. Quando il contratto di cui al comma 1 abbia per oggetto l’esecuzione di prestazioni di natura manifatturiera, il datore di lavoro o committente è obbligato a farne espressa annotazione nel libro-paga. È vietata l’utilizzazione di sostanze nocive o pericolose.
3. Quando il contratto vincoli il prestatore dipendente allo svolgimento della prestazionein collegamento telematico con l’azienda o con altri collaboratori in orari prestabiliti, si applicano gli articoli 22, 23, 24 e 25. Quando il contratto abbia per oggetto una prestazione di lavoro subordinato, il datore di lavoro ha la facoltà di scelta dei programmi informatici mediante i quali la prestazione deve essere svolta.

 

Articolo 39
Distacco del lavoratore
(sostituisce l’art. 2124 cod. civ.)

1. Nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 17 e 18, il datore di lavoro può comandare il prestatore subordinato presso un’azienda di cui sia titolare un soggetto diverso, per un periodo determinato o determinabile con riferimento a un evento futuro e certo. In tal caso egli risponde in solido con il titolare dell’azienda fruitrice della prestazione lavorativa di tutti i diritti che maturino in capo al lavoratore durante il periodo di distacco.
2. Ferma restando l’applicazione della disciplina europea della materia, quando il datore di lavoro distaccante sia titolare di un’azienda o agenzia di lavoro temporaneo dislocata in uno Stato membro dell’Unione Europea diverso dall’Italia, e il lavoratore sia inviato a svolgere la propria prestazione in un’azienda dislocata in Italia per un periodo superiore a otto giorni di calendario, questi ha diritto a un trattamento non inferiore rispetto a quello cui hanno diritto gli altri lavoratori impiegati nell’azienda. Egli può far valere i propri diritti nascenti dalla prestazione svolta in Italia davanti al giudice del lavoro italiano.
3. Il comma 2 non si applica ai rapporti di lavoro delle imprese della marina mercantile con il personale navigante.

 

Articolo 40
Patto di non concorrenza
(sostituisce l’art. 2125 cod. civ.)

1. Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del lavoratore dipendente per il tempo successivo alla cessazione del contratto è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito a favore del lavoratore un corrispettivo commisurato al sacrificio professionale prevedibile come conseguenza della pattuizione, e se il vincolo non è contenuto entro limiti determinati di oggetto e di tempo. La durata del vincolo non può superare i tre anni.

 

Articolo 41
Prestazione di fatto con violazione di legge
(sostituisce l’art. 2126 cod. civ.)

1. La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa.
2. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.

 

Articolo 42
Somministrazione di lavoro. Somministrazione irregolare o fraudolenta
(sostituisce l’art. 2127 cod. civ.)

1. Il contratto di somministrazione di lavoro è quello in forza del quale un soggetto svolgente in forma imprenditoriale attività di mediazione nel mercato del lavoro si obbliga, dietro corrispettivo, a fornire prestazioni di manodopera, a tempo determinato o indeterminato, a un soggetto utilizzatore.
2. L’attività di somministrazione di lavoro è consentita soltanto ai soggetti iscritti all’apposito elenco presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all’articolo 8.
3. La somministrazione a tempo determinato è consentita soltanto nei casi nei quali è consentita l’assunzione a tempo determinato, a norma dell’articolo 12. È vietata la somministrazione di lavoro:
a) per sostituzione di lavoratori in sciopero;
b) in favore di aziende presso le quali siano in atto sospensioni con ricorso alla Cassa integrazione guadagni di lavoratori svolgenti mansioni simili a quelle oggetto di somministrazione;
c) in favore di aziende nelle quali siano stati effettuati licenziamenti collettivi entro i sei mesi precedenti.
4. Fermo restando il rispetto della disciplina europea della materia, al contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore si applicano tutte le disposizioni contenute in questa sezione. Il prestatore di lavoro ha inoltre diritto allo stesso trattamento riservato dall’utilizzatore ai propri dipendenti, a parità di livello e di anzianità di servizio in azienda, salvo che per quanto riguarda: a) gli elementi della retribuzione effettivamente collegati alla produttività o redditività dell’azienda e i programmi di previdenza complementare; b) i servizi sociali per la fruizione dei quali sia prevista la necessità di iscrizione a determinate associazioni o cooperative, riservata ai dipendenti stabili dell’azienda utilizzatrice.
5. Nel caso in cui il lavoratore sia assunto a tempo indeterminato, nel contratto è stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è stabilita dal contratto collettivo applicabile al somministratore e comunque non è inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali . La predetta misura è proporzionalmente ridotta in caso di assegnazione ad attività lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore. L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
6. L’utilizzatore della prestazione di lavoro somministrata è coobbligato in solido con il fornitore in relazione a tutti i suoi debiti relativi a retribuzioni del prestatore, contributi previdenziali e versamento all’Erario delle ritenute fiscali.
7. Il prestatore di lavoro ha diritto a esercitare presso l’utilizzatore, per tutta la durata della somministrazione, i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
8. È nulla la clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del periodo di somministrazione.
9. L’utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal prestatore di lavoro nell’esercizio delle sue mansioni.
10. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui ai commi 1 e 2, il lavoratore può agire, anche soltanto nei confronti del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, per la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.
11. A seguito dell’accoglimento della domanda giudiziale di cui al comma precedente, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione. Tutte le infrazioni poste in essere dal somministratore generano corresponsabilità solidale civile e amministrativa in capo all’utilizzatore.
12. Quando la somministrazione di lavoro è posta in essere allo scopo di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, somministratore e utilizzatore sono puniti con una ammenda di 40 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.

 

Articolo 43
Appalto dipendente e appalto interno
(sostituisce l’art. 2128 cod. civ.)

1. Ferma l’azione di cui dispongono in ogni caso i dipendenti dell’appaltatore nei confronti del committente a norma dell’articolo 1676 del Codice civile, quando l’appaltatore di un servizio a carattere  continuativo operi in condizione di dipendenza economica da una azienda committente, come definita nel comma 2, il titolare di quest’ultima è responsabile in solido con l’appaltatore per tutti i suoi obblighi retributivi nei confronti dei dipendenti che non siano utilizzati esclusivamente in servizi svolti in favore di terzi; inoltre per tutti i suoi obblighi contributivi nei confronti dell’istituto previdenziale competente e per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sulle stesse retribuzioni. La stessa regola si applica nel caso in cui il servizio a carattere continuativo oggetto dell’appalto sia eseguito all’interno dello stabilimento o degli uffici dell’impresa committente, in riferimento ai rapporti di lavoro inerenti all’esecuzione del servizio stesso. La disposizione contenuta in questo comma non si applica al committente persona fisica che non conferisca l’appalto in funzione dell’esercizio di una attività professionale o imprenditoriale.
2. La condizione di dipendenza economica di cui al comma 1 è quella dell’imprenditore che nell’ultimo semestre abbia tratto più di due terzi del proprio fatturato dai rapporti di appalto con una sola azienda committente. L’appaltatore è tenuto a fornire al committente, dietro sua richiesta, il proprio ultimo bilancio e la documentazione concernente l’andamento del proprio fatturato, nonché bilancio e documentazione dell’andamento del fatturato dei propri subappaltatori.
3. L’obbligazione solidale del committente può essere fatta valere dai creditori entro il termine di decadenza di due anni dalla cessazione dell’appalto.
4. Qualora l’appaltatore in posizione di dipendenza economica, od operante all’interno dell’azienda del committente, conferisca in subappalto il servizio a un terzo che a sua volta versi in posizione di dipendenza economica, il committente e l’appaltatore sono coobbligati in solido con il subappaltatore, secondo quanto disposto nel comma 1.
5. Le disposizioni contenute in questo articolo si applicano anche ai contratti di trasporto, che si svolgano nelle condizioni di cui al comma 1.

 

Articolo 44
Rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche
(sostituisce l’art. 2129 cod. civ.)

Le disposizioni di questa sezione si applicano ai prestatori di lavoro dipendenti da amministrazioni pubbliche, salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge.

 

Capo III – Disciplina speciale dei rapporti di lavoro e formazione


Articolo 45
Apprendistato
(sostituisce l’art. 2130 cod. civ.)

1. Il contratto di apprendistato è il contratto di lavoro in forza del quale una persona si obbliga alla prestazione lavorativa di cui all’articolo 9 nei confronti del titolare di un’azienda, il quale si obbliga, oltre che alla retribuzione, alla prestazione di formazione e addestramento alle mansioni specifiche, in funzione del conseguimento da parte del prestatore di una determinata qualifica professionale o dell’effettuazione da parte sua di un percorso di alta formazione.
2. Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e contenere l’indicazione precisa del programma di formazione, nonché della sua durata.
3. Al termine del programma di formazione il datore di lavoro è tenuto a comunicare al dipendente in forma scritta l’esito del programma stesso.
4. Nel corso del programma di formazione, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto a norma degli articoli 32, 33 e 34. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso, al termine del programma di formazione il rapporto prosegue come rapporto di lavoro ordinario. In tal caso il lavoratore ha diritto all’inquadramento corrispondente alla qualifica prevista nel contratto, salvo che il programma di formazione abbia dato esito negativo.
5. Il programma di formazione oggetto del contratto di apprendistato può essere mirato:
a) al conseguimento da parte del lavoratore di una qualifica professionale;
b) a un percorso di alta formazione, con o senza conseguimento da parte del lavoratore di un diploma di istruzione superiore.
6. L’apprendista deve essere assegnato a un lavoratore qualificato o specializzato operante stabilmente nell’azienda, cui compete la funzione di tutor. Il numero degli apprendisti non può superare quello dei lavoratori qualificati o specializzati operanti nell’azienda. Nell’impresa artigiana limiti diversi possono essere stabiliti dalla contrattazione collettiva.
7. Alla determinazione della durata minima e massima del periodo di apprendistato e alla regolamentazione del suo contenuto formativo provvedono le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, d’intesa con i ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali, dell’Università e della Ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. All’apprendista deve essere consentito di frequentare i corsi di formazione professionale previsti nel programma e devono essere assegnate in prevalenza mansioni attinenti al programma stesso.
8. Quando il trattamento economico dell’apprendista non sia disciplinato da un contratto collettivo, esso viene determinato tenendosi conto del minor rendimento dell’apprendista e dei costi aziendali per la formazione e addestramento. È vietato applicare sistemi di retribuzione a cottimo.

 

Articolo 46
Stage di formazione e orientamento in azienda. Borse-lavoro
(sostituisce l’art. 2131 cod. civ.)

1. Durante il periodo di frequenza di corsi di istruzione media superiore o universitaria, nonché entro un anno dal conseguimento del diploma relativo a tali corsi, il giovane può stipulare con il proprio istituto scolastico o universitario, o centro di formazione professionale, e con il titolare dell’azienda o studio professionale il contratto di stage finalizzato all’orientamento e alla formazione professionale.
2. Il contratto di stage impegna il titolare dell’azienda ad accogliere il giovane assegnandogli una o più mansioni coerenti con la finalità di orientamento e formazione indicate nel contratto stesso, in affiancamento a un lavoratore qualificato o specializzato operante stabilmente nell’azienda, cui compete la funzione di tutor aziendale. Impegna il giovane a svolgere il lavoro assegnatogli secondo le direttive ricevute e con la diligenza esigibile, tenuto conto del suo difetto di esperienza professionale. Impegna l’istituto scolastico o universitario, o centro di formazione professionale, a farsi carico dell’assicurazione antinfortunistica, salvo che se ne faccia carico l’azienda, e ad affidare a un docente o istruttore la funzione di controllo circa l’effettività del contenuto formativo dello stage e assistenza al giovane nell’inserimento in azienda.
3. Il contratto di stage non può durare più di tre mesi, quando ha per oggetto l’esperienza di mansioni prevalentemente manuali o meramente esecutive; non può durare più di sei mesi quando ha per oggetto l’esperienza di mansioni di concetto. Il contratto è rinnovabile o prorogabile soltanto nel rispetto di questi limiti di durata complessiva.
4. Il contratto di stage può essere altresì stipulato da persona portatrice di menomazione fisica, psichica o sensoriale, o da handicap sociale, assistita da un centro di riabilitazione per disabili o di assistenza sociale, in funzione del suo inserimento nel tessuto produttivo. In tal caso, fino a che dura la menomazione, non si applica il divieto di proroga o rinnovo del contratto.
5. Il contratto può prevedere che non sia corrisposta allo stagista alcuna retribuzione solo quando la sua durata sia pari o inferiore a due mesi, o esso sia inserito in un programma di alternanza scuola-lavoro. Negli altri casi deve essere corrisposta allo stagista una retribuzione non inferiore al 40 per cento del minimo di cui all’articolo 7. Tale retribuzione è esente da contribuzione previdenziale. Alla stipulazione del contratto può partecipare anche un soggetto terzo, il quale si impegna a corrispondere all’impresa, in tutto o in parte, il costo della retribuzione dello stagista.
6. Dell’attivazione dello stage, della sua durata, del suo oggetto e del trattamento previsto per lo stagsta il titolare dell’azienda o studio professionale deve dare comunicazione all’Ispettorato provinciale del lavoro entro il giorno precedente all’inizio del rapporto. L’omissione è sanzionata con una ammenda di 50 euro per ciascun giorno di ritardo.
7. Il titolare dell’azienda o studio professionale dove si sia svolto uno stage è tenuto a pubblicare in rete nel proprio sito senza alterazioni, in una pagina facilmente accessibile dalla pagina iniziale, una breve relazione dello stagista sullo svolgimento e i risultati del tirocinio. Lo stagista può chiedere che non compaia il proprio nome. Qualora l’azienda o studio non disponga di un sito Internet, il titolare deve trasmettere la relazione dello stagista alla Direzione provinciale per l’Impiego competente, al fine della pubblicazione in una apposita sezione del sito della stessa. La mancata pubblicazione della relazione, quando non sia giustificata dal rifiuto dello stagista, è punita con una ammenda pari a 2 euro per ogni giorno durante il quale lo stage si è svolto.
8. Lo stage protratto oltre il termine di cui ai commi 3 o 4 è considerato come contratto di apprendistato di cui all’articolo 45. Lo stage attivato senza la nomina e l’assistenza effettiva del tutor aziendale e del tutor scolastico o universitario di cui al comma secondo è considerato come rapporto di lavoro di cui all’articolo 9.

 

Capo IV – Disciplina del lavoro domestico e
delle collaborazioni di pubblica utilità


Articolo 47
Nozione e disciplina applicabile
(sostituisce gli artt. 2239-2244 cod. civ.)

1. Ai fini della disciplina contenuta in questo articolo, si intende per lavoro domestico la prestazione non occasionale di lavoro personale svolta per una persona fisica o una famiglia presso l’abitazione della stessa, a tempo pieno o a tempo parziale, con o senza convivenza del prestatore con il datore di lavoro, per servizi di pulizia, cucina, accudienza personale, puericultura, compagnia, guida di autovettura, giardinaggio, organizzazione delle attività domestiche, o altri servizi necessari per il funzionamento della casa e della vita familiare.
2. Al lavoro domestico si applica la disciplina comune a tutti i rapporti di lavoro, contenuta nel Capo I. Si applicano inoltre gli articoli 14, 15, 16,19, 20, 21, 24, 25 salva la riduzione del periodo di comporto a 30 giorni di calendario, 26 commi 2, 3 e 4, 28, 29, 30, 32, 36 e 37, nonché la disciplina contenuta nei commi che seguono
3. L’assunzione del collaboratore domestico si intende a tempo indeterminato, quando non sia stato pattuito un termine in forma scritta. Si intende inoltre che il rapporto abbia inizio con un periodo di prova della durata di un mese, salva diversa pattuizione tra le parti, che non può comunque prevedere una durata della prova superiore a due mesi.
4. Salva la pattuizione di un orario inferiore, l’orario normale di lavoro è determinato in modo che i periodi di impegno lavorativo effettivo non superino complessivamente le 48 ore settimanali, siano distribuiti in modo da consentire un periodo di riposo di almeno 11 ore consecutive tra ciascuna prestazione giornaliera e la successiva, un giorno pieno di riposo settimanale e una ulteriore mezza giornata di riposo infrasettimanale.
5. Salvo il caso in cui la prestazione sia svolta ordinariamente in orario notturno, le eventuali prestazioni notturne che si rendano occasionalmente necessarie in aggiunta all’orario di lavoro di cui al comma 4 devono essere compensate con riposo corrispondente entro il giorno seguente.
6. Il recesso di ciascuna delle parti è libero, salvo l’obbligo del preavviso. Il termine minimo di preavviso nel caso di licenziamento è di 15 giorni. Lo stesso termine si applica anche nel caso di dimissioni, salva diversa pattuizione individuale o collettiva applicabile.

 

Articolo 48
Contratto di collaborazione di pubblica utilità
(sostituisce gli artt. 2132-2134 cod. civ.)

1. Il contratto di collaborazione di pubblica utilità è quello con cui una amministrazione regionale o locale ingaggia una persona al fine di utilizzarne o fornirne a terzi le prestazioni, nei limiti della sua disponibilità, per servizi di utilità pubblica, o per servizi alla famiglia e alla persona, obbligandosi a retribuire le prestazioni stesse.
2. Con il contratto di cui al primo comma possono essere ingaggiati come collaboratori:
a) persone che godano di pensione di anzianità o di vecchiaia, o che comunque abbiano compiuto il cinquantacinquesimo anno di età;
b) persone di età inferiore ai 29 anni, iscritte a scuole medie superiori o a corsi universitari;
c) genitori di bambini di età inferiore ai 4 anni, per servizi di accudimento a bambini di altre famiglie;
d) persone delle quali sia stata certificata dalla Commissione di Garanzia di cui dal comma 10 dell’articolo 48 la situazione di difficoltà di occupazione.
3. L’ente organizzatore del servizio cura ove necessario l’addestramento specifico dei collaboratori, ne verifica l’idoneità e affidabilità al servizio, e li avvia, dietro rimborso di una quota prestabilita del costo,
a) presso persone anziane, inferme, o disabili non autosufficienti, per l’approvvigionamento dei beni di consumo necessari per la vita quotidiana, per la pulizia o manutenzione ordinaria dell’abitazione, per l’addestramento all’uso degli strumenti informatici e della rete, per la lettura a persone non vedenti, o altri servizi analoghi che non richiedano elevata professionalità e non comportino rischi rilevanti né per chi li svolge né per chi li riceve;
b) presso persone singole o famiglie per lavori domestici, per l’accudimento diurno o notturno di bambini, per servizi di insegnamento complementare, o per l’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria;
c) presso istituti scolastici o associazioni di genitori di studenti, per la sorveglianza all’entrata e uscita dalle scuole, lavori di manutenzione ordinaria e altri servizi utili per il loro migliore funzionamento;
d) presso amministrazioni comunali per la manutenzione del verde pubblico, parchi e giardini;
e) presso condomini, loro associazioni, o associazioni di famiglie, per la sorveglianza contro atti di vandalismo ai danni di beni immobili o mobili.
4. Al rapporto di cui al comma 1 si applicano le disposizioni contenute nel Capo I; non si applicano le disposizioni di cui al Capo II. L’orario di svolgimento del servizio è concordato tra il collaboratore e il fruitore. Esso non può eccedere i limiti di cui all’articolo 22.
5. Il collaboratore ha diritto nei confronti dell’ente organizzatore a un corrispettivo orario, commisurato alla durata effettiva del servizio svolto, non inferiore al minimo stabilito a norma dell’articolo 7. Il corrispettivo può essere pagato per mezzo di buoni-lavoro a norma dell’articolo 6. Il corrispettivo stesso può, con il consenso del collaboratore, essere costituito da un credito per prestazioni di servizio nei confronti del medesimo ente organizzatore, che a tal fine abbia istituito una banca del tempo di cura.
6. Il contratto di collaborazione di pubblica utilità può essere stipulato a tempo indeterminato o a termine. Se è stipulato a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recederne in qualsiasi momento, anche senza preavviso.
7. Gli stessi soggetti di cui al comma 1, nonché qualsiasi altro soggetto, possono promuovere lo sviluppo dei servizi di cui al comma 3, mediante forme di accreditamento delle persone disponibili e idonee a svolgerli e di agevolazione dell’incontro fra domanda e offerta, in funzione dell’instaurazione di rapporti diretti di lavoro subordinato o autonomo tra fruitori e prestatori, anche al di fuori delle categorie indicate nel comma 2.
8. Il contratto col quale la persona o l’ente interessato a un servizio di cui al comma 3 pattuiscono la fornitura con l’ente organizzatore deve essere stipulato in forma scritta, indicare l’entità e le modalità di riscossione del corrispettivo da parte dell’ente organizzatore, nonché le generalità del collaboratore.
9. Il contratto di cui al comma 8 può essere stipulato a tempo indeterminato o a termine. Se è stipulato a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recederne in qualsiasi momento, dandone avviso scritto all’altra parte.
10. L’ente organizzatore istituisce una commissione composta in tre parti uguali da rappresentanti propri e da rappresentanti delle associazioni sindacali e imprenditoriali maggiormente rappresentative nel territorio dell’ente stesso, secondo i criteri di cui all’articolo 50, per il controllo circa l’utilizzazione corretta dei contratti di cui a questo articolo. L’ente organizzatore è tenuto a fornire alla commissione copia dei contratti di cui ai commi 6 e 8 stipulati e tutte le informazioni di cui dispone circa la loro attuazione. La commissione ha accesso ai luoghi dove i servizi oggetto dei contratti stessi vengono svolti e può svolgere indagini in proposito, direttamente o per il tramite dell’Ispettorato del lavoro.

 

Capo V – Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro


Articolo 49
Libertà e attività sindacale
(sostituisce l’art. 2063 cod. civ.)

1. Tutti i lavoratori, quale che sia il tipo di contratto in cui è dedotta la loro prestazione, sono liberi di costituire associazioni professionali e di aderirvi, nonché di svolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro, nei limiti in cui ciò non pregiudichi il corretto adempimento dei loro obblighi contrattuali.

 

Articolo 50
Rappresentanze sindacali aziendali
(sostituisce l’art. 2064 cod. civ.)

1. Organismi di rappresentanza possono essere costituiti da una o più associazioni sindacali nelle unità produttive nelle quali siano occupati più di 15 lavoratori dipendenti e in seno alle quali ciascuna delle associazioni stesse annoveri almeno un lavoratore dipendente iscritto.
2. Gli organismi di cui al comma 1, sia che assumano forma unitaria sia che assumano la forma di rappresentanze separate, sono costituiti da rappresentanti sindacali scelti e distribuiti tra le associazioni sindacali interessate o loro coalizioni secondo i criteri stabiliti dall’accordo interconfederale applicabile nell’unità produttiva, stipulato dalla confederazioni imprenditoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.
3. In difetto di un accordo interconfederale applicabile a norma del comma 2, i rappresentanti sindacali sono distribuiti tra le associazioni sindacali interessate, o loro coalizioni, in proporzione ai consensi che esse conseguono in consultazioni elettorali che si svolgono, su iniziativa di uno o più dipendenti dell’unità produttiva, con cadenza almeno triennale. Per il conseguimento di un rappresentante è necessario, ancorché non sufficiente, che l’associazione o coalizione di associazioni abbia ottenuto almeno un ventesimo dei voti espressi. Salva diversa disposizione collettiva, il numero complessivo dei rappresentanti è pari a tre nelle unità produttive con numero di dipendenti fino a 300; nelle unità produttive di maggiori dimensioni è pari a uno ogni cento dipendenti.
4. Fermo quanto disposto dal comma 3, nelle aziende in cui si applica un contratto collettivo a sé stante in riferimento a una categoria professionale di dipendenti, la distribuzione dei rappresentanti sindacali avviene mediante una consultazione riservata ai lavoratori appartenenti alla suddetta categoria, come definita dal contratto stesso. In tal caso il numero dei rappresentanti sindacali è proporzionato al numero degli appartenenti alla categoria interessata, secondo il criterio di cui al comma precedente, salva diversa disposizione contenuta nel contratto collettivo applicabile.
5. Ciascuna associazione sindacale o coalizione di associazioni è libera circa le modalità di elezione o scelta del rappresentante al quale, in seguito alla consultazione elettorale di cui al secondo comma, risulti avere diritto, con il solo vincolo che esso deve appartenere al novero dei dipendenti dell’unità produttiva. L’attribuzione della carica, con le prerogative e i diritti che ne conseguono, avviene mediante comunicazione scritta alla direzione aziendale. Con la stessa modalità il rappresentante può essere sostituito dall’associazione.
6. Gli organismi di cui al comma 1, unitariamente o separatamente,
a) possono indire assemblee nel luogo di lavoro al di fuori dell’orario, oppure in orario di lavoro nei limiti di dieci ore annue per ciascun lavoratore interessato, senza riduzione della retribuzione per coloro che vi partecipano; la collocazione temporale dell’assemblea è determinata dal titolare dell’azienda in modo che essa possa svolgersi, se richiesto dalla rappresentanza sindacale, entro due giorni dalla presentazione della richiesta;
b) possono indire referendum da svolgersi al di fuori dell’orario di lavoro, su materie inerenti alle attività sindacali;
c) hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro o committente ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i collaboratori all’interno dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro;
d) nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti hanno diritto a usufruire, per l’esercizio delle loro funzioni, di un idoneo locale comune all’interno dell’azienda o nelle immediate vicinanze di essa; nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti hanno diritto di usufruire di un locale idoneo per le loro riunioni;
e) possono svolgere attività di raccolta di quote associative nel luogo di lavoro, anche mediante ritenute sulle retribuzioni dei lavoratori iscritti, previo accordo con i rispettivi datori di lavoro o committenti.
7. Salva diversa disposizione collettiva applicabile, i rappresentanti sindacali dispongono ogni anno complessivamente, per lo svolgimento della propria funzione, di un’ora di permesso retribuito per ciascun dipendente dell’unità produttiva. I permessi retribuiti sono distribuiti paritariamente tra i rappresentanti. I contratti collettivi regolano la materia dei permessi non retribuiti e delle collocazioni in aspettativa.
8. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro cura la rilevazione permanente dei risultati delle consultazioni elettorali di cui ai commi 2 e 3, al livello provinciale, regionale e nazionale, e la pubblicazione periodica dei relativi dati analitici e di sintesi in apposito bollettino ufficiale. A tal fine ciascuna impresa è tenuta a comunicare allo stesso Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro i risultati di ciascuna consultazione elettorale. La stessa comunicazione può essere effettuata da qualsiasi organizzazione sindacale che vi abbia interesse.
9. Per ogni altro aspetto, le prerogative e i diritti dei rappresentanti sindacali e degli organismi cui essi appartengono sono disciplinati dalla contrattazione collettiva.

 

Capo VI Della autotutela collettiva

 

Articolo 51
Diritto di sciopero
(sostituisce l’art. 2065 cod. civ.)

1. Salvi i limiti posti dalla legge a garanzia dei servizi pubblici essenziali, nonché i vincoli assunti mediante contratto, ogni associazione sindacale può proclamare lo sciopero, secondo modalità che non pregiudichino la sicurezza delle persone e degli impianti. I lavoratori che aderiscono allo sciopero non hanno diritto al compenso corrispondente all’attività lavorativa perduta.

 

Articolo 52
Sciopero nei settori dei trasporti pubblici e dell’igiene urbana
(sostituisce l’art. 2066 cod. civ.)

1. Le norme contenute negli articoli 53 e 54 si applicano nelle imprese che svolgono servizi di trasporto pubblico aereo, marittimo, ferroviario o su strada, urbano e interurbano. Si applicano inoltre nelle imprese che svolgono servizi peculiarmente indispensabili per lo svolgimento delle attività di trasporto pubblico, quali servizi di assistenza al volo, servizi portuali e aeroportuali, servizi di assistenza ai viaggiatori sui mezzi di trasporto o nelle stazioni ferroviarie, porti o aeroporti, servizi di intervento di emergenza e manutenzione di impianti di ascensori e montacarichi. Si applicano inoltre nelle imprese ed enti pubblici che svolgono attività di igiene urbana, rimozione di rifiuti e loro trasferimento alle discariche o luoghi di smaltimento.
2. Qualora un’impresa svolga anche attività diverse, le norme contenute negli articoli 53 e 54 si applicano soltanto in riferimento agli scioperi riguardanti il personale addetto ai servizi indicati nel comma 1.
3. Le disposizioni contenute negli articoli 53 e 54 non si applicano alla proclamazione di forme di lotta sindacale diverse dall’astensione collettiva dal lavoro e in particolare allo sciopero virtuale.

 

Articolo 53
Proclamazione dello sciopero aziendale nei settori dei trasporti pubblici
e dell’igiene urbana
(sostituisce l’art. 2067 cod. civ.)

1. Ferma restando la disciplina generale dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, nei settori dei trasporti pubblici e dell’igiene urbana lo sciopero aziendale, anche se limitato a una parte del personale dipendente dall’impresa, può essere proclamato:
a) da una organizzazione sindacale o coalizione di organizzazioni sindacali che, nella più recente elezione di rappresentanti sindacali estesa alla generalità dei lavoratori dipendenti dell’impresa, o della singola unità produttiva, entro l’ultimo triennio, abbia conseguito complessivamente più di metà dei voti espressi;
b) da una organizzazione sindacale o coalizione di organizzazioni sindacali che, pur non rispondendo al requisito di cui alla lettera a), abbia sottoposto a referendum preventivo tra tutti i dipendenti dell’azienda, o della singola unità produttiva, la proclamazione dello sciopero e abbia ottenuto un numero di voti favorevoli complessivamente superiore alla metà dei voti espressi.
2. Il referendum di cui alla lettera b) del comma precedente è regolato mediante accordo tra l’impresa e le organizzazioni sindacali. In difetto di accordo applicabile, il referendum è organizzato e controllato, in ogni sua fase di svolgimento e di scrutinio dei voti, da un comitato costituito pariteticamente da un membro designato da ciascuna organizzazione interessata alla proclamazione dello sciopero e da altrettanti membri designati dall’impresa, più un membro ulteriore con funzioni di presidente, designato a maggioranza dai rappresentanti sindacali e dell’impresa.
3. In difetto del requisito di cui alla lettera a) del primo comma, è vincolata al referendum preventivo tra tutti i dipendenti dell’impresa anche l’organizzazione o la coalizione sindacale che estenda la propria rappresentanza soltanto a una determinata categoria professionale.

 

Articolo 54
Proclamazione dello sciopero a livello sovra-aziendale
nei settori dei trasporti pubblici e dell’igiene urbana
(sostituisce l’art. 2068 cod. civ.)

1. Ferma restando la disciplina posta a garanzia dei servizi pubblici essenziali, nei settori dei trasporti pubblici e dell’igiene urbana lo sciopero di una parte o della totalità del personale di una pluralità di imprese può essere proclamato:
a) da una organizzazione sindacale o coalizione di organizzazioni sindacali che, nelle più recenti elezioni di rappresentanti sindacali estese alla generalità dei lavoratori dipendenti delle imprese interessate, entro l’ultimo triennio, abbia conseguito complessivamente più di metà dei voti espressi;
b) da una organizzazione sindacale o coalizione di organizzazioni sindacali che, pur non rispondendo al requisito di cui alla lettera a, abbia sottoposto a referendum preventivo tra tutti i dipendenti delle aziende interessate la proclamazione dello sciopero e abbia ottenuto un numero di voti favorevoli complessivamente superiore alla metà dei voti espressi.
2. Il referendum di cui alla lettera b del comma 1 è regolato mediante accordo tra le imprese del settore e le organizzazioni sindacali. In difetto di accordo applicabile, il referendum è organizzato e controllato, in ogni sua fase di svolgimento e di scrutinio dei voti, in ciascuna azienda, da un comitato costituito secondo le disposizioni di cui alla lettera b del comma 1 dell’articolo 53; ciascun comitato aziendale trasmette i risultati del referendum svolto nella propria azienda alla Commissione di Garanzia per lo Sciopero nei Servizi Pubblici, la quale cura la raccolta e comunica il risultato complessivo a tutte le organizzazioni sindacali e a tutte le imprese interessate.
3. Le contestazioni circa lo svolgimento o l’esito del referendum di cui al comma 2 sono risolte provvisoriamente in prima istanza, su richiesta di qualsiasi parte interessata, dalla Commissione di Conciliazione costituita presso la Direzione provinciale per l’impiego competente.

 

Capo VII – Della tutela giudiziale dei diritti sindacali

 

Articolo 55
Procedimento per la repressione dei comportamenti antisindacali
(sostituisce l’art. 2069 cod. civ.)

1. Costituisce comportamento antisindacale:
a) qualsiasi atto del datore di lavoro o committente diretto a impedire, ostacolare o limitare indebitamente l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale o del diritto di sciopero;
b) l’omissione di informazioni dovute a un’associazione sindacale o alle sue rappresentanze aziendali;
c) il rifiuto di esame congiunto preventivo o di apertura di negoziato, quando il datore di lavoro o committente vi sia obbligato.
2. Qualora il datore di lavoro o committente ponga in essere un comportamento antisindacale, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse il tribunale del luogo ove è posto in essere il comportamento denunciato, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ordina con decreto la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione dei suoi effetti.
3. L’inottemperanza al decreto di cui al comma 1 è punita a norma dell’articolo 650 del codice penale.
4. Contro il decreto di cui al comma 1 è ammesso ricorso al tribunale, secondo il rito di cui agli articoli 414 e seguenti del codice di procedura civile.

 

Capo VIII Della contrattazione collettiva e degli usi aziendali

 

Articolo 56
Contratto collettivo di diritto comune
(sostituisce l’art. 2070 cod. civ.)

1. Ogni associazione sindacale è libera, da sola o insieme ad altre associazioni, di negoziare con i titolari di una o più aziende le condizioni di lavoro e le clausole di tregua per i lavoratori dipendenti o collaboratori che siano ad essa iscritti e per coloro che aderiranno al contratto collettivo.
2. Con il contratto collettivo le parti possono liberamente disporre delle materie regolate da contratto precedentemente dalle stesse stipulato.

 

Articolo 57
Contratto collettivo con efficacia generale
(sostituisce l’art. 2071 cod. civ.)

1. Il contratto collettivo stipulato con il titolare dell’azienda dalla coalizione che possa considerarsi maggioritaria secondo i criteri di cui all’articolo 50 e che comprenda almeno una associazione sindacale rappresentata in aziende dislocate in almeno tre regioni diverse è efficace nei confronti di tutti i dipendenti di una azienda o unità produttiva anche in deroga a contratti collettivi applicabili di livello superiore, o comunque a contratti stipulati da altre associazioni.
2. Il contratto collettivo territoriale, provinciale, regionale, interregionale o nazionale è efficace nei confronti di tutti gli appartenenti al campo di applicazione definito dal contratto stesso, anche in deroga rispetto a contratti collettivi di livello superiore, quando dal lato dei lavoratori il contratto sia stato stipulato da una associazione o coalizione sindacale che, secondo i criteri di cui all’articolo 50, risulti maggioritaria all’interno dello stesso campo di applicazione.
3. Nel caso di contrasto fra più contratti collettivi stipulati da associazioni o coalizioni sindacali maggioritarie nei rispettivi ambiti, si applica quello stipulato al livello inferiore.

 

Articolo 58
Cessazione del contratto collettivo a termine e a tempo indeterminato
(sostituisce gli artt. 2072-2073 cod. civ.)

1. Quando le parti abbiano pattuito un termine di durata, decorso tale termine il contratto cessa di produrre i propri effetti, salvo che l’ultrattività sia prevista in apposita sua clausola.
2. Ciascuna delle parti stipulanti di un contratto collettivo che non contenga un termine di durata può recederne unilateralmente dandone comunicazione alle altre parti con almeno tre mesi di anticipo.

 

Articolo 59
Efficacia del contratto collettivo sul rapporto individuale
(sostituisce l’art. 2074 cod. civ.)

1. Le disposizioni contenute nel contratto collettivo si applicano nel rapporto individuale di lavoro o collaborazione rientrante nel suo campo di applicazione, a norma degli articoli 56 o 57.
2. I diritti nascenti dal contratto collettivo in capo alle parti del rapporto individuale di lavoro o collaborazione non si incorporano nel contratto individuale, sono soggetti a rinegoziazione collettiva a norma del comma 2 dell’articolo 56 e cessano al cessare dell’efficacia del contratto collettivo stesso, per recesso o per scadenza del termine.
3. Il contratto collettivo non può disporre di diritti nascenti dal contratto individuale di lavoro o collaborazione.
4. Il contratto collettivo e il contratto individuale stabiliscono se e sotto quali condizioni si determini assorbimento fra trattamenti della stessa natura oggetto di pattuizione in entrambi i contratti. Nel caso di concorso di disposizioni fra loro contrastanti prevale quella più favorevole al lavoratore o collaboratore.

 

ABROGAZIONI

A decorrere dalla data di di entrata in vigore di questo Codice del Lavoro sono abrogate le leggi, i decreti e le altre norme aventi forza di legge che seguono:

−    R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, Limitazioni all’orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura;
−    R.D. 10 settembre 1923, n. 1955, Approvazione del regolamento per l’applicazione del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, relativo alla limitazione dell’orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura;
−    R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, Approvazione della tabella indicante le industrie e le lavorazioni per le quali è consentita la facoltà di superare le 8 ore giornaliere e le 48 settimanali di lavoro;
−    R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell’orario sancita dall’art. 1 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 69;
−    R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, Disposizioni relative al contratto di impiego privato;
−    L. 17 aprile 1925, n. 473, Conversione del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, Limitazioni all’orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura;
−    L. 18 marzo 1926, n. 562, Conversione del R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, Disposizioni relative al contratto di impiego privato;
−    L. 22 febbraio 1934, n. 370, Riposo domenicale e settimanale;
−    R.D.L. 24 giugno 1937, n. 1334, Concessione di un congedo straordinario agli impiegati per contrarre matrimonio;
−    L. 23 dicembre 1937, n. 2387, Conversione del R.D.L. 24 giugno 1937, n. 1334;
−    Accordo Interconfederale 31 maggio 1941, Provvidenze a carico carattere demografico a favore dei lavoratori dell’industria;
−    D. Lgs. Lgt. 9 novembre 1945, n. 788, Istituzione della Cassa per l’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria e disposizioni transitorie a favore dei lavoratori dell’industria dell’Alta Italia;
−    D. Lgs. C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869, Nuove disposizioni sulle integrazioni salariali;
−    Legge 27 maggio 1949, n. 260, Disposizioni in materia di ricorrenze festive;
−    L. 21 maggio 1951, n. 498, Ratifica di D. Lgs. C.P.S. 12 agosto 1947, n. 869;
−    L. 5 gennaio 1953, n. 4, Norme concernenti l’obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti di paga;
−    L. 21 marzo 1953 n. 215, Corresponsione della gratifica natalizia ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani;
−    L. 27 dicembre 1953, n. 940, Corresponsione della tredicesima mensilità al personale addetto ai servizi domestici;
−    L. 31 marzo 1954, n. 90, Modificazioni alle legge 27 maggio 1949, n. 260 sulle ricorrenze festive;
−    L. 16 aprile 1954, n. 111, Estensione delle feste infrasettimanali ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani;
−    L. 19 gennaio 1955, n. 25, Disciplina dell’apprendistato;
−    L. 16 maggio 1956, n. 526, Trattamento economico dei portieri degli immobili urbani per la prestazione di lavoro nei giorni festivi;
−    D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1668, Approvazione del regolamento esecutivo della disciplina legislativa sull’apperndistato;
−    Art. 119 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei Deputati;
−    L. 3 aprile 1958 n. 339, Tutela del rapporto di lavoro domestico;
−    L. 14 luglio 1959, n. 741, Norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori;
−    L. 3 febbraio 1963, n. 77, Disposizioni in favore degli operai dipendenti dalle aziende industriali dell’edilizia e affini in materia di integrazione guadagni;
−    L. 13 luglio 1967, n. 584, Riconoscimento del diritto a una giornata di riposo dal lavoro al donatore di sangue dopo il salasso per trasfusione e alla corresponsione della retribuzione;
−    L. 17 ottobre 1967, n. 977, Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti;
−    D.M. 8 aprile 1968, Nome di attuazione della legge 13 luglio 1967, n. 584, per il riconoscimento al donatore di sangue del diritto ad una giornata di riposo e alla corresponsione della retribuzione;
−    L. 5 novembre 1968, n. 1115, Estensione, in favore dei lavoratori, degli interventi della Cassa integrazione guadagni, della gestione dell’assicurazione contro la disoccupazione e della Cassa assegni familiari e provvidenze in favore dei lavoratori anziani licenziati;
−    L. 2 febbraio 1970, n. 14, Modificazione della L. 3 febbraio 1963, n. 77 avente per oggetto disposizioni in favore degli operai dipendenti dalle aziende industriali dell’edilizia in materia di integrazione guadagni;
−    Artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16, 30, 31, 32, 33, 34 della L. 20 maggio 1970, n. 300, Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento;
−    L. 6 dicembre 1971, n. 1058, Disposizioni speciali in materia di integrazioni salariali per gli operai dipendenti da aziende di escavazione e lavorazione di materiali lapidei;
−    L. 8 agosto 1972, n. 464, Modifiche e integrazioni alle legge 5 novembre 1968, n. 1115, in materia di integrazione salariale e di trattamento speciale di disoccupazione;
−    L. 18 dicembre 1973, n. 877, Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio;
−    L. 20 maggio 1975, n. 164, Provvedimenti per la garanzia del salario;
−    D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026, Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri;
−    L. 5 marzo 1977 n. 54, Disposizioni in materia di giorni festivi;
L. 1° giugno 1977, n. 285, Provvedimenti per l’occupazione giovanile;
−    D.L. 10 giugno 1977, n. 291, Provvidenze in favore dei lavoratori nelle aree dei territori meridionali;
−    L. 8 agosto 1977, n. 501, Conversione del D.L. 10 giugno 1977, n. 291, Provvidenze in favore dei lavoratori nelle aree dei territori meridionali;
−    L. 12 agosto 1977, n. 675, Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore;
−    D.L.30 marzo 1978, n. 89, Norme per agevolare la mobilità dei lavoratori e norme in materia di cassa integrazione guadagni;
−    L. 26 maggio 1978, n. 215, Conversione del D.L. 30 marzo 1978, n. 89;
−    Artt. 1, 2 del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla L. 1 giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile;
−    L. 29 febbraio 1980, n. 33, Conversione D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, , Finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla L. 1 giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile;
−    L. 13 agosto 1980, n. 427, Modifica della disciplina dell’integrazione salariale straordinaria relativa alle categorie operaie e impiegatizie;
−    Art. 23 della L. 23 aprile 1981, n. 155, Adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia previdenziale e pensionistica;
−    Art. 8-bis del D.L. 30 aprile 1981, n. 168, Misure urgenti in materia di assistenza sanitaria;
−    D.L. 28 maggio 1981, n. 244, Ulteriori interventi straordinari di integrazione salariale in favore dei lavoratori delle aree del Mezzogiorno;
−    L. 27 giugno 1981, n. 331, Conversione D.L. 30 aprile 1981, n. 168, Misure urgenti in materia di assistenza sanitaria;
−    L. 24 luglio 1981, n. 390, Conversione D.L. 28 maggio 1981, n. 244, Ulteriori interventi straordinari di integrazione salariale in favore dei lavoratori delle aree del Mezzogiorno;
−    L. 29 maggio 1982, n. 297, Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica;
−    Artt. 5 e 13 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella L. 11 novembre 1983, n. 638, Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini;
−    D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali;
−    L. 19 dicembre 1984, n. 863, Conversione D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali;
−    L. 13 maggio 1985, n. 190, Riconoscimento giuridico dei quadri intermedi;
L. 28 febbraio 1987, n. 56, Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro;
−    Art. 6 della L. 5 giugno  1990, n. 135, Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’ AIDS;
−    Artt. 124, 125 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza;
−    Art. 6 della Legge 29 dicembre 1990, n. 407, Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993;
−    Art. 47 della Legge 29 dicembre 1990, n. 428, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1990);
−    Art. 2 del D.L. 29 marzo 1991, n. 108 convertito, con modifiche in L. 1° giugno 1991, n. 169, Disposizioni urgenti in materia di sostegno dell’occupazione;
−    L. 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di  cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro;
−    Art. 16 della L. 30 dicembre 1991, n. 412, Disposizioni in materia di finanza pubblica;
−    L. 29 gennaio 1992, n. 69, Interpretazione autentica del comma 2 dell’art. 229 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957. N. 361, in materia di trattamento dei lavoratori investiti di funzioni presso i seggi elettorali;
−    Artt. 19 e 33 della L. 5 febbraio 1991, n.104, Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;
−    Art. 1 della L. 18 febbraio 1992, n. 162, Provvedimenti per i volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico e per l’agevolazione delle relative operazioni di soccorso;
−    Artt. 4-8 del D.L. 20 maggio 1993, n. 148 convertito, con modifiche, in L. 19 luglio 1993, n. 236, Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione;
−    D.L. 26 novembre 1993, n. 478, Proroga di trattamenti straordinari di integrazione salariale;
−    L. 26 gennaio 1994, n. 56. Conversione D.L. 26 novembre 1993, n.478, Proroga di trattamenti straordinari di integrazione salariale;
−    Art. 2 della L. 28 dicembre 1995, n. 549, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Collegato alla finanziaria 1996);
−    D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale;
−    L. 28 novembre 1996, n. 608, Conversione in legge del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale;
−    D.L. 25 marzo 1997, n.67, Disposizioni urgenti per favorire l’ occupazione;
−    L. 23 maggio 1997, n. 135, Conversione D.L. 25 marzo 1997, n. 67, Disposizioni urgenti per favorire l’ occupazione;
−    D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, Attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l’ obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro;
−    L. 24 giugno 1997, n. 196, Norme in materia di promozione dell’occupazione;
−    Art. 3 del D.l. 19 maggio 1997 n. 129, convertito nella L. 18 luglio 1997, n. 229, Programmazione delle cessazioni dal servizio del personale del comparto scuola, nonché disposizioni in materia di fondi pensione e mobilità;
−    L. 12 marzo 1999, n. 68, Norme per il diritto al lavoro dei disabili;
−    Art. 62 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000);
−    D. Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro  a tempo parziale concluso dall’UNICEF, dal CEEP e dalla CES;
−    D. Lgs. 25 febbraio 2000 n. 72, Attuazione della direttiva n. 96/71 in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi;
−    L. 8 marzo 2000, n. 53, Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città;
−    D. Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’art. 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n.144;
−    D.P.R. 10 giugno 2000, 218, Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinari e di integrazione  salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai sensi dell’ art. 20, della legge 15 marzo 1997, n. 59- allegato 1, numeri 90 e 91;
−    D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333, Regolamento di esecuzione della legge 12 marzo 1999,  n. 68, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili;
−    Art. 5 della L. 6 marzo 2001, n. 52, Riconoscimento del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo;
−    Artt.1-57 e 85-87 del D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n.53;
L. 3 aprile 2001, n. 142, Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore;
−    D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICEF, dal CEEP e dal CES;
−    Art 52 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, (legge finanziaria 2002);
−    Artt. 1 e 3-bis del D.L. 11 giugno 2002, n. 108 convertito, con modifiche, in L. 31 luglio 2002, n. 172, Disposizioni urgenti in materia di occupazione e previdenza;
−    D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;
−    Art. 3 della L. 24 dicembre 2003, n. 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004);
−    Artt 1, 1-bis, 1-quinquies del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249 convertito, con modifiche, in L. 3 dicembre 2004, n .291, Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali;
−    Artt. 1, c. 155, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005);
−    Art. 8 della L. 21 ottobre 2005, n. 219, Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati;
−    Art. 1 della Legge 24 febbraio 2006, n. 104, Modifica della disciplina normativa relativa alla tutela della maternità delle donna dirigenti;
−    Art. 35 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 convertito, con modifiche, in L. 4 agosto 2006, n. 248
−    Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale;
−    Art. 1, commi 222, 622, 755-757, 1189, 1190, 1202–1210 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007);
−    Art. 2, commi 521–523 e 525 della L.24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008);
−    Art. 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 247, Norma di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale;
−    Artt. 6 e 7 del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 convertito con modifiche in L. 28 febbraio 2008, n. 31, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni in materia finanziaria;
−    Art. *** [buoni-lavoro] e art. 39, commi da 1 a 9, e art. 40 del D.L. 25 giugno 2008, n 112 convertito, con modifiche, in L. 6 agosto 2008, n. 133, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
−    Art. 19 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modifiche, in L. 28 gennaio 2009, n. 2 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009);
−    Art. 7-ter, comma 12 del D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, convertito con modifiche in L. 9 aprile 2009 n. 33, Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario;
−    Art. 17, comma 26, lettera a),  del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, convertito in L. 3 agosto 2009 n. 102, Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali;
−    D.Lgs. 25 gennaio 2010 n. 5, Attuazione della direttiva 2006/54/CE, relativa al principio delle pari opportunità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego;
−    Art. 53 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, in materia di contratti di produttività;
−    L. 4 novembre 2010 n. 183, Deleghe al Governo in materia occupazione femminile, apprendistato, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in materia di controversie di lavoro;
−    D.M. 14 marzo 2011 n. 57955, Criteri di concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria e di mobilità per i dipendenti di aziende commerciali con oltre 50 addetti, agenzie di viaggio e turissmo, operatori turistici con più di 50 dipendenti e imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti;
−    D.Lgs. 18 luglio 2011 n. 119, Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010 n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi;
−    D.Lgs. 14 settembre 2011 n. 167, Testo unico dell’apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007 n. 247;
−    D.L. 29 dicembre 2011 n. 216, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, artt. 1, 6, 6-bis;
−    D.Lgs. 2 marzo 2012 n. 24, Attuazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale;
−     L. 28 giugno 2012 n. 92, Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.