TEST INVALSI: INUTILE NOZIONISMO O AMARA VERITÀ?

L’OPPOSIZIONE A QUESTA FORMA DI VALUTAZIONE OGGETTIVA DELLA PERFORMANCE DI FATTO NASCONDE L’INEFFICIENZA E/O INEFFICACIA DEL SISTEMA SCOLASTICO

Articolo di Marco Bollettino pubblicato sul sito www.ateniesi.it il 14 maggio 2013

Partiamo da una domanda: se vi chiedessi di risolvere questa disequazione di primo grado: 4x – 2 ( 25 – x ) > 60,  come giudichereste la domanda? Per i ragazzi di seconda superiore non è un problema molto difficile: la soluzione è x > 55/3.  E se volessimo sbizzarrirci e cercare il numero intero minimo che risolve la disequazione, ci basterebbe prendere il numero 19 (55:3=18,33). Le disequazioni di primo grado, di solito, si affrontano a cavallo tra la prima e la seconda superiore, sono un argomento su cui si insiste molto e su cui si svolgono decine e decine di esercizi. Prendete un libro di matematica del primo biennio e vi accorgerete di quanto spazio è dedicato loro.

Per tutti questi motivi un esercizio sulle disequazioni di primo grado dovrebbe essere alla portata della maggior parte degli studenti che affronta le prove Invalsi in seconda superiore. Prendiamo dunque il testo di uno dei famigerati test Invalsi (2010-2011) e andiamo alla prova di matematica, domanda n. 13.

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La disequazione che vi ho presentato in apertura è proprio la formula che serve per risolvere il quesito c) mentre l’espressione a primo membro è la soluzione del quesito b). La risposta alla domanda a) è banale.

Come si sono comportati i ragazzi? Il documento Rilevazione sugli Apprendimenti prodotto dall’Invalsi riporta i risultati delle prove e ci permette di verificare come hanno risposto i nostri quindicenni alle singole domande.

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Come mai gli studenti di seconda superiore, che pure in larga parte sono in grado di risolvere disequazioni di primo grado ben più complicate hanno risposto così male a quelle due domande?

La risposta è che il test non metteva di fronte i ragazzi a un quiz mnemonico e nozionistico, come la parte più chiassosa dei miei colleghi vorrebbe farvi credere, ma poneva loro un problema reale (uno studente dovrebbe essere in grado di calcolare a quante domande deve rispondere correttamente per passare un test) che andava risolto utilizzando conoscenze e abilità apprese in classe.

Usando la terminologia in voga oggi, il test Invalsi valuta le competenze degli studenti. Che cosa sono queste competenze? A dispetto di quanto sostenuto da Giorgio Israel, esiste una loro definizione condivisa, data dall’Unione Europea e recepita dall’Italia nel 2007: “Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”. Del resto, a cosa serve far risolvere ai ragazzi decine di disequazioni di primo grado se poi questi brancolano nel buio quando incontrano un problema la cui soluzione ne richiede l’uso?

E allora, ai sindacati che definiscono i test una “pratica quizzarola, umiliante e distruttiva, che rimanda ad un progetto pedagogico basato sul nozionismo”, ai colleghi che lamentano di essere ridotti a “schiavi” dall’Invalsi e ai genitori “ribelli” che decidono di tenere i figli a casa per protesta, consiglio di leggere le domande dei test, confrontarle con gli esercizi nei libri dei ragazzi e meditarci su.

Non è che i più acerrimi oppositori dei test Invalsi siamo noi insegnanti perché siamo consci che quegli esercizi mettono a nudo un’amara verità, ovvero che stiamo trasmettendo un inutile sapere superficiale, che si dissolve nel nulla non appena gli studenti sono messi di fronte a problemi che richiedono l’uso critico e ragionato degli strumenti che hanno appreso a scuola?

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