IL PROGETTO REGRESSIVO DAMIANO-POLVERINI SULLE PENSIONI

IL PRESIDENTE PD E LA VICEPRESIDENTE PDL DELLA COMMISSIONE LAVORO DELLA CAMERA PROPONGONO UN PROGETTO CHE SOSTANZIALMENTE SMONTA LA RIFORMA PREVIDENZIALE DEL DICEMBRE 2011: LO STESSO GRAVE E COSTOSO ERRORE CHE VENNE COMPIUTO DALL’EX-MINISTRO DEL LAVORO NEL 2007

Intervento di Giuliano Cazzola e Pietro Ichino pubblicato dal Sole 24 Ore il 17 luglio 2013

Caro Direttore,
mentre l’Inps ci informa che la spesa pensionistica nel 2012 ha raggiunto quasi il 16 per cento del Pil, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, conferma il proprio intendimento di tornare indietro rispetto alla riforma delle pensioni attuata nel dicembre 2011. Esattamente come fece nel 2007, quando smontò la riforma delle pensioni attuata dal suo predecessore: operazione che è costata alle finanze pubbliche la bellezza di sette miliardi e mezzo di euro, a regime.
Ora lo stesso Damiano giustifica questo suo progetto osservando che la riforma pensionistica del dicembre 2011 è destinata a portare, nell’arco dei prossimi quarant’anni, circa 300 miliardi di risparmi per lo Stato: effetto che egli considera ingiusto, in quanto mirerebbe a sistemare i conti pubblici gravando sulla parte più debole della popolazione. Le cose stanno molto diversamente.
–    È stata proprio la riforma delle pensioni del 2011 a eliminare una colossale ingiustizia: quella che consentiva alla generazione dei cinquantenni e sessantenni di andare in pensione più presto e a condizioni incomparabilmente più vantaggiose rispetto a quanto era permesso alle nuove generazioni. Per di più accollando a queste ultime – la vera parte più debole della popolazione!   qualche decina di miliardi di debito ogni anno da ripagare nei decenni futuri. È questa la “giustizia sociale” a cui pensa Damiano?
–    L’obiettivo a cui punta il Presidente della Commissione Lavoro della Camera è non solo il riabbassamento dell’età per la pensione di vecchiaia, ma soprattutto il ripristino delle pensioni di anzianità, cioè di quelle che si possono ottenere con il solo requisito contributivo (41 anni di lavoro). Damiano non si chiede perché questo tipo di pensione, ottenibile senza alcun requisito di età, quindi anche prima dei 60 anni e senza penalizzazioni economiche, non esiste in alcun altro Paese d’Europa?
–    Fino alla riforma del 2011, per decenni abbiamo seguito e consolidato la prassi per la quale le crisi occupazionali aziendali si risolvevano sistematicamente ricorrendo ai prepensionamenti dei cinquantenni; col risultato che in Italia oggi il tasso di occupazione nella fascia di età tra i 55 e i 65 anni è solo di un terzo: uno dei più bassi del mondo. Davvero Damiano considera questo come un buon uso delle risorse del welfare?
–    Il pensionamento di una persona che può ancora lavorare non è soltanto un “fatto privato” tra quella persona e l’Istituto previdenziale; è anche un fatto che presenta una conseguenza negativa per l’intero sistema economico: gli sottrae una risorsa che potrebbe invece continuare a produrre ricchezza. Coltivare il modello sociale del pensionamento precoce non fa solo un danno alle persone che vengono espulse dal mercato del lavoro prematuramente, ma anche un danno al tessuto produttivo del Paese.
Sarebbe interessante sapere se davvero il PD fa suo il progetto regressivo propugnato dal suo ex-ministro del Lavoro e quindi si propone di ripetere il gravissimo errore da lui compiuto nel 2007. I giovani democratici non hanno nulla da obiettare? Ma sarebbe interessante sapere anche se il PdL condivide la scelta della propria Vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Renata Polverini, di allinearsi pedissequamente al progetto Damiano.
Al Governo, invece, chiediamo se non sia maturo il tempo per affrontare la questione dei cinquantenni e sessantenni disoccupati e senza pensione – quelli che oggi vengono ormai indiscriminatamente quanto impropriamente indicati come “esodati”   offrendo loro non l’espulsione dal mercato del lavoro, ma ogni possibile sostegno economico e normativo per rientrarvi; e, nel frattempo, offrendo loro una estensione dell’ASpI, ovvero del trattamento di disoccupazione di livello europeo (75 per cento dell’ultima retribuzione) istituito dalla legge Fornero. In altre parole, una forma di sostegno del reddito che non allontani i cinquantenni e i sessantenni dal tessuto produttivo, ma al contrario sia condizionata alla loro disponibilità a reinserirsi in esso e strutturata per favorire il reinserimento stesso. È quello che Scelta Civica propone con i propri disegni di legge presentati al Senato e alla Camera.

Giuliano Cazzola, responsabile di Scelta Civica per il welfare
Pietro Ichino, coordinatore di Scelta Civica per il programma
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