ALITALIA: PERCHÉ DICO CHE STIAMO RIPETENDO UN (ANTICO) ERRORE

CHE COSA CI INDUCE A PENSARE CHE UN VETTORE AEREO ITALIANO MENO EFFICIENTE GIOVI AL NOSTRO SISTEMA ECONOMICO PIÙ DI QUANTO GIOVEREBBE LASCIARE SPAZIO NEI NOSTRI AEROPORTI A VETTORI STRANIERI EFFICIENTI? O CHE LA SORTE DEGLI HUB ITALIANI DIPENDA DALLA NAZIONALITÀ DEI VETTORI CHE SE NE SERVONO?

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 267, 14 ottobre 2013 – Per gli articoli precedenti in argomento v. il portale dedicato su questo sito a La vicenda Alitalia nell’ultimo decennio .

Quello che stiamo facendo oggi per Alitalia, tenendola in vita con la respirazione bocca a bocca mediante l’intervento delle Poste, serve soltanto a salvare il vecchio imprenditore, limitando le sue perdite a spese della collettività. Deve essere ben chiaro che questo non è affatto necessario per garantire continuità all’azienda, cioè all’organizzazione di risorse umane e materiali, la cui attività potrebbe proseguire senza interruzioni con un altro imprenditore. Si dice: quel che spendiamo per mantenere Alitalia italiana ci ritorna abbondantemente in capacità di attrarre in Italia turisti, investimenti, talenti. Ma che cosa ci fa pensare che i turisti e gli investitori vengano più volentieri in un Paese dove il volo Milano-Roma costa il doppio rispetto al Parigi-Lione o al Londra-Glasgow, perché la tratta è protetta dalla concorrenza per tenere in vita la compagnia aerea di bandiera? E che cosa ci fa pensare che le compagnie aeree più efficienti non sarebbero felici di incorporarne la struttura aziendale per continuare a fare – ma a fare meglio – ciò che fin qui ha fatto l’italianissima Alitalia? Forse che un viaggiatore newyorkese si preoccupa per il fatto che la compagnia aerea che gli offre il servizio migliore è californiana, canadese, o europea? Si obietta: “Air France-KLM mira soltanto ad alimentare con il nostro traffico aereo i suoi hub di Parigi e Amsterdam; chi verrà dall’America per visitare l’Italia farà scalo a Parigi o Amsterdam invece che a Roma o a Malpensa”. Ma i casi sono due: o fare scalo a Parigi, per andare a Firenze, Venezia, o Palermo, sarà più economico, e allora la nostra industria turistica avrà un vantaggio da questa riduzione dei costi di viaggio; oppure sarà più economico fare scalo a Fiumicino o a Malpensa, e allora anche il vettore aereo straniero si avvarrà degli hub italiani. Una cosa è certa: l’idea di difendere gli hub italiani riservandone gli slot a un vettore aereo inefficiente può produrre soltanto fallimenti. Può solo indebolire, non rafforzare, il sistema Italia.

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