SULLA CONTRIBUZIONE FIGURATIVA PER GLI ELETTI AL PARLAMENTO

UNA NORMA DELLO STATUTO DEI LAVORATORI DEL 1970, IN UN’EPOCA NELLA QUALE LA CRESCITA CONTINUA DELLA BASE CONTRIBUTIVA SEMBRAVA POTER ALIMENTARE INDEFINITAMENTE LA SPESA PREVIDENZIALE – ORA È TEMPO DI ABROGARLA

Intervista a cura di Stefano Taglione, pubblicata dal Tirreno il 25 novembre 2013.

«I contributi fittizi riconosciuti dagli enti previdenziali ai parlamentari in carica, relativi all’impiego per il quale deputati e senatori si mettono temporaneamente in aspettativa, oggi non hanno più ragione di esistere. Si tratta di una regola introdotta in un’altra epoca, nella quale sembrava che la crescita continua della base contributiva potesse alimentare indefinitamente la spesa previdenziale». A dirlo è il giuslavorista Pietro Ichino, docente di diritto del lavoro all’università di Milano e senatore eletto nella lista “Con Monti per l’Italia”, da noi interpellato sull’argomento.

Professor Ichino, si spieghi meglio.
È una regola introdotta con lo Statuto dei lavoratori del 1970: altra epoca, nella quale sembrava che la crescita continua della base contributiva potesse alimentare indefinitamente la spesa previdenziale. Oggi – anche tenuto conto del giusto allarme diffuso nell’opinione pubblica per l’aumento abnorme dei costi della politica – questa regola merita di essere abrogata. Infatti, nella mia proposta di Codice semplificato del lavoro (d.d.l. n. 1006/2013) essa viene abrogata.

E la stessa cosa vale per il sindacato, che ha facoltà di versare i contributi per i sindacalisti distaccati dalle aziende.
Sì, sostanzialmente vale a questo proposito lo stesso discorso. Non vedo un buon motivo per cui il costo dell’assicurazione obbligatoria dei sindacalisti debba essere pagato dalla collettività.

Allo stesso tempo ci sono persone in difficoltà, magari per effetto della riversibilità della pensione del coniuge defunto, che si vedono togliere l’assegno sociale o di invalidità. Il sistema pensionistico italiano come può prevedere queste ingiustizie sociali?
Non parlerei a questo proposito indiscriminatamente di “ingiustizie sociali”. In materia di pensioni di invalidità, negli ultimi decenni si sono verificate molte storture anche nel senso dell’erogazione di rendite sostanzialmente non giustificate: basti osservare le differenze di frequenza delle concessioni tra regione e regione. Un maggior rigore nella verifica della sussistenza dei requisiti è necessario. Quanto ai limiti di cumulabilità della rendita per invalidità con altre pensioni, questo dipende da scelte che in gran parte sono determinate dai vincoli di bilancio.

È giusto poter cumulare la pensione previdenziale con il vitalizio parlamentare?
Se durante il periodo di adempimento del mandato parlamentare è stata sospesa la contribuzione previdenziale, e il vitalizio parlamentare è interamente calcolato con il sistema contributivo (cioè corrisponde ai contributi versati, come è la regola a far data dall’inizio del 2012), francamente non vedo il motivo per cui si dovrebbe vietare il cumulo fra le due rendite. Diverso è il caso in cui una persona eletta al Parlamento matura contemporaneamente una pensione effettivamente guadagnata e una non guadagnata, come è previsto dalla norma dello Statuto dei Lavoratori di cui abbiamo parlato prima.

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