APPUNTI SUL JOBS ACT DEL NUOVO CENTRO DESTRA

BENE LE PARTI SUI SERVIZI NEL MERCATO DEL LAVORO E GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI, ASTRATTA LA PARTE SULL’ALLINEAMENTO PURO E SEMPLICE DELLA LEGISLAZIONE NAZIONALE A QUELLA EUROPEA, SBAGLIATO IL RIFIUTO DI UN INTERVENTO LEGISLATIVO IN VIA SUSSIDIARIA IN MATERIA DI RAPPRESENTANZE SINDACALI AZIENDALI

Lettera pervenuta il 13 gennaio 2o14 – Segue la mia risposta

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Caro senatore Ichino,
è uscito oggi il documento contenente una sintesi delle proposte del Nuovo Centro Destra in materia di politiche del lavoro, immagino redatte dall’ex-ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, ora capogruppo al Senato di quel partito. Mi interesserebbe conoscere il suo giudizio in proposito. La ringrazio
Luigi Cerutti

Anche in questo caso, poiché il diavolo si nasconde sempre nei dettagli, occorrerà conoscere e valutare attentamente l’articolato legislativo. Sul  documento disponibile propongo, in estrema sintesi, le osservazioni “a caldo” che seguono.
   – Bene la parte sui servizi nel mercato del lavoro: il documento non nomina il “contratto di ricollocazione”, ma indica un metodo di intervento sostanzialmente simile.
   – Del tutto condivisibile la proposta relativa agli ammortizzatori sociali,  anche se occorrerà essere molto più precisi nell’indicare come si può far funzionare la “condizionalità” del sostegno del reddito: qui è importante il metodo del “contratto di ricollocazione” mutuato dalle esperienze britannica e olandese.
   – Astratta (cioè non realistica) la pretesa di ridurre l’intera disciplina nazionale dei rapporti di lavoro a quella comunitaria europea: le direttive UE non coprono tutto l’arco della materia; per esempio: nulla dicono in materia di sospensione del lavoro per crisi aziendale, o di licenziamento; ma non per questo possiamo esimerci dal disciplinare queste materie, nel modo più snello possibile e ispirandoci al principio della flexsecurity. Per altro verso, la riscrittura e semplificazione della disciplina del rapporto di lavoro è cosa troppo complessa perché essa possa essere affidata alla contrattazione aziendale: normalmente imprenditore e rappresentanti sindacali aziendali non ne sono in grado.
   – Sbagliata la pretesa di azzerare la legge Fornero 2012: diverse cose di questa legge vanno corrette, anche incisivamente (in particolare in materia di disciplina delle dimissioni del lavoratore, di associazione in partecipazione, di contribuzione previdenziale sul lavoro autonomo, di procedimento giudiziale sui licenziamenti), ma con misura e giudizio); ma in materia di licenziamento la legge Fornero ha segnato un passo avanti importante nella direzione giusta; e sugli ammortizzatori sociali essa costituisce una pietra miliare, facendo  quello che né il ministro Sacconi né i ministri del Lavoro precedenti erano riusciti a fare.
   – Sbagliato il rifiuto di qualsiasi intervento sulla questione delle rappresentanze sindacali aziendali, motivato con gli accordi interconfederali 2011 e 2013: questi accordi – essendo contratti di diritto privato – non coprono l’intero tessuto produttivo, ma soltanto le aziende aderenti alle associazioni firmatarie e quelle che spontaneamente li recepiscono (resta fuori, per esempio, l’intero Gruppo Fiat; e i casi di non iscrizione a Confindustria proprio per evitare l’applicazione degli accordi da essa firmati stanno aumentando); donde la necessità di un intervento legislativo a carattere sussidiario, che copra i soli casi nei quali faccia difetto una disciplina collettiva applicabile con una normativa che sostanzialmente consista nella proporzionalizzazione delle dimensioni delle rappresentanze sindacali istituite dallo Statuto del 1970 in riferimento a un voto almeno triennale.   (p.i.)

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