ATTUARE LA LEGGE PER LA PREVENZIONE DELLA MORTE IMPROVVISA IN CULLA

UNA BUONA LEGGE (DI SETTE ANNI FA) DIMENTICATA O MALE APPLICATA; E UN CENTRO DI ECCELLENZA INDEBITAMENTE SVALUTATO: IL “LINO ROSSI” DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO

Interrogazione presentata alla Presidenza del Senato il 15 aprile 2014 – In argomento v. anche l’interrogazione presentata all0 stesso Ministro il 4 luglio 2008 (rimasta senza risposta).

Interrogazione a risposta scritta
al Ministro del Lavoro, della Salute e del Welfare

presentata il 15 aprile 2014 dai senatori Pietro Ichino, Emilia Grazia De Biasi, Elena Cattaneo, Gianpiero Dalla Zuanna, Lucio Romano, Serenella Fuchsia, Laura Puppato

Premesso che:

–  la sindrome della morte improvvisa del lattante (Sudden Infant Death Syndrome o SIDS), più comunemente nota come “morte in culla”, è un fenomeno che non trova ancora una esauriente spiegazione scientifica;

–  detta sindrome si manifesta provocando la morte improvvisa e inaspettata di un lattante apparentemente sano, morte che resta non spiegata anche dopo l’autopsia;

–   la sindrome colpisce i bambini nel primo anno di vita ed è a tutt’oggi la prima causa di morte dei bambini nati sani;

–  la morte in culla colpisce il bambino entro il primo anno di vita, con un picco massimo tra il secondo e il quarto mese;
–  sono stati effettuati studi epidemiologici che hanno rilevato l’esistenza di alcuni fattori di rischio prevenibili e di altri non prevenibili; nessuno di questi è però causa specifica della SIDS;
–   ha un’incidenza stimata, per similitudine con altri Stati occidentali, che oscilla tra lo 0,7 e l’1 per mille;
–   in Italia ogni anno si riscontrano circa 300 casi di SIDS;
–   l’incidenza della morte fetale inaspettata nei Paesi occidentali è di circa una su 150 gravidanze secondo i dati del rapporto 2006, Neonatal and perinatal mortality: country, regional and global estimates, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;
–   secondo molte Istituzioni il 50-75% delle morti fetali risulta inspiegabile a causa della mancanza di un protocollo standard di indagine post-mortem, specie neuropatologia;
–   la morte fetale inaspettata ed inspiegabile, dopo la 25a settimana di gestazione, è quindi la singola causa di decesso più frequente nel periodo perinatale. La sua incidenza è circa 10 volte superiore a quella della SIDS;

–   recenti risultati della ricerca svolta nel Centro di ricerca “Lino Rossi- per lo studio e la prevenzione della morte inaspettata perinatale e della SIDS” dell’Università degli Studi di Milano, hanno contribuito ad identificare la natura e la localizzazione delle lesioni responsabili di tali patologie;
–   trattasi di anomalie congenite del tronco cerebrale, sede della regolazione reflessogena delle attività vitali (specie cardio-respiratorie), e del sistema di conduzione cardiaco, ossia della centralina elettrica del cuore;

–  i fattori di rischio determinanti sono rappresentati dal fumo di sigaretta materno (i cui effetti altamente lesivi sono incrementati dall’azione sinergica degli inquinanti atmosferici, inclusi i pesticidi), da altre droghe, dall’alcolismo materno e da farmaci per lo più sedativi;
–   la legge 2 febbraio 2006 n. 31, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 10 febbraio 2006, n. 34, recante “Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto” costituisce un importante intervento legislativo-sanitario, al fine di prevenire e ridurre la mortalità fetale e in culla, che rappresenta uno dei maggiori problemi socio-sanitari e scientifici della medicina moderna ancora irrisolti;
–   a norma del comma 2 dell’articolo 1 di detta legge il riscontro diagnostico deve essere effettuato “secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell’Istituto di anatomia patologica dell’Università di Milano” (ora Centro LIno Rossi), il quale mira a individuare alterazioni congenite del sistema nervoso autonomo e del sistema di conduzione cardiaco, che costituiscono, secondo dati recenti della letteratura scientifica, la causa più comune di tali patologie;
– al fine di consentire agli Istituti/Servizi di Anatomia Patologica e di Medicina Legale tali valutazioni fondamentali, che solitamente vengono omesse, il comma 3 dell’articolo 4 della legge n. 31/06 prevede l’attivazione di programmi di formazione continua in medicina, di cui all’articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, rivolti anche a ostetrici, ginecologi, pediatri, neonatologi, anatomo patologi, istologi, medici di base e personale infermieristico;
–  lo stesso articolo 4, lettera a), comma 1, della legge n. 31/2006 prevede la promozione di campagne di sensibilizzazione e di prevenzione per garantire una corretta informazione sulle problematiche connesse alla SIDS e ai casi di morte del feto senza causa apparente.

Considerato che:
–  l’articolo 3 della stessa legge prevede che i risultati delle indagini svolte, relative al riscontro diagnostico, siano comunicati dai centri autorizzati alla prima cattedra dell’Istituto di anatomia patologica dell’Università di Milano (ora Centro Lino Rossi) , che “nel rispetto delle regole sul trattamento dei dati personali, provvede a istituire una banca dati nazionale e a trasmettere i dati così raccolti alla regione competente per territorio, ai medici curanti e ai parenti delle vittime”;

– l’apposita banca dati risulta già predisposta presso il Centro di ricerca Lino Rossi – per lo studio e la prevenzione della morte inaspettata perinatale e della SIDS”;

– un decreto ministeriale del 12 dicembre 2007, in applicazione dell’art. 2 della legge n. 31/2006, definisce “i criteri per l’individuazione e l’autorizzazione da parte delle Regioni, dei Centri di riferimento per il riscontro diagnostico sulle vittime della Sids e per la morte improvvisa del feto”;

– il Ministero della Salute nel novembre 2009 ha accolto la richiesta avanzata il 3 aprile dello stesso anno dal Direttore del Dipartimento di Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli Studi di Milano, cui il Centro L. Rossi afferiva, di riconoscere il Centro medesimo, quale centro di riferimento nazionale per l’applicazione della nuova disciplina della materia, quale destinatario dei fondi previsti dalla legge n. 31/2006;

–  tuttavia la detta legge a tutt’oggi, a quasi otto anni dalla sua emanazione, è applicata soltanto dalla Provincia Autonoma di Trento e dagli Ospedali di Lecco, Merate, Crema, Piacenza e Modena;

– il 9 dicembre 2013 l’Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Mantovani ha dichiarato, davanti alla Commissione Sanità del Consiglio regionale, che il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell’Istituto di Anatomia patologica dell’Università degli Studi di Milano sarebbe stato “bocciato” dal Consiglio Superiore della Sanità;

 

Si chiede di sapere:

–   con quale atto sia avvenuta la pretesa “bocciatura” e quali ne siano le motivazioni;

–   se e da chi sia stata predisposta una nuova formulazione del protocollo diagnostico in questione;

–     quali siano le Regioni che hanno individuato i Centri di riferimento a norma del citato decreto ministeriale 12 dicembre 2007;

–   se e quali misure il ministro in indirizzo ritenga necessario porre in essere al fine di garantire una corretta attuazione di quanto previsto dalla legge 2 febbraio 2006 n. 31;

–   in particolare, quali interventi lo stesso ministro intenda intraprendere per evitare la dispersione del patrimonio scientifico culturale del “Centro Lino Rossi” dell’Università degli Studi di Milano;

–    se il ministro non ritenga che detto Centro possa essere valorizzato come ente di riferimento nazionale per tutti i presidi sanitari.

 

 

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