JOBS ACT: CHE COSA CONTIENE IL DISEGNO DI LEGGE-DELEGA

UNA RASSEGNA PUNTUALE DELLE DELEGHE LEGISLATIVE CHE IL GOVERNO CHIEDE AL PARLAMENTO IN MATERIA DI RISCRITTURA SEMPLIFICATA DELLA NORMATIVA SUI RAPPORTI DI LAVORO, SERVIZI PER L’IMPIEGO E AMMORTIZZATORI SOCIALI

Relazione sul disegno di legge n. 1428, di iniziativa del Governo, recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, svolta il 23 aprile 2014 davanti alla Commissione X, Industria, Commercio e Turismo, in funzione del parere da questa espresso alla Commissione XI, Lavoro e Previdenza Sociale, competente per l’esame del provvedimento in sede referente – Alcune considerazioni di sintesi sulla struttura complessiva del disegno di legge e sul nesso logico che lega le sue tre parti principali sono contenute nelle Considerazioni finali che chiudono la relazione.

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RELAZIONE

Osservazioni generali

Oggetto della delega al Governo contenuta nel disegno di legge n. 1428, presentato dal Governo medesimo, sono le materie degli ammortizzatori sociali, dei servizi per l’impiego e delle politiche attive per il lavoro, della semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti relativi alla costituzione e alla gestione dei rapporti di lavoro, del riordino delle tipologie di contratti di lavoro, della revisione delle misure intese a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Il termine per l’esercizio della delega è di 6 mesi dell’entrata in vigore del provvedimento.

Il disegno di legge si pone in rapporto di complementarietà con le misure urgenti adottate con il decreto-legge n. 34/2014, dedicate ad introdurre incisive modifiche nella disciplina dei contratti a termine e dell’apprendistato, con lo scopo di incoraggiare immediatamente la propensione ad assumere nel presente periodo di incipiente ripresa economica, caratterizzato però pur sempre da aspettative incerte. A differenza del decreto, il disegno di legge qui in esame propone un disegno di riforma incisiva del diritto e del mercato del lavoro. Dopo una lunga stagione conflittuale che ha dato luogo a ripetuti cambiamenti normativi, Parlamento e Governo hanno ora l’opportunità di produrre una riforma fondata su un ampio consenso, sintesi delle culture politiche tradizionalmente contrapposte, come tale – ci si deve augurare – destinata a durare nel tempo.

1. Ammortizzatori sociali (articolo 1)

L’articolo 1 contiene innanzitutto una delega al Governo per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali su base rigorosamente assicurativa e quindi senza oneri aggiuntivi di finanza pubblica. Essa è intesa ad assicurare, per la disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, a razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e a favorire il coinvolgimento attivo dei soggetti disoccupati e come tali beneficiari di ammortizzatori sociali, “semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro”, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi (comma 1).

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono stabiliti dal comma 2.

In particolare, la lettera a) concerne gli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro. Qui si prevedono:

–       l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione dell’attività aziendale o di un ramo di essa (numero 1): regola, questa, che dovrebbe considerarsi già applicabile nell’ordinamento attualmente vigente, ma che – come è ben noto – è diffusamente disapplicata;

–       la semplificazione delle procedure burocratiche, “considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati di concessione” (numero 2): in altre parole, il disegno di legge prevede la possibilità che il “filtro” attuale costituito dalla decisione discrezionale delle commissioni paritetiche provinciali per la Cig ordinaria, o del Comitato interministeriale per quella straordinaria, venga sostituito da una franchigia a carico delle imprese richiedenti, capace di costituire un “filtro automatico” assai più efficace, con la corrispondente riduzione del contributo gravante sulle retribuzioni di cui si dirà al numero 5;

–       l’accesso alla cassa integrazione solo in caso di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro (numero 3);

–       la revisione dei limiti di durata, rapportati ai singoli lavoratori ed alle ore complessivamente lavorabili in un periodo di tempo prolungato (numero 4);

–       sotto il profilo della contribuzione, una maggiore compartecipazione da parte delle imprese effettivamente beneficiarie costituita dalla franchigia a loro carico di cui al n. 2 (numero 5)…

–       … e la riduzione delle aliquote di contribuzione ordinarie, relative agli istituti in oggetto, con la rimodulazione delle stesse aliquote tra i settori, in funzione dell’effettivo impiego (numero 6);

–       la revisione dell’ambito di applicazione della Cig ordinaria e straordinaria, nonché dei fondi di solidarietà bilaterali, relativi ai settori non coperti dai due istituti summenzionati[i] (numero 7).

Il trattamento di disoccupazione ASpI (Assicurazione sociale per l’impiego), istituito dall’art. 2 della L. 28 giugno 2012 n. 92, e successive modificazioni, integrato da un trattamento di natura assistenziale (c.d. reddito minimo di inserimento) costituisce l’oggetto dei principi e i criteri direttivi di cui ai numeri da 1) a 5) della successiva lettera b). Qui si prevedono:

–       la rimodulazione dell’ASpI, “con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore” (numero 1).

–       l’incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti (numero 2);

–       l’estensione dell’ASpI ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa – esclusi, in ogni caso, gli amministratori e i sindaci di società commerciali –, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito (relativi a tali soggetti), l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi ed il principio di automaticità delle prestazioni – principio in base al quale si prescinde dall’effettivo versamento della contribuzione da parte del committente -, “e prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite” (numero 3);

–       l’introduzione di limiti massimi relativi alla contribuzione figurativa (numero 4);

–       l’eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura pensionistica figurativa, limitata ai lavoratori in disoccupazione involontaria che presentino valori ridotti dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), prestazione alla quale siano connessi obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti (numero 5): si tratta, in sostanza di una prima sperimentazione nel nostro Paese del c.d. reddito minimo di inserimento.

Il criterio direttivo di cui al successivo numero 6 della lettera b) prevede l’eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale, sorgendo in proposito alcune incertezze interpretative che dovranno essere opportunamente superate con una riformulazione della disposizione.

La lettera c) pone un principio di delega valido sia per gli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro sia per i trattamenti di disoccupazione, consistente nell’individuazione di meccanismi che prevedano e favoriscano il coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti, “al fine di favorirne l’attività a beneficio delle comunità locali”.

Questa delega potrebbe essere utilmente ampliata a una più generale razionalizzazione di tutti i contributi sociali oggi disordinatamente distribuiti tra i diversi ambiti merceologici, dimensionali e di scopo. Il riordino delle relative aliquote dovrebbe ispirarsi a criteri di semplicità e di proporzione rispetto alle prestazioni attese.

2. Servizi per l’impiego (articolo 2)

L’articolo 2 reca una delega al Governo in materia di servizi per l’impiego e di politiche attive per il lavoro.

Il comma 1 prevede che, qualora non si raggiunga l’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, il Consiglio dei Ministri provveda con deliberazione motivata, secondo la procedura di cui all’art. 3 del d.lgs. 28 agosto 1997 n. 281.

Il riordino previsto dalla delega è inteso, in generale, a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva per il lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative (comma 1).

Va ricordato, a questo proposito, che il d.d.l. governativo contenente la riforma del titolo V della Costituzione trasferisce allo Stato le competenze in materia di “sicurezza e tutela del lavoro” relativamente ai criteri generali per cui appaiono opportune modalità di esercizio della delega che consentano un agevole adattamento al nuovo assetto istituzionale qualora questo sia confermato dal Parlamento.

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono stabiliti dal comma 2. Essi prevedono:

–       la razionalizzazione degli incentivi all’assunzione vigenti, “da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità di trovare occupazione” (lettera a) (l’ordinamento statale oggi in vigore reca molteplici fattispecie di incentivi alle assunzioni, fattispecie che fanno riferimento, in linea di massima, ad incrementi dell’occupazione o a tipologie specifiche di contratto – come i contratti di apprendistato – o a categorie di lavoratori quali, per esempio, i giovani fino a 29 anni di età, le donne, i soggetti aventi almeno 50 anni di età, i disoccupati di lunga durata, i titolari di ammortizzatori sociali;

–       la razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e di quelli per l’autoimprenditorialità, con una cornice giuridica nazionale intesa a costituire il punto di riferimento anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome[ii] (lettera b);

–       l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con il conferimento alla medesima delle competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI e il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azione dell’Agenzia[iii] (lettere c, d ed e); qui si segnala qualche possibile profilo critico, dal punto di vista della compatibilità della disposizione con l’assetto costituzionale attuale della materia;

–       la razionalizzazione degli enti e uffici che, anche all’interno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle regioni e delle province, operino in materia di politiche attive del lavoro, servizi per l’impiego ed ammortizzatori sociali, allo scopo di evitare sovrapposizioni, anche con la nuova Agenzia, e di consentire l’invarianza di spesa nella costituzione della medesima (lettera f);

–       la possibilità di far confluire nei ruoli delle “amministrazioni vigilanti” o della nuova Agenzia il personale proveniente dalle amministrazioni o dagli uffici soppressi o riorganizzati nonché il personale di altre amministrazioni (lettera g). Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire se per amministrazioni vigilanti si intenda esclusivamente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in conformità con la precedente lettera c);

–       il rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego (lettera h);

–       la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e per l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego (lettera i);

–       l’introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’impiego di strumenti per incentivare il collocamento dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto delle esperienze più significative svolte a livello regionale (lettera l): la disposizione si riferisce, assai opportunamente, alla sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione come metodo per coniugare efficacemente politiche passive e attive del lavoro, assoggettando efficacemente il sostegno del reddito del disoccupato alla condizione della sua disponibilità effettiva, entro limiti di ragionevolezza, non soltanto per le occasioni di lavoro che gli vengono offerte, ma anche per tutte le attività di ricerca e formazione a ciò mirate;

–       la definizione di meccanismi di raccordo tra la suddetta Agenzia e l’INPS, a livello sia centrale sia territoriale (lettera m);

–       la previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che, a livello centrale e territoriale, esercitano competenze relative ai summenzionati incentivi per l’autoimpiego e per l’autoimprenditorialità (lettera n);

–       il mantenimento in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in materia di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale (lettera o);

–       il mantenimento in capo alle Regioni e alle Province autonome delle competenze in materia di programmazione delle politiche attive del lavoro (lettera p);

–       l’attivazione “del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati, anche mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basati sull’osservazione statistica” (lettera q);

–       la valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro ed il monitoraggio delle prestazioni erogate (lettera r);

–       il “completamento della semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive, con l’ausilio delle tecnologie informatiche, allo scopo di reindirizzare l’azione dei servizi pubblici nella gestione delle politiche attive” (lettera s).

3. Codice semplificato del lavoro – A) costituzione del rapporto (articolo 3)

L’articolo 3 contiene una delega al Governo per la definizione di norme di semplificazione e di razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti, a carico di cittadini e imprese, relativi alla costituzione e allo svolgimento dei rapporti di lavoro.

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono stabiliti dal comma 2. Essi prevedono:

–       la razionalizzazione e la semplificazione (anche mediante abrogazione di norme) delle procedure e degli adempimenti connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, “con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione, inerenti al medesimo rapporto, di carattere amministrativo” (lettera a);

–       l’eliminazione e la semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle disposizioni interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi (lettera b);

–       l’unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi, “quali in particolare gli infortuni sul lavoro”, l’obbligo delle stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti, il “rafforzamento” del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e l’abolizione della tenuta di documenti cartacei, l’individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere, esclusivamente in via telematica, tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro (lettere c, d ed f);

–       la revisione del regime delle sanzioni – tenendosi conto dell’eventuale natura esclusivamente formale della violazione e in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita – nonché la valorizzazione degli istituti di tipo premiale (lettera e);

–       la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, “in un’ottica di integrazione” con la già prevista dorsale informativa unica (relativa al patrimonio culturale e professionale accumulato dai cittadini e basata sull’interoperabilità delle banche dati, centrali e territoriali, esistenti) e con la banca dati delle politiche attive e passive del lavoro[iv] (lettera g).

4. Codice semplificato del lavoro – segue – B) testo unico delle norme sui contratti di lavoro (articolo 4)

L’articolo 4 reca una delega al Governo per il riordino e la semplificazione della disciplina dei contratti di lavoro, tenendosi conto degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupabilità delle persone.

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono stabiliti dalle lettere a, b, c, d ed e del comma 1. Essi prevedono:

–       l’individuazione e l’analisi di tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo, nazionale e internazionale, anche in funzione di eventuali interventi di semplificazione delle medesime tipologie contrattuali (lettera a);

–       la redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro, con la possibile introduzione di ulteriori tipologie contrattuali, espressamente intese a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti per i lavoratori destinatari (lettera b);

–       l’introduzione, anche eventualmente in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale[v] (lettera c);

–       l’abrogazione esplicita delle disposizioni incompatibili (rispetto al testo normativo definito ai sensi della precedente lettera b), al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative ed applicative (lettera e);

–       riguardo ai contratti di lavoro accessorio, la lettera d reca il principio di delega della possibilità di ampliamento della concreta applicazione dell’istituto in tutti i settori produttivi, per le attività lavorative discontinue e occasionali, attraverso l’elevazione dei limiti annui di importo dei relativi compensi ed assicurando la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati (si tratta di una esperienza positiva che ricorda quei mini jobs che altrove hanno consentito di alzare notevolmente i tassi di occupazione.

Il disegno di legge-delega indica qui i criteri di un processo di razionalizzazione e semplificazione della disciplina vigente, dal quale potrebbe uscire un corpo unitario di norme opportunamente collocato all’interno del codice civile, come suggerito in altro disegno di legge (A.S. 1006/2013, assegnato all’esame delle Commissioni riunite 2a e 11a).

5. Tutela della maternità (articolo 5)

L’articolo 5 reca una delega al Governo per la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La delega deve essere esercitata entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, secondo i termini e la procedura di cui al comma 1 e di cui al successivo articolo 6.

I principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono stabiliti dal comma 2. Essi prevedono:

–       la ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici (lettera a); andrà valutata, a questo proposito, l’opportunità di prevedere una semplificazione – a contenuti invariati – della normativa contenuta nel testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, contenuto nel d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, per le categorie di lavoratrici subordinate, autonome (ivi comprese le libere professioniste) o aventi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

–       l’estensione alle lavoratrici madri “parasubordinate” del diritto alla prestazione di maternità anche in assenza del versamento dei contributi da parte del committente: cosiddetto principio di automaticità della prestazione (lettera b);

–       l’introduzione di un credito d’imposta (inteso ad incentivare il lavoro femminile) per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, nonché l’armonizzazione del regime delle detrazioni (dall’imposta sui redditi) per il coniuge a carico[vi] (lettera c); questa disposizione consente l’avvio, mediante il decreto-delegato, della sperimentazione di una misura di incentivazione fiscale dell’ingresso di donne nel mercato del lavoro, al fine dell’aumento del tasso di occupazione femminile, secondo quanto proposto nel disegno di legge n. 247/2013;

–       l’incentivazione di accordi collettivi intesi a facilitare la flessibilità dell’orario di lavoro e la flessibilità dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità di genitore, l’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro la cui incentivazione si collega alla deregolazione dell’uso delle tecnologie di controllo (lettera d);

–       la promozione dell’integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia, forniti dalle aziende, nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione dell’impiego ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi (lettera e): la disposizione consente l’emanazione, mediante il decreto delegato, di una regolazione idonea a diffondere mini-nidi familiari attraverso la possibilità di remunerare le “vice-mamme” con i voucher di cui si è già ipotizzata l’estensione e la tracciabilità;

–       la ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (lettera f).

–       l’estensione dei principi e dei criteri direttivi di cui al presente comma 2, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con riferimento al riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative intese al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro[vii] (lettera g).

6. Termini e modalità di esercizio delle deleghe (articolo 6)

L’articolo 6 contiene norme sui termini temporali e sulle procedure per l’esercizio delle deleghe di cui ai precedenti articoli da 1 a 5, nonché per l’adozione di eventuali decreti legislativi correttivi e/o integrativi.

7. Disegni di legge abbinati, di iniziativa parlamentare

All’esame della Commissione Lavoro, insieme al d.d.l. n. 1428 di cui si è sopra esposto in sintesi il contenuto, vi sono inoltre numerosi disegni di legge di iniziativa parlamentare che riguardano, in tutto o in parte, le stesse materie. In particolare:

–       l’A.S. n. 1279/2013 del sen. Sacconi e altri; recante, da un lato, una delega al Governo, ai fini dell’adozione di uno Statuto dei lavori, “che identifichi il nucleo fondamentale dei diritti applicabili a tutti i rapporti di lavoro e rimetta le restanti tutele alla libera contrattazione collettiva o individuale, ove assistita e certificata”, e, dall’altro, dall’altro la proposta di un complesso di interventi immediatamente precettivi in materia di: contratto di lavoro a termine; contratti di apprendistato, lavoro a progetto; lavoro intermittente; lavoro accessorio; associazione in partecipazione; periodo di prova (con la previsione, in via generale, di un periodo di due anni per i nuovi contratti a tempo indeterminato); contrattazione cosiddetta di prossimità (con l’estensione della possibilità di intese specifiche ai contratti individuali, conclusi secondo una determinata procedura e oggetto di certificazione); abrogazione delle norme legislative sugli effetti dell’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori rispetto a quelle contemplate dal contratto; abrogazione delle norme legislative che vietano l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori; apprendimento permanente; arbitrato; licenziamenti; abrogazione delle norme di rito – introdotte dalla L. n. 92 del 2012 – sulle controversie giudiziarie aventi ad oggetto i licenziamenti; modalità delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro; regime tributario agevolato sugli emolumenti retributivi connessi alla produttività del lavoro; cassa integrazione guadagni; estensione dell’ASpI, su base volontaria, ai lavoratori parasubordinati ed ai lavoratori autonomi; incentivi per le assunzioni di soggetti che percepiscono trattamenti di sostegno al reddito; trattamento di accompagnamento in favore dei disoccupati, inteso alla collocazione o alla ricollocazione;

–       l’A.S. n. 24/2013 dei senatori Zeller e Berger, che propone una riduzione dell’età pensionabile delle madri lavoratrici nella misura di un anno per ogni figlio;

–       l’A.S. n. 165/2013 della sen. Bianconi, che propone alcuni incentivi per gli accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità di orario e reca alcune norme in materia di trattamenti di maternità, nonché alcune norme in favore dei lavoratori autonomi (tra cui l’estensione agli stessi dei congedi per assistenza a familiari portatori di handicap grave);

–       l’A.S. n. 180/2013 della sen. Ghedini e altri, che propone modifiche alla disciplina dei congedi di maternità e di paternità e dei congedi parentali, nonché l’incremento di risorse finanziarie in favore degli asili nido;

–       l’A.S. n. 199/2013 del sen. Ichino e altri, che propone misure per favorire l’invecchiamento attivo, il pensionamento flessibile, l’occupazione degli anziani e dei giovani e per l’incremento della domanda di lavoro;

–       l’A.S. n. 219/2013 della sen. Comaroli e altri, che propone l’introduzione della possibilità, per il datore, di una flessibilità oraria nello svolgimento del rapporto di lavoro e di modificazioni delle mansioni del lavoratore, anche con l’applicazione di misure indennitarie e l’attuazione di programmi di formazione professionale;

–       l’A.S. n. 263/2013 del sen. Sangalli e altri, che reca alcune agevolazioni tributarie e contributive per l’assunzione, con contratto di lavoro a tempo determinato, di manager o di “consulenti di direzione” da parte di piccole e medie imprese;

–       l’A.S. n. 349/2013 del sen. De Poli, che propone incentivi per l’assunzione di lavoratori collocati, in qualsiasi tempo, in mobilità ed assunti dal cessionario in seguito a trasferimento della medesima azienda o ramo d’azienda;

–       l’A.S. n. 482/2013, del sen. De Poli, in tema di congedi parentali per i genitori di minori nati prematuri o gravemente immaturi ovvero con handicap in situazione di gravità;

–       l’A.S. n. 500/2013 ancora del sen. De Poli, che propone l’estensione ai datori di lavoro non imprenditori di alcune norme relative all’istituto della mobilità ed ai connessi incentivi alle assunzioni;

–       l’A.S. n. 551/2013 del sen. Berger, concernente le assunzioni collettive di lavoratori da parte di gruppi di imprese;

–       l’A.S. n. 555/2013 del sen. Ichino e altri, che propone incentivi fiscali (inerenti al regime IRAP) per l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato, alcune modifiche alla disciplina dei contratti di lavoro a termine, dei contratti di lavoro intermittente e dell’associazione in partecipazione, nonché l’introduzione della figura del contratto aziendale di sperimentazione; attraverso tale contratto, il datore di lavoro definisce con una o più organizzazioni sindacali la disciplina dei contratti di lavoro secondo le linee stabilite dal medesimo disegno di legge, inerenti, tra l’altro, agli effetti del licenziamento, al contratto di ricollocazione e ad un livello di contribuzione previdenziale più basso per i primi anni di durata del rapporto di lavoro;

–       l’A.S. n. 571/2013 del sen. Bitonci, concernente il documento unico di regolarità contributiva;

–       l’A.S. n. 625/2013 del sen. Berger e altri, riguardante la disciplina del lavoro accessorio in agricoltura;

–       l’A.S. n. 716/2013 del sen. Nencini, che prevede agevolazioni fiscali e contributive per favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di lavoratori di età superiore a quarantacinque anni, disoccupati a causa di processi di riduzione o trasformazione di attività o lavoro o di cessazione di attività di lavoro autonomo. Esso prevede, inoltre, azioni per il loro accesso preferenziale a percorsi formativi e per la loro ricollocazione professionale, nonché uno specifico programma sperimentale, inteso al reimpiego di lavoratori disoccupati di lunga durata di età superiore ai cinquanta anni;

–       l’A.S. n. 727/2013 del sen. Barozzino e altri, e l’A.S. n. 893/2013 della sen. Paglini e altri, i quali entrambi recano modifiche alla disciplina sui licenziamenti, essendo intesi al sostanziale ripristino delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970, previgenti rispetto alle novelle di cui alla legge n. 92/2012; il disegno di legge A.S. n. 893 reca anche novelle ad altri provvedimenti in materia di lavoro;

–       l’A.S. n. 936/2013 del sen. Di Maggio e altri, che prevede forme di accesso a progetti di formazione o riqualificazione in favore di soggetti destinatari di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria, in deroga, ovvero destinatari di contratti di solidarietà o di altri trattamenti di sostegno del reddito; esso detta, inoltre, disposizioni sui requisiti delle imprese interessate, sulle modalità per l’attuazione di tali progetti e pone in capo alle amministrazioni coinvolte specifici obblighi di monitoraggio;

–       l’A.S. n. 1100/2013 del sen. Fravezzi e altri, che riguarda la disciplina del lavoro accessorio in agricoltura;

–       l’A.S. n. 1152/2013 della sen. De Petris e altri, che reca misure intese all’introduzione del reddito minimo garantito, definito quale “insieme di forme reddituali dirette e indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”; esso reca inoltre deleghe al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale, di ammortizzatori sociali e di salario minimo garantito;

–       l’A.S. n. 1221/2013 del sen. Ichino e altri, che propone l’emanazione di regole per favorire le iniziative delle imprese dotate dei requisiti per ricorrere alla cassa integrazione guadagni – ordinaria o straordinaria – di indirizzare i lavoratori ad attività di utilità pubblica o sociale: a tal fine, l’impresa provvede a raccogliere le richieste degli enti pubblici e degli altri soggetti interessati e le disponibilità dei lavoratori, secondo uno specifico piano, quindi a effettuare il distacco del dipendente che abbia accettato di svolgere le prestazioni di pubblica utilità presso l’ente pubblico o il soggetto richiedente; oltre a tali procedure, il disegno di legge prevede che Regioni ed enti locali possano pubblicare, presso i Centri per l’impiego, proposte di lavoro di utilità pubblica o sociale per i lavoratori destinatari di provvedimenti di cassa integrazione guadagni;

–       l’A.S. n. 1312/2014 della sen. Rossi e altri, che reca modifiche alla disciplina dei contratti di apprendistato e introduce la nuova tipologia di “apprendistato di riqualificazione”, che può concernere (in tutti i settori di attività, pubblici o privati) i soggetti “in stato di disoccupazione” (secondo la definizione recata dalla legislazione vigente);

Occorre infine ricordare che la Commissione Lavoro ha già avviato l’esame di alcuni disegni di legge – tra cui l’A.S. n. 1409/2014, trasmesso dalla Camera dei Deputati – relativi alla disciplina delle modalità delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, per i quali si è già osservato che potrebbero essere collegati all’esame di questo disegno di legge in relazione al criterio ivi contenuto della semplificazione della gestione del rapporto di lavoro. Il Presidente della Commissione Lavoro ha proposto di abbinare il seguito dell’esame di quei provvedimenti con l’esame del disegno di legge governativo n. 1428 e degli altri testé citati, anche al fine di pervenire a un testo unico delle norme sui rapporti di lavoro organico e coerente.

Osservazioni conclusive, in relazione alle materie di competenza specifica della Commissione 10ma

Tutti e cinque i comparti tematici investiti dai primi cinque articoli del d.d.l. n. 1428 presentano immediati riflessi rilevanti per la materia dello sviluppo dell’industria e delle attività produttive, di competenza di questa Commissione.

Particolarmente rilevante, innanzitutto, è il completamento, previsto nell’articolo 1, della radicale riforma degli ammortizzatori sociali avviata due anni or sono con la legge n. 92/2012. È essenziale per il futuro dell’economia italiana che si ponga rapidamente fine all’abuso diffuso della Cassa integrazione guadagni, finalizzato a nascondere situazioni di effettiva disoccupazione dei lavoratori causata da crisi occupazionali aziendali. Questo abuso è figlio, sì, della vischiosità del nostro mercato del lavoro e del malfunzionamento dei servizi che in esso operano; ma, quale che ne sia la causa, il sistema Italia non può comunque più permetterselo: non soltanto per il costo monetario che esso comporta, a carico dell’Erario e delle imprese (il contributo complessivo gravante per questo titolo sulle buste-paga si aggira, a seconda delle dimensioni dell’azienda, intorno al 3 per cento della retribuzione lorda, e oggi non copre neppure metà delle erogazioni!), ma anche per la sottrazione che esso comporta, ai danni del mercato del lavoro regolare, di risorse umane che vengono “messe in freezer” per anni, e che potrebbero e dovrebbero invece essere reinserite nel processo produttivo il più rapidamente possibile. È ben vero che oggi in Italia chi perde il posto di lavoro ha difficoltà a trovarne uno nuovo corrispondente alle proprie capacità; ma è pure vero che oggi in Italia anche le imprese in fase di espansione hanno difficoltà a trovare la manodopera che cercano: lo skill shortage si misura, paradossalmente, in decine di migliaia di posizioni in ciascuna regione del nostro Paese.

Le ingenti risorse fino a oggi destinate a finanziare l’abuso della Cassa integrazione dovranno, dunque, d’ora in poi essere destinate a garantire la sicurezza economica e professionale dei lavoratori nel passaggio dal vecchio al nuovo posto di lavoro, mediante l’attivazione di un dispositivo congiunto di assicurazione contro la disoccupazione e assistenza intensiva ed efficace nella ricerca della nuova occupazione.

Ne risulta evidentissimo il nesso tra il primo capitolo del disegno di legge e il secondo: quello dei servizi per l’impiego. Qui si pongono alcune questioni in riferimento alla ripartizione costituzionale delle competenze in materia di mercato del lavoro: la separazione sancita dalla norma costituzionale vigente tra politiche passive, cioè misure di sostegno del reddito dei disoccupati, di competenza esclusiva dello Stato, e politiche attive, cioè misure per il reinserimento dei disoccupati nel tessuto produttivo, di competenza esclusiva delle Regioni, ostacola l’indispensabile collegamento funzionale tra le une e le alter. Essa impedisce, in particolare, che il sostegno del reddito venga condizionato alla disponibilità effettiva del disoccupato per tutto quanto è necessario al fine della sua ricollocazione al lavoro. È dunque indispensabile correggere quella ripartizione, ma evitando qualsiasi estremizzazione, sia in senso centralistico sia nel senso opposto di un decentramento totale: in sede di riforma costituzionale occorrerà muovere in direzione di una concorrenza di competenze legislative tra Stato e Regioni temperata dal principio di prevalenza della legislazione di fonte statale. Sul piano dell’implementazione, il principio cui deve ispirarsi la riforma costituzionale – ma cui deve ispirarsi anche la delega legislativa qui in esame – è quello della sussidiarietà: competenza ordinaria delle amministrazioni regionali per la gestione dei servizi nel mercato del lavoro, ma possibilità che lo Stato si surroghi direttamente alla Regione, là dove l’operato di questa sul piano dell’implementazione delle politiche del lavoro faccia difetto. In attesa della riforma costituzionale occorre che il coordinamento e controllo da parte dell’amministrazione centrale e il suo intervento in via sussidiaria in sede di implementazione delle politiche in caso di insufficiente efficienza dell’amministrazione regionale vengano attivati mediante accordo operativo tra Stato e Regioni.

È comunque di fondamentale importanza che in questa fase transitoria venga avviata il più diffusamente possibile la sperimentazione regionale di quel nuovo metodo di coniugazione del sostegno del reddito dei disoccupati con l’assistenza intensiva prestata dalle agenzie specializzate accreditate, incentrato sul contratto di ricollocazione stipulato dal lavoratore con le agenzie stesse e con il Centro per l’Impiego pubblico (employment reskilling and repositioning agreement), che da anni ormai è sperimentato con successo in Paesi a noi vicini come l’Olanda e la Gran Bretagna. Va dunque salutato con grande favore il fatto che l’articolo 2 del disegno di legge in esame muova in modo esplicito in questa direzione, sia per quel che riguarda la previsione della stretta cooperazione tra servizi pubblici e servizi privati, sia per quel che riguarda l’attivazione per questa via di una effettiva condizionalità del sostegno del reddito alle persone in cerca di occupazione (va semmai censurato il fatto che il pur modesto stanziamento compiuto dal comma 215 della legge 27 dicembre 2013 n. 147 – legge di stabilità 2014 – per il finanziamento iniziale di questa sperimentazione sia tuttora paralizzato per difetto del regolamento attuativo, che avrebbe dovuto essere emanato entro il marzo scorso).

Il drastico aumento, ottenuto soprattutto mediante il metodo del contratto di ricollocazione, dell’efficienza ed efficacia dei servizi per l’impiego costituisce in qualche misura il presupposto politico indispensabile per il riordino e semplificazione della disciplina dei rapporti individuali di lavoro nel segno della flexsecurity, che costituisce il terzo capitolo del disegno di legge in esame (articoli 3 e 4): capitolo, questo, di primario rilievo sia per la riduzione dei costi di transazione e il decongestionamento del contenzioso giudiziale, sia per l’aumento dell’attrattività del sistema Italia nei confronti degli investimenti diretti stranieri.

Va osservato a questo proposito che fino al 1970 la leggi italiane in materia di lavoro, in aggiunta a una settantina di articoli dedicati alla stessa materia nel Codice civile, si contavano sulle punte della dita di due mani ed erano per la maggior parte leggibili da chiunque. Oggi occupano migliaia di pagine e, soprattutto quelle dell’ultimo quindicennio, sono per la maggior parte illeggibili anche per gli specialisti. L’idea del Codice semplificato del lavoro, fatta propria in una mozione approvata dal Senato quasi all’unanimità il 10 novembre 2010, poi ripresa dal Governo italiano nel documento Destinazione Italia pubblicato nel settembre 2013, infine nel documento Impegno Italia 2014 del 12 febbraio di quest’anno, nasce

– innanzitutto dall’esigenza di tornare alla leggibilità delle norme e alla conoscibilità dell’ordinamento da parte di chiunque, anche da parte degli operatori stranieri. Esigenza, questa, particolarmente sottolineata nelle guidelines emanate dal Gruppo di alto livello incaricato di questo dall’UE, nel Decalogue for Smart Regulation (Stoccolma, 10 novembre 2009), in funzione della maggiore possibile mobilità delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali;

– in secondo luogo dall’esigenza di sottolineare, e in qualche misura recuperare, l’appartenenza del diritto del lavoro al diritto civile e quindi il rilievo centrale che in esso assumono – sia pure con i correttivi richiesti dalla particolarità strutturale del mercato del lavoro – il principio di autonomia negoziale come prerogativa fondamentale della persona e le regole generali in materia di obbligazioni e contratti contenute nel titolo IV, con il quale il titolo V Del Lavoro è strettamente interconnesso;

– in terzo luogo dall’esigenza di recuperare, del nostro Codice civile, la sobrietà ed essenzialità della scrittura; che nella materia del lavoro significa ricondurre la legge statuale alla sua funzione originaria di fissazione di principi e regole essenziali, in armonia con gli ordinamenti sovranazionali, restituendo in una logica di sussidiarietà alla contrattazione collettiva – soprattutto, ma non soltanto, al livello aziendale – la sua funzione originaria di adattare i terms and conditions dei rapporti di lavoro secondo esigenze che mutano nel tempo e nei diversi contesti.

Quanto al contenuto delle nuove norme, vanno sottolineate:

– l’esigenza di evitare la proliferazione di tipi contrattuali, che si porrebbe in contraddizione con l’esigenza di semplificazione della normativa;

– l’esigenza di perseguire un buon equilibrio tra la disciplina del contratto di lavoro a tempo indeterminato e quella del contratto a termine, tale da assicurare il rispetto effettivo del principio comunitario secondo il quale il primo deve costituire la forma normale di assunzione del lavoratore dipendente, anche per favorire l’investimento dell’impresa e dello stesso lavoratore nella formazione professionale specificamente correlata al ruolo produttivo nell’azienda.

Due ultime notazioni vanno proposte:

–       una in tema di salario orario minimo, misura che allinea il nostro ordinamento a quello dei maggiori Paesi occidentali industrializzati; qui occorre auspicare che la nuova disciplina preveda un meccanismo di determinazione dello standard minimo tale da correggere le distorsioni derivanti da fenomeni di monopsonio dinamico, tipici di un mercato del lavoro maturo, ma non tale da produrre effetti depressivi sui livelli occupazionali;

–       una, infine, in tema di estensione dell’assicurazione per la maternità, che dovrà essere disposta in modo da evitare, al tempo stesso, sensibili aggravi del cuneo contributivo e disincentivi per l’occupazione femminile.

Sarà opportuno che queste direttive vengano ulteriormente specificate nel disegno di legge in esame, in modo che ne risulti orientato con precisione il legislatore delegato.

 

 

NOTE

[i] Fondi di cui all’art. 3 della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni.

[ii] Le misure relative all’autoimprenditorialità (di cui al D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185) costituiscono un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai giovani ed alle donne, ai fini della costituzione di imprese di piccola dimensione o ai fini di ampliamenti aziendali. Le misure relative all’autoimpiego (di cui al medesimo D.Lgs. n. 185 del 2000) rappresentano un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai soggetti privi di occupazione residenti nelle aree depresse, ai fini della creazione di attività di lavoro autonomo o della costituzione di microimprese o della creazione di iniziative di autoimpiego in forma di franchising.

[iii] Secondo la normativa vigente, a decorrere dal 1° luglio 2013, la “presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche” avvengono esclusivamente in via telematica. Per le comunicazioni obbligatorie relative alla costituzione ed alle variazioni dei rapporti di lavoro, la disciplina vigente prevede che tali comunicazioni siano effettuate (esclusivamente in via telematica) al centro per l’impiego competente per territorio e che l’effettuazione delle stesse sia valida ai fini dell’adempimento dell’obbligo di comunicazione all’INAIL (relativo alla costituzione ed alla cessazione del rapporto di lavoro) nonché ai fini dell’adempimento degli eventuali obblighi di comunicazione nei confronti delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’INPS o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e delle province; riguardo agli infortuni sul lavoro (che rientrino nelle fattispecie soggette agli obblighi di denuncia all’INAIL ed all’autorità locale di pubblica sicurezza), la denuncia all’INAIL è effettuata, a decorrere dalla suddetta data del 1° luglio 2013, esclusivamente in via telematica e l’obbligo di denuncia all’autorità locale di pubblica sicurezza cesserà a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di attuazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Potrebbe essere ritenuto opportuno valutare l’attuale formulazione dei principi di delega in oggetto alla luce delle norme già vigenti, anche di carattere generale, in materia di comunicazioni telematiche.

[iv] Si ricorda che nel libretto formativo del cittadino vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati, nonché le competenze acquisite in modo “non formale e informale”, purché riconosciute e certificate. Come si e’ tuttavia sopra osservato, queste informazioni dovrebbero confluire nell’unico fascicolo relativo alla vita attiva della persona, gestito dall’INPS e aperto a tutti i soggetti autorizzati o legittimamente interessati.

[v] Com’è noto, nell’attuale ordinamento non esiste un livello minimo di retribuzione fissato in via legislativa, mentre trovano applicazione, per ciascun settore, i livelli minimi di retribuzione stabiliti dal relativo contratto collettivo per ciascuna qualifica e mansione: livelli che, sulla base di una consolidata giurisprudenza, si applicano anche ai lavoratori non iscritti alle associazioni sindacali firmatarie e ai lavori più prossimi a quelli individuati dal contratto collettivo nazionale.

[vi] L’introduzione del credito d’imposta sopra menzionato sembra poter incidere anche in ambiti sui quali già opera l’attuale regime delle detrazioni per il coniuge a carico, con riferimento ai casi in cui, nell’attuale ordinamento, il soggetto, pur avendo redditi (in ipotesi, redditi da lavoro), resti, in ragione del basso livello degli stessi, a carico del coniuge (anche ai fini del diritto di quest’ultimo alle corrispondenti detrazioni); la prevista “armonizzazione” potrebbe, dunque, riferirsi a tale ambito di eventuale sovrapposizione e non certo a quella temuta eliminazione o riduzione della detrazione che rappresenta una già modesta modalità di sostegno al nucleo familiare in ragione della sua composizione. Il limite annuo di reddito in questione è attualmente pari a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili (a norma dell’art. 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni).

[vii] Andrà chiarito il riferimento al frazionamento del congedo parentale, considerato che l’art. 32 del citato testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al d.lgs. n. 151/2001, e successive modificazioni, già consente il ricorso al medesimo congedo in modo frazionato e demanda (in base alla novella di cui all’art. 1, comma 339, lettera a), della L. 24 dicembre 2012 n. 228) alla contrattazione collettiva di settore la definizione delle modalità di fruizione su base oraria, nonché i criteri di calcolo di tale base e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza e difesa e di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva deve prevedere, altresì, “al fine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all’espletamento dei relativi servizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo”.

 

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