REPUBBLICA: IL DISCORSO NON RIGUARDA IL SOLO ARTICOLO 18

IL DIBATTITO IN CORSO IN SENATO SULLA RIFORMA DEL LAVORO NON PUÒ ESSERE RIDOTTO A UNO STUCCHEVOLE RIPETERSI DELLA ZUFFA SULL’ARTICOLO 18: IL PROGETTO DI CUI SI STA DISCUTENDO È MOLTO PIÙ AMPIO E IMPEGNATIVO

Intervista a cura di Paolo Griseri, pubblicata su la Repubblica il 14 agosto 2014 – In argomento v. anche il mio intervento su la Stampa del 14 luglio 2014

 Torino. Quello sull’abolizione dell’articolo 18 non è un dibattito estivo o un capriccio della politica. La riscrittura dello Statuto dei lavoratori è piuttosto un preciso impegno del governo. Il professor Pietro Ichino, oggi parlamentare di Scelta Civica e membro della Commissione lavoro del Senato, spiega così la discussione sulla legge che regola i rapporti di lavoro.

Professor Ichino, si riparla di abolizione dell’articolo 18. Ma non era già stato modificato? Perché insistere?
“Se la si pone in questi termini, la questione effettivamente appare fuori tempo e perfino un po’ stucchevole. Ma quello a cui stiamo lavorando, in Commissione al Senato, è un progetto molto più ampio e ambizioso”.

Quale progetto?
“Quello del Codice semplificato del lavoro. Che significa riscrivere, semplificandola drasticamente, l’intera legislazione in materia di lavoro di fonte nazionale, per rendere il mercato del lavoro più fluido, e al tempo stesso rendere il nostro ordinamento del lavoro più immediatamente comprensibile per gli imprenditori stranieri”.

Renzi allude a questo progetto quando sostiene che non va riscritto solo l’articolo 18 ma l’intero Statuto dei lavoratori?
“Sì. E non è una novità: questo del Codice semplificato è stato uno dei suoi impegni programmatici fin dalla campagna per le primarie del 2012. Poi lo ha ribadito nella campagna per le primarie del 2013, lo ha indicato come primo capitolo del Jobs Act nel gennaio di quest’anno dopo l’elezione a segretario del PD, e ancora nelle famose slides del programma del Governo del 12 marzo. Chi pensava che se ne fosse già dimenticato non lo conosce bene”.

Su quali punti principali questo nuovo Codice semplificato modificherà la disciplina dei licenziamenti?
“La risposta, almeno a grandi linee, è contenuta nella premessa che abbiamo inserito nel decreto Poletti, nel maggio scorso. Il primo comma dell’articolo 1 di quel decreto, frutto di un preciso accordo in seno alla maggioranza, dice che il nuovo testo unico semplificato prevederà il contratto a protezione crescente: sarà, in sostanza, il vecchio contratto a tempo indeterminato, disciplinato in modo nuovo. L’idea è che la protezione della stabilità sia minima nella fase iniziale del rapporto, per crescere poi gradualmente, col crescere dell’anzianità di servizio”.

Ma trascorso il periodo iniziale il lavoratore continuerà a godere del diritto di non essere lincenziato ingiustamente, che è poi il contenuto dell’articolo 18?
“Su questo punto si confrontano progetti diversi. Quello che va sotto il nome di Tito Boeri e Pietro Garibaldi prevede che dall’inizio del quarto anno torni ad applicarsi integralmente l’articolo 18. Se si sceglie questa soluzione, il rischio è che la parte più debole della forza-lavoro non riesca mai a superare lo ‘scalone’ fra il terzo e il quarto anno. Per questo a me sembra preferibile la soluzione che vede crescere gradualmente il costo del licenziamento a carico dell’azienda, e al tempo stesso il sostegno economico e professionale di cui gode il lavoratore licenziato, con il “contratto di ricollocazione”. Insomma: occorre puntare tutto sulla sicurezza nel mercato del lavoro, non su di un ritorno all’ingessatura del rapporto di lavoro.”

Il contratto a tutele crescenti potrebbe essere la soluzione per uscire dalla contrapposizione ideologica?
“Lo è già. Ormai tutti si rendono conto della necessità di allargare gli spazi anche per il contratto a tempo indeterminato, come si è già fatto per il contratto a termine. D’altra parte, tutti si rendono conto che la sicurezza economica e professionale delle persone che lavorano non la si può più costruire sull’ingessatura del rapporto di lavoro, come si è fatto negli ultimi trent’anni del secolo scorso”.

Come la si costruisce, invece, la sicurezza di chi lavora?
“Garantendo a chi perde il posto continuità del reddito e servizi efficaci nel mercato del lavoro, consentendo a tutti di servirsi delle imprese specializzate in questo campo. Questa è la funzione del “contratto di ricollocazione”, che costituisce infatti un’altra componente importantissima della riforma a cui stiamo lavorando”.

Si dice che l’articolo 18 rappresenti un freno per l’economia. Secondo lei è così?
“L’articolo 18 è soltanto una tessera nel mosaico del vecchio regime di job property che ha caratterizzato il nostro sistema fino a oggi. Se parliamo di questo sistema nel suo complesso, è difficile negare che esso abbia avuto un effetto di freno sull’evoluzione delle nostre strutture produttive e sulla migliore allocazione delle risorse umane”.

Pierre Carniti sostiene che tutto questo è un dibattito estivo e che chi avanza queste proposte non ha mai conosciuto la vita di fabbrica. Che cosa risponde?
La prima edizione del progetto del Codice semplificato del lavoro è stata presentata in Parlamento nel 2009; su di essa negli anni successivi si è svolto un dibattito molto intenso, con centinaia di incontri in sede sindacale, politica e universitaria, dai quali sono uscite le due edizioni successive del Codice. Questo certamente non è stato un “dibattito estivo”. E il mercato del lavoro italiano oggi ha  bisogno essenzialmente di questo: la semplificazione delle norme e degli adempimenti. Chi vive in azienda, oggi, su questo non ha dubbi.

Si annuncia per l’Italia l’ennesimo autunno caldo. È opportuno aprire proprio adesso questa discussione?
“Renzi è stato eletto a grande maggioranza segretario del PD, e poi ha assunto la presidenza del Consiglio, anche sulla base di questo impegno. Non siamo più nella fase della discussione, siamo nella fase del fare quel che si è deciso”.

 

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