ADN KRONOS: IL NUOVO DIRITTO DEL LAVORO SECONDO MATTEO RENZI

CHE COSA SIGNIFICA SUPERARE L’APARTHEID DELLE PROTEZIONI NEL MONDO DEI LAVORI, DEI MESTIERI, DELLE PROFESSIONI

Intervista a cura di Mariangela Pani, pubblicata dall’Agenzia Adn Kronos il 16 settembre 2014.

Professor Ichino, nel dibattito che accompagna l’iter del Jobs Act si è riaccesa la discussione sull’art.18. Discussione che in Italia va avanti ormai da più di 10 anni. Pensa che questa volta sarà superato?
Se è per questo, è da un quarto di secolo che se ne parla: la prima proposta di riscrittura dell’articolo 18 fu di Gino Giugni nel 1986. Ma – come ha detto Renzi in Parlamento questa mattina – oggi stiamo ponendo mano a una riforma molto più impegnativa, che ha per oggetto l’intero sistema di protezione del lavoro. L’articolo 18 è solo una tessera del mosaico. Si riscrive questa norma, ma nel contesto della riscrittura anche di quella sul sostegno del reddito di chi ha perso il posto e di quella sull’assistenza intensiva che al disoccupato è dovuta nel mercato del lavoro, con il ricorso alle agenzie specializzate.

È a conoscenza dell’emendamento che starebbe preparando il presidente della commissione Lavoro, senatore Sacconi?
All’emendamento su cui la maggioranza sarà chiamata a votare mi risulta che stia lavorando il ministro del Lavoro, in consultazione permanente con tutte le componenti della maggioranza. Che poi sia il Governo a presentare formalmente l’emendamento, oppure Sacconi in qualità di relatore sul disegno di legge, è poco rilevante.

Che punto di mediazione tra i contrari e i favorevoli all’abolizione dell’articolo 18 si potrebbe trovare?
Come ho detto prima, non si sta discutendo di abolizione, ma di una riscrittura semplificata di tutta la legislazione del lavoro. Ovviamente, articolo 18 compreso. Questo è un impegno assunto ripetutamente con gli italiani e con gli interlocutori europei non soltanto dal Governo Renzi, ma anche dal Governo Letta. E ribadito da Senato e Camera nel maggio scorso nella premessa al decreto Poletti. L’accordo della maggioranza su questo punto c’è già, salvi – come è ovvio – i singoli parlamentari che possono non essere d’accordo.

Su quali consensi potrebbe contare?
Non credo di peccare di ottimismo prevedendo che il disegno di legge-delega sarà votato compattamente da tutta la maggioranza. Naturalmente starà poi al Governo, in sede di esercizio della delega, trovare la sintesi tra i progetti parzialmente diversi tra loro che sono stati proposti in seno alla maggioranza; ma sulla direzione fondamentale in cui occorre muoversi, cioè sul principio della flexsecurity, il consenso è molto ampio.

Poco fa il premier Renzi ha detto alla Camera: “Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid: tu sei una mamma di 30 anni, dipendente pubblico o privato, hai diritto alla maternità, sei una partita Iva non conti niente; tu sei un lavoratore sotto i quindici dipendenti, non hai alcuna garanzia, stai sopra sì; tu hai diritto alla cassa integrazione, dipende dall’entità, dall’importanza, dalle modalità della cassa integrazione ordinaria, di quella straordinaria, di quella in deroga”. Come interpreta queste parole?
Come le hanno interpretate tutti: sono la sottolineatura della necessità di una riforma profonda del nostro diritto del lavoro, in direzione di un sistema di protezione capace di applicarsi veramente a tutti, e non soltanto a meno di metà dei lavoratori italiani, come accade oggi. Ma per ottenere questo occorre, come lo stesso Renzi stamattina ha detto, una riscrittura profonda dell’intera legislazione di fonte nazionale. Oggi abbiamo un sistema di protezione ispirato all’idea della job property: è inevitabile che una protezione di questo genere oggi si applichi a meno di metà dei lavoratori. Dobbiamo voltare pagina, costruendo la sicurezza economica e professionale di chi vive del proprio lavoro non più sull’ingessatura del rapporto di lavoro, ma su di una assistenza moderna nel mercato del lavoro, nel passaggio da un’occupazione a una nuova.

Chi sono in Italia i nemici delle riforme, in particolar modo di quelle sul lavoro?
I più pericolosi sono i gattopardi: quelli che temono la semplicità e chiarezza delle norme, che lavorano per complicare, ritardare, insabbiare, per convincere gli italiani che nel loro Paese in realtà possono cambiare le parole nelle leggi, ma non cambia mai nulla nel vivo della società civile, del tessuto produttivo. I gattopardi hanno le loro tane un po’ dappertutto: nelle strutture ministeriali, innanzitutto, ma anche nelle associazioni sindacali e imprenditoriali, nelle lobbies che rappresentano gli interessi dei molti che dall’ineffettività della legge e dall’inefficienza delle amministrazioni traggono una rendita.

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