CHE NE SARÀ DEI CO.CO.CO. NEI DECRETI ATTUATIVI DEL JOBS ACT?

IL MODO IN CUI VERRÀ PROBABILMENTE ATTUATA LA DIRETTIVA DEL RIORDINO E SEMPLIFICAZIONE DEI TIPI CONTRATTUALI, IN FUNZIONE DEL CONTRASTO AL PRECARIATO

Intervista utilizzata dal redattore di Vanity Fair Francesco Oggiano per un articolo pubblicato sul sito della rivista, 5 dicembre 2014.

Professor Ichino, innanzitutto cosa ne pensa di questa ossatura della riforma sul lavoro approvata al Senato? È abbastanza circostanziata nel porre i paletti ai futuri decreti o è troppo aleatoria su alcuni punti?
Paradossalmente, è accaduto che gli emendamenti imposti alla Camera in seconda lettura dalla fronda anti-Renzi, contro la volontà del Governo che avrebbe preferito non modificare il testo uscito dal Senato, hanno finito col rendere più solido l’impianto della delega, precisandone il contenuto sul capitolo cruciale della disciplina dei licenziamenti. Ora nessuno potrà più sostenere che la delega non preveda il superamento pressoché totale dell’articolo 18. Per il resto, la delega poteva essere scritta molto meglio; ma anche così consentirà di fare un buon lavoro.

Si può titolare, come hanno fatto molti giornali, “Addio ai co.co.co”?
No. Co.co.co. significa collaborazione coordinata e continuativa: una categoria che comprende il lavoro degli agenti di commercio, degli amministratori di società o di condominio, e molte altre figure di lavoratori autonomi che non avrebbe alcun senso pretendere di abolire. Infatti questa legge-delega non lo prevede, né per l’immediato né per il futuro. Prevede invece una ridefinizione del campo di applicazione del diritto del lavoro: nel quadro di questa operazione potrà essere disposta l’attrazione in questo campo, per esempio, dei collaboratori autonomi operanti in regime di monocommittenza e con reddito basso.

Il testo parla di sfoltimento delle forme contrattuali precarie e atipiche. Si può già ipotizzare quanti e quali contratti precari verranno eliminati?
Il termine “sfoltimento” nella legge-delega non compare: si parla di “riordino” e di “semplificazione”. La riforma potrebbe consistere in questo: che tutti i co.co.co., co.co.pro., associati in partecipazione, soci di cooperative di lavoro con prestazione autonoma, i quali nell’ultimo anno fiscale abbiano operato per una sola azienda e con un reddito mediamente inferiore a 1500 euro mensili, si vedano applicare le nuove regole sui licenziamenti, oltre a quelle sull’orario di lavoro e sulle ferie.

Ipotizziamo che io sia un co.co.co. contrattualizzato con diverse aziende. Cosa cambia per me adesso?
Per i contratti già in essere prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo della delega, non cambierà nulla fino alla loro cessazione. Quanto ai nuovi contratti, se la regola sarà quella che ho ipotizzato, nel caso a cui lei si riferisce non cambierebbe nulla, perché farebbe difetto il requisito della monocommittenza.

E se io fossi invece un co.co.co. o un co.co.pro. contrattualizzato con una sola azienda, pagato 1000 euro al mese?
In questo caso, sempre ipotizzando che la nuova regola dettata dal decreto attuativo sia quella che ho detto, il rapporto sarebbe assoggettato d’ora in poi alla nuova disciplina dei licenziamenti e dell’orario di lavoro e riposi. Non però, probabilmente, a quella dell’accantonamento obbligatorio del t.f.r.  E neanche a quella della malattia, per la quale verranno probabilmente dettate delle regole dedicate espressamente ai collaboratori continuativi autonomi.

Restando al tema dei contratti precari e atipici, qual è secondo lei il miglior decreto possibile adesso? Ovvero, lei come darebbe seguito alla legge delega?
La soluzione più ragionevole, oltre che la più coerente con gli imperativi della semplificazione, della flessibilità e della universalità delle protezioni essenziali, è secondo me proprio quella che ho indicato prima.

Servirà davvero a ridurre il precariato?
La diffusione del precariato è la reazione del mercato del lavoro al regime ispirato al modello della job property, instaurato con l’articolo 18 dello Statuto del 1970. Quando per i nuovi contratti quel sistema sarà stato definitivamente sostituito da uno ispirato ai principi della flexsecurity, nel quale il lavoratore sarà più protetto nel mercato e il costo del licenziamento per l’impresa sarà predeterminato in una misura ragionevole, gli imprenditori saranno molto più propensi ad assumere a tempo indeterminato. Se poi il contratto a tempo indeterminato sarà anche molto meno costoso di quello a termine, allora davvero l’assunzione senza termine potrà tornare a essere la forma normale di ingaggio.

Già, ma qualcuno dice che a quel punto anche tutti gli assunti a tempo indeterminato saranno precari.
Questa è davvero una sciocchezza. Innanzitutto perché il contratto a termine ha un orizzonte limitatissimo, asfittico: è molto diverso lavorare con un programma contrattuale senza scadenza prefissata. E poi, la nuova disciplina “a tutele crescenti” non è altro che un allineamento del nostro ordinamento del lavoro a quello degli altri maggiori ordinamenti europei: le sembra che si possa affermare che i 200 milioni di lavoratori dipendenti europei non italiani sono tutti precari?

 

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