HIRE YOUR BEST EMPLOYER!

SONO I LAVORATORI A SCEGLIERE L’IMPRENDITORE, QUANDO AUMENTANO LE LORO OPPORTUNITÀ CON L’ALLARGARE IL PROPRIO RAGGIO DI MOBILITÀ, OPPURE, ATTRAVERSO I LORO RAPPRESENTANTI POLITICI E/O SINDACALI, ATTIRANO A CASA LORO UN IMPRENDITORE STRANIERO PIÙ CAPACE DI QUELLI INDIGENI DI VALORIZZARE IL LORO LAVORO

Intervista a cura di Francesco Gaeta, pubblicata su Famiglia Cristiana il 2 maggio 2015 – Sul tema Hire your best employer v. anche il mio saggio del 2007 Che cosa impedisce ai lavoratori di scegliersi l’imprenditore

.

Quale la parola/il concetto che meglio oggi riassume la tematica/problematica del lavoro in questa fase della vita italiana?
Proporrei il concetto che Tony Blair sintetizzò nell’espressione “Hire your best employer”. Cioè “ingaggia il migliore imprenditore che riesci a trovare in giro per il mondo”, quello che può valorizzare meglio il tuo lavoro. Una parola d’ordine rivoluzionaria.

In che senso? Che cosa significa?
Significa che occorre rovesciare il modello per cui è solo l’imprenditore a poter scegliere i lavoratori: sono anche questi ultimi a poter scegliere l’imprenditore, e quindi ingaggiarlo. Sia quando allargano il proprio raggio di mobilità per poter scegliere dove lavorare disponendo di una gamma più ampia di opportunità, sia quando, attraverso i loro rappresentanti politici o sindacali, riescono ad attirare in casa loro un imprenditore forestiero. Su questo terreno noi italiani siamo ancora molto indietro.

Tasso di disoccupazione giovanile stabilmente sopra il 40%: è questa l’emergenza più grave?
È certamente una delle più gravi. Frutto principalmente della mancanza pressoché totale di un servizio capillare ed efficace di orientamento scolastico e professionale, di una scuola che sappia mettersi in comunicazione con il mondo del lavoro e di servizi efficaci per l’incontro fra domanda e offerta nel mercato. In provincia di Bolzano, dove queste tre cose funzionano bene, la disoccupazione giovanile è al 7 per cento!

Di chi è la colpa della mancanza di questi servizi?
La ripartirei in parti uguali tra il governo centrale e regionale e le organizzazioni sindacali confederali, che per mezzo secolo si sono occupate solo della protezione dei lavoratori stabili in azienda e non della protezione di tutti i lavoratori nel mercato del lavoro.

Da anni lei si batte per sanare i dualismi del mercato del lavoro italiano. C’è chi dice che il Jobs Act ne riproponga un altro (doppia disciplina dei licenziamenti) de abbassa il livello delle garanzie. Cosa risponde?
Una cosa è il dualismo, anzi il vero e proprio regime di apartheid fra protetti e non protetti, che ci proponiamo di superare, tutt’altra cosa è la convivenza temporanea di due regimi di protezione diversi: quello vecchio, basato sull’ingessatura del rapporto di lavoro, applicabile soltanto a metà dei lavoratori, e quello nuovo, basato sulla coniugazione della massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza professionale ed economica della persona che lavora.

Flexsecurity: quali i pilastri mancanti perché diventi un edificio stabile anche nel nostro Paese?
Manca ancora un sistema ben funzionante di servizi per l’impiego, fondato su di una cooperazione tra Centri per l’impiego pubblici e agenzie specializzate private. In particolare è mancata fin qui la sperimentazione del contratto di ricollocazione, che dovrà essere lo strumento negoziale di quella cooperazione, e al tempo stesso di un coinvolgimento attivo della persona interessata nel percorso necessario per il reinserimento nel tessuto produttivo.

.

Stampa questa pagina Stampa questa pagina

 

 
 
 
 

WP Theme restyle by Id-Lab