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SCIOPERI CONTRO I TURISTI: OCCORRE PIÙ DEMOCRAZIA SINDACALE E PIÙ BUON SENSO

IN UN PAESE CHE POSSIEDE TANTA PARTE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE DELL’UMANITÀ, GLI SCIOPERI, MINORITARI MA PARALIZZANTI, DI ALITALIA, TRASPORTI ROMANI E SITI ARCHEOLOGICI IN PIENA ESTATE COSTITUISCONO ALTRETTANTE PROVE DI MANCANZA GRAVE DI BUON SENSO, ANZI DI VERO E PROPRIO AUTOLESIONISMO

Colloquio con Lorenzo Salvia pubblicato dal Corriere della Sera il 27 luglio 2015, in riferimento alla presentazione del disegno di legge 14 luglio 2015 n. 2006 sullo sciopero nei trasporti pubblici [1].

ROMA Il disegno di legge è stato depositato al Senato due settimane fa, il 14 luglio, anniversario della rivoluzione francese. «Solo una coincidenza» ride il senatore del Pd Pietro Ichino. Ma è in quei quattro articoli il succo della riforma sugli scioperi che la maggioranza sta preparando d’intesa con il governo, come annunciato dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. «Abbiamo avuto diversi incontri – racconta Ichino, primo firmatario del testo – per discutere come intervenire sulla materia». E il quadro sembra definito. Secondo il disegno di legge, che ne aggiorna uno presentato dallo stesso Ichino con altri sentatori Pd nel 2008 e presenta diversi punti di convergenza con quello depositato da Ncd con Maurizio Sacconi, per proclamare uno sciopero in un’azienda ci sono due strade. La prima è che venga proclamato da uno o più sindacati che rappresentano il 50% più uno dei dipendenti. La seconda è che, anche se promosso da un sindacato minoritario, superi un referendum tra i lavoratori dell’azienda, con il 50% dei sì fra i votanti e un quorum del 50% dei dipendenti. «Per capirsi – spiega Ichino, giuslavorista oltre che senatore – uno sciopero come quelli di Alitalia o del metro di Roma di questi giorni non sarebbe consentito». Perché? La protesta di venerdì scorso era stata proclamata dal sindacato autonomo dei piloti: una sigla fortissima tra i piloti ma molto lontana dal rappresentare il 50% di tutti i dipendenti di Alitalia. Vicenda in qualche modo analoga a quella romana. L’obiettivo, insomma, è impedire che poche persone possano bloccare un’intera azienda. E anche un intero Paese.

Una di queste due strade – maggioranza sindacale o referendum preventivo – deve essere seguita anche se lo sciopero riguarda un intero settore, come il trasporto pubblico locale. Ma non è troppo complicato consultare tutti i lavoratori di una categoria, le aziende degli autobus di Roma, Milano, Napoli e tutte le altre? «Se si può fare in Germania e in Inghilterta – risponde Ichino – si può fare anche qui. Ed è anche un modo per sottolineare l’eccezionalità di una forma di protesta che invece ormai è diventata una routine e si è trasformata in uno strumento per il regolamento di conti fra sigle diverse». La relazione che accompagna il ddl si apre con una frase di Vittorio Foa, uno dei padri del movimento sindacale. L’assemblea costituente stava discutendo proprio del diritto di sciopero, che tornava dopo il fascismo. E lui lo definiva uno strumento da usare «con grande misura e parsimonia». Non è andata così. In Italia, mentre nel settore manifatturiero esposto alla concorrenza gli scioperi si sono molto rarefatti, nel settore dei servizi pubblici ci sono migliaia scioperi ogni anno, l’80% al venerdì o al lunedì, con l’effetto pratico del week end lungo.

Il ddl dei senatori Pd e SVP, al momento, riguarda solo il trasporto pubblico. Ma potrebbe essere esteso anche ai beni culturali come suggerito dal ministro Delrio. «È una questione di buon senso – dice Ichino -: se si  gestisce un patrimonio dell’umanità, si svolge un servizio per il mondo intero: più servizio pubblico di così…». E le assemblee a sorpresa, come quelle di Pompei? «Il diritto di assemblea non si discute; ma va esercitato in forme e tempi compatibili con le esigenze del servizio. Come avviene già oggi nel settore dell’elettricità o del gas». Il governo condivide, ma preferisce non metterci il cappello sopra. Anche per evitare che il tutto si riduca ad uno nuovo capitolo del match fra Renzi e i sindacati. Ma non c’è il rischio che, in un Parlamento intasato da decreti legge e voti di fiducia, un semplice disegno di legge di iniziativa parlamentare rimanga fermo, proprio come gli autobus di Roma? «Il rischio c’è – dice Ichino – ma nell’ultimo anno tutti i disegni di legge seri, anche quelli di iniziativa parlamentare hanno camminato molto più in fretta, come dimostra anche il testo sulle unioni civili». E lui dice di essere ottimista per due motivi: «Cgil Cisl e Uil hanno capito che le regole attuali danneggiano anche loro, favorendo le sigle più spregiudicate. Del resto, Cisl e Uil hanno già firmato con la FCA di Marchionne un accordo aziendale che applica, per gli scioperi, lo stesso principio di democrazia sindacale che è previsto nel nostro disegno di legge. E quello non è nemmeno un servizio pubblico».

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