PERCHÉ I DISOCCUPATI ALITALIA RIFIUTANO IL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE?

ALCUNI DI ESSI REPLICANO A UN MIO EDITORIALE PROTESTANDO CONTRO IL FATTO CHE SI SIA LORO OFFERTO IL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE, COME SE QUESTO FOSSE UN ATTENTATO A LORO DIRITTI (MA A QUALI DIRITTI? NON CERTO QUELLO AL SOSTEGNO DEL REDDITO A VITA: È UNA COSA DEL PASSATO, CHE NON PUÒ E NON DEVE PIÙ TORNARE)

Lettera pervenuta il 1° novembre 2015, in riferimento al mio editoriale telegrafico del 10 agosto 2015, Quando e perché il disoccupato preferisce restare tale, nel quale davo conto del fatto che soltanto 184 dei 1199 licenziati da Alitalia del 2014 hanno approfittato del contratto di ricollocazione offerto loro dalla Regione Lazio  –  Segue la mia risposta  –  Per altri documenti e interventi sulla vicenda Alitalia v. il portale Le vicende di Alitalia nell’ultimo quindicennio – Per altri documenti e interventi sul tema del contratto di ricollocazione v. invece il Portale del contratto di ricollocazione .

Egregio Senatore Ichino, con questa risposta vorremmo fare chiarezza su quanto da Lei impropriamente dichiarato sugli ex lavoratori Alitalia che hanno deciso di non aderire al Progetto di ricollocazione della Regione Lazio. Ci auguriamo che pubblichi anche questa nostra risposta dandoci la possibilità di replicare alle sue facili “deduzioni”, dettate sicuramente dalla scarsa conoscenza che ha della materia e, probabilmente ancor di più, dalla volontà di sostenere la sua collega, assessore Lucia Valente, cercando di convincere l’opinione pubblica che il fallimento del progetto non sia di chi l’ha “progettato”, ma di chi non lo ha accettato. Ma vede Senatore, quanto da Lei dichiarato è talmente facilmente smentibile che ci ha veramente sorpreso come un uomo sotto i riflettori della politica come Lei, si sia fatto prendere la mano a tali speculazioni. Un insulto all’intelligenza dei suoi lettori, ci consenta. Tutti ormai sanno quanto siano assolutamente false le dichiarazioni lanciate in pasto ai lettori senza alcun sostegno concreto ma al solo fine di costruire uno scoop giornalistico sulla pelle di chi è già stato massacrato da una gestione irresponsabile e incapace e da un governo totalmente assente. Nessun lavoratore, come vorrebbe invece far trasparire lei con le sue dichiarazioni, SCEGLIE di diventare disoccupato e permanere in tale penosa condizione (non scelta da lui, repetita iuvant) con la leggerezza e superficialità da lei descritte. Né tantomeno ama “crogiolarsi” nell’incertezza del domani. Sono illazioni di infimo livello che nessun essere di buon senso, credo, potrà né credere, né tantomeno condividere. Ci sono veri e propri drammi dietro un licenziamento, vite distrutte, incertezza, malattie e tanto dolore . Ma lei, Senatore, dall’alto della sua posizione sicura, come fa a valutare tutti questi aspetti drammatici che è costretto a vivere  chi si ritrova all’improvviso, dall’oggi al domani, dopo aver servito per tanti anni la propria azienda e il proprio paese onestamente, senza un lavoro, senza alcuna certezza per sé e per la propria famiglia e senza alcuna possibilità di scelta. E’ una sensazione orribile, ci creda. Ti si apre il vuoto sotto i piedi all’improvviso. E per questo fa veramente male vedere  persone come lei, che hanno il potere di scrivere e la possibilità di farsi leggere, e quindi di influenzare l’opinione pubblica, approfittare di situazioni tanto dolorose, senza neanche avere mai  la voglia di ascoltare chi è costretto, suo malgrado, a confrontarsi con una realtà  così dura . Gli argomenti da lei portati a sostegno della  teoria  che i licenziati Alitalia siano tutti lavativi che stanno meglio a casa con la carità degli ammortizzatori sociali, sono tipici di coloro che, con la pancia piena, pensano di capire e giudicare chi la pancia invece ce l’ha vuota. I dati da lei riferiti sono del tutto inesatti. E questo significa fare disinformazione. I licenziamenti operati da Alitalia Cai dal 2008 ad oggi hanno riguardato quasi esclusivamente la categoria degli impiegati con stipendi che oscillavano dai € 1200 ad un massimo di € 1800 per un quadro aziendale con responsabilità e almeno 20 anni di azienda. Vuole vedere le nostre buste paga? Quanto guadagna invece lei Senatore? Ha mai mantenuto una famiglia, cresciuto dei figli, pagato un mutuo con € 1200 ? Noi crediamo di no, altrimenti metterebbe un po’ più di attenzione e rispetto in ciò che scrive. Il progetto di ricollocazione della Regione Lazio ha avuto solo 184 adesioni, perché è un progetto fatto su misura di chi ci deve guadagnare con questo bel giro di soldi che provengono dai fondi europei: aziende, agenzie interinali, non certo i lavoratori che si vedranno proporre contratti per lo più a tempo determinato, con stipendi da fame. Parliamo di massimo € 1000/1200 dopo anche 30 di lavoro e profili professionali molto alti. Lei pensa che sia una opportunità? Per chi? La mira è evidente: la precarizzazione del lavoro e l’abbassamento del costo del lavoro a discapito dei soli lavoratori a tutto vantaggio delle aziende. Inoltre, per chi non dovesse accettare la proposta considerata “congrua” da chi la fa ovviamente, c’è  il rischio concreto di perdere anche gli ammortizzatori sociali! Lei, al posto nostro, con una famiglia da mantenere, mutui e altro, lo farebbe questo salto nel buio, senza alcuna garanzia per il lavoratore? Non c’è bisogno che risponda, la risposta è ovvia. Allora, Senatore, sarebbe davvero più serio e onesto che Lei si documentasse prima di dare in pasto ai suoi lettori le sue “considerazioni” su eventi, cose e soprattutto persone che non conosce e che non si è nemmeno preso la briga di interrogare. Le auguriamo lunga vita sulla sua poltrona ben salda, ma in fondo, anche se così non fosse, per lei, ce ne sarebbe subito pronta un’altra!!!!
Sempre pronti ad un confronto con dati e documentazione alla mano la salutiamo cordialmente.
I disoccupati Alitalia

Pubblico questa lettera nonostante che mi sia giunta anonima: non ho i nomi di alcuno dei mittenti (conosco solo l’indirizzo email dal quale la lettera è stata spedita: lavoratoristandbyalitaliacai@gmail.com). Se qualcuno di essi riterrà di presentarsi personalmente per il confronto e il dialogo che chiedono, sarò felice di proseguirlo con loro. Quanto al contenuto della lettera, insieme alle mie risposte propongo loro a mia volta alcune domande.
– Il progetto-pilota attivato dalla Regione Lazio è il primo, nel nostro Paese, con il quale ci si propone di fare ciò che si dovrebbe fare sempre per risolvere una crisi occupazionale: cioè fornire a chi ha perso il posto l’assistenza necessaria per trovarne uno nuovo; il fatto che i firmatari della lettera considerino questo come una aggressione è davvero stupefacente (anche se c’è il precedente del rifiuto della Cgil del luglio 2014: una posizione che oggi la stessa Cgil ha per fortuna abbandonato).  
… – Che altro dovrebbero fare, secondo loro, lo Stato e la Regione per risolvere il problema? Forse preferirebbero la Cassa integrazione a vita, fino all’età della pensione? A parte il fatto che l’Unione Europea e lo stato delle finanze pubbliche non consentono più di proseguire in questa pratica assurda, non si rendono conto questi “disoccupati Alitalia” che quella per loro sarebbe una condanna e non una soluzione? Non pensano che sia molto meglio ricollocarsi in una azienda più capace di valorizzare il loro lavoro?
– Chi ha scritto questa lettera accusa il legislatore statale che ha introdotto il contratto di ricollocazione nell’ordinamento, e la Regione Lazio che per prima ne sta avviando la sperimentazione, di voler soltanto fornire occasioni di lucro agli operatori privati specializzati. Mostrando così di non considerare che – in aderenza alle esperienze olandese, tedesca e inglese, alle quali io progetto si ispira – il
voucher costituente il corrispettivo del servizio è per quattro quinti un success fee, pagabile soltanto a risultato ottenuto, con un contratto di lavoro della durata di almeno sei mesi. In questo modo si garantisce, per così dire, automaticamente la qualità della spesa pubblica e al tempo stesso degli interlocutori del servizio pubblico.
… – Tra le righe della lettera si legge questa obiezione: “Sottoscrivendo il contratto di ricollocazione che la Regione ci propone, noi ci vincoliamo ad accettare la ‘nuova occupazione congrua’ che ci verrà proposta; ma chi ci garantisce che essa sarà effettivamente congrua?” A questa obiezione rispondo, innanzitutto, che il progetto della Regione Lazio consente agli interessati di scegliere l’agenzia specializzata tra le numerose accreditate: essi hanno dunque la possibilità di affidarsi a quella che dà loro maggiore fiducia. Il progetto prevede comunque il controllo affidato a un organo pubblico terzo circa la congruità dell’offerta di nuova occupazione, in caso di rifiuto da parte della persona interessata. Ma la considerazione decisiva è questa: gli autori della lettera hanno perso il posto un anno fa e il trattamento di disoccupazione di cui stanno godendo durerà un altro anno; se non incominciano a cercare attivamente la nuova occupazione, tra un anno resteranno privi di ogni sostegno. Non pensano che sia urgente attivarsi in questa ricerca, e che l’assistenza di un’agenzia specializzata costituisca uno strumento prezioso in questa ricerca?
– È ben vero che l'”offerta congrua” può anche avere per oggetto un contratto di lavoro a termine; ma è anche vero che, se il nuovo rapporto di lavoro non durerà almeno sei mesi, la persona interessata ritorna nella posizione di partenza riprendendo a beneficiare dell’ammortizzatore sociale di cui attualmente gode. Se invece il rapporto dovesse interrompersi dopo il termine dei sei mesi, la persona interessata godrebbe comunque di un nuovo trattamento di disoccupazione nel regime NASpI (75 per cento dell’ultima retribuzione per i primi tre mesi, con riduzione del 3 per cento ogni mese dal quarto in poi). In ciascuno dei due casi, la situazione non sarebbe certo peggiore rispetto a quella attuale, nella quale la prospettiva di durata del sostegno del reddito è soltanto di altri 12 mesi.
– Qualcuno replicherà che ai dipendenti di Alitalia licenziati nel 2008 venne assicurato il sostegno degli ammortizzatori sociali per ben sette anni. Ma nel frattempo quel modo (sbagliato) di affrontare le crisi occupazionali è stato abbandonato. Ai licenziati del 2014 non potrà essere assicurata la stessa durata del sostegno del reddito. D’altra parte, perché mai si dovrebbe prorogare il sostegno del reddito a persone che hanno rifiutato l’assistenza che è stata loro offerta per uscire dallo stato di disoccupazione?
 – Sta di fatto, comunque, che quando i sette anni di sostegno del reddito per i licenziati del 2008 sono scaduti, questi hanno rivendicato (ma lo hanno fatto solo dopo sette anni!) di essere ammessi al contratto di ricollocazione. La vicenda dei licenziati del 2008 non dovrebbe insegnare qualcosa ai licenziati del 2014?
 – Qualcuno dei licenziati del 2014 ha detto, nel corso di un’assemblea nella quale il progetto della Regione Lazio è stato presentato: “offrite, piuttosto, il contratto di ricollocazione ai licenziati del 2008! Perché offrirlo a noi che disponiamo ancora degli ammortizzatori?”. Ma tutti sanno che la possibilità di ricollocazione effettiva di una persona è inversamente proporzionale alla durata del suo periodo di disoccupazione. È facilmente comprensibile, dunque, che nel momento in cui si sperimenta per la prima volta il nuovo strumento, fondato sulla cooperazione tra servizio pubblico e operatori privati specializzati (secondo un modello mutuato da esperienze del centro e nord-Europa), lo si faccia sul terreno più facile, cioè in funzione della ricollocazione di lavoratori che hanno perso il posto in epoca più recente.
– Aggiungo su quest’ultimo punto un’osservazione importante: per un lavoratore disoccupato da sette anni dovrebbe considerarsi come “offerta congrua” una possibilità di lavoro anche molto distante per contenuto professionale e livello retributivo rispetto all’ultimo lavoro regolare effettivamente svolto: qui dunque la ricollocazione assume un carattere e pone problemi profondamente diversi da quelli che si pongono nella ricollocazione di persone disoccupate soltanto da pochi mesi, che secondo la riforma da poco entrata in vigore deve diventare il modo ordinario in cui il problema d’ora in poi verrà affrontato.
–  La verità è che i “disoccupati Alitalia” (tutti: sia i licenziati del 2008, sia quelli del 2014) soffrono delle conseguenze rovinose di una scelta che il movimento sindacale italiano ha compiuto mezzo secolo fa (e che per fortuna le stesse Cgil, Cisl e Uil ora hanno abbandonato): quella di difendere i lavoratori soltanto nel luogo di lavoro e non nel mercato del lavoro. Corollario di quella scelta è sempre stata l’idea che, quando nonostante le ingessature l’impresa chiude o riduce il personale, i lavoratori andassero tenuti uniti nell’ex-luogo di lavoro, in attesa che si trovasse qualche imprenditore disposto a proseguire l’attività intestandosi i loro contratti, possibilmente con qualche sovvenzione statale. Se l’imprenditore non si trovava, l’unica alternativa conosciuta era l'”accompagnamento alla pensione” mediante la Cassa integrazione o un “trattamento di mobilità”, che sembrava strutturato e gestito nel modo migliore per assicurare l’immobilità dei beneficiari. La riforma del lavoro che sta muovendo i primi passi mira a voltar pagina rispetto a quella scelta, anche perché non possiamo più permettercene i costi: né quelli finanziari, né quelli in termini di persone spinte al lavoro nero o espulse prematuramente dal mercato del lavoro quando sono ancora pienamente in grado di dare il loro contributo nel tessuto produttivo.     (p.i.)
P.S. Quanto ai miei redditi, di cui chi ha scritto la lettera mi chiede conto, essi sono on line su questo sito, insieme ai dati relativi al mio patrimonio, dal primo giorno del mio servizio civile in Parlamento (nella pagina Rendiconti).

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