11 FEBBRAIO: GIORNATA NAZIONALE DI RIVALUTAZIONE DELLA (BUONA) POLITICA

LA RISPOSTA LIMPIDA DI 300 SENATORI AL PORTABANDIERA DELL’ANTIPOLITICA CHE RESTAURA LA PARTITOCRAZIA E AL CAPO DEI VESCOVI ITALIANI CHE SI INGERISCE NELL’APPLICAZIONE DI UN REGOLAMENTO PARLAMENTARE

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 379, 15 febbraio 2016.

Propongo di proclamare l’11 febbraio “Giornata nazionale di rivalutazione della politica”, in memoria di un clamoroso autogol dell’antipolitica, di un altrettanto clamoroso autogol del “partito dei vescovi contro le unioni civili”, e di un episodio di limpida, orgogliosa, efficace riscossa della buona politica. Primo episodio: Beppe Grillo – ricordate? quello del “vaffa” a tutti i partiti e alla partitocrazia, quello del “governo in mano a cittadini liberi e onesti” – emana un decalogo che commina una multa di 150mila euro agli eletti Cinque Stelle che contravvengano ai diktat del partito; insomma, una riaffermazione brutale (ancorché giuridicamente nulla, per contrasto con l’articolo 67 della Costituzione) del potere del partito sugli eletti, della politica che decide nella sede del partito e non negli organi elettivi. Secondo episodio: il Cardinal Bagnasco, nella sua veste di Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, censura pubblicamente il Presidente del Senato che dispone lo scrutinio palese per il voto sul passaggio agli articoli in tema di unioni civili: secondo la C.E.I., dunque, il voto dovrebbe essere segreto, in modo che il senatore cattolico, in ipotesi convinto della necessità di sbarrare preventivamente la strada alla legge, ma pavido nei confronti del proprio partito schierato diversamente, possa annunciare pubblicamente un voto per poi esprimere in realtà il voto opposto. Senonché in Senato uno schieramento eterogeneo ha deciso – 194 voti a 101 – di affrontare nel merito la questione delicata e difficile delle unioni civili; e lo ha fatto a voto palese: ciascun senatore si è assunto così la propria responsabilità di fronte agli elettori in modo trasparente, anche nei numerosi casi in cui ha votato – in un senso o nell’altro – in dissenso rispetto al gruppo a cui appartiene e rispettato in questa scelta dal gruppo stesso. Un’occasione di riflessione sia per Grillo, sia per Bagnasco.

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