RIDURRE IL TETTO DI CONTRIBUTI E PENSIONI (NEL SISTEMA OBBLIGATORIO)

L’ORDINAMENTO STATALE DOVREBBE PREOCCUPARSI SOLO DI PREVENIRE L’INDIGENZA IN ETÀ AVANZATA, ASSICURANDO INDEROGABILMENTE CONTINUITÀ DI REDDITO ENTRO UN LIMITE DI 3.000 EURO MENSILI O 40.000 ANNUALI, LASCIANDO CHE SIA LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE AD ASSICURARE I LIVELLI DI PENSIONE PIÙ ALTI

Lettera pervenuta il 21 marzo 2016 – Segue la mia risposta.

Gentilissimo professor Ichino, anche io avrei qualcosa da dire sulla questione pensioni, ma non in merito alla età in cui si avrebbe diritto ad andarci o all’anzianità che, per alcuni, è ancora in parte in vigore( premetto che dopo 40 anni di lavoro, specie per alcuni lavori usuranti sarebbe una follia continuare a svolgere certe funzioni delicate anche per i danni che si potrebbero arrecare alla collettività, e pertanto sarebbe meglio mandare i soggetti in quiescenza ), ma siccome in questo stato, a secondo di chi governa, i diritti acquisiti possono essere cancellati per alcuni, mantenuti in eterno per altri ( e lei fa parte di questa categoria di eterni privilegiati), la domanda che le pongo è la seguente : se la pensione serve esclusivamente per il sostentamento in quiescenza dopo una certa età, perché come già succede in altri stati democraticissimi e molto più avanti di noi in termini di giustizia sociale, non si decide per legge e subito che il massimo della pensione netta ricevibile è di Euro 5.000,00 mensili , al di là di quanto i più fortunati nella vita abbiano versato  ? Chi oggi riceve pensioni d’oro, come lei ben sa, ha già riscosso moltissimo ,e pertanto ha avuto diverse opportunità nella propria vita di risparmiare e godere poi, giustamente, una volta andato in pensione, dei benefici di detti risparmi. Le sembra troppo comunista questa proposta ? O poco democratica ? O è più democratico per lei lasciare nell’indigenza molte povere vecchine e vecchietti con 500,00 euro di pensione minima mentre esiste nel nostro stato una notevole percentuale di soggetti che pur non avendo tutte queste grandi esigenze di sostentamento ( hanno anche loro un solo stomaco e 24 ore di vita al giorno da trascorrere), continuano a percepire pensioni e prebende indecenti rispetto alla maggioranza dei pensionati più deboli ? lo stato che anche lei rappresenta, secondo lei dovrebbe tutelare in questo caso i più deboli o chi non avrebbe forse neanche bisogno di essere tutelato ? Ricorda professore quanto ha ricevuto come liquidazione un manager come Romiti alla fine della sua carriera in Fiat ? Per quanto abbia potuto versare come contributi una enormità, secondo lei dovremmo preoccuparci come stato di garantirgli una lauta pensione proporzionata a quanto versato ? credo che nei prossimi anni la politica dovrebbe porsi una semplice domanda : per certe questioni vale di più il diritto acquisito o la giustizia sociale ? So che è una questione difficile da sciogliere, ma almeno provateci. Cordialmente
Giovanni Cinellu, Tesoriere  della UilCa Varese

Non nego di appartenere a una “categoria di eterni privilegiati” (ciò di cui cerco di sdebitarmi ogni giorno che il buon Dio manda in terra); avverto però – solo per completezza di informazione – che ho compiuto i 67 anni e non ho ancora beneficiato neppure di una lira di pensione (anche per avere rinunciato al pensionamento a 65 anni che la Cassa di Previdenza Forense mi avrebbe consentito), né di vitalizio parlamentare. Detto questo, concordo pienamente con G.C. sul punto che l’Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall’Inps dovrebbe occuparsi soltanto di prevenire l’indigenza in età avanzata, assicurando una rendita di vecchiaia entro una fascia di reddito medio-bassa: in questo ordine di idee, il limite di 5000 euro mensili che G.C. indica potrebbe anche essere troppo alto. Il resto dovrebbe costituire integralmente materia di previdenza complementare, soggetta alla scelta degli interessati. In altre parole, non riesco a vedere proprio perché l’ordinamento statale debba preoccuparsi di assicurare inderogabilmente continuità di reddito al di sopra di un limite collocato intorno ai 3.000 euro mensili o ai 40.000 euro annui. Questo, però, significa che anche la contribuzione obbligatoria dovrebbe essere limitata a un imponibile corrispondente. Quanto alle retribuzioni e liquidazioni che le imprese private pagano ai loro amministratori e presidenti, se su di esse l’Irpef si prende la sua metà o quasi, non avrei nulla da eccepire (ma penso che, in molti casi – non in tutti – dovrebbero eccepire le assemblee degli azionisti di quelle imprese).   (p.i.)

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