QUANDO IL RITARDO DEL DECRETO ATTUATIVO È DI FATTO UNA ABROGAZIONE

PIUTTOSTO CHE EMANARE IN GRAVE RITARDO UN DECRETO ORMAI SUPERATO NEI FATTI, CHE COMPLICA INUTILMENTE LA NORMATIVA SU DI UNA MATERIA, MEGLIO PRENDERE ATTO DELL’EFFETTO ABROGATIVO CHE L’INERZIA AMMINISTRATIVA HA PRODOTTO

Relazione di Pietro Ichino e Karl Zeller alle Commissioni riunite Finanze e Lavoro del Senato, svolta il 13 aprile 2016, sullo schema di decreto attuativo del Fondo per la partecipazione dei lavoratori nell’impresa istituito dalla legge n. 147/2013 – Segue la bozza del parere che gli stessi Relatori proporranno alle Commissioni riunite il 28 aprile 2016.

Relazione di Pietro Ichino sullo schema di decreto su Modalità e i criteri di utilizzo del Fondo per incentivare la partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato, Atto del Governo 290

Lo schema di decreto al nostro esame costituisce attuazione (per la verità molto tardiva) di quanto disposto dall’articolo 1, comma 180, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che recita testualmente:

Ai fini dell’incentivazione di iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti a lavoratori dipendenti, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito fondo cui sono assegnati 2 milioni di euro per l’anno 2014 e 5 milioni di euro per l’anno  2015, le cui modalità e criteri di utilizzo sono determinati con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali,  di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare, sentite le competenti Commissioni parlamentari, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Ai maggiori oneri derivanti dalla disposizione di cui al presente comma, pari a 2 milioni di euro per l’anno 2014 e 5 milioni di euro per l’anno 2015, si provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 482, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

1. Le ragioni politiche del ritardo con cui il decreto viene emanato, rispetto al termine fissato dal legislatore

La prima osservazione che si impone riguarda l’enorme ritardo con cui la norma legislativa viene attuata: a fronte del termine di 60 giorni indicato dalla legge, il decreto viene emanato in un tempo di ben 14 volte maggiore, quando il biennio iniziale cui la disposizione si riferiva è interamente trascorso.

Questo ritardo – che finisce col produrre l’effetto di una sostanziale abrogazione della norma legislativa – appare spiegabile soltanto in considerazione del fatto che meno di due mesi dopo l’entrata in vigore della norma stessa si è insediato un nuovo Governo, il quale ha inteso impostare la questione della promozione della partecipazione dei lavoratori in azienda nel quadro di un disegno più ampio e organico: scelta che ha dato luogo all’emanazione della nuova disciplina fiscale applicabile alla parte variabile delle retribuzioni, con l’incentivo ivi previsto per le pratiche partecipative.

Più precisamente, l’articolo 1, commi 182-189, della  legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha introdotto in via permanente una disciplina tributaria specifica (tassazione al 10% ai fini dell’IRPEF), per i lavoratori dipendenti del settore privato, (oltre che per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili  e verificabili, anche) per le somme erogate a titolo di partecipazione agli utili dell’impresa, ovviamente anche sotto forma di distribuzione di azioni, quando datrice di lavoro sia una società per azioni. Le modalità di attuazione di queste disposizioni sono state, ultimamente, stabilite con il decreto ministeriale 25 marzo 2016. Su questo punto torneremo nelle considerazioni conclusive.

2. Una conseguenza del ritardo: l’assottigliarsi progressivo del già esiguo stanziamento originario

L’articolo 1, comma 180, della L. 147/2013, nell’istituire il Fondo aveva inizialmente disposto uno stanziamento di 2 milioni di euro per il 2014 e 5 milioni di euro per il 2015; il ritardo nell’emanazione del decreto ha fatto sì che lo stanziamento sia stato successivamente ridotto, fino ad arrivare alle cifre indicate nel decreto in esame, per effetto degli interventi disposti a norma del  d.-l. n. 4/2014, del  d.-l. n. 66/2014 e della  legge n. 190/2014.

Più precisamente:

  • l’articolo 2, comma 1, lettera c), del -l. 4/2014 (novellando l’articolo 1, comma 428, della legge n. 147/2013) ha disposto la costituzione di accantonamenti indisponibili  sulle dotazioni finanziarie iscritte a legislazione vigente delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, per importi pari a 710 milioni di euro per l’anno 2014, a 1.028,8 milioni di euro per l’anno 2015, a 1.186,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016, secondo quanto indicato nell’Allegato 3 (come modificato dallo stesso  d.-l. n. 4/2014), con una quota a carico del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali pari a 21,5 milioni di euro per il 2014 e 6,4 milioni di euro per il 2015;
  • l’articolo 16, comma 1, del-l. n. 66/2014 ha disposto che tutti i ministeri dovessero ridurre le proprie dotazioni per una somma complessiva ulteriore (da sommare, cioè, alla riduzione imposta per lo stesso anno dal precedente d.-l. n. 4/2014) pari a 240 milioni di euro per il 2014;
  • conseguentemente, con i decreti del ministero dell’Economia e delle Finanze 34776 del 2014 e n. 55652 del 2014 sono state apportare riduzioni al Fondo per somme pari, rispettivamente, a 109.671 euro e 71.457 euro, per una riduzione complessiva pari a 181.128 euro (portando così la dotazione del Fondo ad una somma di 1.818.872 euro per il 2014);
  • l’articolo 1, comma 287, della legge 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha disposto una riduzione per quanto attiene le dotazioni del ministero del Lavoro interamente ascritte al Programma 1.7, capitolo 2190, relativo al Fondo, pari, per il 2015, a 4,6 milioni di euro (come risulta dalla I nota di variazione al bilancio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a fronte di una previsione 2015 pari a 4.639.245 euro), restando così a disposizione la somma davvero irrisoria di 39.245 euro.

Di fatto, dunque, la provvista di cui il decreto in esame regola l’utilizzazione si è ridotta a meno di due milioni di euro e – stante il diverso orientamento del Governo su questa materia, di cui si è detto nel § 1 – la provvista medesima non è destinata a essere aumentata.

La relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al provvedimento in esame informano, peraltro, che – a seguito del ritardo accumulatosi nella sua emanazione – al fine di evitare che le somme stanziate “finissero in economia”, si è provveduto a impegnare lo stanziamento con il decreto 31 dicembre 2014 n. 8854, con cui la somma di 1.818.872 euro (per il 2014) è stata interamente impegnata in favore del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con oneri gravanti sulla Missione 26 (Politiche del lavoro), Programma 26.6 (Politiche attive e passive del lavoro), capitolo 2190 (del CdR Tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali), dello stato di previsione del Ministero per il 2014.

3. Contenuto dello schema di decreto

Il decreto in esame definisce le modalità e i criteri di utilizzo del Fondo istituito, come si è detto all’inizio, dall’articolo 1, comma 180, della legge n. 147/2013 presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per l’incentivazione di iniziative mirate alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti a lavoratori dipendenti.

Il Fondo ha lo scopo di incentivare le iniziative delle società che assegnino azioni ai loro dipendenti (a titolo gratuito o a titolo oneroso ma con condizioni vantaggiose rispetto alle quotazioni di mercato), attraverso l’erogazione di uno specifico beneficio, consistente (articolo 3) nel riconoscimento a carico dell’Erario di una somma, pari al 30%, del valore dell’azione assegnata a titolo gratuito, o di un importo pari al 30% della differenza tra il valore dell’azione e l’importo di sottoscrizione offerto al lavoratore (nel caso di assegnazione a titolo oneroso).

L’importo del beneficio, in ogni caso, non può essere superiore a 10 euro per azione (disposizione, questa, che sembra favorire la scelta di suddividere il capitale in azioni di valore modesto: la ragion d’essere della norma non è immediatamente evidente).

Per la determinazione del valore delle azioni si fa riferimento al loro valore nominale, ovvero, nel caso di società per azioni quotate in mercati regolamentati italiani o comunitari, al prezzo medio ponderato dell’ultimo semestre di quotazione.

Nel caso in cui le richieste di accesso al beneficio superino complessivamente l’importo delle risorse disponibili, le quote da erogare vengono proporzionalmente ridotte. In ogni caso, il beneficio riconosciuto a ciascuna impresa e ai suoi lavoratori non può eccedere il 10% dell’ammontare del fondo (20% nel caso di ciascun gruppo di imprese e relativi lavoratori).

Possono accedere ai benefici erogati dal Fondo (articolo 2) le società per azioni italiane, o comunitarie che stabiliscano (ai sensi dell’articolo 2508 c.c.) una o più sedi secondarie in Italia, a condizione che possiedano un DURC al momento dell’erogazione del finanziamento.

La domanda (al massimo una per ciascuna impresa) deve essere inoltrata alla Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (a cui è assegnato, inoltre, il compito di monitorare l’attuazione della misura), seguendo i termini e le modalità indicate (con specifico avviso, nel quale si evidenzia l’obbligo per le imprese di osservare le disposizioni comunitarie sugli aiuti “de minimis“) sul sito Internet istituzionale (articolo 4).

Il beneficio si applica esclusivamente alle azioni assegnate ai dipendenti con qualifiche di operaio, impiegato e quadro, assunti a tempo indeterminato.

In ogni caso, la sottoscrizione di azioni a titolo oneroso non può eccedere il 20% della retribuzione netta omnicomprensiva annua del lavoratore. Dall’adesione del lavoratore a tali forme di incentivazione (che è libera e non subordinata ad alcun obbligo) non devono derivare discriminazioni, e in ogni caso la società deve garantire ai lavoratori che aderiscono parità di trattamento in relazione alla categoria, livello di inquadramento e anzianità di servizio.

Ulteriore condizione richiesta è che i piani di azionariato debbano prevedere, per accedere al finanziamento, una diversificazione dell’investimento e un’adeguata informativa ai lavoratori aderenti (comprendente le caratteristiche dell’operazione e le eventuali esenzioni o agevolazioni esistenti).

In assenza della disciplina della democrazia partecipativa, vengono escluse dai benefici erogati dal Fondo le iniziative di acquisto mediante quote del TFR.

Infine, agli oneri derivanti dalle disposizioni si provvede (articolo 5) nei limiti delle risorse assegnate al Fondo (di cui al capitolo 2190 del bilancio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali), pari – come si è detto – a euro 1.818.872 per il 2014 e ad euro 39.245 per il 2015.

4. Obliterazione della partecipazione agli utili nello schema di decreto

La disposizione legislativa di cui il decreto in esame costituisce attuazione, come si è visto nel § 1, indica espressamente tra le finalità del Fondo non soltanto l’incentivazione di iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese datrici di lavoro, ma anche l’incentivazione di iniziative rivolte alla loro partecipazione agli utili. Questa seconda parte del contenuto della norma appare del tutto obliterata nello schema di decreto.

Si può comprendere che il ministero, considerata l’esiguità dei fondi disponibili, intenda concentrare il beneficio sui soli programmi aziendali di partecipazione azionaria dei dipendenti; tuttavia questo pone un problema non secondario di conformità del decreto rispetto alla norma di cui esso dovrebbe costituire attuazione integrale.

5. Una opzione alternativa rispetto all’emanazione di questo decreto

Come si è detto all’inizio, la materia delle pratiche partecipative e della loro incentivazione è ormai oggetto di una disciplina organica a carattere strutturale dettata con la legge di stabilità 2016. Vi è dunque motivo di chiedersi se sia davvero utile dare attuazione tardiva a una misura come quella prevista sulla stessa materia dalla legge di stabilità 2014, la quale non può evidentemente più svolgere alcuna funzione di incentivo ed appare destinata a ridursi a una occasione di distribuzione di una somma di denaro di entità relativamente piccola, con effetti irrilevanti; e se non sia più logico, invece, destinare questa somma – per quanto esigua – a una integrazione del finanziamento della nuova misura organica a carattere strutturale.

Più in generale, va osservato che il moltiplicarsi disorganico di disposizioni legislative e relativi strumenti regolamentari genera soltanto disorientamento degli operatori economici e aumento dei costi a loro carico per l’aggiornamento circa le novità normative. Il danno prodotto da questo modo di procedere è probabilmente maggiore rispetto all’utilità della distribuzione di un importo modestissimo, quale è quello di cui stiamo discutendo.

Roma, 13 aprile 2016

IL PARERE PROPOSTO DAI RELATORI ALLE COMMISSIONI 6a E 11A (draft)

(Estensori: senatore ICHINO e senatore ZELLER)

 Roma,  28  aprile 2016

 (n. 290) Schema di decreto interministeriale relativo all’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo finalizzato a incentivare iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti ai lavoratori dipendenti

Le Commissioni riunite,

esaminato lo schema di decreto interministeriale in titolo,

premesso che l’articolo 1, comma 180, della legge n. 147 del 2013, nell’istituire un Fondo finalizzato a incentivare pratiche partecipative dei lavoratori agli utili delle imprese, aveva inizialmente disposto uno stanziamento di 2 milioni di euro per il 2014 e 5 milioni di euro per il 2015 e che il ritardo nell’emanazione del decreto in esame ha determinato una notevole riduzione della somma disponibile a seguito di 3 interventi normativi successivi;

considerato che – mentre la norma contenuta nell’articolo 1, comma 180, della legge n. 147 del 2013 individua come campo di operatività del Fondo suddetto non soltanto quello della partecipazione dei lavoratori al capitale dell’impresa, ma anche quella della (sola) partecipazione agli utili – lo schema di decreto limita invece l’operatività del Fondo alla sola partecipazione azionaria;

ritenuto, anche in considerazione delle circostanze e dell’esigua entità dello stanziamento residuo, che le disposizioni contenute nel decreto difficilmente potranno svolgere una apprezzabile funzione di incentivo alle pratiche partecipative;

ritenuto che tuttavia il decreto possa comunque svolgere una funzione utile di integrazione della normativa regolamentare in materia di pratiche partecipative in azienda, anche a integrazione del decreto ministeriale 25 marzo 2016 in materia di detassazione della parte della retribuzione variabile in relazione alla redditività o alla produttività aziendale;

esprimono parere favorevole con le seguenti condizioni:

  • le modalità delle buone pratiche partecipative, anche ai fini dell’applicazione del suddetto decreto ministeriale 25 marzo 2016, vengano identificate, in questo decreto o in altro atto idoneo, in aderenza al testo del disegno di legge n. 1051, Attuazione dell’articolo 46 della Costituzione in materia di partecipazione dei lavoratori, frutto del lavoro della Commissione lavoro e previdenza sociale anche nella XVI legislatura, concretatosi nella norma-delega (non attuata) contenuta nel comma 62 dell’articolo 4 della legge 28 giugno 2012 n. 92, e dalla Commissione stessa adottato l’11 marzo 2015; in conseguenza le disposizioni contenute nel decreto non riguardino soltanto la partecipazione azionaria dei lavoratori, ma anche le altre buone pratiche.
  • nell’assegnazione delle risorse disponibili, sia data priorità a progetti in tema di partecipazione dei lavoratori al capitale o agli utili d’impresa destinati a essere avviati in epoca successiva all’emanazione del decreto stesso.

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