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CORRIERE DELLA SERA: DISCIPLINA UGUALE PER LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

DA UN QUARTO DI SECOLO LA TENDENZA È ALLA PARIFICAZIONE DEL TRATTAMENTO TRA PUBBLICO E PRIVATO: TORNARE INDIETRO SAREBBE  UN GRAVE ERRORE – L’INAMOVIBILITÀ IMPEDISCE L’ASSUNZIONE IN RUOLO DEI PRECARI

Intervista a cura di Lorenzo Salvia, pubblicata sul Corriere della Sera il 10 giugno 2016 – Sullo stesso argomento v. la mia intervista all’Agenzia di stampa La Presse, Licenziamenti nel settore pubblico: come andrà a finire? [1] e  gli ulteriori documenti di cui lì si trovano i link, nonché le FAQ sull’applicabilità del contratto a tutele crescenti nelle amministrazioni pubbliche [2] del dicembre 2014.
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ROMA – Senatore Pietro Ichino (Pd), la Cassazione dice che per gli statali continua a valere il vecchio articolo 18 e non la riforma Fornero. Un errore, secondo lei, che ha sempre sostenuto la parità fra pubblico e privato?
«Occorrerebbe leggere le motivazioni della sentenza, che non sono ancora disponibili; ma è possibile ipotizzare che la Cassazione faccia leva sul fatto che la legge Fornero richiedeva, per l’estensione delle regole al pubblico impiego, un’ulteriore norma di armonizzazione».

Ma l’armonizzazione poi non è arrivata. Perché?
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La domanda andrebbe rivolta ai ministri della Funzione pubblica che da allora si sono succeduti. Tuttavia la legge del 2015, il Jobs act, non richiede alcuna norma ulteriore per la propria estensione dell’applicazione al settore pubblico. Per i nuovi assunti, dunque la disciplina applicabile è comunque la nuova».

Quindi lei insiste, la nuova disciplina si applica ai dipendenti pubblici .
«Nella prima stesura del decreto n. 23 del 2015 c’era una norma che escludeva espressamente il settore pubblico dal campo di applicazione. Poi, all’ultimo, non senza un serrato dibattito interno alla maggioranza e al governo, quella disposizione è stata tolta. Dunque si è voluto che per gli assunti nelle amministrazioni pubbliche dopo il 7 marzo 2015 la nuova disciplina del Jobs act sia pienamente applicabile».

Il governo, però, ha detto più volte che le nuove regole sui licenziamenti non si applicano per gli statali.
«Le opinioni del ministro sono una cosa l’articolo 2 del testo unico sul pubblico impiego un’altra: quell’articolo dice in modo molto netto che, laddove non vi sia una norma che determini l’eccezione, la regola generale è l’applicazione della disciplina generale del lavoro anche nel settore pubblico».

Ma il ministro Marianna Madia ha detto che la questione sarà definitivamente chiarita con un nuovo decreto in arrivo dopo l’estate e che confermerà il vecchio articolo 18 per gli statali.
«Mi sembra difficile. Nella legge delega sulle amministrazioni pubbliche non c’è alcuna disposizione in materia di licenziamenti. Sarebbe un eccesso di delega».

Ma non è giusto che per gli statali valgano regole diverse? Entrano per concorso.
«Da un quarto di secolo la tendenza è alla parificazione delle regole tra pubblico e privato. Sarebbe curioso invertire la rotta e introdurre una radicale diversità di trattamento. E poi l’applicazione del Jobs act ai dipendenti pubblici è l’unico modo per dare una prospettiva di stabilizzazione ai 500 mila precari del settore».

In che senso?
«Se ’alternativa è tra un regime di inamovibilità pressoché totale e una pressoché totale precarietà, il destino dei precari è di rimanere tali. Finché ci saranno dei lavoratori inamovibili occorrerà una fascia di lavoratori periferici che portano tutto il peso della flessibilità di cui, in qualche misura, anche nel settore pubblico c’è bisogno. Mi auguro che anche i sindacati lo capiscano».

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