SE LE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO SONO INATTIVE

IL PARLAMENTO SORVOLA SUL GRAVISSIMO DIFETTO DI ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DEL LAVORO, PER LA PARTE RELATIVA AI SERVIZI DI ASSISTENZA AI DISOCCUPATI, COSÌ, DI FATTO, AGEVOLANDO L’INERZIA DELL’APPARATO MINISTERIALE

Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 403, 1° agosto 2016 – In argomento v. anche la mia interrogazione al ministro del Lavoro del 3 novembre 2015 – Sulle resistenze della struttura ministeriale all’introduzione e anche alla sola sperimentazione, nel nostro Paese, dell’assegno di ricollocazione, v. i documenti degli ultimi tre anni raccolti nel Portale del contratto di ricollocazione.
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L’indifferenza per le politiche attive nel mercato del lavoro caratterizza ancora non soltanto il movimento sindacale italiano (questa non è una novità), ma anche la cultura politica dominante nei partiti.CpI 2 Tutti: di maggioranza e di opposizione. Se ne è avuta una conferma in questi giorni in Parlamento, dove si è fatto – per così dire – il “tagliando” al Jobs Act. In sede di esame dello schema di “decreto correttivo” presentato dal Governo, la Commissione Lavoro del Senato ha approvato martedì un documento di maggioranza nel quale delle politiche attive si parla come di uno tra i tanti dettagli da mettere a punto; contemporaneamente respingendo due documenti di minoranza, proposti rispettivamente da SEL e dal M5S, nei quali non se ne parla proprio. La cosa che a me appare stupefacente è che nessuno dei tre documenti sottolinei con disapprovazione, sconcerto, o almeno grave preoccupazione, per la clamorosa inattuazione a cui stiamo assistendo della parte della riforma relativa alle politiche attive e in particolare all’assegno di ricollocazione.CpI A un anno di distanza dalla sua entrata in vigore, questo diritto, che la riforma ha inteso attribuire a tutti i disoccupati, è rimasto totalmente disatteso. I due documenti di opposizione contengono critiche, anche aspre, alla riforma, ma concentrate norme relative al rapporto di lavoro di chi un’occupazione, stabile o precaria, ce l’ha; tacciono, invece, sul clamoroso azzeramento di un diritto rilevantissimo che la riforma attribuisce ai disoccupati: quello all’assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione e alla libera scelta dell’operatore, pubblico o privato, da cui farsi assistere. Se la cultura politica dominante attribuisce a questa parte della riforma così poca importanza, non ci si può stupire del fatto che una struttura ministeriale tendenzialmente ostile si permetta un comportamento che ne costituisce – almeno per ora – una abrogazione di fatto.

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