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LA PRESSE: ANCORA IN TEMA DI REFERENDUM SUI BUONI-LAVORO

FAR DECIDERE DIRETTAMENTE AGLI ELETTORI CON UN SÌ O UN NO QUESTIONI COMPLESSE COME QUESTA, SULLE QUALI È MOLTO DIFFICILE CHE DECINE DI MILIONI DI CITTADINI SIANO COMPIUTAMENTE INFORMATI, COSTITUIREBBE UNA ABDICAZIONE DELLA POLITICA ALLA PROPRIA FUNZIONE ESSENZIALE

Intervista a cura di Marco Valsecchi, pubblicata dall’Agenzia di stampa La Presse il 3 gennaio 2017 – In argomento v. anche: l’ [1]Amaca [1] di Michele Serra pubblicata su [1]la Repubblica [1] il 30 dicembre; la mia intervista al [2]Corriere Fiorentino [2] pubblicata il 29 dicembre; l’articolo di Filippo Taddei pubblicato su [3]l’Unità [3] del 22 dicembre; il saggio di Bruno Anastasia, Saverio Bombelli e Stefania Maschio [4], pubblicato nei WorkInps Papers, settembre 2016

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Professor Ichino, lei si è già espresso pubblicamente contro l’abolizione di questo strumento. Quali pensa potrebbero essere le misure più corrette per corregge gli abusi nel suo utilizzo?
Innanzitutto occorre individuare le circostanze e i settori in cui è più alto il rischio degli abusi; poi, se non è possibile focalizzare l’attività ispettiva sulle aree così individuate, si può pensare a istituire dei divieti di utilizzo dei voucher in quelle aree. Per esempio se, come sembra, si registrano molti abusi nel settore edile, si può arrivare a vietare la retribuzione con i buoni-lavoro di qualsiasi muratore in un cantiere.

Pensa sia possibile stabilire degli obiettivi concreti raggiungibili attraverso queste misure?
Così come si possono individuare gli abusi, allo stesso modo si può fissare l’obiettivo del loro azzeramento, o quanto meno della loro riduzione al di sotto di un limite predeterminato. Il problema è che non c’è pieno accordo su che cosa si debba considerare come “abuso” e che cosa no.

Intende dire accordo tra governo e Cgil?
No: se dovessimo seguire la linea della Cgil, dovremmo considerare come abuso qualsiasi caso di retribuzione mediante voucher. Dico che anche in seno alla maggioranza che sostiene il governo si sentono opinioni molto diverse su che cosa debba considerarsi “abuso” e che cosa no.

Il precedente governo ha già effettuato una “stretta” sull’utilizzo di voucher, attraverso la tracciabilità. Pensa che la diffusione dei dati successivi a questo intervento potrà modificare il dibattito attualmente in corso?
Sicuramente. Tutta l’informazione in più che sarà resa disponibile sarà utile per impostare la questione in termini pragmatici.

Si parla di correlazione tra voucher e Jobs Act in due direzioni: da una parte, l’impennata nell’utilizzo dei voucher sarebbe un effetto diretto del Jobs Act, dall’altra l’intervento annunciato dal governo sui voucher sarebbe mirato a evitare un referendum sul Jobs Act. Sono considerazioni condivisibili, a suo parere?
La prima considerazione è assai discutibile: mi sembra che per ora manchi del tutto la prova che l’aumento dell’utilizzo dei voucher nel corso del 2015 sia stato causato dalla riforma varata dal governo Renzi. Se poi si considera che le nuove norme in materia di buoni-lavoro, contenute nel decreto legislativo n. 81/2015, sono entrate in vigore soltanto a fine giugno, ci si convince subito del fatto che almeno l’incremento verificatosi nella prima metà dell’anno non può essere stato causato da quel decreto. Quanto alla seconda considerazione, la preoccupazione del governo è la stessa che tutti i politologi esprimono: far decidere direttamente agli elettori con un sì o un no questioni complesse come questa, sulle quali è molto difficile che decine di milioni di cittadini siano compiutamente informati, costituisce una abdicazione della politica alla propria funzione essenziale.

Una polemica particolarmente viva in questi giorni è quella legata all’utilizzo dei voucher da parte della pubblica amministrazione e in particolare da parte dei Comuni. Ritiene che gli enti locali siano titolati a utilizzare questo strumento?
Il problema delle amministrazioni pubbliche, oggi, è che non è stato ancora chiarito se ai nuovi assunti regolari si applica o no la disciplina del contratto a tutele crescenti. Se – come a me sembra corretto – la risposta è positiva, si può vietare alle amministrazioni di continuare a fare ricorso alle collaborazioni continuative autonome o ai voucher: esse devono assumere regolarmente, ma se i fondi vengono a mancare possono sciogliere il rapporto senza problemi. Se invece continuiamo con la regola dell’inamovibilità assoluta dei dipendenti regolari, allora non si può togliere alle amministrazioni la possibilità di ricorso a forme di lavoro più flessibili.

Quale ritiene sia lo scenario ipotizzabile in caso di abolizione del voucher?
L’effetto sarebbe in parte un aumento del lavoro nero, in parte una perdita di occupazione marginale. L’unica cosa che non diminuirebbe sarebbero gli abusi, l’opacità, lo sfruttamento dei lavoratori più deboli.
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