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ARTICOLO 18 NEL SETTORE PUBBLICO: UNA CONDANNA PER I CO.CO.CO. A RESTARE TALI

IN UN REGIME NEL QUALE VIGE L’ALTERNATIVA DRASTICA TRA SOSTANZIALE INAMOVIBILITÀ E PRECARIETÀ ASSOLUTA, L’ASSUNZIONE IN RUOLO (COME LA  GESTIONE DEL PERSONALE) È DESTINATA A RESTARE DIFFICILISSIMA

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 423, 5 febbraio 2017 – In argomento, oltre agli articoli il cui link è contenuto nel testo, v. anche gli altri interventi e documenti raccolti nella prima sezione del Portale della trasparenza e della valutazione nelle amministrazioni pubbliche [1]     .
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Vignetta

Una vignetta di Bucchi su Repubblica, 2016

Il ministro della Funzione pubblica si appresta a proporre al Governo un decreto che, tra le altre cose, esclude i nuovi rapporti di impiego pubblico dall’applicazione della nuova disciplina dei licenziamenti dettata per il settore privato. Se il Consiglio dei Ministri confermerà questa scelta, essa segnerà un’inversione di rotta rispetto alla parificazione del trattamento fra pubblico e privato, che il legislatore ha compiuto esplicitamente con il Testo Unico del 2001 e confermato per cinque volte negli ultimi cinque anni: nel luglio 2012, quando la legge Fornero ha espressamente previsto l’applicabilità della nuova disciplina anche nel settore pubblico, delegando al Governo la relativa norma attuativa; il 24 dicembre 2014, quando è stato tolto [2] dallo schema di decreto sui licenziamenti, attuativo del Jobs Act, il comma che escludeva dalla sua applicazione l’impiego pubblico; il 4 marzo successivo, quando quello schema è diventato il decreto n. 23/2015 [3] senza che il comma eliminato vi venisse reinserito; poi di nuovo nella legge-delega n. 124/2015 [4] per la riforma delle p.a., che non contiene neppure una parola in materia di licenziamenti; infine nel decreto correttivo del Jobs Act n. 185/2016 [5], che esclude l’applicabilità nel settore pubblico della nuova disciplina delle dimissioni, ma – significativamente – non menziona i licenziamenti. Che senso ha il mutamento di rotta ora proposto dal ministro? In un regime nel quale vige l’alternativa drastica tra sostanziale inamovibilità e precarietà assoluta, l’assunzione in ruolo (come la gestione del personale) è destinata a restare difficilissima: ne sa qualcosa il mezzo milione di co.co.co del settore pubblico, che, senza una maggiore flessibilità nella disciplina del rapporto, ben difficilmente potranno essere immessi in ruolo, come il Jobs Act imporrebbe (d.lgs. n. 81/2015 [6], articolo 2). Non è un caso che, mentre il ministro si accinge a cambiare drasticamente la norma del Testo Unico del 2001, il disegno di legge “milleproroghe” sposti in là il termine entro il quale i co.co.co pubblici dovrebbero essere immessi in ruolo.

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