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ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE: ISTRUZIONI PER L’USO

PARTE LA SPERIMENTAZIONE DI QUESTA MISURA SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, MA SU DI UN CAMPIONE DI SOLE 30MILA PERSONE, IN FUNZIONE DI UNA VALUTAZIONE DEI SUOI EFFETTI SUL MERCATO – IL PROBLEMA RESTA QUELLO DELLA BUONA IMPLEMENTAZIONE, SIA SUL VERSANTE PUBBLICO SIA SU QUELLO DELLE AGENZIE COINVOLTE

Articolo di Francesco Giubileo [1], ricercatore di Sociologia del lavoro nell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato il 7 febbraio 2017 sul sito lavoce.info – In argomento v. pure i documenti e interventi raccolti nel portale Il contratto di ricollocazione [2]
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Chi partecipa alla sperimentazione

Francesco Giubileo

Francesco Giubileo

Nelle prossime settimane l’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal) darà avvio alla sperimentazione dell’assegno di ricollocazione (Adr). La sperimentazione rappresenta il più importante tentativo mai realizzato in Italia di erogare la stessa politica attiva del lavoro su tutto il territorio e di valutarne successivamente gli effetti sul mercato del lavoro.
Si tratta di una misura riservata a un campione di circa 30mila disoccupati percettori di Naspi da almeno quattro mesi che non ricevono altri strumenti di politica attiva del lavoro. Le persone saranno selezionate mediante un’estrazione casuale dallo stock dei potenziali destinatari individuati dall’Inps.
Alle persone che rientrano nel campione selezionato verrà inviata una comunicazione (posta ed e-mail o sms) e nel rispetto della condizionalità tra politiche attive e passive del lavoro, il servizio va attivato entro due mesi dalla data di rilascio dell’assegno accedendo al sito di www.anpal.gov.it, pena la decadenza della prestazione a sostegno del reddito.
L’assegno – che ha una durata di sei mesi, prorogabile per altri sei – è uno strumento a disposizione dell’individuo e può essere speso presso un centro per l’impiego o presso un soggetto accreditato (la scelta verrà fatta all’interno del sistema informativo unitario di Anpal dove tutti gli attori saranno caricati e selezionati anche attraverso un sistema di georeferenziazione).
Nelle regioni considerate “meno sviluppate” o “in transizione”, sulla scorta di quanto avviene nel modello di welfare to work anglosassone, è consentita la creazione di “Sportelli temporanei territoriali”, una sorta di uffici mobili in modo da garantire l’erogazione dei servizi su tutto il territorio nazionale.

Premio a risultato e Fee4services

I servizi compresi nell’Adr si compongono in due prestazioni principali:

Per gli enti erogatori, lo strumento prevede la possibilità di ottenere un premio di natura economica, variabile rispetto al conseguimento o meno del risultato:

In passato il destinatario veniva spesso “parcheggiato” in attività che non portavano a reali opportunità di lavoro. Proprio nel tentativo di evitare comportamenti opportunistici da parte degli enti erogatori, il Fee4service è riconosciuto solo quando la singola sede operativa supera una percentuale (soglia) minima (pari al 110 per cento) di successi occupazionali raggiunti – e verificati attraverso il controllo delle comunicazioni obbligatorie e altre fonti amministrative – per ciascun territorio nei sei mesi precedenti. Ad esempio, supponiamo che l’agenzia Rossi di Roma prenda in carico cento destinatari e la soglia minima sia fissata al 30 per cento. Per ottenere il premio economico del Fee4service deve collocare almeno 33 persone, ovvero 110 per cento del valore della soglia minima.
Le tipologie contrattuali per le quali si riconosce l’esito occupazionale sono quelle a tempo indeterminato (compreso l’apprendistato) e a tempo determinato maggiore o uguale ai sei mesi (nelle regioni “meno sviluppate” si riconosce l’assegno anche per assunzioni uguali o superiori a tre mesi).
L’elemento di “sperimentazione” dell’assegno è stato oggetto di forti critiche, eppure l’avvio di una fase di test, seguita da una valutazione d’impatto e la conseguente messa a regime dello strumento dopo una serie di correttivi dovrebbe rappresentare la procedura corretta per realizzare qualsiasi politica del lavoro in Italia. L’alternativa sarebbe quello di generalizzare subito l’assegno, come si è fatto in passato con altri strumenti, con il rischio di produrre risultati non efficienti e senza la concreta possibilità di comprendere correttamente i suoi effetti sul mercato del lavoro.
Resta invece partita aperta la capacità dell’attore pubblico di realizzare concretamente l’assegno di ricollocazione. Certamente alcuni centri per l’impiego saranno in grado di collocare nel mercato del lavoro una percentuale di destinatari dell’assegno ben superiore alla soglia minima. Ma perché questo in futuro avvenga in tutti i Cpi, è necessario sviluppare una logica di marketing territoriale, migliorandone la progettazione, utilizzando tecniche di social media marketing e di comunicazione con le imprese, strumenti ormai irrinunciabili per qualsiasi attore che si occupi di servizi per l’impiego.