IL TIRRENO: UN EFFETTO DELLA RIFORMA DEI LICENZIAMENTI

IL CASO DEL LAVORATORE CHE ABUSA DEI PERMESSI DELLA LEGGE 104 PER LAVORARE NEL BAR DEI FIGLI, MA NON È CONSIDERATO DAL GIUDICE MERITEVOLE DEL LICENZIAMENTO, AIUTA A COMPRENDERE UNO DEI MOTIVI DELLA NUOVA DISCIPLINA DEL RECESSO DEL DATORE: L’IMPRESA VIENE CONDANNATA SOLTANTO A UN INDENNIZZO

Intervista a cura di Ilenia Reali, pubblicata dal quotidiano  il Tirreno  il 22 marzo 2017 – In argomento v. anche il portale nel quale ho raccolto alcune sentenze che spiegano il motivo fondamentale per cui occorre abbandonare il regime di job property     .
.

Legge-104Il lavoratore di cui lei ha parlato sul suo sito era in permesso con la legge 104, ma lavorava nel bar dei figli. L’uomo, licenziato, fa ricorso al giudice del lavoro e vince la causa. Perché ha voluto segnalare proprio questo caso?
Perché dissento profondamente dalla valutazione del giudice, che ha ritenuto il licenziamento sproporzionato rispetto alla mancanza; però rispetto quella sentenza: cioè capisco che un giudice possa pensarla così. Proprio per questo, per la grande ampiezza della discrezionalità del giudice nel valutare il motivo di un licenziamento, occorre limitare gli effetti possibili della sentenza.

Quali avrebbero potuto essere gli effetti della sentenza, senza la limitazione della condanna dell’azienda al solo risarcimento, operata dalla legge Fornero?
Se si fosse applicato l’articolo 18 vecchia maniera, il giudice non si sarebbe limitato a condannare l’impresa al risarcimento, ma la avrebbe condannata anche alla reintegrazione del lavoratore. Così l’assenteista fraudolento sarebbe rientrato in azienda con tutti gli onori, godendo per di più di una pioggia d’oro.

Invece quali sono gli effetti della sentenza, con la limitazione della condanna dell’azienda al risarcimento?
Il giudice, applicando un criterio particolarmente indulgente verso il lavoratore, ha ritenuto che questi avesse sì commesso una mancanza, ma non tanto grave da giustificare il licenziamento; ha quindi confermato gli effetti del licenziamento, limitandosi a riconoscergli un risarcimento di dodici mensilità di retribuzione. È pur sempre un bel risarcimento; ma almeno non c’è il premio della reintegrazione in azienda, col messaggio gravissimo che esso comporta: l’idea che la disonestà paga, e lautamente.

Ci aiuta a interpretare questa sentenza?
Il velen dell’argomento, nella motivazione della decisione del Tribunale di Massa sta in questo: il comportamento del lavoratore viene considerato soltanto sotto il punto di vista dell’assenza ingiustificata, e non sotto quello dell’abuso fraudolento di un permesso, che la legge ha istituito soltanto in funzione dell’assistenza a parenti gravemente disabili. Se non si considera questo secondo aspetto del comportamento imputato al lavoratore, e si valorizza – come ha fatto il giudice – la norma collettiva che fa scattare il licenziamento solo dopo cinque giorni di assenza ingiustificata, ecco che si può arrivare a considerare il licenziamento come una punizione eccessiva. Ma se si considera che qui non c’è stata solo l’assenza ingiustificata, bensì anche l’abuso fraudolento del permesso per l’assistenza ai parenti disabili, che costituisce l’aspetto più odioso e profondamente disonesto del comportamento del lavoratore, la valutazione a mio modo di vedere non può che essere nel senso della piena giustificatezza del licenziamento.

Alla fine lei conclude il suo commento sottolineando quanto sia utile e importante la riforma dei licenziamenti, il cui primo atto si è compiuto nel 2012 con la legge Fornero, poi portata a compimento nel 2015. Perché lo è in questo caso e in quali altri casi potrebbe rivelarsi determinante?
Il punto è che, come si è visto, il giudice ha una discrezionalità amplissima nella valutazione del licenziamento; ed è tecnicamente assai difficile restringere questa discrezionalità. Per altro verso, il giudizio su di un licenziamento si svolge in più manches: normalmente quattro, cui possono aggiungersene altre due o tre in caso di rinvio da parte della Cassazione. Se alla soccombenza dell’azienda anche in una sola di queste manches consegue una catastrofe economica, quale è la reintegrazione più il risarcimento del danno, che arrivano talvolta ad anni di distanza dal licenziamento, ne consegue necessariamente che le imprese devono adottare sempre come criterio quello del giudice più favorevole al lavoratore. Il risultato è un irrigidimento grave dell’intero sistema, rispetto ad altri Paesi dove l’impresa, anche quando incappa nel giudizio di un giudice fortemente pro labour, al massimo si vede condannata a un risarcimento del danno con un limite massimo. Irrigidimento significa abbassamento del livello minimo di diligenza e onestà richiesta in azienda; ma significa anche maggiore difficoltà dell’aggiustamento degli organici per esigenze economiche e organizzative: una parte dei giudici del lavoro, infatti, è ancora convinta che un licenziamento possa giustificarsi soltanto quando l’impresa si trova in situazione di crisi grave. Invece l’aggiustamento degli organici deve poter avvenire molto prima, proprio per prevenire la crisi.

.

Stampa questa pagina Stampa questa pagina

 

 
 
 
 

WP Theme restyle by Id-Lab