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QUAL È IL VOTO PIÙ UTILE PER UN’ITALIA EUROPEA, TRA +EUROPA E PD?

Con la sua scelta nettissima in senso europeista e aperturista è utilissima anche la lista +Europa di Bonino e Della Vedova; ma è indispensabile il successo di un grande partito capace di unire sulla stessa scelta milioni di elettori, al di là degli steccati ideologici

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Editoriale telegrafico per la
Nwsl n. 464, 8 gennaio 2018 – In argomento v. anche tutti i numerosi documenti e interventi sullo stesso tema pubblicati su questo sito, accessibili attraverso il portale Il nuovo spartiacque fondamentale della politica mondiale [1]

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Benedetto Della Vedova

Benedetto Della Vedova

Un caro amico convinto come me che la vera sfida delle elezioni del 4 marzo sarà quella tra europeisti e “indipendentisti” [2] e che la vera posta in gioco sarà la partecipazione o no dell’Italia, da protagonista, al progetto di una nuova UE più integrata e più democratica a cui già ora stanno lavorando Francia e Germania, mi chiede: “Se oggi questo è, in ultima analisi, lo spartiacque politico fondamentale [1], perché non votare per la lista +Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova?”. Concordo con lui sul punto che Bonino e Della Vedova hanno espresso l’opzione giusta nel modo più limpido e netto; ma alla ricerca della purezza ideale, se il costo è la frammentazione, preferisco l’azione politica condotta all’interno di un grande partito capace di realizzare mediazioni efficaci tra componenti di origine culturale diversa (su questo punto vedi anche l’ultima intervista di Giorgio Tonini [3]). Cinque anni fa, è vero, quando nel Pd parvero prevalere le posizioni euro-scettiche dei Fassina e dei Civati, me ne staccai per aderire al progetto di un grande partito europeista e liberal-democratico sotto l’insegna di Scelta Civica: ma lo feci non con l’idea di coltivare una purezza ideologica, bensì, proprio al contrario, affascinato dalla possibilità di abbattere le barriere ideologiche tradizionali che fino ad allora avevano artificiosamente tenuto separate persone che la pensavano sostanzialmente allo stesso modo sulla necessità della riforma europea dell’Italia. A far fallire quel progetto contribuirono, tra il 2014 e il 2015, proprio il ritorno del Pd a una posizione schiettamente europeista e la scelta di Matteo Renzi di considerare essenziale, in seno allo stesso Pd, una forte componente liberal-democratica [4].

Il premier Gentiloni e il ministro dell'Economia Padoan

Il premier Gentiloni e il ministro dell’Economia Padoan

Oggi, di fatto, la speranza di avere in Parlamento una maggioranza nitidamente europeista poggia soprattutto sul successo del Pd di Renzi, di Gentiloni, di Padoan, e sulla sua capacità – perché no? – di accogliere nei suoi gruppi parlamentari anche gli eletti di +Europa. Nella campagna elettorale che si sta aprendo il mio posto resta in ogni caso qui.

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