ANCORA SULLE RAGIONI E I TORTI DI RENZI

Una lettrice chiede: “Davvero il segretario del Pd ha sbagliato a promettere le proprie dimissioni in caso di sconfitta nel referendum costituzionale?”

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Lettera di Olimpia Ammendola pervenuta il 27 febbraio 2018 – Seguono la mia risposta e una replica di O.A.  – In argomento v. anche
I meriti e gli sbagli di Renzi        .
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Il discorso con cui Renzi chiese la fiducia al Senato nel febbraio 2014

Gentile professor Ichino,
ho letto sulla sua Nwsl n. 471 che, a suo avviso, Matteo Renzi ha commesso l’errore madornale di personalizzare la campagna referendaria. Non sono molto convinta di questo giudizio. Matteo Renzi quando ha iniziato la campagna per la revisione costituzionale, ha affermato che si sarebbe dimesso in caso di sconfitta contravvenendo in tal modo, ad un costume tutto italiano di non assumersi mai la responsabilità delle sconfitte in politica. Il nostro paese non decolla o comunque ha difficoltà a decollare anche a causa della inamovibilità della classe politica. Ritengo che l’affermazione corretta di Renzi (mi dimetto se perdo), è stata trasformata e manipolata dal giornalismo nostrano in personalizzazione del referendum, in comportamento ipertrofico di un leader, il quale , non si dimenticherà, quando perse le primarie con Bersani, si assunse per intero la responsabilità della sconfitta. Nella mia lunga vita politica e di cittadina, non ho mai visto un leader comportarsi in questo modo. Renzi è stato attaccato a destra e a manca, dai nemici e dagli amici perchè nel nostro paese non siamo abituati a leader che fanno, che operano oltre a chiacchierare, a promettere, a inseguire la visibilità personale per soddisfare il proprio narcisismo. La verità è che Renzi è troppo bravo. Lo dico da persona che ha una lunghissima militanza nel partito comunista, che ha combattuto i fascisti, che ha visto cadere compagni sotto le manganellate della polizia. E oggi quando sento uno come Di Maio che paragona Renzi a Pinochet mi viene da piangere perchè questo paese può finire nelle mani di un imbecille che non sa quello che dice. Di tutto questo dobbiamo ringraziare il sig. Travaglio, la sig. Gruber, il sig. Floris, che ogni sera ci propinano pillole di veleno contro l’unico leader che il centrosinistra è riuscito ad esprimere in questi anni. Ricordo che Fortebraccio diceva che non voleva morire democristiano. Io non vorrei morire sapendo che il mio paese è finito in mano ai cialtroni.
la ringrazio per il suo impegno costante e rigoroso e per l’attenzione che vorrà riservarmi.
Olimpia Ammendola

Matteo Renzi ha tutti i meriti che O.A. gli riconosce. Nell’inverno 2014-2015, però, commise un errore che poi è costato carissimo a lui, al Pd e di riflesso all’intero Paese. A quell’epoca i sondaggi indicavano una percentuale altissima di consensi dell’opinione pubblica sulla riforma costituzionale: circa due terzi degli italiani era favorevole; allora Renzi pensò che l’esito favorevole del referendum sulla riforma fosse scontato, e cedette alla tentazione di aggiungere la propria leadership personale alla riforma come oggetto del referendum. Non lo fece soltanto promettendo le proprie dimissioni in caso di esito negativo della consultazione popolare, ma anche in diversi altri momenti e altre forme della comunicazione politica, sottovalutando il costo della perdita dell’appoggio alla riforma da parte di Forza Italia prima, poi dell’ala sinistra dello stesso Pd. Così una riforma costituzionale che avrebbe dovuto essere sentita come “propria” da un ampio arco di forze politiche ha finito col diventare la bandiera di un solo partito. Di un partito, per di più, che non era e non è, come stiamo vedendo in questi giorni, in grado di trasformarsi nel “partito della riforma costituzionale”: del 40 per cento degli italiani che hanno votato “sì” il 4 dicembre 2016, meno di metà hanno votato Pd il 4 marzo 2018. Tutto ciò non toglie i meriti, che sono stato tra i primi a riconoscere a Matteo Renzi e che continuo a riconoscergli; ma non possiamo rialzarci dalla sconfitta se non ne individuiamo le cause.     (p.i.)

“HAI PUBBLICATO UN ARTICOLO DI ICHINO? HAI AVUTO MOLTO CORAGGIO!”

Gentile prof. Ichino, grazie per l’attenzione e per il garbo con cui mi ha risposto. La ringrazio perchè abbiamo perso l’abitudine ai toni che lei adopera. Fermi, composti e rigorosi. Condivido il suo ragionamento e le dirò che quando i miei compagni trasferivano il 40 per cento delle europee alla eventuale competizione politica, io tentavo sempre di ragionare dicendo che da che mondo e mondo non si è mai visto che competizioni elettorali differenti conseguono il medesimo risultato. Ma era una voce che gridava nel deserto. Ad ogni modo, le cose sono andate come sono andate e ora non ci resta che attraversare il deserto per ritrovare le nostre ragioni e i nostri orizzonti di senso. Una battuta: lei si chiama Pietro come l’apostolo su cui venne fondata la chiesa, Matteo è il nome di un altro apostolo che da esattore delle tasse seguì Cristo. Due personalità dotate di straordinaria “resilienza”, esattamente come lei prof. Ichino che spesso è stato dileggiato dalle forze di sinistra perchè non troppo di sinistra e come Matteo Renzi, noto per la sua capacità di trasformare le sconfitte in opportunità di riflessione e di crescita.
Un’ultima cosa che è estranea al ragionamento fatto sino ad ora. Qualche anno fa ho pubblicato un’antologia con la Vox Edizioni in cui inserii un suo lunghissimo articolo sui problemi del lavoro. Quando l’ho presentata in un circolo del partito democratico ed è stato notato il suo articolo, sa che cosa mi ha detto un importante dirigente, già deputato del partito democratico? Hai pubblicato un articolo di Pietro Ichino!? hai avuto molto coraggio. Concludo questa mia ricordando le parole che Peppino De Filippo ripeteva in un noto film con Totò: HO DETTO TUTTO!.
A presto
Olimpia Ammendola

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