IL DISSENSO TRA PD E CGIL E’ SULL’INDIPENDENZA DELL’AGENZIA PER LA VALUTAZIONE E LA TRASPARENZA

LA DIVERGENZA SI ERA GIA’ MANIFESTATA NELLA XV LEGISLATURA, TRA IL PROGETTO PRESENTATO DALL’ULIVO IN PARLAMENTO E IL “MEMORANDUM” SOTTOSCRITTO DAL MINISTRO NICOLAIS E I SINDACATI

Fondo pubblicato su Europa il 22 novembre 2008, in risposta a un articolo di Carlo Podda pubblicato due giorni prima

          Su Europa dell’altro ieri il Segretario generale della Cgil-Funzione pubblica Carlo Podda ha sostenuto che il disegno di legge su valutazione e trasparenza nelle amministrazioni, approvato dalla Commissioni Affari Costituzionali del Senato la settimana scorsa, costituirebbe un netto arretramento rispetto al regime di “contrattualizzazione” del lavoro in questo settore, introdotto dalle riforme Cassese e Bassanini degli anni ’90. Podda, però, non indica un solo punto di quel testo legislativo a sostegno della propria affermazione.

            Non può indicarlo, perché non c’è. Il vecchio testo dell’articolo 2 del disegno di legge del Governo (che davvero avrebbe giustificato la protesta di Podda) è interamente scomparso, mentre è stato accolto dalla Commissione l’emendamento del Pd che recita testualmente: “resta fermo che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro”. Allo stesso modo, sono interamente frutto delle proposte del Pd accolte dalla Commissione (e non previste nel testo originario del disegno di legge del Governo): l’indipendenza dell’Agenzia per la valutazione e la trasparenza nelle amministrazioni, il cui vertice dovrà essere nominato con il consenso dei due terzi del Parlamento; il principio del benchmarking comparativo tra amministrazioni omologhe; il principio della trasparenza totale delle operazioni di valutazione e misurazione: un principio di portata davvero rilevantissima, che consentirà a chiunque di conoscere immediatamente non soltanto gli indici di andamento gestionale elaborati da ciascun organo di valutazione, ma anche i dati su cui esso opererà. Ciò consentirà a sindacati, associazioni degli utenti, ricercatori universitari e chiunque altro non soltanto di controllare i dati stessi, ma anche di costruire su di essi valutazioni basate su criteri e metodi diversi rispetto a quelli del valutatore interno all’amministrazione.

            Il disegno di legge governativo originario è stato dunque quasi interamente riscritto, per lo più mediante la recezione o rielaborazione di disposizioni tratte dal disegno di legge del Pd: verificarlo è agevole, poiché tutti i documenti sono disponibili e immediatamente confrontabili sul sito del ministero e sul mio: www.pietroichino.it. E infatti su ciascuno dei sei articoli rilevanti del nuovo testo legislativo il Pd ha votato “sì”. Non voglio ripetere quanto ha scritto in proposito Linda Lanzillotta su queste stesse pagine il 18 novembre scorso; mi limito a osservare che questo risultato non si sarebbe mai raggiunto se in Commissione avessimo seguito la linea che propone Podda, di rifiuto preventivo di qualsiasi trattativa con la maggioranza, per protesta contro le provocazioni mediatiche del ministro Brunetta. Il Pd al Senato ha badato al sodo, senza lasciarsi distrarre dai siparietti televisivi del ministro; e ha ottenuto molto di quello che proponeva.

            Quel che più dispiace a Podda – lo scrive lui stesso chiaramente – non sono tanto le intemperanze del ministro, quanto il fatto che il disegno di legge, nella sua versione uscita dalla Commissione, si sia nettamente discostato dal Memorandum sottoscritto da Governo e sindacati nel 2007, dove si prevedeva che la valutazione dell’efficienza e produttività delle strutture fosse cogestita dalle amministrazioni con le rispettive rappresentanze sindacali. In estrema sintesi, le cose stanno così: al modello delineato in quel Memorandum, il disegno di legge originario di Brunetta contrappone un sistema di valutazione dipendente dalle amministrazioni stesse che devono esserne valutate; il disegno di legge del Pd – in linea con quello presentato dal Gruppo dell’Ulivo nel dicembre 2006 – attinge invece alle migliori esperienze dei Paesi nord-europei, proponendo il modello della rete di valutatori totalmente indipendenti dai politici, dal management e dal sindacato. Quest’ultima è la soluzione che ha prevalso.

            Posso capire da che questa scelta dissenta chi ha sottoscritto il Memorandum del 2007; resto, però, convinto che su questo punto avesse visto giusto l’Ulivo in Parlamento fin dal 2006. La valutazione della produttività ed efficienza delle strutture pubbliche può essere solo controllabile dall’esterno, ma non cogestita dal sindacato con il management.

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