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ARBITRATO IN MATERIA DI LAVORO: L’ENNESIMO CAPITOLO DI UNA “POLITICA DELL’ANNUNCIO” PRIVA DI RISULTATI

IL COLLEGATO-LAVORO, PASSATO AL SENATO IN SESTA LETTURA, PROMETTE UN GRANDE RILANCIO DELL’ARBITRATO NELLE CONTROVERSIE DI LAVORO, CHE NON CI SARA’ PER LA COMPLESSITA’ E COSTOSITA DELLE PROCEDURE – E INVECE NON CONTIENE L’EMENDAMENTO CHE AVREBBE DAVVERO CONSENTITO ALL’ARBITRATO DI DIVENTARE LA “VOCE DEL CONTRATTO COLLETTIVO”

Interventi di Tiziano Treu, Pietro Ichino e Maurizio Castro nella discussione al Senato in sesta lettura del d.d.l. n. 1167-B-bis (Collegato-lavoro alla finanziaria 2010), nelle sedute antimeridiana del 23 settembre 2010 e pomeridiana del 28 settembre 2010 – V. anche gli interventi nel dibattito sulla stessa legge in sede di quarta lettura [1] (autunno 2009)

GLI INTERVENTI DI TIZIANO TREU E PIETRO ICHINO PER ILLUSTRAZIONE DELLE PREGIUDIZIALI DI NON PASSAGGIO AGLI ARTICOLI (23 SETTEMBRE 2010)

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali. Ha chiesto di intervenire il senatore Treu per illustrare la questione pregiudiziale QP1. Ne ha facolta`.

TREU (PD). Signor Presidente, la nostra richiesta di non procedere all’esame del disegno di legge e` fondata su vari motivi, che sono analiticamente esposti nel testo della pregiudiziale e che io ora sintetizzero`. Il primo non meriterebbe molti commenti, perche´ ha a che fare con il carattere gravemente eterogeneo del disegno di legge. In realta`, ormai ci siamo abituati. Anche ieri abbiamo provato un altro testo omnibus. Basterebbe leggere il titolo: si fa fatica ad arrivare in fondo, perche´ e` proprio un centone. In realta`, come ha detto anche il Presidente della Repubblica, l’eterogeneita` non e` una questione estetica, bensı` una grave tecnica legislativa che rende poco trasparente il testo e difficile la sua comprensione. In questo caso e` particolarmente grave, perche´ un simile modo di procedere non puo` che aumentare il contenzioso, proprio quando una parte del provvedimento sarebbe diretta, attraverso l’arbitrato, a ridurlo: quindi, e` una contraddizione in termini. Il primo motivo inerisce dunque alla presenza di un peccato di confusione.

Il secondo motivo denuncia invece un peccato di omissione. Come e` noto, con questo provvedimento ci siamo trascinati per due anni – siamo alla sesta lettura, un record negativo – nei quali, non so se ce ne siamo accorti ma anche senza essere esagerati e` successo di tutto la crisi, la disoccupazione, l’economia che va male. In questi due anni, centone per centone, si poteva anche affrontare qualche problema vero, che ha a che fare con l’andamento nei nostri rapporti di lavoro. Come Partito Democratico in questo periodo avevamo avanzato delle proposte molto puntuali e significative per semplificare il processo del lavoro, riprendendole tra alcune di quelle gia` largamente discusse nella precedente legislatura, o per intervenire sui problemi gravi delle politiche di impiego e dei servizi all’impiego: tutte questioni che, quando parliamo di altro, anche qui, diciamo che sono urgenti. Ci vuole veramente coraggio da parte del relatore nel dire che siamo di fronte ad un caso di virtuosa fantasia e di rispondenza alle esigenze del Paese. Purtroppo, a dir poco, e` un’altra occasione perduta.

Il terzo motivo – questione centrale che abbiamo ricordato – tocca la concezione dell’arbitrato. Ribadisco che siamo favorevoli, visto che il nostro Paese ha un grave ritardo, ma fin dall’inizio abbiamo detto che uno trumento delicato come questo andrebbe regolato bene. Diamo atto che dopo la tirata d’orecchie del Capo dello Stato vi e` stato un miglioramento. Lo riconosco perche´ nella prima versione si trattava proprio di un arbitrato selvaggio, che ora viene migliorato poiche´ si dice che l’arbitro deve rispettare i principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari, diventando cosı` certamente piu` garantistico. Non sara` facile neanche qui, in un Paese pieno di avvocati, dibattere su cosa cio` significhi. Pero` noi avevamo avanzato una proposta su cui abbiamo insistito per due anni: l’arbitrato e` un atto di giurisdizione privata che ha a che fare con rapporti complessi; tutti i Paesi che lo hanno usato l’hanno affidato alla contrattazione collettiva. E questo e` il modo piu` semplice. In tal modo non si interferisce con diritti fondamentali e si tutelano anche aspetti che, invece, sono piuttosto preoccupanti, ad esempio la possibilita` che il ricorso all’arbitrato sia estorto, specie in un momento di debolezza. Anche su questo punto il Capo dello Stato ha insistito in tal senso, e ne e` seguita qualche correzione: 30 giorni di respiro invece di subito! Pero` la questione si sarebbe risolta veramente se si fosse seguita la nostra proposta. Confrontate allora che cio` esista in tutti gli ordinamenti civili: l’arbitrato e` strumento governato dai contratti collettivi per le materie disponibili ai contratti collettivi: questa era la strada, che invece e` stata presa solo a meta`, e forse neanche a meta`. Quarto punto: perche´ non e` stata seguita fino in fondo? Perche´ alla fine c’e` il decreto del Ministro: non solo l’ambito dell’arbitrato e` piu` ampio, ma anche la contrattazione e` interrotta. E` vero che ci sono precedenti di intervento di decreti ministeriali, ma il Capo dello Stato ha detto che una materia del genere, in cui si tratta di decidere della tutela dei diritti, o in giudizio o nell’arbitrato, non puo` essere affidata al decreto del Ministro, ma solo alla legge. Si possono citare anche decisioni della Corte costituzionale in tal senso. Quindi, questo punto sara` sicuramente impugnato dinanzi alla Corte.

Un’ultima notazione su un altro aspetto su cui si e` fatto qualche miglioramento: si e` tolto di mezzo il licenziamento, anche se va ricordato che i diritti delle persone esistono anche prima di essere decapitati dal licenziamento. Ci sono altre norme. Alcune sono confuse, magari non particolarmente nocive, come quelle sulla certificazione che porteranno solo altro lavoro all’affaticato processo. Ma c’e` almeno una norma particolarmente pericolosa: quella con cui si inventano i sindacati territoriali (il che vuol dire anche di rione) e si da` loro il potere di decidere su norme addirittura in deroga. Lo abbiamo detto qui in Aula, alla presenza del sottosegretario Viespoli: ci si rende conto che si sta fasciando uno dei piu` delicati

sistemi di relazioni industriali e nazionali d’Italia? Questa e` la lista degli argomenti principali, e il collega Ichino ne aggiungera` degli altri: ve ne e` abbastanza per non procedere all’approvazione del disegno di legge in titolo. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e del senatore Astore).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Ichino per illustrare la questione pregiudiziale QP2. Ne ha facolta`.

ICHINO (PD). Signor Presidente, colleghi, questa legge che il Senato si appresta a licenziare per la terza volta in due anni porta in se quella stessa contraddizione che tipicamente affligge l’intera azione di questo Governo: la contraddizione tra gli annunci ambiziosi e le realizzazioni concrete. Andra` cosı` anche per la parte di questo collegato-lavoro che oggi dobbiamo tornare a discutere, cioe` la parte relativa all’arbitrato. Annunciata come la legge che avrebbe rilanciato su larga scala l’arbitrato nel nostro ordinamento del lavoro, come abbiamo sentito ancora pochi minuti fa dal relatore Castro, la legge in discussione e` destinata a non produrre tale effetto neppure in minima parte, non solo per i vizi di costituzionalita`, che in parte sono stati illustrati dal collega Treu e sui quali per altra parte tornero` a breve, ma anche e soprattutto per la pessima qualita` della tecnica normativa adottata.

A questo proposito, chiedo al Ministro per la semplificazione legislativa: davvero questo cosiddetto collegato lavoro e` per voi il modello di norma agevolmente leggibile e comprensibile da chiunque debba applicarla, di cui si parla nel Decalogue for smart regulation che l’Unione europea ci ha invitato a rispettare come guideline fondamentale nella produzione legislativa? Chiedo al Ministro del lavoro: e` davvero questo cosiddetto collegato lavoro, in particolare i 40 commi in materia di arbitrato (quando ne sarebbe bastato uno solo o al massimo due), il modello di self restraint legislativo, di legislazione snella e cauta al tempo stesso perche ´ rispettosa del principio di sussidiarieta` rispetto alla competenza prioritaria della contrattazione collettiva?

Davvero, ministri Sacconi e Calderoli, per voi il modello di legislazione sui rapporti di lavoro pubblico e privato e` questa legge-minestrone nella quale la riforma della materia dell’arbitrato, quindi riforma – nientemeno – del codice di procedura civile, si colloca all’articolo 30, in coda rispetto a una congerie di norme che vanno dal doping nelle attivita` sportive ai medici ed infermieri extracomunitari, dal trasferimento di ricercatori della Scuola superiore dell’economia e delle finanze alle carriere dei Vigili del fuoco, dall’eta` pensionabile dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale alla disciplina dei gruppi sportivi delle Forze armate e di polizia, e persino – e` l’articolo 28, che precede immediatamente i due articoli di cui oggi dobbiamo occuparci – ai concorsi interni per vice revisore tecnico e vice perito della Polizia di Stato? (Brusio).

Capisco il fastidio dei colleghi, che si manifesta nel loro brusio, per l’incredibile farragine di questo elenco, ma immaginate il fastidio dei cittadini italiani quando questa incredibile farragine sara` legge dello Stato nella Gazzetta Ufficiale (Applausi del senatore Perduca). A questo proposito il Capo dello Stato ci avverte: «Ho gia` avuto altre volte occasione di sottolineare gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilita` e comprensibilita` delle disposizioni». Parliamo tanto di rilanciare in Italia la cultura della legalita` e delle regole, ma se queste ultime sono illeggibili e inconoscibili, quale cultura delle regole possiamo promuovere? Su questo ci invita a riflettere il Capo dello Stato!

Venendo alla materia specifica che dobbiamo affrontare oggi, chiedo ai Ministri del lavoro e della semplificazione legislativa e al relatore Castro che ha parlato di questo disegno di legge come «vettore di semplificazione»: davvero considerate corretto impiegare nell’articolo 30, quello sull’arbitrato, 40 fra commi e sottocommi (oltre tutto destinati caoticamente a collocarsi in parte nel codice di procedura civile e in parte fuori, per la gioia di giudici, avvocati, consulenti del lavoro e soprattutto dei cittadini che dovranno prima trovarli e poi leggerli, capirli ed applicarli) davvero considerate corretto ricorrere a questo enorme volume normativo per regolare una materia, quella dell’arbitrato nelle controversie di lavoro, che avrebbe potuto essere riformata in modo infinitamente piu` efficace, perche´ piu` chiaro, piu` semplice e piu` immediatamente comprensibile, con tre righe che affermassero la sovranita` della contrattazione collettiva per la soluzione delle controversie sulle materie di sua esclusiva competenza? Se fosse stata adottata questa scelta di tecnica normativa – che abbiamo indicato in un emendamento presentato dal collega Treu, da me e da altri colleghi della Commissione lavoro e che invece e` stato respinto del tutto immotivatamente – si sarebbe risolta correttamente anche la questione spinosa dei limiti dell’arbitrato nelle controversie relative a rapporti di impiego pubblico. Si sarebbe cioe` consentito un arbitrato regolato dal contratto collettivosulle sole materie nelle quali in questo settore si riconosce al contratto stesso piena sovranita`. Si e` scelta invece la strada vecchia della normativa ipertrofica, complicata, onnipervasiva, con il risultato che nelle pieghe di questo mostruoso articolo 30 è finita una norma sull’arbitrato nel settore pubblico dai confini incertissimi, che quindi apre la strada allo scardinamento dei principi fondamentali della buona amministrazione. Lo ha rilevato la nostra Commissione bilancio in sede di quarta lettura, paventando che da questa norma possano derivare, cito testualmente, «effetti negativi» sui conti pubblici. Lo abbiamo rilevato in Aula nella stessa occasione. E poi lo ha rilevato il Capo dello Stato nel messaggio con cui ha rinviato il disegno di legge al Parlamento. Leggo dal suo messaggio: «Perplessita` ulteriori suscita la estensione della possibilita` di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso e` particolarmente evidente la necessita` di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i principi di buon andamento, trasparenza ed imparzialita` dell’azione amministrativa sanciti dall’articolo 97 della Costituzione».

Nonostante tutti questi avvertimenti, lo ripeto, della Commissione bilancio, dell’Aula, e del Capo dello Stato, la norma e` rimasta identica a come era quando l’abbiamo licenziata in quarta lettura, senza alcuna correzione che possa proteggerla dalla censura di incostituzionalita` che il Capo dello Stato prospetta.

Per questo riproponiamo la pregiudiziale di costituzionalita` riferita a questa parte dell’articolo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Brusio).

GLI INTERVENTI DI PIETRO ICHINO, MAURIZIO CASTRO E PIERO LONGO SULL’EMENDAMENTO CHE AVREBBE POTUTO RILANCIARE L’ARBITRATO COME “VOCE DEL CONTRATTO COLLETTIVO” (28 SETTEMBRE)

PRESIDENTE – Ha chiesto la parola il senatore Ichino. Ne ha facoltà.
ICHINO (PD). Signor Presidente, colleghi, l’emendamento 30.116, al quale si riferisce il mio intervento, tocca un aspetto particolarmente importante, che cerco di spiegare in breve. In materia di arbitrato, c’è un punto su cui tutti i sindacati maggiori e le associazioni imprenditoriali sono pienamente d’accordo, che costituisce addirittura, da sempre, una bandiera di una delle confederazioni sindacali maggiori, la CISL: l’arbitrato deve poter essere, laddove le parti lo decidano, la voce del contratto collettivo. Sulle materie su cui il contratto collettivo dispone in modo sovrano, cioèsu quelle che non sono oggetto di norma inderogabile di legge, la clausola compromissoria deve poter essere introdotta nel contratto collettivo, affinché su quelle materie sia il contratto stesso, che è fonte unica della disciplina, a disporre circa la soluzione delle eventuali controversie. A questo tende l’emendamento che proponiamo e che inspiegabilmente – vi chiedo di fare particolare attenzione su questo punto – inspiegabilmente è stato respinto in seconda e in quarta lettura. Chiedo al relatore di spiegarci, almeno in questa sede, per quale motivo su questo emendamento egli abbia espresso parere contrario. In privato, non in Aula, il relatore Castro mi ha detto che questo emendamento è superfluo; non mi ha detto che è sbagliato, ma che è pleonastico, perché l’articolo 412-ter del codice di procedura civile, nel testo che abbiamo riscritto in questo provvedimento legislativo, già prevede che la conciliazione e l’arbitrato «possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi». Sennonché questa formulazione non dice affatto che la clausola compromissoria possa essere introdotta nel contratto collettivo sulle materie su cui questo detta una disciplina in modo sovrano, essendo la materia sottratta a norme inderogabili di legge. Dice solo che il contratto stabilisce modi e tempi di svolgimento dell’arbitrato. Se ci limitiamo a questa formulazione, non otteniamo il risultato che invece andrebbe perseguito: cioè quello di promuovere l’arbitrato là dove esso va veramente promosso, cioè sulle materie che sono oggetto esclusivo di contrattazione collettiva. A questo si dovrebbe puntare; ma la disposizione contenuta nel testo al nostro esame non consegue questo risultato.
Vi chiedo, allora, perché volete espandere l’arbitrato nella direzione sbagliata, facendo in modo che le parti individuali possano compromettere in arbitri materie che sono disciplinate inderogabilmente dalla legge, e non consentite invece che l’arbitrato svolga la funzione che gli è riconosciuta in tutti i Paesi più avanzati e civili del nostro, cioè la funzione di voce del contratto collettivo sulle materie su cui il contratto collettivo stesso opera in modo sovrano? Chiedo al relatore di spiegarci per quale motivo questo emendamento viene respinto. Se egli non ci darà una spiegazione, chiedo che l’Aula ne tragga le conseguenze e accolga l’emendamento 30.116. Altrimenti si confermerà in pieno la contraddizione di fondo di questa legge, che promette qualcosa che non potrà mantenere. L’arbitrato che state qui delineando finirà col non avere alcuna applicazione pratica, per le complicatissime procedure di cui lo avete circondato. Quindi, anche nella direzione sbagliata in cui lo avete voluto estendere, non produrrà risultato. Per converso, in questo modo non diamo alcun contributo allo sviluppo dell’arbitrato nella direzione giusta.
Chiedo che il relatore ci dia spiegazioni su questo punto. Se la spiegazione è soltanto che l’articolo 412-ter del codice di procedura civile, nella nuova formulazione che gli abbiamo dato, prevede la stessa cosa che è prevista nel nostro emendamento, chiunque può constatare che le cose non stanno così. Insomma, la spiegazione del vostro voto contrario non può essere questa: trovatene un’altra. Altrimenti, non andate in giro a dire che volete promuovere l’arbitrato nelle controversie di lavoro. (Applausi dal Gruppo PD).

[…]

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CASTRO [2], relatore. Signor Presidente, ringrazio i colleghi per l’intelligente pacatezza con cui sono stati sviluppati gli emendamenti. Non approfitterò della vostra pazienza e farò solo una breve precisazione metodologica. Non mi sento del tutto persuaso dal ragionamento che ho sentito aleggiare in molti degli interventi svolti prima in quest’Aula, quando si assume il rischio di un arretramento sul piano dei diritti realizzato dall’articolo 30 di questo provvedimento, che indubitabilmente è orientato e votato a significativamente rafforzare l’istituto dell’arbitrato.
Nessuno di noi deve dimenticare come questa regolazione è assolutamente in linea con quanto previsto dal protocollo sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 e del 15 aprile 2009, nel momento in cui, all’articolo 3, viene indicata una traiettoria di valorizzazione dell’arbitrato; soprattutto, non dimentichiamo che l’11 marzo di quest’anno, prima ancora dell’autorevolissimo intervento del Capo dello Stato, tutte le organizzazioni sindacali, salvo una, e tutte le associazioni datoriali, ben 36 complessivamente, avevano firmato una dichiarazione comune nella quale ribadivano l’utilità di un rafforzamento, di una condensazione dell’arbitrato e si impegnavano ad una rapida implementazione della riforma che regolava in modo nuovo l’istituto.
Dobbiamo forse immaginare che la CISL, la UIL, l’UGL, la Lega delle cooperative abbiano potuto offrire la loro inerte complicità ad un provvedimento che avrebbe comportato l’indebolimento o l’ingracilimento dei diritti dei lavoratori o non, invece, dobbiamo ritenere che esse si siano sentite chiamate da protagoniste alla modernizzazione delle relazioni industriali e del diritto del lavoro attraverso la valorizzazione dell’autonomia delle parti sociali e contrattuali? Presidente Finocchiaro, la ringrazio con cuore sincero del suo intervento, la mia è una sorta di considerazione che svolgo in modo molto sommesso, io stesso però sottoponendola in tutta la sua evidenza alla valutazione dell’Aula.
Quanto poi alla sollecitazione che l’amico e collega Pietro Ichino mi rivolge, lo ringrazio innanzitutto di aver narrato gli oggetti delle nostre conversazioni private (essendo favorevole alla trasparenza di tutto quello che dicono e fanno gli uomini pubblici, non posso che compiacermene): in realtà, non ho timore che quella posizione venga resa pubblica, dal momento che l’avevo già resa pubblica. Ricordiamo brevemente com’è articolata la riforma dell’arbitrato: c’è una prima parte, che è una ovvia espansione dei tentativi di conciliazione già previsti dal nostro ordinamento, ed è quella che chiamo l’arbitrato espansivo; poi esiste un altro arbitrato, che è quello sul quale troppo a lungo si è probabilmente concentrata l’attenzione del dibattito politico istituzionale degli stessi media, che è quello di un particolarissimo, periferico, residuale tipo di arbitrato che viene attivato all’atto costitutivo del rapporto di lavoro e può a sua volta essere regolato da un accordo tra le parti sociali o da un accordo individuale tra le parti stipulanti il contratto; in quest’ultimo caso, dopo le indicazioni sollecite del Presidente della Repubblica, dentro un perimetro particolarmente protetto.
Il cuore dell’arbitrato, però, è esattamente quell’articolo 412-ter del codice di procedura civile, il quale illimitatamente attribuisce alla facoltà, all’autonomia (e al loro esercizio) delle parti sociali di intervenire, attraverso l’introduzione dell’arbitrato, in qualunque materia, in qualunque condizione, in qualunque circostanza esse ritengano coerente con il loro modello di relazioni industriali e con l’opportunità di regolazione dei loro rapporti. Ribadiamo pertanto che culturalmente è a noi affine il contenuto dell’emendamento, ma esso è assai più debole ed assai più fragile di quella che è invece la scrittura scandita, nitida, efficace ed esaustiva del riformulato articolo 412-ter del codice di procedura civile, così come disegnato nel comma 6 dell’articolo 30 che ci accingiamo a votare.
Essendo il professor Ichino un giurista insigne e io soltanto un ruvido badilante delle relazioni industriali, nessuno nega che le sue considerazioni possano essere più perspicue delle mie, ma io, come relatore, tutta la maggioranza e il Governo ribadiamo nitidamente che la nostra formulazione dell’arbitrato è assai più e meglio propulsiva di quella che voi, pur commendevolmente, proponete. (Applausi del senatore Saltamartini).
Signor Presidente, se lei è d’accordo, esprimo complessivamente parere negativo su tutti gli emendamenti all’articolo 30 senza elencarli distintamente.
[…]
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 30.116.

LONGO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolta`
LONGO (PdL). Signor Presidente, a titolo personale, in dissenso dal mio Gruppo, intendo annunciare il mio voto favorevole all’emendamento 30.116, presentato dal senatore Ichino e da altri senatori.
ICHINO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facolta`.
ICHINO (PD). Signor Presidente, ringrazio il collega Longo per la sua dichiarazione di voto in dissenso dal suo Gruppo. E chiedo se questa dichiarazione, data la provenienza molto qualificata della dichiarazione, non debba far riflettere i colleghi sul punto che ho cercato prima di sottolineare e che induce il Partito Democratico a votare a favore di questo emendamento. Come ho già detto, l’articolo 412-ter, primo comma, del codice di procedura civile, nella sua formulazione attuale non consente l’inserimento della clausola compromissoria nel contratto collettivo su materie di competenza esclusiva della contrattazione collettiva. Il nostro emendamento, chiarissimo e leggibilissimo anche per non esperti di diritto, prevede espressamente: «Il contratto collettivo, di livello nazionale, che contenga disposizioni su materie non oggetto di disciplina legislativa inderogabile può disporre altresì che tutte le controversie sulla materia stessa siano risolte mediante arbitrato». Se votate contro questo emendamento, dunque, impedite che, con l’inserimento della clausola compromissoria direttamente nel contratto collettivo, l’arbitrato diventi la voce del contratto collettivo, disattendendo un’indicazione cui sono favorevoli tutte le parti sociali interessate. Ma allora non potrete più dire che questa legge mira alla promozione dell’arbitrato: mira solo alla promozione dell’arbitrato in un territorio che non è il suo proprio, quello della norma di legge inderogabile. E in questo modo invece tagliate le gambe all’arbitrato sul terreno su cui esso andrebbe favorito. Sul terreno sul quale questo istituto nei paesi civili funziona meglio, cioè sulla materia esclusivamente propria della contrattazione collettiva. Vi ricordo che stiamo parlando essenzialmente delle materie della retribuzione e dell’inquadramento professionale, che sono le due grandi materie di competenza esclusiva della contrattazione collettiva, sulle quali si registra più del 50 per cento del contenzioso giudiziale. Tagliare le gambe all’arbitrato come voce del contratto collettivo su queste materie, significa perdere l’occasione di un rilevante decongestionamento dei tribunali del lavoro – di cui invece ci sarebbe enorme bisogno – per sviluppare invece l’arbitrato in una direzione sbagliata. In quest’altra direzione, peraltro, non otterrete alcun vero sviluppo dell’istituto, perché le procedure che avete messo in campo sono troppo complesse e costose per produrre quell’effetto. Per questo, oltre a dichiarare il nostro voto favorevole, raccomando alla maggioranza un ripensamento su questo punto. (Applausi dal Gruppo PD).