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GRAZIANI: CONTRO LA LEGGE SINDACALE

L’INTERESSANTE INTERVENTO DI UNO STUDIOSO DELLA STORIA DELLA CISL METTE IN LUCE GLI ARGOMENTI CHE MILITANO CONTRO UN INTERVENTO LEGISLATIVO SULLA RAPPRESENTANZA E LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Messaggio di Giovanni Graziani, ricercatore della Fondazione Giulio Pastore, pervenuto l’11 maggio 2011, in parziale dissenso dalla mia Lettera sul Lavoro [1]  pubblicata sul Corriere della Sera del 6 maggio


Gentile professor Ichino,
ho letto solo ora il suo articolo sul Corriere del 6 maggio scorso sulle battaglie (sbagliate) della Fiom, e le molte ragioni della Cisl, in cui lei invita ad aggiungere all’elenco delle tante occasioni in cui la stessa Cisl aveva visto giusto negli anni passati, anche l’opposizione degli anni ’60 allo statuto dei lavoratori.
Alle sue condivisibili osservazioni (tranne sulla conclusione, ma ci arriverò dopo), mi permetto di aggiungerne una: non è solo la Cgil che dovrebbe ripensare alle ragioni messe in campo dalla Cisl in quella vicenda; ma è la Cisl stessa, e non solo l’ultimo libro del professor Baglioni, che sul punto tende a sorvolare. Tanto che quando ho pubblicato “Il nostro statuto è il contratto”, una reazione non infrequente nella Cisl è stata la sorpresa, non sempre gradita, nello scoprire una pagina di storia della propria organizzazione che era stata cancellata dalla memoria collettiva (nei manuali di formazione sindacale dei primi anni ’70 già si raccontava tutta un’altra storia).
E anche quando nel febbraio scorso è morto il professor Mario Grandi, figura centrale nell’elaborazione del pensiero della Cisl sul primato della contrattazione (e nella vicenda dello statuto in particolare), non ci sono state grandi riflessioni sul significato della dottrina di Grandi, sulla difesa appassionata, anche nell’ambito della comunità dei giuslavoristi, della libertà sindacale come prima regola per qualsiasi ordinamento delle relazioni sindacali. Quasi si trattasse di un’eredità troppo pesante da portare.
Eppure si tratta di un’eredità feconda e attuale, anche per sostenere da posizioni culturalmente autonome il dibattito sulla riforma delle regole per la contrattazione. Ad esempio, alla critica che, dopo tanti complimenti, lei fa in conclusione alla Cisl, cioè che avrebbe sbagliato a non accettare una legge con “regole chiare ed efficaci” sul contratto collettivo, la risposta di Grandi era nota: la prima regola chiara ed efficace è quella della libertà del sindacato di restare un’associazione, legittimata dall’adesione dei propri iscritti. Una posizione tutt’altro che passatista, visto che coincide perfettamente con quella sostenuta oggi (ma è solo un esempio) dai più bei nomi del diritto del lavoro tedesco (come Wolfgang Däubler, Volker Rieble e Thomas Dieterich), nel dibattito in corso sulla Tarifeinheit (il Dgb e le imprese chiedono una legge maggioritaria, in base agli iscritti, sul contratto da applicare nel posto di lavoro, per tagliare le gambe al rinascente pluralismo sindacale in molti settori. Ma diversi giuristi del lavoro sono contrari, ed anche nel Dgb non c’è unanimità).
Proprio in questi giorni, in cui si parla di “modello tedesco” per le regole della contrattazione, dalla Germania vengono argomenti, autorevolmente sostenuti, a difesa della contrattazione collettiva come esercizio di autonomia collettiva privata e come rappresentanza degli iscritti. Pareri in base ai quali si potrebbe concludere che la Cisl, nonostante l’opinione contraria non solo sua ma, anche di tanti altri giuristi fin troppo vicini alla confederazione, ha avuto ed ha ragione, anche su questo punto.
E fa bene a non cambiare idea.
Giovanni Graziani