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COME FINANZIARE GLI ATENEI SENZA GRAVARE SUI MENO ABBIENTI E SUI CONTI PUBBLICI

L’INGEGNERIZZAZIONE POSSIBILE NEL CONTESTO ITALIANO DELL’ESPERIMENTO ISPIRATO AL MODELLO INGLESE DEI PRESTITI STATALI AGLI STUDENTI, DESTINATI A ESSERE RESTITUITI SOLTANTO AL RAGGIUNGIMENTO DI UNA SOGLIA DI REDDITO PROFESSIONALE

 Articolo di Andrea Ichino pubblicato sul Sole 24 Ore del 27 giugno 2011

È possibile rifinanziare gli atenei in un modo che non gravi sui meno abbienti, sia compatibile con i vincoli di bilancio e responsabilizzi gli atenei stessi e gli studenti? Un inedito spiraglio istituzionale per farlo esiste ma richiede che i migliori giovani italiani siano disponibili (e adeguatamente incentivati) a spostarsi in modo da indicare “con le loro gambe” le università migliori.
Il primo requisito sono i fondi. Qui la novità sta nel far leva sulla Fondazione per il Merito (FM) recentemente istituita con il Decreto Sviluppo e sapientemente strutturata, al Ministero dell’Economia, da Andrea Montanino. Qualsiasi contributo conferito a questa Fondazione può costituire una garanzia che consentirebbe alla Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che per sua natura può investire a lungo termine, di prestare denaro per finanziare l’istruzione terziaria in misura pari a circa dieci volte la garanzia stessa, purché  il rischio di mancata restituzione sia sufficientemente contenuto. La CDP non rientra nei conti dello Stato e questo consente di non aggravare l’esorbitante debito pubblico. Chi vagheggia di finanziare l’università con tagli ad altre voci di spesa e lotta all’evasione, tenga presente che ogni euro guadagnato su quei fronti (e sarebbe un bene) deve essere usato per ridurre quel debito
Il secondo requisito è uno schema di utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla CDP che responsabilizzi chi le riceve affinché vengano messe a frutto nel modo più sicuro e redditizio possibile. Lo struttura base dello schema è oggetto di un’interrogazione parlamentare ed è stata studiata nei dettagli da Daniele Terlizzese (vedi http://www.eief.it/terlizzese/files/2011/06/prestiti-universitari.pdf [1]). Consiste in un sistema di prestiti che i migliori studenti italiani, selezionati mediante un opportuno test nazionale alla fine delle superiori, possono utilizzare per pagare le tasse universitarie e il sostentamento necessario per frequentare l’ateneo ritenuto migliore, anche lontano da casa. Il prestito verrà restituito dallo studente solo se e quando, una volta laureato, raggiungerà un livello sufficiente di reddito. Sarà inoltre comunque restituito in misura proporzionale alla retribuzione. Chi stigmatizza l’indebitamento che questo schema impone, soprattutto ai meno abbienti, rifletta sul fatto che la soglia minima di reddito è per lo studente una garanzia decisiva contro il rischio che l’investimento in istruzione non dia frutti. Questa modalità di prestito riduce al minimo l’ansia che il debito potrebbe generare.
Occorre però anche uno schema che condizioni l’erogazione del prestito all’eccellenza effettiva dei corsi di laurea a cui gli studenti possono accedere. Quelli attuali con rare eccezioni non consentono ai loro laureati di acquisire il capitale umano e i redditi necessari per ripagare il debito. Il terzo requisito del progetto risolve questo problema. Consideriamo un ateneo che riceva dallo Stato un finanziamento pari a 100 a cui si aggiunga la  quota premiale pari  a 7 prevista dalla Riforma Gelmini. Questo ateneo può decidere di conferire alla FM una parte della quota premiale: ad esempio 5. A fronte di questo conferimento, la CDP può erogare prestiti per un ammontare di 50 (metà del finanziamento originale!). Questi prestiti verranno utilizzati dagli studenti meritevoli per iscriversi a un corso di laurea credibilmente eccellente. L’ateneo quindi sa che, combinando l’impegno di una quota relativamente modesta della propria dotazione con un’offerta formativa credibile, può disporre di fondi largamente maggiori a quanto conferito, purché riesca a convincere i destinatari dei prestiti a iscriversi ai suoi corsi migliori. Naturalmente, perché questa offerta sia credibile, il Miur dovrebbe dare agli atenei partecipanti una piena autonomia nella costruzione dei corsi di laurea di eccellenza: possibilità di aumentare le tasse (in modo differenziato in relazione al reddito), di chiamare i migliori docenti anche dall’estero con retribuzioni adeguate, di acquistare attrezzature d’avanguardia senza vincoli burocratici. Il valore dei corsi che grazie a questa autonomia potranno essere disegnati non sarà legale ma reale: lo certificherà la scelta degli studenti che su di essi scommetteranno.
Ciascuno dei tre requisiti del progetto è funzionale agli altre due. Solo atenei in grado di offrire corsi eccellenti riusciranno ad attirare studenti meritevoli e al tempo stesso portatori dei fondi necessari per finanziare proprio quell’offerta formativa di qualità. La CDP potrà quindi moltiplicare con tranquillità per 10 il patrimonio della FM perché i prestiti da essa offerti andranno a finanziare un investimento in capitale umano effettivamente redditizio. Il MIUR potrà concedere senza tema l’autonomia necessaria agli atenei che vogliano partecipare, perché saranno gli studenti stessi, con le loro gambe, a dire se gli atenei si saranno meritati la fiducia e l’autonomia ricevuta. Non ci saranno, ex ante, atenei di serie  A o B: tutti potranno partecipare a questo gioco a somma positiva, se sapranno sfruttare in modo convincente le risorse a loro offerte. Ma potranno anche andare avanti col vecchio sistema, se preferiscono.
E, soprattutto, tutti gli studenti, indipendentemente dalla condizione sociale, potranno accedere a questa scommessa comune con l’Ateneo prescelto, sapendo che dovranno restituire il prestito solo se la scommessa sarà stata vinta e quindi il reddito conseguito lo consentirà.
 Andrea Ichino
andrea.ichino@unibo.it [2]