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LINKIESTA: FA BENE (E QUANTO È CREDIBILE) BERLUSCONI QUANDO PARLA DI RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO?

DOPO TRE ANNI DI INERZIA PRESSOCHÉ TOTALE SU QUESTO TERRENO, IL GOVERNO NON PUÒ ESSERE MOLTO CREDIBILE RIPROPONENDO PER L’ENNESIMA VOLTA L’ANNUNCIO DELLO “STATUTO DEI LAVORI”: SAREBBE PIÙ CREDIBILE SE ACCETTASSE DI PARTIRE DAL PROGETTO ELABORATO DALL’OPPOSIZIONE

Intervista a cura di Dario Ronzoni pubblicata on line sul sito Linkiesta .it [1]il 3 agosto 2011, prima del duplice intervento svolto in Parlamento dal Presidente del Consiglio nel tardo pomeriggio dello stesso giorno L’intervista è ampiamente ripresa nel Jobtalk del 4 agosto di Rosanna Santonocito [2]

Secondo alcune indiscrezioni, Berlusconi, nel suo discorso di oggi, introdurrà l’ipotesi di una riforma del lavoro, che comprende una revisione dello Statuto dei lavoratori. La direzione andrebbe verso uno snellimento delle norme, secondo lui troppo rigide e che impediscono l’ammodernamento. Si tratta di una proposta che potrebbe convincere i mercati?
É impossibile dare una valutazione su di una prospettiva così vaga. Osservo, comunque, che il Governo è in carica da più da tre anni, e su questo terreno non ha fatto ancora nulla. Il solo intervento legislativo di qualche rilievo è stato il “Collegato-Lavoro” varato l’anno scorso; ma è un minestrone indigeribile, in larga parte inapplicabile, nel quale è difficile districarsi anche per gli specialisti del diritto del lavoro.

L’idea, nella teoria, è un cambiamento che cerchi di riammodernare la situazione del lavoro in Italia. Crede che, in generale, si tratti della cosa giusta da fare, al momento? Ci sono altre priorità? É l’approccio giusto?
Il solo documento che il Governo ha prodotto, finora, è stato un invito del ministro del Lavoro inviato alle parti sociali l’11 novembre scorso, contenuto in due pagine scarne, affinché esse formulino un avviso comune su di un nuovo “Statuto dei lavori”. In questo modo, però, il ministro ha indicato soltanto il titolo di un impegno della sua agenda, senza peraltro dargli alcun seguito apprezzabile: da nove mesi non è accaduto più nulla riguardo a quell’impegno. D’altra parte, una riforma di questa portata non si improvvisa: richiede un’accurata preparazione e un approfondito lavoro di confronto nel merito con le parti interessate. Di tutto questo il Governo a tutt’oggi non ha fatto nulla.

Cosa dovrebbe cambiare il governo, a suo avviso, per una modernizzazione del mondo del lavoro?
Il Governo dovrebbe per prima cosa avvalersi del lavoro che, su questo terreno, ha svolto in questi anni l’opposizione. Non posso, a questo proposito, non ricordare che, con altri 54 senatori, ho presentato già nel 2009 un disegno di legge, che reca il n. 1873 [3], contenente una proposta di drastica semplificazione dell’intera legislazione di fonte nazionale in materia di lavoro, con la sua riduzione a settanta articoli ben ordinati, scritti in modo comprensibile per tutti e traducibili in inglese. Su questo progetto di “codice semplificato del lavoro”, ispirato al modello scandinavo della flexsecurity, si sta svolgendo da due anni un intenso dibattito, nel quale si sono registrati numerosi importanti consensi, anche da parte di dirigenti nazionali delle confederazioni sindacali maggiori. E il 10 novembre scorso il Senato ha approvato quasi all’unanimità una mozione – primo firmatario il senatore Rutelli – che impegna il Governo a partire, per la riforma, proprio da quel progetto. Il Governo sarebbe più credibile se riconoscesse l’importanza e l’utilità di questo lavoro compiuto dall’opposizione, cui la stessa maggioranza ha manifestato attenzione e approvazione. Perché non partire da qui?