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FINANZA PERICOLOSA O GIOCO A SOMMA POSITIVA?

LA PROPOSTA DI GRADUALE RIFORMA DEL FINANZIAMENTO UNIVERSITARIO BASATA SU PRESTITI AGLI STUDENTI CONDIZIONATI AL LORO REDDITO FUTURO

Articolo di Andrea Ichino e Daniele Terlizzese pubblicato su il Sole 24 Ore del 26 novembre 2011 – In argomento v. anche il saggio [1] con i dettagli della proposta e le simulazioni dei suoi effetti in uno scenario di base e in uno scenario pessimista e la mia interrogazione parlamentare [2] su questo progetto ai ministri dell’Economia e dell’Istruzione presentata il 18 maggio 2011

“Sì all’università gratis per tutti. No al debito privato degli studenti”. È uno slogan molto efficace degli “indignati”. Ma è sbagliato per almeno tre ragioni.
L’indignazione dovrebbe innanzitutto rivolgersi verso la profonda iniquità del finanziamento pubblico dell’università italiana che comporta un trasferimento di quasi 3 miliardi di euro, ogni anno, dai contribuenti con reddito inferiore ai 40 mila euro lordi a quelli con reddito superiore. Questo inaccettabile e continuo regalo dai poveri ai ricchi deriva dal voler finanziare mediante la fiscalità generale (sia pure progressiva) un servizio di cui oggi usufruiscono relativamente di più i figli delle famiglie benestanti.
In secondo luogo, per i giovani meno abbienti il prestito è un potente strumento di equità. Sostituisce la capacità personale alla casualità dell’appartenenza familiare: con il prestito non sono i redditi correnti (dei genitori) a essere importanti, ma quelli futuri (del laureato). E prestiti condizionati al reddito futuro (non a rata fissa) evitano rimborsi insostenibili e riducono il rischio di investire in istruzione terziaria, facilitando l’iscrizione all’università soprattutto per chi viene da famiglie economicamente svantaggiate.
In terzo luogo, un sistema di prestiti agli studenti consente di convogliare maggiori risorse agli atenei che le meritano, senza gravare sullo Stato e aumentando la qualità del sistema universitario, grazie alla pressione concorrenziale esercitata sugli atenei stessi dalle scelte degli studenti: avere fiducia in loro è la chiave di volta.
Queste affermazioni sono articolate e dimostrate nel nostro saggio, scaricabile dal sito http://www.scienzainrete.it/ [3], nel quale proponiamo una riforma graduale del finanziamento dell’istruzione terziaria, studiandone approfonditamente i dettagli e simulandone la sostenibilità finanziaria. Senza costi aggiuntivi per il bilancio pubblico, quanto da noi proposto consentirebbe un aumento netto di risorse nell’ordine dell’11-13% a disposizione degli atenei che sappiano migliorare la loro offerta formativa in modo convincente agli occhi degli studenti.
Il nostro schema prevede di offrire ai giovani più promettenti un prestito di 15000 euro all’anno, per coprire i costi di sostentamento e le tasse universitarie dei 5 anni di una laurea magistrale, da restituire (con un interesse del 2% reale) mediante un prelievo del 10% sulla parte del loro reddito futuro che superi i 15000 euro lordi all’anno. La proporzionalità tra il reddito e il rimborso riduce il rischio dell’investimento in istruzione universitaria e non crea ansia, perché il rimborso avrà luogo solo nella misura in cui l’investimento abbia successo.
Dal canto loro le università hanno un incentivo ad attrarre gli studenti destinatari dei prestiti, in modo da acquisire le maggiori risorse da essi portate. Gli studenti infatti potranno utilizzare il prestito solo nei corsi di laurea per i quali gli atenei intendono partecipare allo schema. Le prime università a partecipare avranno quindi un incentivo molto forte. Per sfruttarlo, devono migliorare in modo convincente la qualità della loro offerta didattica e devono avere gli strumenti adatti allo scopo. A questo fine, il MIUR deve concedere agli atenei che intendono partecipare la possibilità di aumentare le tasse universitarie al valore medio per studente di 7500 euro annui, pur differenziandole a seconda del reddito delle famiglie d’origine. Deve inoltre concedere agli atenei l’autonomia per disegnare liberamente l’offerta formativa, chiamare i migliori docenti, anche dall’estero, con retribuzioni adeguate, acquistare attrezzature d’avanguardia senza vincoli burocratici. Proprio il miglioramento dell’offerta didattica, generato dalle risorse aggiuntive e dalla maggiore autonomia delle università, crea l’incentivo per gli studenti a scegliere bene, con attenzione al valore reale del titolo, non a quello legale.
I prestiti sono finanziati dalla generazione dei padri che investe in quella dei figli e dei nipoti, in uno scambio dal potente valore simbolico. Veicoli di questo scambio sono la Fondazione per il merito (FM) e la Cassa depositi e prestiti (CDP), che raccoglie e gestisce il risparmio postale, secondo lo schema disegnato da Andrea Montanino presso il Ministero dell’Economia. Questo risparmio viene convogliato dalla CDP alla FM, la quale offre a garanzia i contributi che le sono conferiti. E la FM a sua volta eroga i prestiti agli studenti, utilizzando i rimborsi che da loro riceverà per restituire il finanziamento ottenuto dalla CDP. Naturalmente questo finanziamento sarà un multiplo della garanzia che la FM offre, in relazione al rischio di mancata restituzione (che simuliamo essere nell’ordine del 12-15%, ipotizzando 40 anni di vita utile del laureato).
Ultimo ma fondamentale tassello della proposta è l’idea che i conferimenti alla FM, da utilizzare a garanzia dei prestiti, provengano dagli atenei stessi. Gli atenei che vorranno partecipare potranno conferire alla FM una parte del loro Fondo di finanziamento ordinario. L’incentivo a farlo proviene dall’aumento complessivo di risorse che così gli atenei otterrebbero. Le nostre simulazioni mostrano che se la proposta, come crediamo, fosse in grado di migliorare la qualità dell’offerta formativa e le prospettive di reddito degli studenti, portandole al livello oggi osservato per i laureati di una delle migliori università italiane, il conferimento da parte di un ateneo di una quota del suo FFO porterebbe a un aumento netto di risorse pari in media a 2 volte la quota conferita. Per garantire ogni anno 50 mila prestiti sarebbe necessario un conferimento annuo di 480 milioni, pari al 6.5% dell’FFO complessivo, a fronte del quale il sistema universitario otterrebbe un aumento netto di risorse pari al 13% dell’FFO stesso. In uno scenario più pessimista, se i redditi dei laureati destinatari del prestito non dovessero modificarsi rispetto a quelli dei migliori studenti di un’università media, il conferimento da parte del singolo ateneo porterebbe a un aumento netto di risorse di 1.4 volte; per garantire 50 mila prestiti, in rapporto all’FFO il conferimento necessario salirebbe all’8%, con un aumento netto di risorse pari all’11%.
Si tratta di una costruzione complessa e ambiziosa, i cui elementi si sostengono vicendevolmente. Solo atenei in grado di offrire corsi eccellenti riusciranno ad attirare studenti meritevoli, portatori dei fondi necessari per finanziare proprio quell’offerta formativa di qualità. La CDP potrà finanziare con tranquillità la FM, perché i prestiti porteranno a un investimento in capitale umano effettivamente redditizio. Il MIUR potrà concedere senza tema l’autonomia necessaria agli atenei che vogliano partecipare, perché saranno gli studenti stessi, con le loro gambe, a dire se gli atenei si saranno meritati la fiducia e l’autonomia ricevuta. Non ci saranno, a priori, atenei di serie A o B: tutti potranno partecipare a questo gioco a somma positiva, se sapranno sfruttare in modo convincente le risorse a loro offerte. Ma potranno anche andare avanti col vecchio sistema se preferiscono. E, soprattutto, gli studenti meritevoli, indipendentemente dalla condizione sociale, potranno accedere a questa scommessa comune con l’ateneo prescelto, sapendo che dovranno restituire il prestito solo se la scommessa sarà stata vinta e quindi il loro reddito lo consentirà.