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EUROPA: FIAT E FIOM IN UN VICOLO CIECO

L’ORDINE GIUDIZIALE DI COSTITUZIONE DI 19 NUOVI POSTI DI LAVORO PRODUCE UNA ECCEDENZA DI PERSONALE, LEGITTIMANDO L’IMPRESA AD APRIRE UNA PROCEDURA DI LICENZIAMENTO COLLETTIVO, CHE PERÒ QUI AVREBBE EFFETTI PARADOSSALI E COMUNQUE INGIUSTI

Intervista a cura di Mariantonietta Colimberti pubblicata su Europa il 2 novembre 2012 – In argomento v. anche le interviste pubblicate nello stesso giorno dal Foglio [1] e dal Secolo XIX [2]

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Invocato a gran voce e da più parti, alla fine il governo ha battuto il colpo. Prima Corrado Passera («la mossa che è stata fatta non mi è piaciuta»), poi in serata Elsa Fornero, per «invitare la Fiat a soprassedere all’avvio della procedura di messa in mobilità del personale a Pomigliano in attesa della verifica di una possibilità di dialogo che non riguardi solo il fatto specifico, ma l’insieme delle relazioni sindacali». Il ministro del lavoro nella sua nota parla anche di «rammarico e preoccupazione», di «indurimento della contrapposizione», di «assenza di una posizione comune da parte sindacale».
Per quasi due giorni in rete, in tv e sulle agenzie si è scatenato il finimondo. «Se dai il tuo numero a #Marchionne, devi aspettare che muoia un suo amico perché ti faccia spazio nella rubrica del telefono», scriveva in un tweet fulminante l’attore Carlo Gabardini, fissando con ironia il sentimento di sconcerto, quando non di vera e propria ostilità a volte vicina all’odio, che ha percorso la rete alla notizia di quella che è stata rapidamente definita “la rappresaglia” della Fiat. Un concetto più volte richiamato, da giornalisti (Articolo 21 ha promosso un appello “Stiamo con i 19+19”), da politici (Rosy Bindi, Enrico Rossi). «Licenziamenti inaccettabili» aveva detto Pier Luigi Bersani. E Diego Della Valle era arrivato a chiedere l’intervento di Monti e Napolitano.
«In qualsiasi altro paese – spiega a Europa Pietro Ichino, giuslavorista e senatore dem che in più occasioni ha espresso apprezzamenti per Marchionne – il giudice avrebbe adottato la sanzione più appropriata, che è quella del risarcimento del danno. La costituzione coattiva di un numero elevato di rapporti di lavoro – a questi primi 19 potrebbero seguirne nel prossimo futuro altri 126 – produce l’effetto di una eccedenza di personale, con la conseguente legittimazione dell’impresa ad aprire una procedura di licenziamento collettivo che però qui avrebbe effetti paradossali e comunque ingiusti». Secondo Ichino, «il caso della Fiat di Pomigliano potrebbe essere usato come caso di scuola per lo studio delle cause e degli effetti del malfunzionamento di un sistema di relazioni industriali». E adesso? «Se fossi ministro del lavoro – ci aveva risposto prima del comunicato di Fornero – convocherei le parti per un tentativo di voltar pagina rispetto alla situazione assurda che si è determinata. La Fiom firmi gli accordi, cessando le ostilità e ottenendo così il riconoscimento dei propri rappresentanti in azienda; e la Fiat rinunci al licenziamento collettivo, risolvendo il problema con un contratto di solidarietà, in attesa della ripresa».
«Marchionne ha fatto promesse che non può mantenere e si barcamena – aveva spiegato a Europa l’ex ministro Tiziano Treu – In questo quadro, anche la questione dei 19 licenziamenti non ha soluzione, a meno che non intervenga il governo mettendosi a fare l’arbitro. Se si gestiscono problemi di questo tipo col diritto è un disastro, un gioco a somma negativa. Perché se c’è stata discriminazione, deve esserci il reintegro. Anche un giudice dell’America profonda li avrebbe reintegrati. Ma, al contempo, se ne riassumi 19 secondo il principio di uguaglianza, devi cacciarne altri 19… Andrei a vedere come Marchionne ha scelto o sceglierà i nuovi da licenziare, se a sorte o cosa… Ripeto, così perdono tutti».
Intanto Raffaele Bonanni ha annunciato di essere pronto alla mobilitazione se la Fiat licenzierà 19 dipendenti per reintegrare gli iscritti alla Fiom. La guerra è appena iniziata.

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