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CIG AI DIPENDENTI DEI PARTITI: UN ERRORE E UN ABUSO

SI RINNOVA L’ABUSO DI QUESTO STRUMENTO, CON LA FINZIONE CHE SUSSISTA UNA PROSPETTIVA DI RIPRESA DEL LAVORO  –  SI TRATTA INVECE DI DISOCCUPAZIONE: OCCORREREBBERO QUINDI MISURE APPROPRIATE PER PROMUOVERE IL REINSERIMENTO DEGLI INTERESSATI NEL TESSUTO PRODUTTIVO

Interventi mio, di Linda Lanzillotta (SC), di Maria Grazia Gatti (PD) e di Elisa Bulgarelli (M5S), svolti nel corso del dibattito sulla conversione in legge del d.-l. 28 dicembre 2013, n. 149, recante “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore”, svoltosi  nella sessione pomeridiana del Senato dell’11 febbraio 2014 – In argomento v. anche i miei interventi precedenti sul trattamento indebitamente riservato ai dipendenti dei Gruppi parlamentari estinti [1]

 

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli emendamenti riferiti all’articolo 16 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

ICHINO (SCpI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, vi chiedo un attimo di attenzione non solo sull’emendamento 16.1 (testo 3) presentato da me e da altri colleghi di Scelta Civica, ma sull’intero impianto dell’articolo 16, che a nostro avviso deve essere profondamente rivisto.
Cominciamo con il prendere nota di un dato: questo articolo, estendendo ai partiti il regime della cassa integrazione, ha l’effetto di imporre un aggravio del costo del lavoro per tutti i partiti del 3,2 per cento. Se nel nostro Paese la legge venisse applicata in modo rigoroso, questo contributo a carico dei partiti non avrebbe alcuna contropartita perché la cassa integrazione straordinaria può essere erogata soltanto per ristrutturazioni aziendali (ma francamente non si vede quale possa essere una ristrutturazione materiale delle strutture produttive di un partito) oppure per una grave crisi occupazionale di settore, con rilevanti effetti sociali. Ora, data l’entità della popolazione interessata, sostenere che il ridimensionamento o la chiusura di un partito politico costituisca crisi occupazionale con rilevante impatto sociale paragonabile a quella di un settore industriale è davvero fuori luogo. Qual è la vera portata di questa norma che si vuole introdurre? La verità è che si vuole consentire anche nel caso delle riduzioni del personale prevedibili nei partiti un uso della cassa integrazione del tutto inappropriato. È l’uso che ne facciamo quotidianamente, purtroppo; ma si tratta di abuso. Consiste nel mettere i disoccupati in freezer negando fittiziamente il loro stato di disoccupazione, lasciandoli lì per qualche tempo, prorogando di anno in anno quella che si finge essere una sospensione del lavoro ma in realtà è uno stato di disoccupazione; possibilmente fino alla pensione. Questo abuso non ha alcun senso, né sul piano economico, né su quello sociale, se non quello di cacciare i lavoratori interessati in un vicolo cieco e sperperare il denaro pubblico.
La cassa integrazione deve servire per tenere legato il lavoratore all’azienda di origine quando c’è la prospettiva ragionevole di ripresa del lavoro in quell’azienda; ma se un partito si contrae o «chiude», se un partito o un Gruppo parlamentare non è premiato dal voto degli elettori e deve ridimensionarsi, la prospettiva qual è? Di ripresa dell’occupazione fra cinque anni, alla prossima legislatura? E quale mai comitato interministeriale potrà valutare la ragionevole prospettiva che quel partito riprenda vigore in un prossimo futuro? Si tratta evidentemente di una finzione; e non fa neppure l’interesse dei lavoratori, che è, sì, quello di essere sostenuti nel reddito, ma anche di essere reimmessi al più presto nel tessuto produttivo. A questo deve tendere il sostegno del reddito di un disoccupato. Per questo chiedo che l’Assemblea consideri attentamente il nostro emendamento 16.1 (testo 3), che tende a riportare l’intervento sui binari corretti, cioè ad attivare in questo caso non lo strumento sbagliato, ovvero la cassa integrazione, o piuttosto l’abuso della stessa, ma lo strumento appropriato, che è l’assicurazione di disoccupazione, estendendola anche a chi oggi ne è escluso per mancanza dei relativi requisiti. Se vogliamo rafforziamola, se vogliamo allunghiamone il periodo di godimento, ma diciamo pane al pane e vino al vino: chiamiamo ciò che è disoccupazione con il suo nome e non con un nome diverso, quale quello di sospensione di un rapporto che non si sa quando dovrebbe riprendere.
Ho visto respingere il nostro emendamento dalla Commissione bilancio per pretesa mancanza di copertura finanziaria. Guardate, però, che costa molto meno attivare l’assicurazione di disoccupazione con le misure di politica attiva necessarie, piuttosto che la cassa integrazione a perdere. Considero, quindi, sbagliata la bocciatura da parte della Commissione bilancio e chiedo il sostegno previsto dal Regolamento perché l’Aula possa votare l’emendamento 16.1 (testo 3), nonostante questo pronunciamento negativo della Commissione bilancio.

[…]

GATTI [2] (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GATTI (PD). Signora Presidente, intervengo, molto brevemente, per dire che non mi sembra il caso di avere un atteggiamento di così grande ostilità verso i lavoratori che sono stati dipendenti dei partiti, per due ordini di motivi.

Infatti, se ci sono state prove veramente gravi, anche di malcostume, queste di solito non hanno coinvolto i dipendenti. Queste sono nella responsabilità di alcuni politici corrotti, che forse dovremmo trovare il modo di controllare. Per i lavoratori dipendenti, tuttavia, penso vi sia la necessità che i datori di lavoro, quali che essi siano, si assumano la responsabilità. I partiti non sono un’organizzazione a delinquere, ma sono associazioni libere di cittadini liberi. Allora, definiamo anche per questi lavoratori, utilizzando l’intervento legislativo, la possibilità di usufruire di ammortizzatori sociali adeguati. (Applausi dal Gruppo PD).

BULGARELLI [3] (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BULGARELLI (M5S). Vorrei solo rispondere alla collega sottolineando che non è una questione di ostilità nei confronti delle persone che lavorano per i partiti, ma si tratta del fatto che gli ammortizzatori sociali dovrebbero essere garantiti per tutte le persone e non solo per quelle che lavorano per i partiti. (Applausi dal Gruppo M5S). Qui, invece, continuiamo a distinguere tra lavoratori di serie A, di serie B e di serie C e a dare le garanzie sempre e solo a certe categorie.

Ripeto, nessuno ce l’ha con le persone che lavorano per i partiti, ma le garanzie vanno date a tutti.

Dunque, riformiamo gli ammortizzatori sociali affinché tutte le persone che sono a casa e non arrivano alla fine del mese possano di nuovo mangiare, invece di stare sull’orlo della povertà. (Applausi dal Gruppo M5S).

LANZILLOTTA [4] (SCpI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LANZILLOTTA (SCpI). Credo che la questione debba essere affrontata nei suoi termini reali e non nei termini poc’anzi evocati dalla senatrice Gatti. Noi avevamo proposto una soluzione – che però è stata respinta – che si faceva carico del problema dei dipendenti delle strutture di partito che dovranno essere ridimensionate in modo realistico, cioè con un contratto di ricollocazione che guidasse questi lavoratori verso un’occupazione diversa. Non vi sarà, infatti, un nuovo partito da cui saranno assunti.

La cassa integrazione è fatta per lavoratori di settori in crisi, in vista del risanamento strutturale dell’azienda da cui vengono in quel momento licenziati. Il fatto di utilizzare le risorse per la cassa integrazione per i lavoratori dipendenti da un partito significa toglierla a lavoratori di fabbriche ed aziende che hanno un futuro e che possono avere un risanamento, per le quali però non vi saranno risorse perché queste saranno state assorbite impropriamente dai dipendenti dei partiti. Ripeto che questi ultimi non possono avere una ripresa di lavoro alle dipendenze dei partiti, perché i partiti presumibilmente non torneranno ad aumentare il numero dei dipendenti. (Commenti dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore, lasciate parlare la senatrice Lanzillotta.

LANZILLOTTA (SCpI). Pertanto, essere contrari a questo emendamento non significa esseri contro i dipendenti dei partiti, ma cercare le soluzione appropriate per situazioni tra loro diverse, senza sottrarre risorse ai lavoratori che in questo momento di crisi faticano, nel bilancio pubblico, ad avere il finanziamento della cassa integrazione che spetterebbe loro. (Applausi dal Gruppo SCpI).

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