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PERCHÉ DALLE PAROLE SI PASSI DAVVERO AI FATTI

NEL DISCORSO PROGRAMMATICO DI MATTEO RENZI, RIVOLTO AGLI ELETTORI PIÙ CHE AI SENATORI, MOLTE COSE BUONE; MA ANCHE UN SILENZIO SUGLI ASPETTI TECNICI DEL JOBS ACT CHE FA TEMERE UN ACCANTONAMENTO DELLE PROMESSE RINNOVATE FINO A POCHE SETTIMANE OR SONO – PER IL CAPITOLO LAVORO IL GIUDIZIO RESTA SOSPESO

Intervento svolto nella discussione generale sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio incaricato in Senato, nella seduta pomeridiana del 24 febbraio 2014

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PRESIDENTE – Ha chiesto la parola il senatore Ichino. Ne ha facoltà.

ICHINO (SCpI) – Signor Presidente del Senato, Signor Presidente del Consiglio,

Scelta Civica non può che salutare positivamente la nascita di un Governo che si propone di “cambiare verso” alla congiuntura economica, alle aspettative degli italiani circa la la prospettiva di ripresa economica del loro Paese, alla fiducia degli operatori stranieri nella solidità del suo bilancio pubblico, alla propensione della parte migliore dell’imprenditoria mondiale a dislocare qui i suoi piani industriali e i suoi investimenti.

La salutiamo positivamente anche nella consapevolezza che senza l’atto temerario da noi compiuto un anno fa, probabilmente questo Governo non sarebbe nato: quanto meno non in questa legislatura. Perché se il 24 febbraio 2013 Scelta Civica non avesse chiesto il voto agli italiani, come unico voto pienamente coerente con la riforma europea di cui il nostro Paese ha urgente bisogno, oggi al Suo posto, Signor Presidente del Consiglio, siederebbe più probabilmente già da un anno, salvi impedimenti personali, il leader del Centrodestra; oppure, meno probabilmente, il leader di una coalizione di Centrosinistra; in ognuno dei due casi con una maggioranza diversa, e soprattutto con una visione del futuro prossimo dell’Italia e un’idea del cammino da percorrere molto diverse.

Scelta Civica, dunque, saluta la “grinta” con la quale Lei mostra di volersi assumere il compito difficile e anche personalmente rischioso di guidare il Paese sulla via delle riforme economiche e amministrative di cui esso ha assoluto, urgentissimo bisogno per riprendere a crescere.

Sono le riforme necessarie innanzitutto per ridurre drasticamente la pressione fiscale che sta soffocando la nostra economia, attraverso l’eliminazione degli enormi sprechi che si registrano oggi nella spesa pubblica. Nella consapevolezza che tagliare gli sprechi implica rimuovere le ingessature, promuovere la riqualificazione e la mobilità degli addetti. Signor Presidente del Consiglio, se ci è consentito rivolgerle un suggerimento a questo proposito, non creda a chi le dirà che l’alternativa è tra fare il lavoro del tagliatore di teste, la “macelleria sociale”, e lasciare tutto fermo così com’è da mezzo secolo. La novità di questo Governo deve consistere nel dimostrare – ma con i fatti, non a parole! – che la mobilità, la flessibilità delle strutture, anche di quelle pubbliche, può essere conciliata con la sicurezza economica e professionale di chi vi è addetto. A patto, però, che a nessuno sia consentito di decidere quali tra le proprie mansioni svolgere e quali no (lo dico con particolare riferimento a una parte del  personale ATA della scuola che ha stabilito motu proprio che sia affidata a terzi la funzione della pulizia); e che a nessuno sia consentito di rifiutare i percorsi necessari di riqualificazione e mobilità: all’interno di ciascuna struttura, ovviamente, ma anche tra amministrazioni diverse. Questo è già previsto dall’articolo 33 del Testo Unico delle norme sul pubblico impiego del 2001: non occorrono nuove leggi; ma da allora, Signor Presidente, non si è dato neppure un solo caso di attivazione della procedura di mobilità.

In una amministrazione statale che conta tre milioni e mezzo di dipendenti, con una grande quantità di squilibri tra scoperture di organico e situazioni di evidente overstaffing: non una procedura di mobilità in tredici anni! Chiediamo, esigiamo, che il Governo da Lei guidato interrompa al più presto questo periodo inammissibilmente lungo di disapplicazione della legge dello Stato.        Dobbiamo, infatti, dotare l’Italia di un sistema di amministrazioni pubbliche prioritariamente rivolte al servizio del cittadino e non al servizio dei propri addetti.

Dobbiamo dotare l’Italia di amministrazioni non solo preoccupate – oggi non lo sono – ma anche capaci di ridurre al minimo il costo, la fatica, i mille fastidi imposti ai cittadini che con esse devono interagire.

Per questo occorre responsabilizzare  i dirigenti pubblici in relazione a obiettivi di allineamento ai migliori standard di qualità dei servizi pubblici che ci si offrono nel panorama europeo, applicando con rigore la tecnica del benchmarking.

Occorre poi un’azione incisiva volta ad avviare finalmente la progressiva drastica riduzione del nostro debito pubblico, per la quale ci siamo impegnati con i nostri partner europei, ma, come Lei ha giustamente detto, dobbiamo considerarci impegnati soprattutto e prioritariamente verso i nostri figli. Questo è possibile – oltre che con l’avanzo primario derivante dalla ripresa della crescita economica – anche attraverso la valorizzazione della parte poco o male utilizzata del patrimonio pubblico: mi riferisco qui non soltanto al patrimonio immobiliare, ma anche a quello mobiliare, alle migliaia di società grandi e piccole controllate dallo Stato o da altri enti territoriali per finalità di cui nessuno controlla l’effettivo perseguimento e i risultati. La valorizzazione del patrimonio va di pari passo con lo scioglimento dei monopoli e le liberalizzazioni. Ciò che, però, spesso blocca queste operazioni è la preoccupazione per il loro possibile effetto di riduzione del personale: qui ci attendiamo da questo Governo un’azione forte di promozione degli strumenti con cui in un Paese moderno si affrontano le crisi occupazionali; non nascondendo la testa sotto la sabbia, per incapacità di risolvere il problema.

Anche per questo occorre rimettere in moto un mercato del lavoro sclerotico, nel quale i Centri per l’Impiego ignorano quasi del tutto la domanda di manodopera esistente e le crisi occupazionali vengono affrontate mettendo i disoccupati in freezer per anni, nascondendone lo stato di disoccupazione con un uso sconsiderato della Cassa integrazione guadagni: oggi in Italia, mentre i disoccupati restano tali per anni, sostanzialmente abbandonati a se stessi, le imprese che nascono o si espandono non trovano i lavoratori di cui hanno bisogno (in ogni regione italiana decine di migliaia di posti di lavoro restano scoperti per mancanza di persone dotate delle attitudini necessarie, decine di migliaia di piccole imprese artigiane chiudono per raggiunti limiti di età dei loro titolari, che non riescono a trasmettere la loro eredità professionale alle nuove generazioni). Sono le riforme necessarie per coniugare la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza economica e professionale delle persone che in esse lavorano: una sicurezza che anche nel settore privato non può più, dunque, essere costruita sull’ingessatura dei posti di lavoro, ma deve essere costruita su di un moderno sistema di sostegno del reddito dei disoccupati condizionato alla disponibilità effettiva di chi ne beneficia per i percorsi necessari per il reinserimento nel tessuto produttivo.

Di questo non abbiamo sentito alcun accenno nel Suo discorso. Confidiamo che sia solo per difetto di tempo. Così come confidiamo che sia solo per difetto di tempo che abbiamo sentito enunciare nel Suo discorso soltanto la misura – importantissima – del taglio del cuneo fiscale sulle buste-paga, ma nessun accenno ai temi del Codice semplificato del lavoro, della sperimentazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato a protezioni crescenti, del programma europeo Youth Guarantee per una lotta efficace alla disoccupazione giovanile (la cui implementazione ci vede in grave ritardo), della sperimentazione regionale di una nuova complementarietà tra Centri pubblici per l’Impiego e agenzie specializzate nell’assistenza intensiva a chi cerca il lavoro, con il metodo del contratto di ricollocazione [1], della rilevazione a tappeto del tasso di coerenza tra formazione professionale impartita e sbocchi occupazionali effettivi. È del gennaio scorso l’annuncio da parte Sua di questi contenuti del piano del lavoro, ed è soltanto di dodici giorni fa la recezione dei tre capitoli più importanti fra quelli da Lei indicati – Codice semplificato, contratto a protezioni crescenti e contratto di ricollocazione – nel documento programmatico Impegno Italia 2014 [2], presentato dal Presidente del Consiglio uscente.  Siamo certi che, anche sulla base delle intese programmatiche su cui questa maggioranza si è costituita nei giorni scorsi, Lei vorrà confermarli. Dovremmo altrimenti concludere che non sono state superate le  incrostazioni ideologiche, le resistenze sorde, che su questo terreno hanno gravemente frenato l’azione del Governo Letta nel corso dell’ultimo anno.

Le chiediamo infine che questo Governo si caratterizzi per l’adozione di un nuovo metodo consistente in questo: che accanto a ogni voce del programma si indichi un numero, la quantificazione del risultato che ci si propone di ottenere, con l’indicazione precisa dei relativi tempi.

La ragion d’essere di questo nuovo Governo che Lei presiede sta nel superamento della lentezza con cui, sulle materie sopra citate, si è mosso il Governo precedente. È dunque essenziale l’impegno che Lei assume si esprima in volumi e tempi precisi dell’azione. Non interessa tanto l’entità delle somme stanziate, quanto i risultati che ci si propone di ottenere. Soprattutto nella materia prioritaria delle amministrazioni pubbliche e del lavoro, dove i risultati fin qui sono stati assolutamente troppo esigui: quanti e quali spostamenti di personale tra amministrazioni, quanti a quanti giovani verrà offerta assistenza intensiva nell’ambito del programma Youth Guarantee,  quale obbiettivo di incremento occupazionale con il contratto di lavoro a protezioni crescenti. quanti contratti di ricollocazione attivati attraverso i Centri per l’Impiego, e così via. Questo renderà possibile una precisa valutazione del risultato conseguito: si toccherà con mano quanto questo Governo sia stato capace di voltar pagina rispetto alla politica inconcludente delle parole, delle promesse al vento, per passare alla politica dei fatti.

L’adozione di questo metodo dovrà, a cascata, investire tutti i livelli sottostanti di ciascuna amministrazione: vogliamo vedere finalmente ogni incarico dirigenziale conferito sulla base della fissazione di obiettivi specifici, precisi, misurabili, realistici e collegati a scadenze temporali precise. Vogliamo vedere di ogni dirigente pubblico controllato rigorosamente il conseguimento degli obiettivi prefissati, in un sistema di trasparenza totale nel quale sia possibile ai cittadini seguire in tempo reale il processo di implementazione e di valutazione. E vogliamo vedere finalmente qualche caso di dirigente il cui incarico, a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi, non viene rinnovato. Ma tutto questo sarà possibile soltanto se per primo ogni singolo ministro si sarà impegnato su obiettivi precisi, il cui raggiungimento sia misurabile.

Per concludere, Signor Presidente, Scelta Civica è, nel contesto della maggioranza che sosterrà il Suo Governo, la forza politica per sua natura più sintonica rispetto agli intendimenti di riformismo radicale che costituiscono la sola giustificazione e ragion d’essere di questo passaggio di consegne. Ma proprio per questo – come Lei avrà certamente compreso – sarà anche la componente più severa e rigorosa nella valutazione dell’operato di questo Governo, sarà il cane da guardia che giorno per giorno controllerà che la stagione dell’inconcludenza della politica italiana finisca davvero, che dalla politica delle parole si passi finalmente davvero alla politica dei fatti.