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ALITALIA: I (POCO SOSTENIBILI) MOTIVI DEL RIFIUTO DELLA CGIL

AFFRONTARE UNA CRISI OCCUPAZIONALE AZIENDALE CON LA CASSA INTEGRAZIONE SIGNIFICA RENDERNE PIU’ DIFFICILE LA SOLUZIONE, QUANDO NON RINUNCIARVI DEL TUTTO

Lettere pervenute rispettivamente il 15 e il 16 luglio 2014, a seguito del mio editoriale telegrafico per la [1]Nwsl [1] n. 304 [1], del 14 luglio.

LA LETTERA DEL SEGRETARIO DEL CIRCOLO PD TRASPORTO AEREO DI ROMA

Buongiorno Prof. Ichino,
sono lavoratore Alitalia e Segretario del Circolo PD Trasporto Aereo di Roma.
Leggendo il suo articolo riguardante Alitalia [1] vorrei fare delle precisazioni importanti. Non voglio annoverarmi in nessun tipo di discussione correntizzia o di altra natura, né esprimermi attraverso etichettature (Cgil o Sinistra PD) che non mi appartengono in un contesto e su un argomento di così grande portata. In generale credo infatti che troppi ritardi culturali siano presenti nella sinistra europea, quindi italiana, su tanti e troppi argomenti di natura economica e industriale.
I no della CGIL e della Sinistra del PD non sono riconducibili ad un contrasto ideologico al cambiamento di fase in atto, non da oggi, ma ad una inconsistenza dell’intera discussione esuberi Alitalia. Partiamo anche dal fatto che di fronte ad un grande investimento di rilancio, si licenzia.
Tutti hanno capito la natura e la portata culturale e politica di questo accordo, in aprte sono anche d’accordo: si passa dalla tutela del posto di lavoro, alla tutela del lavoro(o suo rilancio). Uscendo però fuori dall’ideologia vorrei dire che in campo non c’era la discussione su come affrontare, cambiando le coordinate di orientamento, la ‘grande’ ristrutturazione Alitalia attuando nuove e più innovative forme di politiche attive del lavoro, ma solo come trovare il modo di licenziare senza un reale progetto di ricollocazione del personale ritenuto in eccedenza. Nel far questo si son inserite delle coccarde, ma nulla più almeno per ora.
Anche come Circolo e come PD Roma e PD Lazio abbiamo sempre sostenuto che la risposta ai licenziamenti poteva essere solamente affrontata dando un progetto industriale generale al rilancio dell’intero aeroporto di Roma-Fiumicino guardando ai vari segmenti: handlers, vettori(Alitalia), polo manutentivo.
Bisognava rispondere agli esuberi attraverso una proposta di sistema, un progetto sostenuto e presentato per rilanciare l’intero comportato. Questa via indicata non è stata presoa sufficientemente in considerazione e ci si è fermati ai titoli e ai licenziamenti. Non rinunceremo alle nostre proposte e battaglie di merito.
Ma partiamo dai numeri reali di quell’accordo e alcune banali domande che rimangono senza risposta.
Circa 1,5 miliardi l’operazione complessiva in questa prima fase. Un rilancio della compagnia nei fatti,  si determina il licenziamento di 1635 lavoratori in Italia e di 52 lavoratori all’estero. A 681 di questi lavoratori si offre l’incerta prospettiva del reimpiego fuori da Alitalia. La domanda è dove, come quando? Nell’accordo non è specificato nulla. Per il contratto di ricollocamento degli altri 954 licenziati, rimane un progetto tutto fumoso. Anche qui bene un nuovo sistema, bene politiche attive del lavoro ma per far cosa? Licenziamento per costruire un sistema formativo e di ricollocamento non guardando bene che manca la strategia industriale di dove ricollocare. C’è un sistema industriale del territorio in grado di riassorbile il personale in eccesso? Nell’aeroporto di Roma a causa di una deregolamentazione selvaggia e di mancata visione strategica del settore, che non ha tenuto conto ne dei limiti e ne delle potenzialità, ad oggi le più grandi aziende sono fallite o quasi con circa 5000 persone in CIG o mobilità al netto di Alitalia. In questo accordo quindi manca il ‘dove ricollocare’ e senza un reale progetto industriale e di servizi avanzati è inutile discutere di contratti di ricollocazione come elemento risolutivo. Nessuno si stupisce dei licenziamenti, ora mai tutti svezzati, ma crediamo che quando si sostituisce un modello deve essercene un altro pronto a dare risposte adeguate. Oggi questo non c’è. Attendiamo Settembre per il Tavolo Ministero, Regione Lazio, Enac. Di fatto sicuri sono solo i licenziamenti e un progetto di formazione… la ricollocazione ‘vedremo’. […]
Grazie mille, un fraterno saluto
V. P.
Circolo PD Trasporto Aereo Cesare Maiello

LA LETTERA DI UN GRUPPO DI DIPENDENTI ALITALIA IN CASSA INTEGRAZIONE DAL 2008

Gentile Senatore,
Leggiamo sul suo sito [1]: “La Cig  è lo strumento sbagliato per il sostegno dei lavoratori [che perdono il lavoro in una crisi aziendale]: perché è strutturata per tenerli legati all’impresa di origine, non per incentivarli e aiutarli ad attivarsi nella ricerca della nuova occupazione; e perché allungare i periodi di inattività dei lavoratori significa sempre renderne via via più difficile la ricollocazione”.
Rappresentiamo alcuni ex dipendenti della Alitalia Linee Aeree Italiane fatta fallire nel 2008 con il più grande licenziamento collettivo italiano passato sotto silenzio con il placet di Governo e Parti Sociali. Persone ‘’intrappolate’’ prima  in cassaintegrazione per 4 lunghi anni, periodo che sarebbe dovuto servire alla ‘’riqualificazione professionale’’ , poi in mobilità da ottobre 2012 fino a ottobre 2015: un licenziamento differito. ‘’Estromessi’’ in 10 mila dal lavoro per salvare 12500  posti  nella nuova Alitalia privata, per anni siamo stati rimandati dal Ministero del Lavoro, in quanto problema nazionale, alla Regione Lazio, in quanto sul territorio laziale, e viceversa.
Oggi ci troviamo senza riqualificazione professionale, senza occupazione, senza futuro e con una attenzione mediatica e governativa inesistente. Come noto sono  stati cancellati circa 10.000 posti di lavoro, procedendo in deroga all’art 2112,  giustificando la non continuità aziendale con l’interruzione del servizio di un solo giorno.
Abbiamo  inviato numerose mail all’attenzione del Presidente del Consiglio Renzi, al presidente della Regione Lazio Zingaretti, all’Assessore al lavoro della regione Lazio Valente, tutte senza risposta. Abbiamo recentemente inviato un dossier al Ministro Poletti ed al Ministro Lupi, che alleghiamo alla presente. Abbiamo anche inoltrato varie mail alle redazioni di giornali e telegiornali ma sono veramente pochi a scrivere o parlare di noi ex dipendenti Alitalia, perché rimane una questione troppo spinosa da trattare.
Nel suo sito, Senatore, lei scrive: ” È sufficiente una Delibera della Giunta Regionale ben fatta che preveda l’accreditamento delle agenzie di outplacement migliori, un sistema di voucher che generi concorrenza tra loro, il “contratto di ricollocazione” come metodo di gestione e l’attivazione di una seria condizionalità del sostegno del reddito fondata sul controllo esercitato dal tutor”. Numerosi sono stati i tentativi da noi fatti per riportare l’attenzione sulla nostra problematica; ma ad oggi è mancato del tutto il controllo istituzionale e sono rimaste inattuate le garanzie di politiche attive previste (riqualificazione tramite Italia Lavoro). L’ultimo incontro lo abbiamo avuto con l’assessore al lavoro della Regione Lazio a dicembre scorso, in cui siamo riusciti a chiarire che gli accordi sugli ex Alitalia sono stati disattesi e che la riqualificazione professionale prevista e più volte richiesta dagli ex dipendenti non è stata mai attivata, che noi ex lavoratori siamo stati allontanati dal mondo del lavoro, isolati nel limbo degli ammortizzatori sociali, completamente abbandonati da tutti compresi  Governo e Parti Sociali (Lodo Letta – accordo quadro del14-09-2008 e in particolare punti i, ii, viii, x).
Per questo Le chiediamo di farsi da portavoce proponendo un progetto pilota che possa utilizzare noi ex Alitalia 2008. Sappiamo che il contratto di ricollocazione è tutto da definire e che mancano ancora i decreti attuativi, e per questo abbiamo deciso di farci avanti.
In attesa di un suo riscontro Le auguriamo buon lavoro.
Rori Puleo e Simona Barbieri

LA MIA RISPOSTA A ENTRAMBI I MESSAGGI

La seconda lettera, scritta da ex-dipendenti Alitalia che da sei anni sono senza lavoro, costituisce la migliore risposta alla prima. Essa mostra i risultati desolanti del vecchio modo in cui negli ultimi decenni sono sempre state affrontate le crisi occupazionali nelle imprese italiane di grandi dimensioni. I risultati, cioè, di una politica puramente “passiva” di sostegno del reddito delle persone coinvolte, senza alcuna misura volta concretamente al reinserimento nel tessuto produttivo e senza che il trattamento economico sia condizionato alla disponibilità effettiva di ciascun interessato per tutto quanto è necessario ai fini del reinserimento. L’adozione del metodo del contratto di ricollocazione [2] segna una svolta importantissima rispetto a quel vecchio protocollo, proprio perché esso consente una stretta connessione tra sostegno del reddito e misure per il reinserimento; e consente di attivare la necessaria condizionalità del primo alla disponibilità della persona interessata per le seconde. Colpisce che la Cgil vi si opponga, rivendicando la ripetizione all’infinito degli errori del passato; non rendendosi conto che pretendere, per la soluzione della nuova crisi, un anno di Cassa integrazione significa rinviare di un anno le misure necessarie per risolvere il problema, rendendone la soluzione più difficile (perché tutti gli studi disponibili mostrano che ogni mese di inattività riduce l’employability del lavoratore). Il segretario del Circolo PD Trasporto Aereo, come la Filt Cgil, rifiuta l’idea che si possa procedere a licenziamenti senza che si conosca preventivamente la precisa soluzione del problema occupazionale, cioè il luogo dove ciascun licenziato verrà rioccupato; ma in nessun Paese al mondo la facoltà di un’impresa di procedere a una riduzione degli organici viene subordinata a questo requisito. La garanzia che i lavoratori devono esigere è quella di una assistenza intensiva ed efficace nella ricerca della nuova occupazione e di un sostegno del reddito che copra il periodo necesasrio per tale ricerca: perché la Cgil (e il Circolo PD Trasporto Aereo), invece di attardarsi in battaglie di retroguardia, non rivendica un trattamento complementare di disoccupazione a carico di Alitalia, a integrazione del trattamento di mobilità a cui hanno diritto i lavoratori interessati? Si obietta che in una situazione di stagnazione economica è più difficile ritrovare un’occupazione; ma si dimentica che anche in quest’ultimo periodo funestato dalla recessione in Italia sono stati stipulati ogni anno da 1,7 a 2 milioni di contratti di lavoro regolari a tempo indeterminato (dati tratti dalle Comunicazioni obbligatorie al ministero del Lavoro, quindi attendibilissimi). Non è vero, dunque, che – come sostengono la Cgil e il Circolo PD Trasporto Aereo, secondo una vecchia impostazione sostanzialmente assistenzialistica – la soluzione del problema occupazionale può venire soltanto da investimenti specifici volti a creare i posti di lavoro necessari; la soluzione va trovata consentendo alle persone interessate di immettersi nel grande flusso delle centinaia di migliaia di assunzioni che si registrano nel nostro Paese anche in questo periodo di crisi. E si registrano, in particolare, nel settore del trasporto aereo e dei relativi servizi, caratterizzato attualmente da una tendenza espansiva. Questo discorso vale, ovviamente, anche e a maggior ragione per quegli ex-dipendenti Alitalia che sono senza lavoro dal 2008, la cui esperienza costituisce la migliore dimostrazione di quanto sia sbagliata la linea seguita dalla Cgil allora come oggi: anche a loro deve essere offerto quel contratto di ricollocazione che non è stato offerto loro sei anni fa. Meglio tardi che mai.  (p.i.)

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