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SUL MODO IN CUI BRUNETTA INTENDE ESERCITARE LA DELEGA LEGISLATIVA IN MATERIA DI AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

UNA LETTERA DI DURA PROTESTA CONTRO I CONTENUTI DELLA BOZZA DI DECRETO DELEGATO CHE IL MINISTERO DELLA FUNZIONE PUBBLICA STA FACENDO CIRCOLARE. E LA MIA RISPOSTA, NELLA QUALE PROPONGO DUE GIUDIZI OPPOSTI, UNO POSITIVO E UNO NEGATIVO, SU DUE PARTI DIVERSE DEL NUOVO TESTO LEGISLATIVO PRODOTTO DAL GOVERNO

Messaggio pervenuto l’8 maggio 2009. Seguono la mia risposta e una replica di Sylvia Kranz.

Gentilissimo Pietro,
le scrivo avendo in mano il testo della bozza di Decreto attuativo della legge n. 15 del 4 marzo 2009 [la cosiddetta “legge Brunetta” sulle amministrazioni pubbliche – N.D.R.].
Sono, come dipendente pubblica, come responsabile di un Servizio Disciplinare e del Contenzioso del lavoro e Relazioni sindacali, offesa infuriata e molto preoccupata da quel testo.
Sono mesi che si proclama a parole di voler riconoscere il merito e le eccellenze dei lavoratori pubblici, già definiti fannulloni e puniti se osano ammalarsi davvero, e mi trovo un testo ancor più punitivo, teso esclusivamente a risparmiare denaro, a mortificare il lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione ed, in ultimo, a ridurre la pletora di dipendenti con un meccanismo automatico del tutto avulso dall’efficienza reale, frutto della sorte che promuove o decapita senza alcuna possibilità di difesa, una sorta di novello Caronte che dalla barca sullo Stige precipita i dannati nei vari anelli dell’Inferno Dantesco.
In sintesi non avrò certamente bisogno di dilungarmi nello stigmatizzare i contenuti di un art. 19 che in barba a criteri di effettiva misurazione del merito individuale ed evidentemente, essendo Brunetta convinto dell’incapacità nel pubblico di valutare le prestazioni dei collaboratori, dopo aver montato (negli artt. 13 e 14) un sistema complicato e costoso approntando organismi di consulenti superpagati purchè stranieri, dappoichè noi tecnici Italiani non siamo in grado o non siamo degni di farne parte, taglia teste un tanto al chilo, stabilendo con la mannaia che siccome in ogni struttura esiste un 25 % di persone che non lavorano, un 50% che fa la metà di quel che dovrebbe ed una “cellula” di un 25% di lavoratori benemeriti che lavorano come dovrebbero ed affida a questo esclusivo criterio l’erogazione di una quota consistente di salario.
Il lavoratore, indipendentemente da come ha effettivamente reso la prestazione per un puro calcolo matematico ricadrà in una di queste tre percentuali suo malgrado.
Esiste forse un cenno alla valutazione in concreto conseguita per la prestazione realmente resa, cui ancorare il precipitare in una categoria o l’assurgere all’Olimpo? Nemmeno per idea.
Siccome statisticamente un 25% di lavoratori non lavora, anche raggiungessero, come nei fatti in media vediamo che raggiungono in Enti dove da anni valutiamo, votazioni eccellenti, corrispondenti ad un 8,50 su 10 ( e già se ne lamentano) basterà ed avanzerà, per non percepire nulla, se il 75% dei colleghi restanti riceverà un voto almeno pari o superiore a 8,51 su 10. E non dico nulla sui tantissimi a “pari merito” ripartiti tra due di tali categorie per un mero capriccio del destino.
Si preoccupa forse il decreto di individuare un metodo per educare i dirigenti a valutare? Non ha alcuna importanza. Tanto comunque il 25% dei lavoratori non percepirà nulla, anche avessero lavorato eccellentemente e raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall’Amministrazione.
Già questo solo fatto di non percepire una quota di salario, in questi tempi di crisi economica, sarà sufficiente per far implodere il meccanismo dei ricorsi giurisdizionali.
Ma il decreto va ben oltre.
Il ricadere nel 25% dei lavoratori che, per legge, non lavorano, per tre anni consecutivi costituisce attestazione di insufficiente rendimento (art 23, c. 4 della bozza di decreto attuativo) e costituisce elemento di demerito ai fini delle progressioni orizzontali nonché elemento rilevante di demerito ai fini delle progressioni verticali (art. 24, c. 4).
Preoccupante per un lavoratore perdere, per un meccanismo del tutto estraneo dalla effettiva qualità della prestazione resa, la possibilità di accedere alle progressioni orizzontali e verticali. Non crede?
Sbaglia !
Poiché non si verificherà MAI questa evenienza. Nessun dipendente conseguirà mai per tre anni consecutivi una valutazione di insufficiente rendimento.
Eh sì perché dopo due anni consecutivi soltanto in cui si sarà verificato che si trovi, RIPETO per LEGGE, in quel dannato 25% di demerito, egli dovrà essere licenziato.
E all’Ufficio disciplinare non spetta NESSUN potere discrezionale in proposito. Veda l’art. 80, c. 2 che dispone “Il licenziamento disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’Amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale…una valutazione di insufficiente rendimento e questa è dovuta alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa…”.
Ripeto “il licenziamento è disposto, non “può essere disposto”.
E su questo i Magistrati del Lavoro potranno concludere i loro giorni fino alla pensione.
Non lasci il PD passare nel silenzio questo disastro.
La pubblica amministrazione italiana non lo merita. Non lo meritiamo noi lavoratori. Non lo meritano i cittadini cui non sarà sicuramente questo sistema ad assicurare una migliore efficienza, efficacia e tempestività dell’azione amministrativa.
Qualcuo dica a questo Ministro che vuol parificare il lavoro pubblico al lavoro privato che nell’impresa italiana nessun imprenditore si sognerebbe mai di impostare un sistema così efferato per premiare i risultati.
La ringrazio per l’attenzione
Sylvia Kranz
(Responsabile dell’Ufficio Associato Provinciale del Disciplinare e del Contenzioso del lavoro dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna)

Cara Sylvia,
concordo col Suo giudizio sulla parte del decreto delegato che sostanzialmente espropria la la competenza del
management pubblico e conseguentemente anche la contrattazione collettiva della necessaria flessibilità nella determinazione dei trattamenti e attribuzione dei premi. Non concordo, invece, con il Suo giudizio negativo sulla parte del decreto relativa alla trasparenza e al sistema di valutazione indipendente e benchmarking: è questa la parte nella quale il Governo-legislatore ha largamente attinto dalle proposte del PD e nella quale – a mio avviso – il decreto introduce alcuni elementi di novità che possono, se applicati correttamente, rivelarsi molto positivi. In particolare, non va sottovalutata la portata davvero notevole che potrà avere il principio di trasparenza totale, nonostante tutte le prevedibili resistenze che l’apparato opporrà alla sua rigorosa applicazione.
Vero è che la scelta del ministro è ben strana. L’attivazione di un sistema di valutazione indipendente delle
performances delle amminsitrazioni pubbliche dovrebbe consentire di vincolare i dirigenti al raggiungimento di obiettivi precisi e misurabili, lasciandoli liberi sul come raggiungerli. Se invece si torna a espropriarli delle loro prerogative, determinando per legge ogni dettaglio della politica di incentivazione e delle modalità di contenimento dei comportamenti scorretti (per esempio, ma non soltanto. in materia di assenteismo abusivo), vi è un rischio grave che si torni a deresponsabilizzarli.
In conclusione, il mio è un giudizio nettamente negativo per una parte, nettamente positivo per l’altra parte del decreto, con un grande punto interrogativo circa la coerenza tra le due parti.
Il che pone un problema non facile di comunicazione politica. Ma, per quel che mi riguarda, non derogherò al mio impegno di dire tutto quello che penso sul merito del provvedimento, nel bene e nel male, senza chiedermi preventivamente a quale parte politica il mio giudizio oggi giovi maggiormente.   (p.i.)

 

La ringrazio per l’attenzione, caro Pietro. Sono lieta che reputi di pubblicare la mia lettera sul suo sito.
Quanto al decreto, vede, nei nostri Comuni abbiamo adottato sistemi di valutazione della prestazione legati ai risultati degli obbiettivi di PEG dell’Ente fin dal 1999. Abbiamo anche noi ipotizzato l’eventualità che un gruppo di dipendenti non percepisca nessun incentivo per mancato raggiungimento di una percentuale elevata di obiettivi di PEG. Come abbiamo ritenuto non sufficiente la valutazione del dipendente che non raggiunga una determinata valutazione minima.
Ma questi sono sistemi OGGETTIVI e inoppugnabili a fronte dei quali difficilmente un dipendente ricorre dinanzi al giudice.
Ben altro ragionamento è quello del decreto che stabilisce che un 25% di dipendenti, indipendentemente dagli obbiettivi raggiunti e indipendentemente dall’impegno profuso nell’anno, solo perché aritmeticamente ricade in un 25% numerico di dipendenti non abbia diritto a nulla e se accade per due anni consecutivi addirittura debba (non possa) essere licenziato.
Il Governo emanando quel decreto dichiara la sua sconfitta. L’incapacità a far valutare le prestazioni dei dipendenti pubblici. DI più, probabilmente il disinteresse a che ciò accada. Se non un interesse a risparmiare quote di salario accessorio sulla pelle dei lavoratori.
Forse non sono stata chiara nella mia prima nota. Io contesto l’automaticità del meccanismo impostato.
Io mi auguro che il PD non avesse in mente QUELLO specifico sistema di valutazione per il quale si possono inventare tutti i sistemi trasparenti e di benchmarking che vogliamo tanto nascono inutiliter, dappoichè comunque sia, il loro giudizio resterà vincolato al capriccio del caso di essere il n. 24 o il n. 25 di una graduatoria relativa a 100 dipendenti da punire, ovvero per latro verso il n. 75 ovvero 76 per assurgere all’Olimpo dei premiatissimi.
Su queste basi mi chiedo perché mai un dipendente dovrebbe darsi maggiormente da fare l’anno successivo se comunque il suo destino economico e professionale dipende da una lotteria?
Su questi punti io sono convinta che il PD non faccia alcuna fatica a contrastare questo decreto che reputo viziato da incostituzionalità per violazione dell’art. 3 in questi punti.
Ringrazio ancora per l’attenzione.

Sylvia Kranz


Su questo punto – come ho scritto nella prima risposta – concordo pienamente con Lei: gli automatismi di Brunetta contraddicono la logica della valutazione; e determinano una assurda deresponsabilizzazione della dirigenza. Spero che questa parte del decreto venga profondamente cambiata prima del varo definitivo.