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AVVENIRE: COME VA CORRETTO IL JOBS ACT SUI LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI

LA SOLUZIONE MIGLIORE È ANCHE SU QUESTO PUNTO QUELLA PROPOSTA NEL PROGETTO DEL CODICE SEMPLIFICATO DEL LAVORO, CHE PREVEDE LA FACOLTÀ BILATERALE DI OPZIONE PER L’INDENNITÀ SOSTITUTIVA DELLA REINTEGRAZIONE

Intervista a cura di Francesco Riccardi pubblicata da Avvenire il 1° ottobre 2014

«Giusto prevedere anche la reintegrazione nel caso dei licenziamenti disciplinari ingiustificati». Il giuslavorista e senatore di Scelta civica Pietro Ichino non giudica un passo indietro l’apertura del premier Renzi alla direzione del Pd.
Perché? E la reintegra sarebbe un obbligo?
È giusto differenziare il caso del licenziamento disciplinare rispetto agli altri, perché esso porta con sé uno stigma negativo sulla persona della persona licenziata. Per questo motivo nel progetto del Codice semplificato [1]  abbiamo previsto la possibilità della reintegrazione quando risulti che il fatto contestato non sussiste. Con facoltà per ciascuna delle parti di optare per l’indennità di 15 mensilità, sostitutiva della reintegrazione. Questa è la soluzione che ci avvicinerebbe di più, per questo aspetto, all’esperienza tedesca.

Non si rischia di ridurre la portata della riforma ad appena un ritocco della legge Fornero?
Se la soluzione sarà, come credo, quella che ho appena detto, la svolta rispetto all’ordinamento attuale sarebbe nettissima.

Scelta civica voterà comunque il progetto?
Non “comunque”. Voteremo questo disegno di legge se segnerà una svolta netta rispetto al regime attuale: un regime che, nonostante le correzioni apportate dalla legge Fornero due anni fa, resta prevalentemente ispirato al principio della job property [2]. Ma guardi che questa svolta il presidente del Consiglio è il primo a volerla.

Chi verrà licenziato per motivi economici potrà sempre e comunque ricorrere al giudice, sostenendo di essere vittima di discriminazione o di un disciplinare senza fondamento, oppure resterà solo l’indennizzo monetario?
Se riterrà che il vero motivo determinante del licenziamento sia costituito da una discriminazione illecita, o da rappresaglia antisindacale, potrà ricorrere al giudice per ottenere la reintegrazione. E l’esperienza della norma sulla repressione della condotta antisindacale ci dice quanto i giudici siano capaci su questo terreno. Non avrebbe invece alcun senso che il lavoratore denunciasse un “licenziamento disciplinare nascosto”, se il datore di lavoro non lo ha accusato di alcuna mancanza.

Fondamentali nel disegno complessivo sarebbero il contratto di ricollocazione [3] e nuovi servizi per l’impiego. Ma ci saranno i soldi, e le capacità, per farlo?
Il know-how ce l’hanno le agenzie specializzate: per questo il disegno di legge prevede il loro coinvolgimento, con il meccanismo del voucher regionale pagabile soltanto a risultato positivo ottenuto. Quanto ai soldi, è vero che i servizi di queste agenzie costano; ma costa molto di più mettere i disoccupati in freezer per anni con la Cassa integrazione, come abbiamo fatto fin qui.

Le nuove regole si applicheranno anche al Pubblico impiego?
Certo. Lo stabilisce la legge 165 del 2001. E questa novità sarà probabilmente più importante di molte altre in cantiere, per il funzionamento delle amministrazioni pubbliche!

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