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IL PARERE DEL SENATO SUL DECRETO-LAVORO

UNA SERIE DI RILIEVI TECNICI MOLTO PRECISI E UTILI PER IL PERFEZIONAMENTO DEL TESTO LEGISLATIVO, CON UN EMENDAMENTO AGGIUNTIVO CHE SAREBBE STATO MEGLIO EVITARE – E LA MIA DICHIARAZIONE DI VOTO IN PROPOSITO

Parere approvato l’11 febbraio 2015 dalla Commissione Lavoro del Senato sullo schema di decreto legislativo n. 134/2015 presentato dal Governo al Parlamento, in attuazione di una delle deleghe contenute nella legge 10 dicembre 2014 n. 183 – In appendice l’emendamento aggiuntivo approvato dalla Commissione e la mia dichiarazione di voto.

IL TESTO-BASE PRESENTATO DAL RELATORE

PARERE DELLA 11ª COMMISSIONE PERMANENTE
sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti

L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo, esprime parere favorevole, invitando il Governo a valutare l’opportunità delle seguenti osservazioni e integrazioni.

In termini generali, la regolazione dei nuovi contratti permanenti deve allinearsi alle discipline vigenti negli altri Paesi europei, anche a quelle più protettive.

Le regole diventano semplici e certe quanto più sono omogeneamente applicate a tutto il lavoro pubblico e privato, con l’eccezione delle amministrazioni d’ordine, ferme restando le procedure concorsuali per accedere alle funzioni pubbliche. La Commissione impegna il Governo a procedere in questa direzione.

In sede di definizione del campo di applicazione (articolo 1) è necessario ancora chiarire – in armonia con quanto stabilito nella legge di stabilità 2015 – che la nuova disciplina si applica anche:

– nel caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo, del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato;

– nel caso in cui venga dichiarato illegittimo un contratto di somministrazione a tempo indeterminato costituito dopo l’entrata in vigore del decreto;

– nel caso in cui venga dichiarato illegittimo un contratto di somministrazione a termine, costituito prima dell’entrata in vigore del decreto, con conseguente conversione in contratto di lavoro ordinario a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto;

– nel caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto, del rapporto di apprendistato (anche se costituito prima dell’entrata in vigore del decreto) in rapporto di lavoro ordinario a tempo indeterminato.

Con riferimento ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori (articolo 2), si rileva la mancanza di un riferimento espresso alle fattispecie di licenziamento discriminatorio previste dal nostro ordinamento. Risulta quindi opportuno definire meglio il perimetro applicativo dello stesso articolo (con ripresa, senza variazioni, dell’elenco di criteri di differenziazione vietati contenuto nell’articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori) e specificare se esistono casi di nullità sottratti al regime descritto.

È inoltre opportuno chiarire che rientrano nel caso generale di insussistenza o insufficienza del motivo oggettivo:

– il caso del licenziamento per esito negativo della prova quando il relativo patto risulti invalido o il relativo termine risulti già scaduto;

– il caso del licenziamento per raggiunti limiti di età, quando risulti insussistente tale requisito.

Con riferimento all’articolo 3, comma 2, è auspicabile chiarire il regime sanzionatorio applicabile sui contributi previdenziali.

Appare infine opportuno che la disposizione attualmente collocata nel comma 3 dell’articolo 3, in materia di licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore, costituente richiamo del relativo divieto di discriminazione, con corrispondente comminatoria della sanzione reintegratoria, venga collocata ratione materiae nel contesto dell’articolo 2, dedicato appunto ai casi di nullità del licenziamento e in particolare di quello di carattere discriminatorio.

Con riferimento alla formulazione dell’articolo 3 comma 1, in materia di quantificazione dell’indennizzo a seguito di procedimento giudiziale, è opportuno precisare che il carattere vincolante del meccanismo di calcolo dell’indennità, parametrato all’anzianità di servizio, non consente una determinazione dell’indennità medesima in misura diversa da quella che deriva dall’applicazione del criterio dell’anzianità di servizio in azienda.

In ordine all’offerta conciliativa (articolo 6), è opportuno in primo luogo riflettere su una possibile estensione di tale strumento allo scioglimento di tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, indipendentemente dalla data di assunzione. È opportuno anche specificare che il termine perentorio coincidente con i termini dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento si applica esclusivamente all’offerta della somma da corrispondere, mentre non si applica alla consegna dell’assegno circolare, che può essere, quindi, effettuata anche successivamente. D’altra parte, è opportuno consentire che il pagamento avvenga anche mediante bonifico bancario.

Coerentemente con quanto rilevato dalla Commissione Giustizia, considerato che l’offerta conciliativa prevista dall’articolo 6 costituisce un complemento dell’istituto di arbitrato di cui all’articolo 31 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosiddetto Collegato Lavoro), si rende opportuno prevedere, nell’ambito del predetto articolo 6, l’emanazione di disposizioni regolamentari di attuazione del medesimo mediante un apposito decreto ministeriale.

È opportuno, inoltre, definire che cosa si intenda per “retribuzione globale di fatto” e confermare esplicitamente la possibilità che la transazione abbia a oggetto, oltre alla rinuncia all’impugnazione del licenziamento, anche altre materie attinenti al passato svolgimento del rapporto, prevedendo il pagamento di una somma ulteriore. In tal caso è opportuno che si precisi che l’esenzione fiscale e contributiva non si applica alla parte del pagamento eccedente rispetto all’importo definito nella norma.

Gli enti e le associazioni “di tendenza” sono caratterizzate da un particolare rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, con la conseguente opportunità di conservare la vigente possibilità di risolvere il rapporto di lavoro, senza il rischio che una valutazione difforme da parte del giudice possa portare alla ricostituzione autoritativa del rapporto stesso.

Con riferimento ai licenziamenti collettivi (articolo 10), è opportuno chiarire che trovano applicazione le misure ridotte dell’indennità, contemplate dall’articolo 9, comma 1, qualora l’impresa non superi i limiti dimensionali richiamati (si osservi in proposito che l’impresa potrebbe essere soggetta alla disciplina del licenziamento collettivo, pur non superando la soglia dimensionale ai fini della disciplina dei licenziamento, essendo l’organico, complessivamente inferiore a 61 dipendenti, suddiviso in unità produttive ciascuna al di sotto dei 16 dipendenti). È opportuno, infine, escludere dall’ambito di applicazione della disposizione in esame, in quanto licenziamento individuale – sebbene plurimo – per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento, a seguito di cessione di appalti di servizi, da parte dell’assuntore cessante dei lavoratori dipendenti che siano impiegati nell’appalto da almeno quattro mesi e comunque dal maggior termine eventualmente previsto dal contratto collettivo nazionale cui aderisce l’assuntore uscente.

L’EMENDAMENTO AGGIUNTIVO APPROVATO COL VOTO DI PD (*), SEL E M5S

In riferimento alla materia dei licenziamenti collettivi, si invita il Governo a valutare l’opportunità di prevedere la reintegrazione per il caso di violazione dei criteri di scelta previsti da contratti collettivi.

(*) Al momento del voto di questo emendamento sono uscito dall’Aula chiarendone il motivo con questo breve intervento: “Se avessi partecipato alla discussione su questo emendamento in seno al Gruppo PD, facendo parte del Gruppo stesso, ora lo voterei per disciplina di gruppo, pur nel più netto dissenso. La legge-delega, infatti, esclude recisamente la possibilità della reintegrazione per tutti i ‘licenziamenti economici’; e a me sembra che non possa ragionevolmente dubitarsi che il licenziamento collettivo sia ricompreso in questa nozione. Poiché però ancora non faccio formalmente parte del Gruppo PD pur avendo presentato domanda di farne parte, non ho quindi partecipato a questa discussione, e viceversa mi sono pronunciato pubblicamente in senso contrario nei giorni scorsi, mi asterrò dal voto su questo emendamento. Voterò invece convintamente a favore del parere, in considerazione del suo contenuto che, per il resto, condivido totalmente apprezzandone molto la precisione, la completezza e la piena aderenza al contenuto della legge-delega cui stiamo dando attuazione.”

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