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IL PARERE DELLA COMMISSIONE LAVORO DEL SENATO SUL TERZO DECRETO DEL JOBS ACT

LE MODIFICHE RICHIESTE PER RENDERE IL DECRETO COERENTE CON L’OBIETTIVO DEL CODICE SEMPLIFICATO – LA SEMPLIFICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEL PART-TIME E DELLE CLAUSOLE ELASTICHE, IN FUNZIONE DELL’ASSORBIMENTO DELLA FIGURA DEL “LAVORO INTERMITTENTE” – LA NUOVA DEFINIZIONE DEL LAVORO COORDINATO ASSOGGETTATO ALLA PROTEZIONE FORTE

Parere espresso dalla Commissione Lavoro del Senato [1] sullo schema di decreto Atto Governo n. 158, nella sessione pomeridiana del 13 maggio 2015 – È evidenziata in grassetto la parte contenente le richieste di chiarezza, concisione e leggibilità delle nuove norme in funzione della prospettiva del Codice semplificato – V. in proposito anche la relazione del presidente della Commissione Maurizio Sacconi [2] e i miei commenti a caldo sullo schema di decreto [3], all’indomani dell’approvazione da parte del Governo, 20 febbraio 2015 .

Parere della Commissione Lavoro del Senato sullo schema di decreto legislativo recante testo organico delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni, Atto del Governo n. 158/2015

La Commissione esprime sullo schema di decreto A.G. n. 158 un parere positivo con le osservazioni che seguono.

La Commissione rileva in primo luogo che questo decreto deve concorrere al Testo Unico semplificato, innovativo delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, per il quale il Governo ha ricevuto esplicita delega, con norme semplici, certe e immediatamente comprensibili non soltanto da tutte le persone che ne sono attualmente destinatarie, ma anche dai destinatari potenziali e in particolare dagli investitori internazionali. Esso, pur realizzando una maggiore chiarezza rispetto alla legislazione vigente, presenta una scrittura ancora affetta da ipertrofia e legata allo schema della norma restrittiva derogabile solo mediante contratto collettivo nazionale.

Vi sono poi norme incerte che ampliano la discrezionalità del giudice e possono accrescere il contenzioso giudiziale, come la fondamentale disciplina della separazione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo di cui all’art. 47.

La Commissione ricorda inoltre la necessità che venga esercitata anche la delega relativa ai controlli a distanza del datore di lavoro.

In funzione del Testo Unico semplificato la Commissione suggerisce poi che vengano limitati al minimo indispensabile i riferimenti a leggi o decreti previgenti. Si osserva in proposito che in tutti i casi in cui si tratta di correggere o integrare una norma previgente, si deve adottare il più possibile la tecnica della riformulazione della norma e della abrogazione di quella precedente; negli altri casi, il richiamo degli estremi del provvedimento legislativo previgente è quasi sempre superfluo.

Sempre nell’ottica del prossimo Testo Unico semplificato, del quale il decreto in esame deve costituire una anticipazione parziale, si suggerisce che le regole attinenti agli adempimenti e ai rapporti amministrativi siano il più possibile collocate in disposizioni di natura regolamentare, e comunque non mescolate con la disciplina dei rapporti contrattuali. A questo fine si raccomanda l’inserimento nel decreto di una norma transitoria, in forza della quale, nell’attesa dell’emanazione dei decreti ministeriali attuativi, relativi agli adempimenti e ai rapporti amministrativi, la materia resti disciplinata dalle norme legislative o regolamentari previgenti, in modo che non si determinino vuoti normativi.

Si suggerisce, infine, di uniformare tutte le formulazioni dello schema di decreto legislativo che contengono deleghe a favore della contrattazione collettiva alla nozione contenuta nella disciplina del part time, prevista dall’articolo 2, comma 2, lett. g), per quanto attiene alla contrattazione sia di primo che di secondo livello. Fornire una nozione unitaria della contrattazione collettiva abilitata all’esercizio delle prerogative previste dalla legge rappresenterebbe un’importante elemento di certezza normativa e favorirebbe il più ampio e ordinato sviluppo della contrattazione aziendale, strumento essenziale per garantire un adeguato recupero dei livelli di produttività del nostro sistema industriale.

 Lavoro a tempo parziale o a orario modulato

Con riferimento al lavoro a tempo parziale, la Commissione indica l’opportunità di una disciplina più semplice e comprensiva di ogni possibilità di modulazione dell’orario, tale da includere anche i casi in cui non sia possibile prestabilire con precisione l’inizio e il termine di ciascun segmento temporale della prestazione. Pertanto, ai fini di una più agevole adattabilità reciproca tra datore di lavoro e lavoratore, la nuova disciplina dovrebbe consentire direttamente, anche dove ciò non sia espressamente previsto dalla contrattazione collettiva, un impiego più duttile delle clausole elastiche e in particolare del lavoro supplementare, senza contingentamenti o limiti quantitativi (salvi i limiti generali di durata settimanale stabiliti per la generalità dei rapporti), quando la variazione della collocazione o dell’estensione temporale del singolo segmento della prestazione venga contrattualmente collegata a fatti oggettivi predeterminati o predeterminabili (secondo quanto stabilito in proposito dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 210/1992). Si osserva che questa disciplina delle clausole elastiche, riferite sia alla collocazione sia all’estensione temporale della prestazione, potrebbe consentire di superare la figura del “lavoro intermittente”, come tipo contrattuale a sé stante, essendo a quel punto la sua funzione svolta pienamente da un ampio e flessibile modello di “contratto a orario modulato”.

Si ritiene opportuno specificare la disciplina retributiva propria delle prestazioni lavorative straordinarie di cui all’articolo 4, comma 6, al fine di evitare incertezze applicative con riferimento alle prestazioni rese nel part time verticale o misto nel caso in cui tale aspetto non sia disciplinato dalla contrattazione collettiva.

In relazione al diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno del lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (articolo 6, comma 6), mentre risulta comprensibile il concetto di espletamento delle stesse mansioni, tuttavia si segnala che la formulazione “mansioni di pari livello” è suscettibile di allargare in modo inopportuno l’applicazione del diritto di precedenza in quanto lo riferisce a livelli di inquadramento relativi a filiere professionali tra loro disomogenee.

Per quanto riguarda il diritto del lavoratore di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, in luogo del congedo parentale, per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento (articolo 6, comma 7), appare necessaria una disposizione atta a contemperare questo diritto con le esigenze organizzative dell’impresa, ivi compreso un congruo preavviso. Potrebbe essere opportuna la previa definizione di una disciplina attuativa da parte della contrattazione collettiva.

Inoltre, sempre con riferimento al medesimo comma 7, si ritiene opportuno precisare che la possibilità ivi prevista sia possibile “per una sola volta”, ma per ogni figlio. In difetto di questa precisazione la possibilità è consentita per una sola volta a prescindere dal numero dei figli.

Risulta comunque opportuno chiarire la durata del periodo di lavoro a tempo parziale precisando che la trasformazione potrà avvenire per un numero di mesi corrispondenti a quelli di durata del congedo. È importante chiarire che le due possibilità (part time e congedo su base oraria) sono tra loro pienamente alternative di modo che una volta che si è optato per una delle due soluzioni non è possibile avvalersi dell’altra.

Si sottolinea come la regolamentazione relativa alla possibilità di fruire del congedo parentale anche attraverso la trasformazione del contratto di lavoro a tempo pieno in contratto a tempo parziale, necessiti di un coordinamento con il decreto sulla conciliazione secondo regole semplici e coerenti con la prospettiva del TU.

In relazione al criterio di computo dei lavoratori part time al fine dell’applicazione delle discipline previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva (articolo 7), si propone di limitare l’arrotondamento all’unità superiore solo quando la frazione di orario ecceda di almeno il 50 per cento la somma degli orari a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno.

Lavoro intermittente

Con riferimento alla disciplina relativa al contratto di lavoro intermittente, ferma restando l’opportunità sopra indicata di un unico modello contrattuale a orario modulato, occorrerebbe una formulazione più chiara dell’articolo 12, comma 1. Per presumibile errore materiale, i “periodi predeterminati” a cui si riferisce l’ammissibilità del contratto intermittente, devono essere riferiti alle prestazioni del lavoratore anziché alla stipulazione del contratto. Al comma 4, lettera b) del medesimo articolo, qualora non si ritenga di consentire senz’altro il lavoro intermittente nella forma del part-time con clausola elastica, si ritiene opportuno reintrodurre la possibilità per gli accordi sindacali di consentire il ricorso al contratto di lavoro intermittente anche nelle unità produttive interessate da procedure di licenziamento collettivo o cassa integrazione.

Lavoro a tempo determinato

Riguardo al limite temporale di 36 mesi previsto all’articolo 17 per il contratto a tempo determinato, il richiamo alle mansioni di pari livello risulta generico e probabilmente oggetto di valutazioni discrezionali da parte dell’organo accertatore e, successivamente, del giudice. Si suggerisce, inoltre, di chiarire che rimane legittimo, al termine del periodo massimo dei 36 mesi, il ricorso da parte dell’azienda utilizzatrice al contratto di somministrazione a tempo determinato con il medesimo lavoratore anche per le medesime mansioni.

Relativamente all’articolo 18, comma 1, lett. b) e c), si ritiene opportuno reintrodurre la possibilità per gli accordi sindacali di consentire il ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato nelle unità produttive interessate da procedure di licenziamento collettivo o dall’intervento della cassa integrazione guadagni.

All’articolo 19, la Commissione ritiene opportuno fare salvi gli effetti di eventuali contratti collettivi di secondo livello.

Con riferimento all’esenzione prevista per la stipulazione dei contratti a tempo determinato dall’applicazione del limite percentuale di cui all’articolo 21, comma 1 nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, essa  risulta eccessivamente circoscritta. Per agevolare le assunzioni effettuate in fase di start-up, si propone di prevedere all’articolo 21, comma 2 che in assenza di intervento da parte della contrattazione collettiva l’esclusione dal limite quantitativo del 20 per cento operi per le assunzioni a tempo determinato effettuate nel corso del primo anno di esercizio della nuova attività. In ragione delle specifiche peculiarità del settore della cooperazione internazionale, si invita il Governo a valutare l’opportunità di estendere la suddetta esclusione anche ai contratti a tempo determinato stipulati nell’ambito di programmi di cooperazione internazionale allo sviluppo di cui alla Legge n. 125 del 2014.

Al fine di favorire l’occupazione di soggetti difficilmente collocabili, in coerenza con il requisito anagrafico previsto dall’incentivo contributivo di cui all’articolo 4, comma 8, della legge n. 92 del 2012, si propone di abbassare l’età prevista dall’articolo 21, comma 2, lett. f) a 50 anni.

Con riferimento alle deroghe previste dall’articolo 21, comma 3, occorrerebbe, infine, specificare se e in quali termini restino valide quelle relative al personale delle fondazioni lirico-sinfoniche, deroghe previste da disposizioni ora oggetto di abrogazione da parte dell’articolo 46 dello schema, in quanto risulta importante salvaguardare la disciplina speciale attualmente prevista per i contratti a tempo determinato stipulati in questo settore.

La misura della sanzione di cui all’art.21, comma 4, appare particolarmente elevata in un contesto civilistico devoluto alla contrattazione delle parti, con possibili ricadute sulle assunzioni in alcuni settori, quali quello della cantieristica e degli appalti limitati nel tempo. Pertanto, si segnala l’opportunità di individuare, in aggiunta, una causale specifica per quei settori. Relativamente all’art.22, comma 3, si propone di affidare alla contrattazione collettiva la disciplina del diritto di precedenza per i contratti a tempo determinato stipulati per lo svolgimento di attività stagionali. Si invita, inoltre, il Governo a chiarire che la manifestazione della volontà di avvalersi di tale diritto deve essere effettuata espressamente e in forma scritta, in mancanza della quale il datore di lavoro è legittimato ad assumere altri lavoratori con le medesime mansioni.

Al fine poi di stabilire un esplicito collegamento tra le tipologie contrattuali/mansioni e quanto disciplinato dal decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, in materia di sistema nazionale di certificazione delle competenze, si propone di farvi riferimento, ancorché non vincolante, laddove si parla di “formazione adeguata” per aumentare la qualificazione dei lavoratori.

All’articolo 26, comma 1, risulta opportuno uniformare a 60 giorni il termine per l’impugnazione stragiudiziale del contratto a tempo determinato, in quanto il termine attualmente previsto era stato introdotto dalla legge Fornero in coerenza con l’allungamento dei termini di intervalli tra un contratto a tempo determinato ed il successivo.

Somministrazione di lavoro

La Commissione rileva l’opportunità di definire un testo unico della somministrazione quale corpo omogeneo da inserire nel Testo Unico semplificato. In esso segnala l’opportunità di riconoscere la qualità del rapporto di lavoro nella somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing) eliminando il limite per l’utilizzatore del 10% o elevandolo, almeno, alla soglia disposta per i contratti a termine e comunque consentendo alla contrattazione collettiva aziendale la sua derogabilità.

Si facciano comunque salvi gli effetti degli accordi di prossimità già stipulati così come valuti il Governo ambiti specifici della regolazione, come i limiti alla somministrazione, che possono essere rimessi alla adattabilità tra le parti nel nome di esigenze condivise a livello aziendale.

Si invita, inoltre, il Governo a chiarire il concetto di “piano nazionale” richiamato al medesimo comma.

Quanto agli obblighi in materia di salute e sicurezza che l’articolo 31, lettera c) e l’articolo 33, comma 4, sembrano porre a carico del somministratore, si richiama l’opportunità che essi vengano posti anche a carico dell’utilizzatore: ciò pare più coerente con il fatto che a quest’ultimo è affidato il potere direttivo e disciplinare, nonché la gestione nel concreto del rapporto di lavoro. Si ritiene necessario che sia lo stesso utilizzatore ad avere obblighi in materia di salute e sicurezza su aspetti specifici riguardanti la propria attività lavorativa.

Nell’ambito del contenuto obbligatorio del  contratto di somministrazione (articolo 31), la mancata previsione dell’obbligo di comunicazione al somministratore da parte dell’utilizzatore dei trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili (previsto dall’articolo 21, comma 1, lett. j) del D. Lgs. n. 276 del 2003) appare inspiegabile, in quanto conseguenza del principio di parità di trattamento dei lavoratori somministrati rispetto ai lavoratori alle dirette dipendenze dell’utilizzatore di pari livello. Si richiede, pertanto, di ripristinare la precedente formulazione della norma.

Al fine poi di stabilire un esplicito collegamento tra le tipologie contrattuali e quanto disciplinato dal decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, in materia di sistema nazionale di certificazione delle competenze, si propone di farvi riferimento, ancorché non vincolante, laddove si parla di “mansioni” e di “formazione adeguata”.

All’articolo 32, comma 2, tra le disposizioni che non trovano applicazione nei rapporti di lavoro tra agenzia per il lavoro e lavoratore da inviare a missione, risulta opportuno includere l’articolo 22 che disciplina il diritto di precedenza. Tale esclusione è già attualmente prevista nel nostro ordinamento dall’articolo 22, comma 2, D. Lgs. n. 276 del 2003.

Come già detto, All’articolo 33, comma 4, si segnala la possibilità di integrare la disposizione riproducendo interamente il contenuto di cui all’articolo 23, comma 5, del D. Lgs. n. 276 del 2003 ivi inclusa la possibilità di ripartire diversamente in via contrattuale gli obblighi di sicurezza tra le parti. Eliminando in particolare la possibilità in capo alla agenzia di delegare all’azienda utilizzatrice l’informazione generale in materia di sicurezza nel lavoro nonché la formazione e l’addestramento all’uso delle attrezzature, si ridurrebbe l’efficacia delle azioni rivolte alla sicurezza, producendo una inevitabile disparità di gestione tra lavoratori diretti e somministrati.

La Commissione suggerisce, con riferimento alla previsione di cui all’articolo 34, comma 3, relativamente all’obbligo di comunicazione da parte dell’utilizzatore della somministrazione alle organizzazioni sindacali e in ogni caso i motivi di ricorso ad essa, in considerazione del nuovo regime di acausalità dell’istituto, di applicare in simmetria la norma prevista per il contratto a tempo determinato ove si stabilisce che sono i contratti collettivi nazionali delle aziende utilizzatrici a definire le modalità di comunicazione alle organizzazioni sindacali.

Al comma 3 dell’articolo 36, secondo cui in caso di costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata, risulta opportuno specificare che le eventuali differenze contributive non sarebbero assoggettate al regime sanzionatorio dell’evasione, dovendosi prevedere una ipotesi di carattere omissivo.

Al comma 2 del medesimo articolo, risulta opportuno chiarire se l’indennità risarcitoria prevista sia o meno assoggettata a contributi previdenziali.

Al fine di prevenire fenomeni di dumping, si propone l’obbligo in capo alle agenzie in possesso di autorizzazione rilasciata da altri Paesi dell’Unione Europea che effettuano somministrazione di lavoro in Italia di applicare la disciplina normativa nazionale, nonché le disposizioni di cui al contratto collettivo nazionale di settore, prevedendo in ogni caso di violazione, sanzioni in capo all’azienda utilizzatrice.

La Commissione segnala da ultimo la opportunità di incoraggiare l’impiego di persone disabili da parte delle Agenzie di somministrazione consentendo alle imprese utilizzatrici di computare ai fini della relativa quota obbligatoria i lavoratori disabili quando somministrati con missione non inferiore a dodici mesi.

Apprendistato

Per quanto riguarda la definizione di un unico apprendistato duale (articolo 39), si invita il Governo a valutare l’opportunità di consentirne la stipulazione con giovani iscritti a qualsiasi percorso di istruzione e formazione secondaria superiore, a partire quindi dal quattordicesimo anno di età. La Commissione ritiene indispensabile definire un quadro regolatorio organico e omogeneo per l’intero territorio nazionale, incluse le disposizioni originariamente contenute nel disegno di legge su “la Buona Scuola”.

Con riferimento al numero massimo di apprendisti (articolo 40, comma 7), si ritiene opportuno il suo innalzamento nelle imprese sociali ed in quelle comunque individuate dalla contrattazione collettiva. In particolare, le imprese sociali non dovrebbero computare ai fini di questo limite le persone con disabilità intellettiva relazionale, per le quali sarebbe altresì opportuno un periodo di pre-apprendistato della durata di almeno tre anni.

Per quanto riguarda i limiti all’assunzione di nuovi apprendisti derivanti dalle stabilizzazioni di precedenti contratti di apprendistato, la Commissione suggerisce una riformulazione tale da liberare da questo vincolo i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti a tempo indeterminato

Al comma 2 dell’articolo 41, la Commissione ritiene opportuno prevedere l’apprendistato per la qualifica e il diploma anche nel settore pubblico, come avviene in tutti i Paesi con un apprendistato duale consolidato. Parimenti, a tale scopo, risulta opportuno modificare anche il comma 6 dell’articolo 45.

Con riferimento al comma 5 dell’articolo 41, si propone di aggiungere una specifica disposizione volta a consentire la stipulazione di contratti di apprendistato di durata non superiore a due anni per i giovani delle Province Autonome di Trento e Bolzano che, dopo il conseguimento del diploma, frequentano l’apposito corso annuale che si conclude con l’esame di Stato, previsto per le scuole professionali provinciali ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del D.P.R. n. 87 del 2010.

Si sottolinea la necessità di ridurre il contributo Aspi che la L. n. 92 del 2012 ha aumentato per quei datori di lavoro artigiani e del commercio o pubblici servizi fino all’1,61 per cento con riferimento agli apprendisti e di escludere l’apprendistato dal versamento del contributo di licenziamento previsto dalla Legge Fornero.

La Commissione, infine, segnala l’opportunità di comprendere il contratto di apprendistato nel campo di applicazione degli sgravi triennali contributivi previsti per i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti dalla Legge di Stabilità 2015,  in quanto esso tutela da sempre in modo crescente il lavoratore.

Si segnala, inoltre, l’opportunità di valutare l’esigenza di una norma transitoria per il periodo precedente l’emanazione del decreto ministeriale volta a definire i criteri generali per lo svolgimento dei percorsi di apprendistato negli istituti tecnici e professionali e, in particolare, il monte orario massimo del percorso scolastico che possa essere svolto in apprendistato ed i requisiti delle relative imprese. Si osserva, inoltre, che, riguardo alla determinazione del numero di ore di formazione da effettuare in azienda, il successivo articolo 44, comma 1 fa riferimento – anziché al decreto ministeriale di cui al citato comma 6 dell’articolo 41 – ad un altro decreto ministeriale, da emanarsi secondo la procedura ivi contemplata. La Commissione, pertanto, rileva la necessità di un più chiaro coordinamento riguardo a tale profilo, nonché  l’indicazione di termini certi circa l’adozione dei suddetti decreti. In alternativa, si segnala l’opportunità di prevedere una indicazione a livello nazionale di attribuzione dei crediti formativi di cui all’articolo 43, comma 2, nel numero massimo di 60, al fine di evitare modalità di attuazione fortemente differenziate nei territori.

La medesima esigenza di una norma transitoria si pone anche con riferimento al decreto ministeriale che definisce, per l’apprendistato di III livello, lo schema del protocollo che il datore di lavoro deve sottoscrivere con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, o con l’ente di ricerca.

Con riferimento alla misura sanzionatoria prevista all’articolo 45, si  suggerisce – anche al fine di agevolare il ricorso al contratto di apprendistato – di eliminare al comma 1 la maggiorazione sanzionatoria del 100%, che non appare coerente con l’attuale contesto sanzionatorio, introducendo in sostituzione la disciplina sanzionatoria dell’omissione contributiva, atteso che l’eventuale violazione non integra certamente una ipotesi di lavoro “nero”. Al comma 3 dell’articolo 45, si ritiene opportuno prevedere espressamente che l’esclusione degli apprendisti dal computo ai fini dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi, non opera con riferimento alla disciplina dei limiti quantitativi per le assunzioni a tempo determinato e in somministrazione (articoli 21 e 29 dello schema). Si propone, inoltre, di considerare i contratti di apprendistato nella base di calcolo per il computo del limite percentuale dell’adozione di contratti a tempo indeterminato.

Lavoro subordinato e lavoro autonomo

La Commissione ribadisce la necessità di una formulazione più certa dell’articolo 47 correlandolo con l’art. 2094 del c.c. In particolare, si ritiene necessario eliminare il criterio del “contenuto ripetitivo” della prestazione lavorativa e di integrare il criterio relativo alle modalità di esecuzione con la precisazione che devono essere organizzate “unilateralmente” dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. Ciò al fine evitare ogni sovrapposizione con le più genuine forme di lavoro autonomo e libero-professionale, anche di elevatissimo livello.

Appare utile esplicitare la perdurante legittimità delle collaborazioni autonome di cui all’articolo 2222 del Codice civile, aventi per oggetto un servizio a carattere continuativo.

Nell’individuare le ipotesi di sopravvivenza delle collaborazioni a progetto, l’articolo 47, comma 2, indica la possibilità di sopravvivenza delle collaborazioni regolamentate dagli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di specifiche ipotesi ricalcate su quanto previsto dall’articolo 61 del d.lgs. n. 276 del 2003.

La Commissione ribadisce che, ove la norma delega la contrattazione collettiva, questa dovrebbe comprendere anche la dimensione di categoria come quella aziendale consolidando così esperienze già realizzate dagli attori sociali più rappresentativi.

Si propone, altresì, di integrare comunque l’elenco delle esclusioni ivi previste, con le seguenti ipotesi:

– i contratti di collaborazione coordinata e continuativa redatti con l’assistenza delle sedi di certificazione;

– oltre alle ipotesi previste alla lett. b), tutte le attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad appositi registri, ruoli, elenchi, albi nazionali e regionali, così come individuate con apposito decreto del Ministero del lavoro;

Con riferimento alla stabilizzazione dei collaboratori e dei titolari di partita Iva (articolo 48), la condizione stabilita alla lettera b) del comma 1, realizza una condizione di privilegio dei lavoratori stabilizzati rispetto agli altri dipendenti che deve essere evitata.

All’articolo 48, comma 2, è opportuno prevedere che l’assunzione a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), comporti l’estinzione degli illeciti non solo amministrativi, contributivi, fiscali ma anche assicurativi.

Si segnala, inoltre, che la soppressione del contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro prevista dall’articolo 50 dello schema potrebbe rendere ardua la diversa regolazione di particolari rapporti già evidenziati dalla legislazione vigente come quelli relativi alle prestazioni artistiche o alle attività delle allevatrici sarde e inibire genuine opportunità di lavoro caratterizzate da condivisione del rischio d’impresa e da remunerazione connessa ai risultati.

La Commissione, inoltre, invita il Governo a fare salva la possibilità di avvalersi del contratto di associazione in partecipazione, a prescindere dalla natura dell’apporto, qualora sia l’associato sia l’associante siano società di capitali.

Con riferimento ai contratti già stipulati, la norma transitoria di cui al comma 3 dell’articolo 50, dovrebbe essere resa più certa.

Lavoro accessorio

Relativamente alla disciplina del lavoro accessorio, la Commissione rileva che la definizione di cui all’art. 51 dovrebbe essere integrata in modo da codificare l’irrilevanza della modalità, autonoma o subordinata, della prestazione, così da incoraggiare, attraverso la certezza regolatoria, l’emersione di  segmenti di tessuto produttivo oggi relegati nell’economia sommersa.

La Commissione segnala inoltre l’opportunità di condurre a coerenza i limiti economici relativi da un lato al lavoro accessorio da parte di professionisti e imprese e, dall’altro, alle prestazioni autonome occasionali di cui all’art.2222 del c.c. in modo che risultino uniformi i doveri di pagamento dei contributi.

Riguardo alla percezione del compenso da parte del lavoratore successivamente all’accreditamento dei buoni da parte del committente (articolo 52, comma 4) si ritiene opportuna una più chiara formulazione della norma.

Relativamente all’obbligo di comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro del ricorso a prestazioni occasionali di tipo accessorio da parte del committente (articolo 52, comma 3), risulta opportuna la sua eliminazione, in quanto costituisce un superfluo appesantimento burocratico soprattutto per il datore di lavoro famiglia,  atteso che l’elemento qualificante la regolarità del rapporto è già previsto dall’articolo 52 nell’acquisto di uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati. La Commissione segnala che la semplicità delle modalità di gestione è condizione per il successo degli obiettivi di emersione degli spezzoni lavorativi in tutto il territorio nazionale.

Clausola di salvaguardia

La Commissione rileva, infine, che la clausola di salvaguardia prevista all’articolo 56 dello schema si pone in evidente contraddizione con l’indirizzo perseguito dal governo in termini di contenimento del costo indiretto del lavoro. Se ne propone quindi la soppressione o la sostituzione con altre modalità di copertura, invitando il governo a considerare gli effetti complessivi della riforma e di questo decreto sulle entrate contributive che a questa Commissione non sembrano destinati a produrre andamenti negativi.

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