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PERCHÉ HO VOTATO CONTRO L’AUTORIZZAZIONE ALL’ARRESTO DEL SENATORE AZZOLLINI

NEI CASI PRECEDENTI HO SEMPRE VOTATO PER L’AUTORIZZAZIONE, NON RAVVISANDO INDIZI DI SCORRETTEZZA NELL’OPERATO DEI GIUDICI; QUESTA VOLTA SONO RIMASTO SCONCERTATO DALLA CONFESSIONE ESPLICITA, NELL’IMPIANTO ACCUSATORIO, DELLA PRETESA DI METTERE SOTTO CONTROLLO L’ATTIVITÀ PARLAMENTARE

Lettera pervenuta il 27 luglio 2015 – Seguono: a) la mia risposta immediatamente precedente rispetto al voto segreto del Senato, nella sessione antimeridiana del 29 luglio, che ha fatto poi registrare una larghissima maggioranza (189 “no”, 17 astenuti e 96 “sì”) contraria alla concessione dell’autorizzazione all’arresto (questa mia risposta è stata ripresa dal quotidiano Il Garantista il giorno dopo); b) il post pubblicato dal senatore Giorgio Tonini sulla sua pagina FB – In argomento v, anche la mia lettera al [1]Corriere della Sera del 30 luglio [1]

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Caro Pietro, ho visto che dopodomani il Senato decide sull’autorizzazione all’arresto del senatore Azzollini. Come voterà il gruppo Pd e come voterai tu?
Giorgio (Milano)

La presidenza del Gruppo Pd nei giorni scorsi ha deciso di non dare indicazioni ai senatori, invitando ciascuno di essi a votare secondo coscienza. Per quel che mi riguarda, ho deciso di votare contro l’autorizzazione, per questi motivi:
a) il senatore Azzollini è accusato di avere operato come “amministratore occulto” di una Congregazione religiosa, della quale è stata dichiarata due anni fa l’insolvenza; ma di questa accusa ho trovato negli atti giudiziali elementi di prova che definire evanescenti è dire poco;
b) il Giudice per le Indagini Preliminari riconosce esplicitamente l’assenza di qualsiasi lucro patrimoniale che l’imputato abbia ottenuto o tentato di ottenere dai comportamenti di cui è accusato;
c) l’unico movente del comportamento di cui il senatore Azzollini è imputato, secondo il GIP, è costituito da “interessi di tipo personale e politico, costituendo la Congregazione un bacino di consenso politico-personale di notevole portata”;
d) a parte l’aver operato come “amministratore occulto” della Congregazione, di cui non viene offerta alcuna evidenza, l’altro comportamento che viene imputato al senatore Azzollini consiste nell’essersi adoperato in Senato per l’approvazione di esenzioni fiscali delle quali la Congregazione stessa avrebbe beneficiato.
Negli altri casi analoghi precedenti, di richiesta dell’autorizzazione all’arresto di un senatore, ho votato per l’autorizzazione, non ravvisando indizi di scorrettezza nell’operato dei giudici. Questa volta invece sono rimasto sconcertato da quella che mi è apparsa come una vera e propria confessione esplicita, nell’impianto accusatorio, della pretesa di mettere sotto controllo l’attività parlamentare. E mi ha molto stupito il fatto che il Tribunale della Libertà abbia convalidato la richiesta del GIP, ricalcandone alla lettera i motivi, senza rilevare l’anomalia di un capo d’accusa che ha per oggetto principale l’attività legislativa di un parlamentare e che indica come movente del preteso delitto il puro e semplice interesse politico-elettorale del parlamentare stesso. Per non dire dell’anomalia dell’arresto come misura cautelare, in una situazione nella quale il rischio di fuga dell’imputato è nullo, la Congregazione insolvente è commissariata, dunque la reiterazione del reato è impossibile, e non si vede come possa temersi un inquinamento di prove – per ora comunque evanescenti – circa l’attività di “amministrazione occulta” svolta più di due anni or sono, essendo l’amministrazione della Congregazione religiosa attualmente affidata a un commissario.
Con questo, non esprimo alcun giudizio sull’insieme dei rapporti intrattenuti dal senatore Azzollini e la Congregazione religiosa, dei quali non so quasi nulla (anche perché dagli atti giudiziali non emerge gran che di preciso): può essere benissimo che ci sia stato del clientelismo, dei difetti di trasparenza, dei comportamenti scorretti. Il senatore Azzollini verrà processato come qualsiasi altro cittadino; ma da questo all’arresto preventivo del parlamentare in via cautelare mi sembra ci corra davvero troppo.   (p.i.)

L’INTERVENTO POSTATO DAL SENATORE GIORGIO TONINI SULLA SUA PAGINA FB
Ho votato anch’io, come credo la maggior parte dei senatori del Pd
(il voto era segreto, ma i numeri parlano chiaro), contro la richiesta di arresto del sen. Antonio Azzollini. Sapevo che sarebbe stata una decisione difficile da spiegare ad una parte dei nostri elettori, sapevo che mi sarei preso la mia dose di insulti sulla rete, ma ho assunto questa decisione con la coscienza tranquilla, perché penso (e ci ho pensato a lungo) di aver fatto la cosa giusta. Penso che quando si deve decidere della libertà, dell’onore e in definitiva della vita di una persona, si debba farlo prescindendo, per quanto possibile, da valutazioni di opportunità politica, che del resto, in questa circostanza, erano assai incerte. Sarebbe stato infatti sbagliato lasciarsi influenzare, nel decidere pro o contro la richiesta di arresto, sia da ragioni, tutt’altro che ignobili, di realismo politico, che avrebbero spinto a votare contro l’arresto (per salvare l’alleanza con Ncd, decisiva per la tenuta del governo, con tutto ciò che questo comporta in termini di interesse dell’Italia), sia da ragioni non meno nobili e importanti per il Paese, di consenso, almeno immediato, al Pd, che avrebbero spinto nella direzione opposta. Penso sia stato giusto invece porsi, come ho e abbiamo cercato di fare, l’unica domanda vera, che la Costituzione ci impone di porci: quelle proposte dai magistrati sono ragioni in grado di motivare la richiesta, non di processare (su quello non siamo competenti), ma di arrestare in via preventiva, cioè in fase di indagini, un parlamentare? Aggiungo che negli ormai lunghi anni della mia permanenza in Senato (dal 2001) ho quasi sempre votato a favore della richiesta della magistratura, perché ho sempre pensato che l’onere della prova fosse a carico di chi si oppone alla richiesta dei magistrati e non di chi vi si conforma. Penso infatti che si debba partire dal presupposto che un magistrato inquirente che chiede l’arresto di un cittadino, con l’approvazione di un giudice delle indagini preliminari e magari anche (come nel caso di Azzollini) di un tribunale del riesame, lo faccia perché convinto in scienza e coscienza di fare una cosa giusta e dunque doverosa, imposta dalla legge. E pertanto, l’assemblea parlamentare che si oppone a questa decisione debba essa dimostrare l’infondatezza della richiesta della magistratura e la presenza del cosiddetto “fumus persecutionis”, ossia del fondato sospetto di un atteggiamento persecutorio, in una qualunque delle molteplici forme che esso può assumere, da parte della magistratura nei riguardi del parlamentare. Ebbene, nel caso di Azzollini, dopo aver studiato le carte, averci pensato su e discusso con colleghi più competenti di me, sono arrivato alla conclusione che c’erano molti e solidi indizi di fumus persecutionis, che la richiesta di arresto era motivata in modo debole e discutibile ed era sostenuta da argomentazioni pericolose dal punto di vista democratico, in quanto segnavano una netta invasione di campo da parte della magistratura ai danni del parlamento, mettendo così in discussione il principio della divisione dei poteri. L’ordinanza di arresto andava dunque respinta. Azzollini andrà comunque sotto processo e, se sarà condannato, finirà anche in prigione. Ma acconsentire al suo arresto ben prima del processo, sulla base di motivazioni tanto discutibili, sarebbe stato un tragico errore. Che non ho, non abbiamo commesso.