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CHE COSA ACCADE DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO CON LA RIFORMA COSTITUZIONALE

NON UNA “PUNIZIONE” PER LE AUTONOMIE REGIONALI, MA UN QUADRO COSTITUZIONALE MIRATO A VOLTARE PAGINA, NEL SEGNO DELLA SUSSIDIARIETÀ  RISPETTO A UN QUARANTENNIO IL CUI BILANCIO DELL’ATTIVITÀ REGIONALE SUL TERRENO DEI SERVIZI AL MERCATO DEL LAVORO È PESANTEMENTE NEGATIVO

Dichiarazione di voto per il Gruppo Pd sull’articolo 31 del disegno di legge di riforma costituzionale n. 1429-B, svolta nella sessione pomeridiana del Senato dell’8 ottobre 2015.

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PRESIDENTE – Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il senatore Ichino. Ne ha facoltà

ICHINO (Pd) – Signor Presidente, Colleghi, la nuova ripartizione delle competenze legislative e regolamentari in materia di servizi per l’impiego, che l’articolo 31 del disegno di legge delinea con la modifica dell’articolo 117 della Costituzione, è stata letta e criticata da più parti come frutto di una scelta volta a mortificare l’autonomia regionale. Questa chiave di lettura della disposizione – come ha già sottolineato il collega Martini in riferimento all’articolo 30 – non corrisponde agli intendimenti del Governo che l’ha proposta.

Qui apro una parentesi per i colleghi del Movimento Cinque Stelle: l’iniziativa su questo terreno l’ha dovuta prendere il Governo perché nell’ultimo anno e mezzo dell’ultima legislatura il Parlamento, che si era riservato questa materia, non è riuscito a cavare un ragno dal buco. E lo stesso è accaduto nel primo anno di questa legislatura. A fronte di questa situazione il Governo si è assunto la responsabilità di assumere l’iniziativa necessaria per tirare fuori il Paese da una paralisi politico-istituzionale. Questo è il motivo per cui oggi è il Governo a proporre la riforma costituzionale; e, al di là delle scelte che hanno prevalso sui singoli punti, sulle quali ciascuno ovviamente conserva la propria opinione, credo che tutti coloro che hanno a cuore le sorti del Paese dovrebbero considerare una fortuna per il Paese che l’iniziativa nel suo complesso sia finalmente avviata al successo.

Dicevo che l’intendimento del Governo, nel proporre questo nuovo articolo 117 della Costituzione, non è certo quello di mortificare le autonomie regionali. Perché è chiaro a tutti quanto sarebbe illusorio perseguire l’efficienza ed efficacia dei servizi al mercato del lavoro semplicemente centralizzandoli.

È ben vero che nel quarantennio passato, nel quale le Regioni hanno esercitato la potestà legislativa e amministrativa in materia di formazione professionale, e nel quindicennio nel quale esse hanno esercitato la stessa potestà in riferimento alla generalità dei servizi al mercato del lavoro, se si escludono pochi casi – penso soprattutto a quello del Trentino-Alto Adige, della Lombardia, e nell’ultimo biennio a quello del Lazio -, i risultati prodotti dall’autonomia regionale sono stati gravemente insoddisfacenti e in alcuni casi disastrosi. Ma il discrimine tra servizi per l’impiego buoni e cattivi non passa certo tra quelli gestiti centralmente e quelli decentrati!

Tre cose sono certe.

La prima è che è mancato del tutto un servizio di orientamento scolastico e professionale capace di raggiungere capillarmente ciascun adolescente nell’ultimo anno di ciascun ciclo scolastico per individuarne competenze e aspirazioni e offrirgli un quadro realistico di ciò che il mercato del lavoro gli offre e i percorsi possibili per approfittare delle opportunità esistenti. Con gli effetti disastrosi che sappiamo sul tasso di disoccupazione giovanile.

La seconda cosa certa è che è mancata del tutto la rilevazione del tasso di coerenza della formazione professionale impartita sulla base di finanziamento pubblico con gli sbocchi occupazionali effettivi. Col risultato che si sono perpetuate su questo terreno posizioni di pura rendita, o comunque iniziative utili soltanto agli addetti al servizio ma non ai lavoratori coinvolti né al sistema delle imprese. Lo spreco di denaro pubblico, su questo terreno, è stato ed è tuttora ingentissimo.

La terza cosa certa è che i Centri per l’Impiego sono in uno stato di totale abbandono: privi di una direzione, da quando i consigli provinciali sono stati aboliti, tranne poche eccezioni non sono ancora stati incorporati nelle amministrazioni regionali; e oltretutto mancano delle risorse minime indispensabili per il loro funzionamento: non hanno il denaro necessario per la manutenzione ordinaria degli stabili e della strumentazione informatica, neppure per la cancelleria di uso comune. Se si escludono alcune poche Regioni che hanno incominciato a muovere i primi passi per la cooperazione e integrazione tra servizio pubblico e operatori privati specializzati, in tutto il resto del territorio nazionale i servizi di collocamento hanno livelli di efficacia poco più che nulli.

Di fronte a questo stato di cose, cioè in una situazione che ben possiamo qualificare come “anno zero” per i servizi al mercato del lavoro nella maggior parte delle Regioni, è evidente che è mancato un sistema di fissazione degli standard di efficacia dei servizi, di controllo del rispetto di tali standard e di attivazione dei rimedi necessari nei casi in cui il controllo dia esito negativo. Rispetto a questo stato di cose la disposizione costituzionale al nostro esame intende voltare pagina.

Il nuovo articolo 117 della Costituzione riassegna, sì, allo Stato centrale la competenza legislativa su tutta la materia del lavoro, dell’incontro fra domanda e offerta, nonché dei servizi mirati a facilitare questo incontro; ma non lo fa con l’intendimento di riaccentrare in modo ottuso le competenze operative in questa materia, bensì con quello di assicurare che le competenze stesse siano esercitate fino in fondo solo dall’amministrazione, sia essa centrale o regionale, che effettivamente le possiede.

Il progetto, che si esprime in modo trasparente nel sesto comma del nuovo articolo, e che è in qualche modo anticipato nel decreto legislativo n. 150/2015, prevede che alle Regioni interessate continuino a essere affidate, mediante delega, le competenze amministrative e di implementazione delle politiche attive del lavoro, ma soltanto se e fino a quando , esse sapranno esercitare quelle competenze  in modo efficace. E tutti sappiamo che in questo campo assai più della norma legislativa conta il know-how, il sapere come concretamente si opera sul campo, la capacità di confrontarsi con le esperienze straniere più avanzate.

Nel nuovo quadro costituzionale è comunque auspicabile che la legge statale si limiti a stabilire i principi fondamentali e le linee-guida, a stabilire l’organo centrale cui competerà la fissazione degli obiettivi e dei livelli essenziali dei servizi, a istituire le agenzie autonome deputate alla valutazione dei risultati, a disciplinare la responsabilità dei dirigenti per il raggiungimento dei risultati stessi, a prevedere i modi in cui l’amministrazione centrale revocherà la delega alle Regioni che si riveleranno incapaci di conseguire gli obbiettivi.

Resta da interrogarsi, semmai, sul motivo per cui si è ritenuto, al comma 3 del nuovo articolo 117, di escludere la materia della formazione professionale  da questa facoltà dello Stato di avocare a sé la funzione che la Regione inadempiente non sappia svolgere in modo adeguato: si creano così le condizioni per un riprodursi della scissione tra funzione della formazione professionale e funzione del collocamento, che tanto danno ha fatto all’efficacia dell’una e dell’altra funzione nel mercato del lavoro italiano.

Per concludere, l’attenzione critica non deve appuntarsi tanto sulla nuova ripartizione costituzionale delle competenze legislative in materia di servizi nel mercato del lavoro, quanto sugli esperimenti-pilota già meritoriamente avviati da alcune Regioni, sulle misure di riorganizzazione che già sono state adottate con il decreto legislativo n. 150/2015, ma non ancora attuate, e su quelle che ancora devono essere adottate per superare il gravissimo ritardo che questo settore dell’amministrazione pubblica ha accumulato rispetto ai Paesi più avanzati del Centro e Nord-Europa.

È con questi intendimenti che il Gruppo Pd voterà a favore dell’articolo 31 del disegno di legge. (Applausi dal Gruppo Pd)

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