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QUANTO CI COSTA LA DIFESA DELL’ “ITALIANITA'” DI ALITALIA

LA VICENDA DI ALITALIA E’ EMBLEMATICA DI UNA POLITICA INDUSTRIALE DEL GOVERNO DI CENTRO-DESTRA PRIVA DI ORIZZONTI E COSTOSISSIMA PER IL PAESE: LA STESSA CHE HA ISPIRATO L’INERZIA DEL GOVERNO STESSO NELLA VICENDA FIAT-OPEL DELLE SETTIMANE SCORSE
Il commento prende spunto dai dati impietosamente riportati da Andrea Giuricin nel suo libro uscito in questi giorni: Alitalia: la privatizzazione infinita (IBL Libri, 2009, pp. 192, € 22)

Se non bastassero
   – i circa 3.000 posti di lavoro perduti in più, con la soluzione “italiana”, rispetto a quanto previsto nel progetto presentato da Air France-KLM nel marzo 2008,
   – i 140 milioni di euro che Air France-KLM offriva per rilevare le azioni Alitalia (facendosi carico di tutti i suoi debiti) e che abbiamo sdegnosamente respinto,
   – gli ulteriori 1.500 milioni di euro che Air France-KLM si era impegnata a investire in Alitalia per rilanciarla, se gliela avessimo venduta,
   – i 300 milioni di euro del “prestito ponte” che nell’estate 2008 lo Stato ha erogato ad Alitalia (per mantenerla in vita con la respirazione bocca a bocca fino alla vendita a CAI degli asset positivi dell’azienda), prestito che ovviamente non verrà mai restituito,
   – i 1.200 milioni di euro che i creditori di Alitalia – costituiti per la massima parte dall’Erario, quindi ancora una volta dai contribuenti italiani – perdono nel disastro della bad company,
   – il compenso tra un minimo di 5,7 milioni e un massimo di 33 che pagheremo al Commissario incaricato della liquidazione della bad company medesima, in aggiunta agli altri costi della procedura,
   – la fusione delle due maggiori compagnie aeree attive sulle nostre rotte interne (CAI ed Air One), quindi la riduzione della concorrenza a beneficio dei viaggiatori,
   – la drastica riduzione dei voli intercontinentali e dei voli internazionali continentali gestiti dalla nuova “compagnia di bandiera” nel corso dell’ultimo anno, a dispetto della motivazione principale addotta da Silvio Berlusconi a sostegno della soluzione CAI e contro la soluzione Air France-KLM (pretesa difesa del turismo straniero in Italia),

se non bastasse tutto questo per convincerci della follia commessa dai sindacati (tutti) di Alitalia e dal Governo Berlusconi col rifiutare l’offerta Air France-KLM del marzo 2008 in nome della difesa dell’ “italianità” della compagnia, basterebbe da solo un dato fornito dal libro di Andrea Giuricin (pag. 180). E’ il confronto tra il prezzo medio del volo Milano Linate-Roma Fiumicino offerto in regime sostanzialmente monopolistico dalla “nuova Alitalia” e il prezzo medio del volo Londra Heathrow-Glasgow, offerto dalla British Airways, nel periodo tra il 5 gennaio e il 18 gennaio 2009 (numero annuo di passeggeri A/R su entrambe le rotte: 2,4 milioni):
   – prezzo medio della sola andata Milano-Roma: € 235
   – prezzo medio della sola andata Londra-Glasgow: € 76.
Ci sono molte analogie tra la disastrosa strategia di politica industriale seguita dichiaratamente dal Governo nella vicenda della privatizzazione di Alitalia e quella sottesa alla sconcertante inerzia del Governo stesso nella vicenda Fiat-Opel delle settimane scorse: non un solo dito mosso nei confronti del Governo tedesco per appoggiare il piano Marchionne. In entrambi i casi Silvio Berlusconi preferisce nettamente covare sotto la sua ala un “campioncino nazionale” debole, continuativamente bisognoso di sostegno statale  e pertanto permeabile alle intrusioni della politica, piuttosto che avere a che fare con un’impresa grande protagonista di livello mondiale, con solide radici in Italia ma capace di camminare da sola, senza dipendere in alcun modo dalla politica nazionale.
Poco importa che questo costi carissimo all’economia del Paese, come è costata e sta costando la vicenda Alitalia, come costerebbe la rinuncia al piano di Marchionne per la trasformazione della Fiat da “campione nazionale” in impresa intercontinentale collocata tra le prime sei del mondo.