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UN REFERENDUM PRIVO DI UN OGGETTO APPREZZABILE

IL CONTENUTO PRESSOCHÉ NULLO DEL QUESITO REFERENDARIO SULLA PROSECUZIONE DELL’ESTRAZIONE DI IDROCARBURI DAL FONDO MARINO VICINO ALLE NOSTRE COSTE

Nota tecnica, 8 aprile 2016 – In argomento v. anche l’editoriale telegrafico Una domanda ai No-Triv [1] e il mio articolo pubblicato su il Foglio dell’8 aprile, L’ideologia del “no” a tutto e i luoghi comuni su Tempa Rossa [2].

Se il quorum venisse raggiunto e prevalessero i sì, tutte le concessioni per l’estrazione di idrocarburi dal fondo marino resterebbero attive, anche quelle entro le 12 miglia dalla costa. Non cambierebbe niente, anche perché – come è noto – l’abrogazione di una norma legislativa non fa certo rivivere la norma che era in vigore precedentemente; e ancor meno l’abrogazione parziale. Esaminiamo la cosa più da vicino.

Il quesito referendario riguarda l’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, che è stato oggetto di numerose modificazioni nel tempo, che sono consistite nell’aggiunta di diversi commi, passati dai 7 originari a 17, e dalla loro ripetuta modifica. In particolare, dello stesso articolo 6 è stato modificato il comma 17 con il comma 239 della legge 28 dicembre 2015 n. 208.

Il comma 17 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 152/2006, come risulta modificato dal comma 239 della legge 28 dicembre 2015 n. 208
All’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dai seguenti: «Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale.

Il testo del quesito referendario
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

Il testo integrale del comma 17 dell’art. 6 del dlgs 152/2006 risultante dal referendum, se si raggiungesse il quorum e prevalessero i “sì”
Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. Dall’entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l’aliquota di prodotto di cui all’articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l’olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell’incremento dell’aliquota ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione, rispettivamente, del Ministero dello sviluppo economico, per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare, e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assicurare il pieno svolgimento delle azioni di monitoraggio, ivi compresi gli adempimenti connessi alle valutazioni ambientali in ambito costiero e marino, anche mediante l’impiego dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per l’ambiente e delle strutture tecniche dei corpi dello Stato preposti alla vigilanza ambientale, e di contrasto dell’inquinamento marino.

Forse, dunque, hanno ragione coloro che protestano contro un referendum del tutto inutile. E invitano gli elettori ad astenersi dal voto.

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