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LA DEMOCRAZIA SECONDO IL PROCURATORE GENERALE DI PALERMO

L’ALTO MAGISTRATO RIVENDICA PER LA MAGISTRATURA UN RUOLO ANALOGO A QUELLO CHE IN IRAN È PROPRIO DEL “CONSIGLIO DELLA RIVOLUZIONE”: QUELLO DI CUSTODE SUPREMO DELLA FEDELTÀ DEL PARLAMENTO E DEL GOVERNO A UNA SORTA DI “SOCIALISMO COSTITUZIONALE ORIGINARIO”, SOSTANZIALMENTE IMMODIFICABILE

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 392, 11 maggio 2016, in riferimento all’intervista di Liana Milella a Roberto Scarpinato [1], pubblicata su la Repubblica dello stesso giorno – Questo editoriale è stato ripreso dal Foglio il giorno successivo.
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Roberto Scarpinato

Roberto Scarpinato

L’intervista del Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato alla Repubblica di oggi ha il pregio di una cristallina chiarezza. L’alto magistrato ci spiega che il giudice ordinario non è soggetto alla legge: al contrario questa è soggetta al suo vaglio, poiché egli è membro della “magistratura costituzionale”, che le leggi semmai le corregge interpretandole secondo la Costituzione, e dove ciò si riveli impossibile “le processa” e le abroga. Al giudice, del resto, compete di vigilare non solo sul contenuto delle leggi, ma anche sulla “lealtà delle contingenti maggioranze politiche di governo” (testuale) al principio costituzionale fondamentale originario, che impegna la Repubblica a “rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza sostanziale dei cittadini” (è una limpida teorizzazione della “via giudiziaria al socialismo”). Principio fondamentale originario, questo, al quale i Padri costituenti avrebbero inteso inscindibilmente collegare l’originaria seconda parte della Carta, dove si delinea “una complessa architettura istituzionale di impianto antioligarchico, basata sulla centralità del Parlamento”. Pertanto una riforma, come quella oggi in discussione, che pretenda di alterare quell’“impianto antioligarchico”, consentendo al Governo di realizzare troppo agevolmente i propri programmi, costituirebbe un attentato al principio fondamentale originario cui la magistratura, compatta, dovrebbe opporsi. E non è tutto. Il Procuratore palermitano estende la funzione della magistratura (eretta, in pratica, a una sorta di nostrano Consiglio della Rivoluzione) al vaglio delle stesse norme costituzionali che per avventura si pongano in contrasto col principio fondamentale originario da lui enucleato: tra queste egli colloca, per esempio, il nuovo articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio, indicato come “frutto di un complesso e sofisticato processo di reingegnerizzazione oligarchica del potere che si delinea a livello sovranazionale”, tendente a “sovrapporre i principi-cardine del liberismo a quelli costituzionali trasfondendo i primi in trattati internazionali e trasferendoli poi nelle costituzioni nazionali”. Avete capito bene: per il Procuratore di Palermo è incostituzionale anche l’articolo 11 della Costituzione che consente la cessione di sovranità, e con esso l’intero processo in atto di integrazione europea (a proposito del nuovo spartiacque politico tra “sovranisti” e “globalisti” [2]). Insomma, un eccellente contributo al chiarimento sull’oggetto del referendum di ottobre.

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