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UN’ALTRA INTERROGAZIONE CONTRO IL MONOPOLIO SIAE

UN ORGANISMO PLETORICO, COSTOSISSIMO, NEL QUALE GLI AUTORI PIÙ RICCHI PESANO PER STATUTO PIÙ DEGLI ALTRI – LA SOTTRAZIONE DEL SERVIZIO DI PROTEZIONE DEI DIRITTI D’AUTORE AL REGIME DI LIBERA CONCORRENZA IN ITALIA COSTITUISCE UN CASO PRESSOCHÉ UNICO IN EUROPA

Interrogazione presentata alla Presidenza del Senato il 17 maggio 2016 – In argomento v. anche l’interrogazione presentata da un altro gruppo trasversale di senatori [1], tra i quali la prima firmataria senatrice Fucksia e io, il 29 aprile 2016.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Al ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo
presentata dai senatori PUPPATO [2], D’ADDA [3], IDEM [4], SOLLO [5], SCALIA [6], STEFANO [7],
DALLA ZUANNA [8], LANIECE [9],COMPAGNONE [10], CUCCA [11], GINETTI [12],
BERGER [13], MASTRANGELI [14]

Premesso che:

la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) è stata fondata il 23 aprile 1882 da un’assemblea composta da illustri scrittori, musicisti, commediografi ed editori dell’epoca: del primo consiglio direttivo facevano parte nomi storici quali Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci, Francesco De Sanctis ed Edmondo De Amicis;

puppato

La senatrice Laura Puppato

l’art. 180 della legge n. 633 del 1941 sul diritto d’autore attribuisce in via esclusiva alla SIAE “l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta e indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate”;

la SIAE agisce, dunque, in regime di monopolio da oltre 130 anni, nonostante l’art. 5, paragrafo 2, della direttiva 2014/26/UE, dal nostro Paese recepita, reciti che: “I titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti”;

di conseguenza, ben si sarebbe potuto, e dovuto, liberalizzare la gestione dei diritti d’autore e delle licenze, per dare la concreta possibilità ai titolari dei diritti di scegliere il proprio organismo di gestione, come correttamente prospettato già dalla XVI Legislatura;

considerato che:

il 30 marzo 2016 il Ministro in indirizzo, nel corso di un’audizione presso le Commissioni riunite VII e XIV della Camera, ha dichiarato che, a suo avviso, la direttiva si limiterebbe ad introdurre alcuni principi, in base ai quali sarebbe sufficiente una profonda riforma della SIAE e non necessaria la liberalizzazione del settore;

peraltro, si ipotizzava che il citato art. 5 autorizzasse collecting society europee ad operare in Italia, ma non disponesse l’apertura nel mercato interno; tale interpretazione determinerebbe, a parere degli interroganti, una chiara discriminazione per gli imprenditori italiani che volessero operare nel settore, che il Ministro ha giustificato con la necessità di tutelare la posizione degli autori più deboli;

Siae2appare chiaro, invece, che il monopolio SIAE non garantisca la libertà di scelta accordata dalla direttiva europea, tanto che gli autori non iscritti alla società, o i cui brani non sono alla stessa depositati, sono obbligati a presentare autocertificazione presso l’ufficio territoriale di riferimento, pagando alla società un corrispettivo per ogni esibizione dal vivo;

considerato inoltre che:

attualmente solo l’Italia e la Repubblica ceca mantengono un monopolio nel mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore;

la SIAE non è in grado di garantire i diritti degli autori ed editori, tanto che, come pubblicamente ammesso dell’ex presidente Assumma, nel 2009, ma il dato pare ancora attuale, visto il forte dibattito politico e mediatico sulla strutturale inefficienza della società, il 65 per cento degli iscritti ha percepito alla fine dell’anno, in riparto dei diritti d’autore, un importo inferiore rispetto a quello versato a titolo di quota annuale di iscrizione;

Filippo Sugar, attuale presidente della società, in un’intervista del febbraio 2010 su “la Repubblica” ha espressamente dichiarato che “La SIAE non è nata per garantire diritti a tutti”, intendendo con tale affermazione sottolineare la circostanza che la società non ha né vocazione, né possibilità di tutelare egualmente i diritti di tutti i propri iscritti;

in forza dell’attuale statuto della società, la governance dell’ente è retta da un meccanismo di voto per censo, secondo il quale godono di maggiori diritti coloro che ricevono compensi più alti, con la conseguenza che ad essere meno rappresentati sono proprio gli attori più deboli, con ciò contraddicendo quanto sostenuto dal Ministro e riportato in precedenza;

considerato, infine, che:

nel corso del proprio intervento, lo stesso presidente della SIAE ha più volte ribadito la circostanza secondo la quale, negli ultimi anni, la SIAE, avrebbe formato oggetto di una radicale attività di riorganizzazione che consentirebbe, oggi, di parlare di una “nuova SIAE” ed analoghe dichiarazioni ha rilasciato lo stesso Ministro nel corso dell’audizione;

tali dichiarazioni, tuttavia, appaiono smentite dai numeri dei bilanci SIAE;

il risultato d’esercizio 2014 è stato, infatti, sostanzialmente identico a quello del 2010 (l’esercizio precedente all’ultimo commissariamento della società): 3,3 milioni di euro nel 2010, contro 3,4 milioni di euro nel 2014;

se si guarda al margine operativo lordo, ovvero alla differenza tra il valore della produzione ed i costi di produzione, la situazione non cambia, anzi, peggiora. Nel 2010, infatti, la SIAE costava 23 milioni di euro in più di quelli che produceva, mentre, nel 2014, è costata, addirittura, quasi 27 milioni di euro in più di quelli che ha prodotto. Prima del commissariamento la società produceva quasi 177 milioni di euro, spendendone circa 200, mentre, nel 2015, ha prodotto 155 milioni di euro, spendendone 182;

tali numeri, come si è anticipato, appaiono smentire la tesi che la società abbia effettivamente formato oggetto di un processo di risanamento idoneo a far sperare che, nel futuro, possa riconquistare un’autentica posizione di efficienza;

tra i motivi del dissesto, già denunciati nel 2012 da Sergio Rizzo sul “Corriere della Sera”, si evidenziano: il carattere eccessivamente a conduzione familiare (ben 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato vantano legami di famiglia o di conoscenza); i benefitconnessi alle cariche; 189 cause di lavoro in 5 anni che hanno colpito l’ente; la presenza di circa 605 agenzie sul territorio, che incassano poco e hanno dimensioni risibili; il problema del pagamento degli assegni di quiescenza che ha costretto l’ente ad attingere dalle proprie casse; la decisione di immettere parte del proprio patrimonio immobiliare in un fondo, in cambio della metà del valore per l’ammontare di 256 milioni di euro, come scriveva “Libero” nel gennaio 2012; inoltre l’Aduc, associazione di tutela dei consumatori, ricorda la vicenda dell’investimento della SIAE nei titoli della “Lehman Brothers” di oltre 40 milioni di euro andati in fumo, per cui le royalty incassate per conto dei titolari dei diritti, sono andate perdute;

quanto detto è confermato dall’istituto “Bruno Leoni”, in uno studio del quale sarebbe emerso che le inefficienze della SIAE generano nel nostro Paese uno spreco di oltre 13 milioni di euro all’anno, che potrebbe essere agevolmente eliminato o, almeno, ridotto, liberalizzando il mercato;

neppure una soluzione intermedia sarebbe da prediligere, dato che gli autori legati allenetlabel, produzioni indipendenti o autoprodotte, non ne trarrebbero alcun riconoscimento o vantaggio professionale, continuando a scoraggiare proprio quelle produzioni “dal basso”, che, al contrario, andrebbero supportate e incentivate;

la necessità di liberalizzare il mercato è sostenuta anche dalla società civile: oltre 300 aziende, imprenditori, startupper e investitori italiani hanno infatti esortato il Governo a liberalizzare il settore dei diritti musicali e numerosi artisti italiani (da ultimo, Fedez) hanno deciso di affidare la gestione e intermediazione dei propri diritti ad enti stranieri (in particolare, la “Soundreef” inglese);

quanto detto conferma l’evidente sfiducia nei confronti della SIAE e la necessità di recepire la direttiva 2014/26/UE, per evitare procedimenti di infrazione e inefficienze nel mercato, con conseguenti danni soprattutto per i titolari dei diritti,

si chiede di sapere:

quali siano gli orientamenti del Ministro in indirizzo sui fatti esposti e se non ritenga necessario aprire il mercato di gestione dei diritti d’autore e delle licenze;

quali siano i motivi per i quali non abbia ancora assunto le iniziative di competenza per il recepimento della direttiva 2014/26/UE e se e quali iniziative intenda adottare per escludere una procedura di infrazione;

se risponda al vero che la SIAE abbia affidato ad un intermediario estero, denominato “Valeur Capital”, o ragioni sociali simili, diverse centinaia di milioni di euro di diritti, in attesa di distribuzione di proprietà degli associati, e li abbia allocati in strumenti finanziari in giurisdizioni estere, tra cui il Lussemburgo e la Svizzera e se le commissioni pagate per tale servizio siano a valore di mercato e tracciabili fino al beneficiario ultimo;

se non ritenga di dover istituire una commissione ministeriale volta a monitorare lo stato, la direzione e l’attività della SIAE, per verificarne il corretto funzionamento, accertando, per quanto di competenza, eventuali responsabilità nella gestione della società.