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IL FUOCO DI PAGLIA DELLA MINISTRA GELMINI

CADUTA LA PRIMA NEVE, LA RESPONSABILE DEL DICASTERO DELLA SCUOLA SI E’ DIMENTICATA DI TUTTI I BUONI PROPOSITI CHE AVEVA MANIFESTATO ALL’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO: NESSUNO DEI MUTAMENTI SERI CHE ERANO STATI PROGETTATI E’ STATO MESSO DAVVERO IN CANTIERE

Editoriale di Andrea Ichino pubblicato sul Sole 24 Ore del 23 giugno 2009

Forse bisognerebbe smetterla di chiedere ai nuovi governi di stupirci nei loro primi cento giorni. Perché il risultato è solo un turbinio di proposte ad effetto e dichiarazioni mediatiche subito dopo l’insediamento (con relative opposizioni più o meno violente della “piazza” interessata), che poi si risolvono troppo spesso in poche e inefficaci riforme concrete. È il caso dell’introduzione di un sistema di valutazione e incentivazione delle scuole e degli insegnanti di cui il Ministro Gelmini, dopo i proclami rivoluzionari della scorsa estate, sembra essersi completamente dimenticata. E ciò è ancor più grave se si pensa che proprio di un tale sistema avremmo bisogno per decidere se la cosiddetta “riforma epocale” che il governo ci ha appena proposto avrà effetti positivi. Temo di no, trattandosi in gran parte della semplice, per quanto opportuna, eliminazione di “sperimentazioni” che ben poco avevano di realmente sperimentale, con relativo riordino di nomi e programmi.
Circa un anno fa, nell’euforia dell’insediamento, il Ministro aveva accolto con interesse un invito partito dalle pagine di questo giornale a modificare il decrepito esame di maturità combinando la sua riforma con la costruzione, appunto, di un sistema di valutazione delle istituzioni scolastiche. Ricorderete gli annunci del Ministro su giornali e TV, che informava di aver messo al lavoro esperti bi-partisan per produrre proposte concretamente fattibili con costi contenuti. Finalmente, diceva, avrebbe introdotto la “meritocrazia” nelle scuole! Gli esperti incaricati hanno in breve tempo (e senza costi per il bilancio) portato all’attenzione del Ministro alcune proposte, certo discutibili e rivedibili, ma concrete e precise (ospitate sul sito http://www.invalsi.it/snv0809/index.php?action=documentazione [1])  Tuttavia il Ministro, caduta la prima neve, di queste proposte non sembra nemmeno essersi accorta, un po’ come gli studenti che si ricordano di protestare e occupare le scuole solo in autunno.
E così  eccoci ad un nuova edizione dell’esame di maturità senza che quasi nulla sia cambiato. Solo il lifting di qualche ruga, e non è nemmeno detto che fossero le peggiori. Dare più peso alla carriera scolastica invece che all’esame può anche essere una buona idea, ma gli studenti esaminati quest’anno a buon diritto avrebbero voluto saperlo prima. 
 Scrivevo un anno fa che, tra i paesi avanzati con sistema di istruzione pubblico, l’Italia è forse l’unico in cui le prove dell’esame che determina il passaggio dalla scuola all’università non vengono corrette in modo centralizzato e uguale per tutti gli studenti. Con almeno tre conseguenze negative importanti. La prima è che i voti dell’esame sono totalmente inutili per confrontare studenti di classi o scuole diverse. Ossia non possiamo stabilire se uno studente valutato con 95 nel liceo X sia più e meno bravo di uno valutato con 90 nel liceo Y, perché i professori che hanno attribuito quei voti hanno metri di giudizio diversi e hanno valutato prove d’esame almeno in parte differenti. La seconda è che le università non possono di fatto utilizzare i risultati di questo esame per identificare gli studenti migliori da ammettere ai loro corsi, e quindi devono effettuare costosi test di ingresso. E infine perché così facendo, lo Stato italiano rinuncia ad acquisire misure standardizzate dell’apprendimento degli studenti che potrebbero diventare la base di un sistema di valutazione delle scuole, come accade in numerosi altri paesi. Il tutto con dei costi enormi: la legge 176 del 2007 fissa in 183 milioni di euro l’anno il tetto di spesa per la sola corresponsione dei compensi agli esaminatori! Con questi costi si può fare molto meglio.
Un’anagrafe scolastica che consentisse di seguire la storia di ogni studente combinata con test standardizzati delle loro conoscenze all’inizio, durante e alla fine della carriera scolastica, permetterebbe di valutare il contributo di ciascuna scuola in termini di valore aggiunto da essa dato ai suoi alunni.   Con informazioni adeguate l’anagrafe potrebbe anche consentire di ricostruire al meglio le condizioni ambientali e familiari in cui crescono e maturano gli studenti, al fine di scorporare la componente dei loro risultati attribuibile all’ambiente e quindi non alle scuole e ai singoli insegnanti.  In questo modo, le scuole che, pescando dagli ambienti meno favorevoli in entrata, riuscissero a portare i loro studenti a risultati relativamente migliori al momento del passaggio all’ordine di istruzione successivo, potrebbero essere premiate. Quelle che invece non riuscissero in questo intento potrebbero essere aiutate a capire come migliorare la loro performance.
Attualmente, la scuola italiana non è in grado di premiare i capaci e i meritevoli e, al tempo stesso, non è nemmeno in grado di aiutare efficacemente gli studenti e gli insegnanti in difficoltà. È invece necessario poter disporre di uno strumento che indichi dove intervenire per correggere situazioni insoddisfacenti e dove evidenziare e valorizzare esperienze eccellenti. Solo una valutazione con queste caratteristiche può affiancare e aiutare il trasferimento di autonomia decisionale alle singole istituzioni scolastiche, consentendo a tutti gli operatori di verificare la bontà delle scelte da loro effettuate.  Non è fantascienza: accade in molti paesi europei da cui possiamo imparare migliorando le loro esperienze e adattando le loro soluzioni al nostro sistema di istruzione e ai nostri valori educativi.
Un sistema non pensato per punire senza preavviso il “cattivo passato”, ma per costruire e premiare un “buon futuro”.  Anzi, perché il sistema possa funzionare è proprio necessario dare agli operatori della scuola tempo sufficiente per conoscerlo, apprezzarne l’affidabilità e quindi accettarne le conseguenze. Il sistema di valutazione inglese ha mostrato come le scuole che ricevono valutazioni negative in un dato anno, reagiscono raggiungendo risultati migliori nei successivi. La cognizione di questo e la fiducia nella trasparenza e affidabilità della valutazione, sono i fattori che consentono al sistema inglese di essere accettato dagli operatori della scuola in quel paese. Non si può pretendere che questa cognizione esista ex ante senza un’adeguata sperimentazione da parte di tutti i soggetti interessati.  Tuttavia, pur con tutte le cautele necessarie, bisogna che il Ministro si decida a cominciare la sperimentazione, altrimenti nulla mai cambierà. Nel Paese ci sono le competenze per realizzarla (e sarebbe davvero una rivoluzione epocale): hanno solo bisogno di qualche risorsa in più e soprattutto della volontà  politica che  consenta loro di lavorare.
Data l’ampia maggioranza che lo sostiene, potrebbe il Ministro spiegarci quando intende passare dai facili proclami mediatici sulla meritocrazia alla più difficile ma possibile realizzazione di risultati concreti? Modi per farlo esistono. Se ne potrebbe almeno discutere se il Ministro volesse.